• Non ci sono risultati.

Il rapporto Brundtland e il concetto di sviluppo sostenibile

Capitolo 4 La nascita della politica ambientale europea

4.3 Il rapporto Brundtland e il concetto di sviluppo sostenibile

Nello stesso anno della Dichiarazione di Stoccolma, il Massachussets In- stitute of Tecnology (M.I.T.) presenta il Rapporto Meadows, su incarico del Club di Roma5, dal titolo The Limits to Growth. Lo scopo dell’incarico è quello di avviare una riflessione sui limiti dello sviluppo e i problemi del progresso associati a quelli ambientali e sociali, focalizzando l’attenzione soprattutto sulle conseguenze a lungo termine della crescita di cinque grandezze: popolazione, capitale industriale, produzione di alimenti, con- sumo di risorse naturali e inquinamento. L’analisi viene effettuata consi- derando l’interdipendenza delle varie componenti ambientali, con tecniche scientifiche profondamente innovative. Il rapporto evidenzia come le cre- scite esponenziali di queste grandezze siano la forza guida che determina l’insostenibilità dello sviluppo per il nostro pianeta. Si sottolinea quindi come sia necessario scegliere un modello di sviluppo che consenta di otte- nere una stabilità economica ed ecologica attraverso una crescita zero di due delle cinque variabili considerate, popolazione e investimenti in capi- tale industriale.

In risposta al modello di crescita zero proposto nel Rapporto Meadows viene pubblicato nel 1987 un nuovo documento di riflessione che propone un modello di crescita più attenta e razionale: il cosiddetto Rapporto

Brundtland, intitolato Our Common Future, su iniziativa della Commis-

sione mondiale su ambiente e sviluppo6. Lo scopo della Commissione, formata da un gruppo di lavoro multidisciplinare ed eterogeneo per prove- nienza geografica e culturale, è quello di realizzare un‟agenda globale per

il cambiamento che consideri a livello internazionale le relazioni tra svi-

luppo e ambiente in funzione sia degli aspetti politici che di quelli econo- mici. Il rapporto si compone di tre parti distinte:

- la prima in cui si discutono le preoccupazioni comuni legate ai ri- schi per il futuro, all’analisi dei fattori di crescita e di sviluppo e all’economia internazionale;

- la seconda affronta le sfide collettive concentrando il dibattito sulla crescita della popolazione mondiale, la sicurezza alimentare, le e- stinzioni di specie, l’energia, l’industria, la questione urbana;

- la terza ed ultima parte affronta invece gli “sforzi comuni”, indivi- duando alcuni ambiti di lavoro per lo sviluppo sostenibile come la gestione dei beni comuni internazionali (oceani, spazio, Antartide),

5 Il Club di Roma è un’associazione volontaria formata nel 1968 da un gruppo internazionale di

trenta studiosi tra cui scienziati, educatori, economisti, umanisti, industriali e funzionari di Stato.

6

La Commissione mondiale su ambiente e sviluppo (W.C.E.D.) si è insediata nel 1983 su manda- to dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ed è composta da rappresentanze di 21 Paesi. Nata inizialmente su iniziativa del Giappone e della Svezia, essa è stata fondata con il compito di favorire una redistribuzione di conoscenze tecnologiche tra i paesi più avanzati e quelli in via di sviluppo.

93

la connessione tra pace, sviluppo, sicurezza e ambiente e la necessi- tà di cambiamenti istituzionali e legali.

Nella prima parte si ritrova anche la definizione, ormai famosa, di svilup- po sostenibile che, alla pari di giustizia, democrazia e libertà, deve essere considerato uno dei concetti guida della società moderna. Lo sviluppo è so-

stenibile se soddisfa i bisogni delle generazioni presenti senza compromet- tere le possibilità per le generazioni future di soddisfare i propri bisogni.

Tale definizione nasce da un’approfondita analisi della realtà da parte della Commissione che ha messo in evidenza:

- uno sviluppo crescente fortemente diversificato fra i paesi del Nord e quelli del Sud del mondo nonostante ai primi, già in funzione del- la Dichiarazione di Stoccolma del 1972 si impone la subordinazione delle esigenze di sviluppo a quelle della tutela ambientale, mentre ai secondi viene garantita la libertà di sviluppo nei limiti dei vincoli ambientali;

- un elevato e continuo sfruttamento delle risorse naturali da parte dei paesi tecnologicamente più avanzati, che registrano tassi di inqui- namento elevati. Anche i Paesi in via di sviluppo, nel corso degli anni Ottanta hanno aumentato le proprie esportazioni, accelerando lo sfruttamento delle proprie risorse naturali ed esercitando così un’accresciuta pressione sull’ambiente. Questo per far fronte al con- tinuo degrado della situazione economica e sociale e l’obbligo di fronteggiare gli oneri derivanti dai debiti pubblici;

- una crescita della popolazione soprattutto nelle zone più povere del pianeta;

- uno sviluppo economico dei paesi industrializzati non controllato, che ha provocato forti impatti ambientali e sociali determinando, nel contempo, gravi ed irreversibili conseguenze come il cambiamento del clima, l’alterazione degli habitat naturali e la perdita di biodi- versità;

- l’amplificarsi, nei paesi poveri, di fenomeni quali desertificazione, deforestazione o scarsità d’acqua, che determinano tensioni politi- che e conflitti militari, sia a livello locale che internazionale.

Da tale analisi emerge che le attività umane dovrebbero attenersi ad un modello di sviluppo in grado di sostenerne il progresso nell'intero pianeta anche per un futuro lontano. Lo sviluppo sostenibile presuppone la conser- vazione dell'equilibrio generale e del valore del patrimonio naturale, la ri- definizione dei criteri e degli strumenti di analisi costi/benefici nel breve, medio e lungo periodo in modo da rispecchiare le conseguenze e il valore socio-economico reale dei consumi e della conservazione del patrimonio naturale oltre ad una distribuzione ed un uso più equi delle risorse tra tutti i paesi e le regioni del mondo. A tale proposito, la relazione Brundtland ri- leva che i paesi sviluppati, corrispondenti al 26% della popolazione del

94

pianeta, sono responsabili dell'80% del totale dei consumi energetici, di acciaio, di altri metalli e di carta e di circa il 40% dei consumi alimentari. La relazione elenca le tre caratteristiche che deve avere uno sviluppo so- stenibile:

- garantire la qualità della vita;

- garantire un accesso continuo alle risorse naturali; - evitare danni permanenti all'ambiente.

La definizione di sviluppo sostenibile, che in apparenza può sembrare semplice, introduce alcuni temi molto importanti da un punto di vista eco- nomico che non ne permettono il pieno raggiungimento.

Primo tra tutti è la sostituibilità dei fattori di produzione. Essi rappresenta- no gli elementi fondamentali su cui si basa la produzione di beni e servizi: oltre ad avere diversa natura (fisica, umana, ambientale), variano da paese a paese ma anche all’interno dello stesso paese nel corso degli anni. Quindi per garantire la sostenibilità ambientale è necessario che lo stock dei fatto- ri7 venga preservato per le generazioni future. A seconda del grado di so- stenibilità prescelto8, l’obiettivo dello sviluppo sostenibile può essere più o meno plausibile. Tuttavia il problema nasce dal fatto che molte forme di

capitale non sono intersostituibili tra loro: sono quindi non negoziabili e la

loro compromissione determina una perdita enorme per l’intera umanità. Ne è un esempio il capitale naturale, che negli ultimi anni ha raggiunto forme di criticità tali (presenza di ozono, diminuzione della diversità bio- logica) da essere compromesso in modo definitivo ad un livello considera- to nel tempo irreversibile.

Un secondo problema è quello dell’equità che, in funzione della definizio- ne di sviluppo sostenibile, può essere intesa in due modi:

- equità infragenerazionale che dovrebbe assicurare uguale disponi- bilità di risorse a tutti gli individui indipendentemente dal luogo in cui essi vivono;

- equità intergenerazionale che invece dovrebbe assicurare uguale accesso alle risorse per le diverse generazioni nel tempo.

Tuttavia l’esistenza di forme di diseguaglianza nella distribuzione tempo- rale, territoriale e sociale dei beni ambientali tra le generazioni, tra i diversi paesi e tra i diversi gruppi sociali, rende difficile il raggiungimento dell’equità implicita nella definizione di sviluppo sostenibile.

7 Per stock di fattori s’intende il cosiddetto capitale composito inteso come la sommatoria dei

diversi tipi di capitale esistenti: capitale naturale (diversità biologica, risorse minerali, aria e ac- qua pulite, ecc... ), capitale fabbricato ( macchine, edifici e infrastrutture), capitale umano (cono- scenze, abilità, cultura delle persone), capitale sociale (insieme di iniziative che promuovono uno sviluppo individuale e di gruppo), capitale finanziario (risorse monetarie e finanziarie).

8

Il letteratura si individuano quattro definizioni di sostenibilità ambientale in funzione del grado di sostituibilità attribuito alle varie forme di capitale. Si va dalla sostenibilità molto debole, che prevede un elevato grado di sostituibilità tra i fattori, alla sostenibilità molto forte, in cui le possi- bilità di sostituibilità sono ridotte, passando per la sostenibilità debole e la sostenibilità forte che prevedono forme di sostituibilità intermedie.

95

Altro tema fondamentale è quello dell’incertezza, non solo caratteristica peculiare dello sviluppo sostenibile. Essa dipende sia dalle caratteristiche fisiche e biologiche dei fenomeni ambientali, non del tutto note, sia dalle modalità con cui il degrado ambientale può incidere sull’attività economi- ca nonché dai costi delle politiche ambientali per arginare tali danni. L’incertezza è anche legata all’utilizzo delle risorse non rinnovabili, il cui sfruttamento produce effetti irreversibili sull’ambiente. Per queste risorse deve essere definito un tasso ottimale di utilizzazione al fine di consentire un impiego prolungato delle stesse e permettere l’individuazione, even- tualmente, di una risorsa sostitutiva.

Nonostante queste criticità, a partire dal Rapporto Brundtland, lo sviluppo sostenibile diventa un vero e proprio principio della politica ambientale eu- ropea e un elemento fondante di tutta la normativa internazionale, trovando piena consacrazione nella Conferenza di Rio de Janeiro del 1992.