CONTESTUALIZZAZIONE ED EVOLUZIONE DELLE TEORIE ORGANIZZATIVE
II.9 Analisi dell’organizzazione in una prospettiva metaforica
II.9.2 Le organizzazioni in quanto sistemi cultural
Il concetto di cultura organizzativa è stato sviluppato nell‟ambito dell‟approccio culturale per lo studio delle organizzazioni. Questa espressione raffigura un insieme di idee, di diversi studiosi dell‟organizzazione, che alla fine degli anni 70‟ e l‟inizio degli anni 80‟ hanno riscontrato grande notorietà. Come già accennato, in uno dei paragrafi precedenti che ha ad oggetto le teorie della cultura, l‟innovazione apportata da questi contributi, ha prodotto cambiamenti nel modo di interpretare e concepire le organizzazioni aprendo nuovi territori di ricerca non praticati sino ad allora (Argentero, Cortese, Piccardo: 2008). Alla fine degli anni 70‟ la metafora più diffusa, in cui venivano lette le organizzazioni, corrispondeva con l‟idea di “organismo (Morgan:2002). Questa metafora comporta una visione sistemica la quale, implica un‟interpretazione delle organizzazioni come sistemi socio-tecnici, intenzionalmente e razionalmente progettati per il raggiungimento di fini prestabiliti. Altra caratteristica della prospettiva sistemica è quella di concepire le organizzazioni, capaci di adattarsi ai mutamenti causati dall‟ambiente esterno.
A partire dagli anni 80 però, questo paradigma razionalista viene affiancato in opposizione, dall‟approccio culturale il quale propone, uno sguardo nuovo alle organizzazioni. In questo approccio le organizzazioni sono viste come forme espressive, nonché insieme di significati socialmente condivisi e costruiti ove al proprio interno sistemi strutturati di simboli vanno a condizionare comportamenti, pensieri, emozioni, e la vita organizzativa in generale.
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Tra le cause che portano alla nascita di questo approccio e al suo successivo successo, vi è innanzitutto la frustrazione di numerosi studiosi, per l‟utilizzo di metodi quantitativi i quali, tentavano di misurare fenomeni che ritenevano oggettivi.
L‟approccio culturale rispose a questo problema utilizzando una metodologia descrittiva olistica, che aveva lo scopo di comprendere e interpretare i contesti organizzativi e la complessità del comportamento degli attori.
Un altro fattore che ha favorito il suo sviluppo, è stata la crisi delle aziende occidentali che si confrontavano (nei mercati internazionali) con la concorrenza giapponese che in quegli anni registrava il più alto tasso di sviluppo e il più basso livello di disoccupazione del mondo.
L‟idea, secondo i diversi studiosi delle organizzazioni, era quella che il successo del Giappone dipendesse dalla propria cultura organizzativa, motivo per cui si diffuse l‟dea che la cultura è una forza in grado di fare la differenza.
Altra causa fu la tendenza socioculturale di concepire il lavoro e il successo personale come una spinta alla qualità della vita, valorizzando le componenti emotive ed estetiche che la cultura del narcisismo ha condotto ad apprezzare (Bonazzi, vol-3:2002).
Quello appena esposto può essere considerata una fase a partire dalla quale, il corpus di studi sulla cultura si è andato sempre più arricchendosi.
Per analizzare, nel dettaglio, la cultura organizzativa si prenderà in riferimento il contributo di Morgan che ci permette in modo metaforico di guardare le organizzazioni in quanto sistemi culturali.
<< Ma che cos‟è questo fenomeno che chiamiamo cultura? Il termine è una traslazione metaforica del concetto di coltivazione: il processo di cura e di sviluppo del terreno >> (Morgan:2002: 162).
Quando ci riferiamo alla cultura solitamente si fa riferimento al <<modello di sviluppo rispecchiato nel sistema di conoscenze di una società, nella sua ideologia, nei suoi valori, nel suo diritto, nei suoi riti quotidiani>> (Morgan:2002: 162), oggi il concetto di cultura solitamente si usa per indicare come gruppi di persone diversi hanno stili di vita diversi.
Nelle società moderne, nonostante presentino molti tratti comuni, non si può non rilevare le differenze culturali che intercorrono tra le differenti nazioni. Differenti esperienze storiche, in diversi paesi, dimostrano una serie di differenze relative alle
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caratteristiche sociali, alle concezioni di vita, alle diverse filosofie manageriali. Morgan a tal proposito riprende l‟esempio del successo del Giappone, e analizza la concezione di lavoro in quel determinato contesto culturale entrando nel dettaglio delle relazioni tra dipendenti e le loro organizzazioni riscontrando differenze con quelli occidentali. Morgan riporta questo esempio per sottolineare come la cultura <<informa di sé le caratteristiche dell‟organizzazione>> (Morgan:2002: 170).
In Giappone ad esempio, <<l‟organizzazione è concepita come una collettività cui il singolo addetto appartiene, piuttosto che come un luogo di lavoro nel quale si trovano diversi individui>> (Morgan:2002:165). Prevale uno spirito collaborativo simile a quello di un villaggio che si diffonde in tutta l‟esperienza lavorativa e assumono notevole importanza i valori di interdipendenza, di condivisione e di aiuto reciproco. I dipendenti percepiscono l‟organizzazione come <<un‟estensione della propria famiglia, per tutta la vita>>.
Murray Sayle, un esperto del Giappone, ha elaborato una teoria basata su fattori storici, per spiegare la solidarietà che si riscontra in Giappone. Lo studioso sostiene che le organizzazioni giapponesi sono il risultato di una mescolanza tra i valori culturali delle piantagioni di riso e lo spirito del servizio del samurai. Mentre i primi rappresentano un elemento fondamentale per la solidarietà in quanto la coltivazione del riso è una attività cooperativa (il rispetto e la dipendenza reciproca sono alla base del sistema della vita giapponese), i secondi velano molte peculiarità del management giapponese (protezione dei propri dipendenti accompagnata dal servizio reciproco), nonché il modello di rapporti interorganizzativi ritenuti fondamentali per i successi economici del Giappone (Morgan:2002).
Queste culture analizzate si fondono creando una forma di organizzazione sociale gerarchica e armoniosa in cui gli operai sono propensi a collaborare per il raggiungimento degli obiettivi dei loro capi e rispettano l‟autorità perché il rapporto tra samurai e lavoratore è sempre stato così (Weber-autorità tradizionale). La gerarchia nell‟azienda giapponese viene intesa come un sistema di servizio reciproco e non come uno strumento di controllo verticale.
Ezra Vogel, un‟esperta americana del Giappone, verso la fine degli anni 70, rappresentò la sfida giapponese in modo del tutto americano. Secondo la prospettiva americana: <<l‟atteggiamento prevalente in molte organizzazioni è quello di giocare la partita sino
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in fondo: il che significa stabilire gli obiettivi, identificare le responsabilità e dare un calcio a chi è incapace o premiare il successo in maniera cospicua ed esagerata>> (Morgan:2002: 170).
L‟antropologo Gregory Bateson, in un suo saggio relativo alla relazione tra morale e carattere nazionale, ha illustrato le differenze tipiche dei rapporti genitore-bambino in differenti contesti nazionali, Nordamerica, Inghilterra etc. Lo studioso si rese conto che le modalità americane nell‟incoraggiare i bambini a un comportamento esibizionistico e pretenzioso inducono ad avere un determinato atteggiamento e di conseguenza comportamento. Quanto detto, trova riscontro sul fatto che in America è presente la <<sindrome noi siamo i primi>> (Morgan:2002: 172), con effetti simili nel contesto organizzativo. Gli Stati Uniti sono l‟esempio estremo di come il desiderio di vincere delle ricompense (per aver avuto un determinato comportamento) sia intrinseco nella cultura e di conseguenza si manifesta anche nella vita organizzativa.
Un aspetto che merita particolare attenzione a tal riguardo è che questa metafora ci permette di vedere anche le conseguenze negative del fenomeno culturale il quale, dà vita a <<cecità>> ed <<etnocentrismo>>, usando le parole del Morgan, una prigione psichica, in quanto avendo a disposizione codici considerati normali, si considereranno anormali tutti quelli che non si conformano.
Così come in un ambiente culturale è difficile trovare una cultura uniforme anche all‟interno delle organizzazioni possono coesistere più culture che si concretizzano in subculture organizzative. Ma sia che questi modelli di credenze e di significati condivisi siano frammentati o unitari, essi sono rafforzati da norme e giocano un ruolo importante nella capacità dell‟organizzazione di gestire le sfide che si presentano. Uno dei metodi utilizzati, per capire in questo caso la natura della cultura e della subcultura, è quello di osservare quotidianamente il funzionamento del gruppo o dell‟organizzazione di cui facciamo parte, <<come se fossimo degli estranei>>. Un esempio è rappresentato dalle ricerche della Linda Smircich, da cui emerse un‟organizzazione di tipo schizofrenico in cui l‟azienda continuava a funzionare ma con una frammentazione culturale (Morgan:2002).
Molte volte la cultura aziendale può divenire un‟etica <<seppelliamo le nostre differenze e rimaniamo in pace >>, in cui i processi sociali, le immagini e i simboli la creano e la rinforzano. Anche gli eventi storici hanno un‟influenza sul presente. Inoltre,
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l‟organizzazione oltre ad essere determinata dalla cultura aziendale lo è anche dagli organigrammi e da documenti formali (Morgan:2002).
Molto interessanti sono anche i contributi dell‟analisi culturale in merito al rapporto tra stili direzionali e cultura aziendale i quali, permettono di focalizzarsi sui motivi per cui un‟organizzazione è in un determinato modo. A tal proposito Morgan propone differenti studi che analizzano l‟influenza del sesso in determinati tipi di organizzazione. Ad esempio, in quelle più tradizionali prevalgono valori di tipo maschili con schemi di pensiero e azioni logiche per il raggiungimento dei risultati. Lo svantaggio di questi modelli però e che non pone alcuna enfasi sugli atteggiamenti propensi allo sviluppo di reti interattive e di spirito cooperativo. Motivo per cui sino a poco tempo fa le donne erano poco presenti nel mondo organizzativo.
Sempre dal punto di vista dell‟analisi culturale, le organizzazioni che presentano valori femminili hanno più probabilità nella capacità di equilibrare l‟approccio razionale ed analitico con comportamenti intuitivi. Motivo per cui oggi, nelle realtà organizzative più turbolente e incerte vengono richieste capacità manageriali con caratteristiche più simili all‟archetipo femminile piuttosto che con quello maschile. È importante notare come i diversi stili direzionali hanno una certa influenza nel creare i sistemi culturali in cui la gerarchia va sempre più sostituendosi con <<reti di inclusione>>.
Di notevole importanza è anche l‟analisi relativa ai rapporti tra autorità e cultura organizzativa.
A tal proposito Morgan scrive: <<quelli che ricoprono posizioni formali di comando non hanno il monopolio esclusivo della creazione della cultura organizzativa con il suo sistema di significati condivisi>> (Morgan:2002: 182). Nonostante coloro che ricoprano posizioni formali di comando possono avere un vantaggio nello sviluppare valori aziendali e codici di comportamento mediante una serie di risorse che premiano chi le segue e puniscono chi se ne discosta, non si nega la possibilità ad altri attori di svolgere un ruolo importante nel processo di sviluppo della cultura aziendale (anche per peculiarità legate alla propria personalità).
Secondo lo studioso: <<la cultura è qualcosa che non può venire imposta a nessun sistema sociale. La cultura è, piuttosto, qualcosa che si sviluppa attraverso i processi di interazione sociale>> (Morgan:2002: 183).
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Va inoltre precisato come il sesso, la razza, la lingua, la religione, l‟appartenenza etnica i fattori socioeconomici, le amicizie etc., possono causare un impatto importante nello sviluppo di una cultura a mosaico. Ma in che modo i soggetti creano la realtà organizzativa?
Sempre secondo Morgan: <<quando si parla di cultura, in effetti, si parla di un processo di costruzione della realtà che permette alla gente di vedere e di concepire fatti, azioni, oggetti, espressioni o situazioni specifiche in modi particolari. Questi modelli di concettualizzazioni aiutano a gestire le diverse situazioni e rappresentano anche la base che dà senso e significato al nostro comportamento>> (Morgan:2002: 185). Come si ha già avuto modo di notare nel paragrafo dedicato alle teorie organizzative, due autori di spicco nell‟analisi della cultura organizzativa sono Edgard Schein e Karl Weick quest‟ultimo, considerato uno degli autori contemporanei più importanti nel pensiero organizzativo. Quest‟ultimo sarà ripreso brevemente.
Al centro dei suoi studi di Karl Weick vi è sempre stata l‟analisi dei processi cognitivi attraverso cui i soggetti conferiscono senso ai flussi di esperienza. Dunque, la cultura (realtà esterna) prende senso attraverso i processi cognitivi dei soggetti. Questo pensiero è considerato, scrive Bonazzi antitetico a quello di Schein. Per quest‟ultimo <<l‟oggetto di studio è la cultura organizzativa, intesa come un patrimonio oggettivamente dato nella realtà esterna>> (Bonazzi, vol-3:2002: 109).
Ma ritornando a Weick, bisogna capire cos‟è un processo cognitivo. Per lo studioso bisogna muovere dal presupposto che non esiste nulla fuori dai flussi di esperienza, le categorie interno/esterno hanno il compito di scansionare la realtà e attribuire significato. Weick, non nega l‟esistenza di un mondo esterno bensì l‟esistenza di un intrinseco nel mondo esterno, <<il mondo esterno ha sempre e soltanto il senso che noi gli attribuiamo: non è possibile conoscere il mondo esterno e interagire con esso se non all‟interno dei nostri processi di creazione di senso>> (Bonazzi, vol-3:2002: 110). In sintesi, l‟ordine del processo è così articolato:
1. le esperienze arrivano alla nostra mente in modo caotico; 2. cerchiamo di dare ordine;
3. sviluppiamo delle deduzioni, ovvero delle mappe cognitivo-normativo; 4. tali mappe predispongono il comportamento futuro;
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5. queste mappe vengono di volta in volta modificate dal flusso di nuove esperienze che è considerato ininterrotto.
Questa impostazione, teorica, mette al centro l‟analisi dei processi di creazione di senso (sansemaking) che equivalgono ai processi di organizzazione (organizing)
Nell‟analisi dei processi di creazione di senso, Weick individua tre fasi:
attivazione di un ambiente <<fase in cui il soggetto interagisce con il materiale grezzo della sua esperienza, individua in esso strutture e connessioni e gli conferisce senso>>;
selezione, in questa fase vengono <<eliminate le ambiguità confusioni e incertezze interpretative prodotto durante l‟attivazione dell‟ambiente >>, tutto ciò avviene per poter continuare il processo di creazione di senso. Weik ci avverte che in questa fase dobbiamo fare attenzione a un rischio, la selezione eccessiva;
ritenzione, fase in cui il soggetto sviluppa due attività: elabora e ordina le informazioni in arrivo al fine di confermare le mappe mentali già esistenti; tutto ciò che già esiste subisce una riorganizzazione e un adattamento.
nelle parole di Weick l‟organizzazione deve essere vista come <<un corpo di pensiero pensato da pensatori pensanti>> (1979:42).
tutto ciò aiuta a capire che le organizzazioni sono delle realtà socialmente costruite presenti nelle menti dei loro membri, nelle norme e nei rapporti, più che nelle strutture. Verso gli anni 80‟ e 90‟ si fecero avanti differenti correnti di pensiero, come il total quality management o il servizio al cliente, con l‟obiettivo di creare un cambiamento culturale, sviluppando valori e mentalità innovative che facevano capo a veri e propri linguaggi e protocolli che favoriscono ai membri dell‟organizzazione di pensare, agire e parlare in modo nuovo. L‟obiettivo era sostituire la mentalità di tipo burocratica con atteggiamenti proiettati alla qualità e al cliente.
La metafora culturale analizzata sin ora sottolinea che per creare nuove forme organizzative e nuovi stili di management bisogna principalmente resistere e vincere alla sfida del cambiamento culturale. La sfida è rappresentata dal cambiamento degli
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atteggiamenti mentali, delle credenze e dei significati condivisi, adottando nuovi linguaggi e nuovi codici di comportamento. Ma questa sfida non è esente di complicazioni in quanto, comporta anche l‟interiorizzazione e l‟accettazione dei sistemi di significato condivisi, che successivamente si devono trasformare in comportamenti quotidiani della vita organizzativa.
<<la cultura ha una qualità di tipo olografico. Le caratteristiche proprie dell‟intero devono venir codificate in tutte le parti elementari>>, il che porta a vedere la cultura come un fenomeno complesso.
I punti di forza della metafora organizzativa sono rappresentati dal fatto che: essa ci aiuta a destare attenzione sui significati simbolici di ogni aspetto della vita organizzativa. Anche gli aspetti più razionali rappresentano costruzioni e significati sociali, essenziali per la comprensione del suo funzionamento quotidiano; ci permette di capire come le ideologie, i valori, le norme etc. possono essere il frutto di manipolazioni; Ci fa assumere consapevolezza del fatto che le relazioni organizzazione- ambiente sono il risultato di una costruzione sociale. A tal proposito Gregory Bateson sostiene che il mondo naturale e la mente sono sempre collegati in quanto la nostra comprensione del mondo è sempre un fenomeno di natura culturale; Infine, un ultimo punto a favore della metafora culturale è rappresentato dal contributo che offre all‟analisi del cambiamento organizzativo. Inizialmente concepito in relazione alla tecnologia e alle strutture ovvero al cambiamento della professionalità e della motivazione dei dipendenti, successivamente ci si è resi conto che per creare un cambiamento efficace bisogna cambiare i valori che stanno alla base dell‟attività organizzazionale.
Per quanto riguarda i limiti: L‟uso della cultura può essere utilizzato come uno strumento di manipolazione dal momento in cui la cultura controlla l‟elemento umano. Ad esempio, la gerarchia di tipo giapponese viene intesa, dalla prospettiva occidentale, come un modello di dominio. Da loro invece tale gerarchia viene vissuta, a livello culturale, come un processo di servizio reciproco. Qui Morgan mette in guardia <<il messaggio è: osservatore stai attento>> la cultura è più olografica che meccanicistica; Una cosa importante è capire dove ha luogo il processo di attivazione di cui si è discusso precedentemente, è vero noi diamo vita alla nostra realtà ma non per forza in situazioni scelte da noi.
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