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Il protocollo di Kyoto e l’esigenza di regole condivise

Capitolo 5 Strumenti e settori regolamentati: lo sviluppo della

5.3 Energia ambiente

5.3.2 Il protocollo di Kyoto e l’esigenza di regole condivise

(UNFCCC), adottata in occasione del Summit di Rio del 1992, al fine di stabilizzare la concentrazione di gas serra nell’atmosfera, entra in vigore il 21 marzo 1994. Nel corso del tempo questa Convezione è stata ratifica da più di 195 Paesi a conferma della necessità di un quadro comune di lavoro in risposta al cambiamento climatico. Altri incontri internazionali sono se- guiti alla Conferenza di Rio: il più noto, per la rilevanza delle misure con- cordate, è l’incontro che ha portato alla definizione del Protocollo di Kyo- to, tenutosi in Giappone nel 1997. Le norme operative del Protocollo di Kyoto, i cosiddetti meccanismi flessibili, sono stati successivamente defi- niti in Marocco e sono noti come Accordi di Marrakech.

L’approvazione del Protocollo di Kyoto obbliga gli stati che l’hanno ratifi- cato alla riduzione delle emissioni di gas serra9, esplicitamente quantificate per ogni singolo paese, in un periodo di cinque anni, dal 2008-2012. Esso contiene inoltre disposizioni, modalità e procedure su come conseguire le riduzioni prescritte, su come calcolare e comunicare le emissioni e infine, non meno importante, su come valutare il raggiungimento degli obiettivi. Con la ratifica da parte della Russia nel 2004, il Protocollo è diventato vin- colante per tutti gli stati firmatari a partire da Febbraio 200510. La riduzio- ne dei gas serra deve avvenire attraverso il rinforzo o la definizione di poli-

9 In particolare il Protocollo di Kyoto fa riferimento alle emissioni di:

- biossido di carbonio (CO2); - metano (CH4);

- biossido d'azoto (N2O); - idrofluorocarburi (HFC); - idrocarburo perfluorato (PFC);

- esafluoruro di zolfo (SF6).

10 Il Protocollo contiene due criteri necessari affinché l’accordo entri in vigore:

- almeno 55 partecipanti alla Convenzione sul clima devono ratificare, accettare, approva- re o accedere al Protocollo;

- tra questi paesi ci devono essere quelli che complessivamente sono responsabili del 55% circa delle emissioni totali di anidride carbonica emessa nel 1990.

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tiche nazionali che mirino al miglioramento dell’efficienza energetica, allo sviluppo di fonti di energia rinnovabili e alla promozione di forme di agri- coltura sostenibili da un punto di vista ambientale. Naturalmente, fonda- mentale appare la collaborazione tra tutti gli stati in quanto il problema delle emissioni è globale e richiede l’impegno e lo sforzo di tutti: si deve procedere ad uno scambio di esperienze ed informazioni, di conoscenze e tecnologie per adottare strategie produttive ecocompatibili.

Inoltre, in base al principio della responsabilità comune ma differenziata, viene data priorità d’azione nel combattere il cambiamento climatico ai pa- esi industrializzati, in quanto i Paesi in via di sviluppo devono avere la possibilità di crescere in modo sostenibile11. Infatti, se da un lato l’introduzione di restrizioni del livello delle emissioni può seriamente compromettere la loro crescita economica, dall’altro il maggior onere deve essere sostenuto dagli stessi Paesi industrializzati12, in quanto considerati dalla stessa Convenzione i principali responsabili dell’inquinamento mon- diale da gas serra.

Per agevolare quest’ultimi al raggiungimento degli obiettivi fissati in Giappone, il Protocollo prevede tre meccanismi flessibili di cooperazione: l’idea di base è quella di sfruttare il mercato per modificare il comporta- mento degli agenti ed incentivare la riduzione delle emissioni di inquinan- ti. La flessibilità degli strumenti proposti consente ai soggetti coinvolti di poter seguire il cosiddetto principio dell’efficienza, secondo il quale ogni intervento di riduzione delle emissioni dovrebbe essere realizzato laddove e nel momento in cui i costi di abbattimento siano minimi. In particolare, la flessibilità permette di poter rinviare nel tempo l’adozione di tecnologie più pulite oppure di realizzare specifici progetti per la riduzione delle e- missioni in altri Paesi.

I meccanismi predisposti per il conseguimento degli obiettivi del Protocol- lo sono sostanzialmente tre:

- emission trading (ET) che consiste nella creazione di un mercato interna-

zionale dei permessi di emissione di gas serra. In base a tale sistema si sta- bilisce un limite massimo di emissioni consentite in un determinato perio- do temporale. Il totale delle emissioni viene suddiviso in un determinato numero di permessi commerciabili e quest’ultimi distribuiti agli operatori presenti sul territorio. Alla scadenza del periodo, ciascun operatore deve restituire un numero di permessi pari alle emissioni registrate. Qualora i permessi restituiti non fossero sufficienti a coprire le emissioni in eccesso,

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I Paesi in via di sviluppo devono in ogni caso rispettare gli impegni di riduzione previsti dalla Convenzione sul Clima delle Nazioni Unite del 1992.

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Il primo raggruppamento (Annex I) comprende i Paesi industrializzati membri dell’OCSE nel 1992, tra i quali figurano l’Italia ed i Paesi con economie in transizione, che comprendono la Fe- derazione Russa, gli Stati Baltici ed i Paesi dell’Europa centro-orientale.

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si applicherebbero le sanzioni pecuniarie, mentre l’eventuale surplus po- trebbe essere venduto o accantonato per gli anni successivi;

- joint implementation (JI): permette alle imprese dei Paesi con vincoli di

emissione di realizzare progetti che mirano alla riduzione delle emissioni in altri Paesi con vincoli di emissione, a patto che le emissioni totali per- messe nei due Paesi rimangano le stesse;

- clean development mechanism (CDM): meccanismo che consente alle

imprese dei Paesi industrializzati, con vincoli di emissione, di realizzare progetti che mirano alla riduzione delle emissioni di gas serra nei Paesi in via di sviluppo senza vincoli di emissione. Ciò per consentire a quest’ultimi di disporre di tecnologie più pulite ed orientarsi sulla via dello sviluppo sostenibile e permettere l’abbattimento delle emissioni lì dove è economicamente più conveniente con la conseguente riduzione del costo complessivo d’adempimento agli obblighi del Protocollo.

Il Protocollo di Kyoto, grazie a questo suo aspetto di multilateralità (no- nostante la mancata adesione di Paesi importanti come ad esempio gli Stati Uniti), costituisce un passo unico nella strategia globale di tutela dell’ambiente, e gioca pertanto un ruolo fondamentale per lo sviluppo di una politica energetica comune.