• Non ci sono risultati.

CONTESTUALIZZAZIONE ED EVOLUZIONE DELLE TEORIE ORGANIZZATIVE

II.1 Gli studi classic

Muovendo da molto lontano, i primi studi dei modelli organizzativi iniziano a diffondersi nella seconda metà del diciannovesimo secolo. In questi studi, la teoria

33

organizzativa viene principalmente studiata da economisti, politici e coloro che studiavano strategie militari.

All‟interno degli studi classici troviamo il modello dello “scentific management” di Taylor, il quale guarda agli aspetti dell‟organizzazione del lavoro esecutivo e ai processi direzionali. Il taylorismo, nella comunità scientifica, viene interpretato analizzando anche l‟influenza che hanno avuto le pratiche economiche e sociali in cui nasce e si sviluppa (Fontana:1981).

Bonazzi (vol-1:2002) colloca il taylorismo nel primo dei tre volumi che compongono la storia del pensiero organizzativo, la questione industriale, esponendo il pensiero di studiosi volti ad affrontare, sia problematiche tecnologiche e gli effetti che ne conseguono, sia tutte le condizioni che favoriscono il consenso dei lavoratori subalterni alla erogazione di sforzo fisico e psichico.

Storicizzando, la causa che porta alla nascita della rivoluzione manageriale di Taylor è intrinseca nella percezione di non poter più tollerare le contraddizioni tra potenzialità produttive dell‟industria in direzione della produzione di massa e metodi ancora arretrati della sua conduzione.

il successo del taylorismo risiede nel perseguimento di tre obiettivi:

1. Marcare e razionalizzare le autorità all‟interno dell‟impresa;

2. Aumentare la produzione e la produttività dei lavoratori e degli impianti mediante una riorganizzazione del lavoro che si esplica nei tempi e nei metodi del lavoro;

3. L‟utilizzo della scienza come principio di azione e come elemento di legittimazione delle nuove proposte.

<<Taylor si prefiggeva non solo una rivoluzione nel modo di lavorare ma anche e soprattutto una rivoluzione nel modo di comandare>> (Bonazzi, vol-1:2002: 23).

Già all‟epoca di Taylor l‟industria presentava molti requisiti che avrebbero permesso di alimentare la strada della moderna produzione su larga scala. I progressi, tecno- scientifici, fornivano macchine veloci e potenti, gettando anche le basi per una produzione industriale moderna mediante la standardizzazione dei prodotti e dei mezzi di produzione, la produzione di pezzi intercambiabili e la specializzazione delle

34

macchine. Oltre ai progressi tecnologici, i complessi industriali si ingrandivano ancora di più tramite un processo di espansione produttiva e fusione tra imprese. Detta espansione comportava a sua volta un grande bisogno di forza lavoro e richiedeva al tempo stesso offerta di lavoro non qualificata e alta mobilità, motivo per cui le imprese reclutavano masse di estrazione contadina. la manodopera era estremamente mobile sia perché le imprese non garantivano sicurezza di impego, sia perché i lavoratori ricercavano continuamente lavori migliori. Venivano percepite anche le potenzialità espansive del mercato, la produzione di massa riduceva i costi dei prodotti mediante le economie di scala il che avrebbe consentito l‟espansione del mercato. Tuttavia, questi punti di forza dello sviluppo industriale contrastavano con le pratiche di produzione rimaste agli standard tecnici e culturali di un‟epoca precedente, ove non esistevano metodi rigorosi e uniformi per impostare il lavoro, né metodi amministrativi per calcolare i costi del lavoro. La produzione in fabbrica avveniva mediante il “drive system” (Bonazzi,vol-1:2002). Jacoby (1983) lo definisce in negativo, sostenendo che tramite le regole dure e arbitrarie del sistema << gli operai erano continuamente spinti a muoversi più in fretta e lavorare duramente>>. Tutte queste pratiche pre-tayloristiche consentono, secondo Bonazzi, di dare un giudizio complessivo sul taylorismo, in prospettiva storica. La storicizzazione ci permette di leggere la dequalificazione di massa tenendo conto però delle condizioni in cui versava la manodopera (precedente) meno qualificata e più debole sul mercato del lavoro. Inoltre, la storicizzazione delle pratiche pre-tayloristiche ci consente di mettere in luce come le imprese erano prive di un sistema di regolazione omogeneo e in cui vigevano contrattazione e rapporti di forza tra direzioni, gerarchie etc,. Infine, la storicizzazione dell‟organizzazione scientifica del lavoro mette in luce come questo metodo non finisce nella razionalizzazione dello sfruttamento operaio. Secondo Nelson (1975), l‟organizzazione scientifica del lavoro conduce a un altro fattore nonché la fine dei capireparto. Questi ultimi daranno vita a quadri intermedi disciplinati i quali, garantiscono la realizzazione delle direttive provenienti dalla direzione centrale. In sostanza il nuovo criterio per giudicare il lavoro era la conformità agli ordini impartiti dall‟alto. I capi intermedi comandavano mediante la legittimazione conferita dalla direzione. Si tratta di un processo di burocratizzazione che presenta analogie con la costruzione dello stato moderno descritto da Weber, aspetto quest‟ultimo analizzato di seguito nell‟analisi della scuola burocratica.

35

Taylor (1911), sostiene che l‟organizzazione scientifica del lavoro consiste fondamentalmente in un certo numero di principi generali di vasta portata, in una ben definita concezione teorica che può venire applicata in varie maniere.

La concezione teorica, appena esposta, riguarda la natura che lega l‟uomo al proprio lavoro. Taylor assicura che è possibile superare i conflitti e le tensioni sociali tra operaio e imprenditore mediante appunto l‟organizzazione scientifica del lavoro la cui essenza, risiede in una <<rivoluzione mentale>>.

In sostanza, lo studioso sosteneva che i conflitti sociali avvenivano per una non equa divisione del suprlus prodotto dal lavoro, ciò a sua volta dipendeva da una disponibilità limitata di risorse. Per avere abbondanza occorre però aumentare la produttività e di conseguenza aumentare il rendimento della manodopera. Secondo Taylor tutto ciò era reso possibile solo affidandosi all‟OSL, che rappresenta lo strumento consono al raggiungimento di produzione e consenso da parte degli operai. Alla base vi era una concezione: maggiore rendimento uguale maggiore benessere per tutti.

Per sintetizzare, da un lato si offre benessere materiale tramite il consumo di massa di beni prima riservati solo a una élite, e dall‟altro il consenso viene richiesto ad una struttura autoritaria di produzione, legittimata dalla propria efficienza.

I principi che costituiscono l‟essenza dell‟organizzazione scientifica del lavoro:

 Studio scientifico dei metodi di lavorazione, mediante prescrizioni per la misurazione dei tempi e dei metodi;

 Selezione e addestramento scientifico della manodopera, che equivale all‟uomo giusto al posto giusto;

 Intima e cordiale collaborazione tra dirigenti e manodopera, per raggiungere il consenso operaio non si utilizzava solo la ricompensa economica ma anche nei rapporti umani. Secondo Bonazzi, Taylor <<propone un rozzo ma efficace paternalismo che ha la funzione di restituire una dimensione umana al lavoro disumanizzato nei metodi scientifici>> (Bonazzi, vol-1:2002:40);

 Ristrutturazione dell‟apparato direttivo, passando da una direzione gerarchica di tipo militare a una direzione funzionale ove gli operai ricevono ordini e controlli da diversi superiori, che si occupano di aspetti particolari del lavoro, e non più da un unico capo.

36

Le osservazioni, appena esposte, fanno luce sulla fabbrica tayloristica e fanno comprendere il suo funzionamento interno basato su un‟efficienza data da una <<poderosa burocrazia interna>>, come la definisce Bonazzi, e di conformità alle direttive dall‟alto.

Numerosi contributi teorici si sono confrontati con la sfida tayloristica elaborando differenti chiavi di lettura. La prima, che vede il taylorismo come sfruttamento, sottolinea gli effetti devastanti del taylorismo sul fisico e sulla psiche degli operai. all‟interno di essa vi è la critica marxista di cui l‟esponente più noto è H.Braverman (1974) il quale vede Il taylorismo come espressione organica del capitalismo monopolistico. Sempre secondo questa critica, il taylorismo determina la tendenza alla progressiva degradazione del lavoro umano mediante la separazione del lavoro manuale e di quello intellettuale. Friedmann (1946) elabora una seconda critica umanistica al taylorismo, sostenendo che la soluzione ai problemi provocati dal taylorismo risiede nel recupero del significato da dare al lavoro, valorizzandolo intellettualmente, moralmente tramite diritti e dignità e socialmente, mediante la cooperazione all‟interno dell‟azienda. La seconda chiave di lettura vede il taylorismo come utopia tecnocratica. Questa tesi, maggiormente sostenuta da Crozier (1963), afferma che l‟idea (di taylor) di determinare la condotta umana, non sarà mai realizzabile in quanto la soggettività degli uomini non è sempre controllabile per cui creeranno sempre delle strategie per non sottostare al disegno tecnocratico del taylorismo. Infine, un‟ultima chiave di lettura vede il taylorismo come formula contingente, nonché un episodio all‟interno del più generale sviluppo dell‟industria e dell‟impresa moderna. In questa ultima chiave di lettura è possibile distinguere due componenti: studi volti ad indagare gli effetti prodotti dalla tecnologia sul lavoro operaio e in generale sull‟asseto organizzativo dell‟impresa; studi che si rifanno al teoria contingente, i quali contestano l‟esistenza di un solo metodo universalistico nella progettazione organizzativa (one best way), sottolineando invece come i ruoli di lavoro e le strutture dell‟impresa si modificano in funzione del maggiore o minore grado di turbolenze aziendali (Bonazzi,vol-1:2002). Questo ultimo filone di studi verrà approfondito però nel paragrafo che ha ad oggetto le teorie contingenti. A partire dagli anni ‟20 è possibile distinguere due ordini di critiche, le prime critiche vengono portate avanti grazie alle ricerche di psicologia industriale, in particolare tre

37

scienziati inglesi, Wyatt, Fraser e Stock condussero diverse ricerche per lo studio della monotonia e della noia a lavoro. Gli studiosi constatano che il modello di Taylor è troppo rigido e lacunoso per cui deve essere integrato con la dimensione socio- psicologica. Successivamente si andarono sviluppando ricerche sociologiche sulla condizione operaria. La scuola delle relazioni umane scoprì l‟importanza dei fattori emotivi e macro-ambientali nella determinazione del rendimento lavorativo. Questa scuola però, fu sottoposta a critiche in quanto si sofferma solo sulla gestione delle relazioni con il personale, senza condizionare il contenuto del lavoro. Bonazzi a tal proposito sostiene che con le relazioni umane si vuole << rendere dolce il Taylorismo>> (Bonazzi, vol-1:2002) aspetto che sarà chiarito maggiormente nel paragrafo che segue.