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Teoria delle contingenze e teoria ecologica delle popolazion

CONTESTUALIZZAZIONE ED EVOLUZIONE DELLE TEORIE ORGANIZZATIVE

II.6 Teoria delle contingenze e teoria ecologica delle popolazion

Successivamente agli studi analizzati, intorno agli anni 60‟ si possono riscontrare studi relativi alle contingenze strutturali e studi sull‟adattamento strutturale alle contingenze ambientali, studi che, oltre a rappresentare la teoria dominante degli studi organizzativi, rappresentarono anche una rottura con i presupposti della scuola classica, secondo cui esisteva un solo modello universale di organizzare le fabbriche, assumendo invece che possono esistere diverse forme organizzative. Innanzitutto, è opportuno fare chiarezza su ciò che accadde in Inghilterra nel corso degli anni 50, nonché l‟artefatto teorico delle ricerche sulle contingenze. Presso il Tavistock Institute di Londra iniziarono una serie di ricerche, sulle condizioni del lavoro operaio, che sfociarono ad affrontare temi sull‟intera organizzazione del lavoro. Eric Trist (1951) condusse con K.Bamforth (1951) (ex minatore) una ricerca sulla riorganizzazione del lavoro in una miniera di carbone da cui si avanzò, per la prima volta, il concetto di sistema socio-tecnico. La ricerca, per diversi aspetti, rientrò nell‟ambito della sociologia industriale, la cui problematica è definita dal rapporto tecnologia e consenso. Ma il risultato teorico più importante della

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ricerca fu l‟elaborazione del concetto di sistema socio-tecnico, andando oltre il sistema industrialistico e ponendosi come un più generale livello di analisi organizzativa. I principi che secondo Tirst caratterizzano il concetto di sistema socio-tecnico sono tre: due differenti ordini di variabili, tecniche e sociali, definiscono un sistema produttivo; l‟organizzazione aziendale deve essere considerata come un sistema aperto verso l‟ambiente circostante; è sbagliato sostenere che la tecnologia disponibile imponga un solo modello organizzativo. per la prima volta l‟organizzazione della fabbrica veniva teorizzata non rigidamente determinata dalla tecnologia. Dunque, si aveva la possibilità di scegliere tra le diverse soluzioni quella più adatta, verificata in concreto attraverso le <<ricerche-intervento>>. Successivamente Trist e altri studiosi, tra cui Burns e Stalker (1961), svilupparono il conetto di sistema socio-tecnico, che non si limitava solo al lavoro operaio bensì investiva l‟intera strategia manageriale. Centrale è la dimensione tranquillità-turbolenza del contesto ambientale. Trist ed Emery (1965) individuarono 4 livelli di complessità in un continuum che va da ambiente tranquillo ad ambiente turbolento. In questo ultimo ambiente i cambiamenti significativi oltre ad essere causati dalla concorrenza fra le varie imprese, sono causati anche dalla struttura del mercato. Con la scuola dei sistemi socio-tecnici si dimostra come l‟organizzazione interna di un‟impresa non è costante bensì variabile. La teoria delle contingenze riprende questo risultato, privandolo della carica emancipativa del lavoro umano che ispirava la scuola socio-tecnica. La preoccupazione era piuttosto di origine manageriale, indagando le relazioni ottimali per il successo economico tra l‟assetto organizzativo e una serie di variabili considerate come strategiche. Sulla base dell‟individuazione delle differenti variabili è possibile distinguere due indirizzi di ricerca nella teoria della contingenza. Il primo si occupa principalmente di studiare le connessioni tra strutture organizzative e variabili interne quali tecnologia e dimensione (Woodward), il secondo indirizzo invece, approfondisce lo studio delle connessioni tra struttura organizzativa e caratteristiche (prevedibilità-imprevedibilità) dell‟ambiente esterno (lawrence, Lorsch: 1986). Queste ricerche sono volte a misurare la tecnologia, le turbolenze aziendali, le dimensioni e le strutture. Mentre le ricerche di Woodward si concentrano sulle variabili interne dell‟imprese come la tecnologia, le ricerche di Lawrence e Lorsch (1986) indagano principalmente l‟impatto dei fattori ambientale sull‟organizzazioni di impresa. L‟impostazione della scuola socio-tecnica, considera l‟ambiente esterno lungo l‟asse

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prevedibilità imprevedibilità, assumendo che più l‟ambiente è imprevedibile, meno formalizzata è l‟organizzazione interna. La novità apportata dagli studiosi sta nel non considerare l‟ambiente in cui opera l‟impresa come qualcosa di uniformemente prevedibile o imprevedibile, quanto piuttosto costituito da aree con gradi differenti di prevedibilità. Gli studiosi distinguono tre settori ambientali: quello scientifico a cui corrisponde il settore di ricerca e sviluppo; quello commerciale o di mercato a cui corrisponde il dipartimento di promozione e vendite; infine quello tecnico a cui corrisponde il dipartimento di produzione. L‟ipotesi centrale della ricerca sta nel considerare il differente grado di prevedibilità dell‟ambiente collegato a differenti strutture organizzative dei tre dipartimenti. Dunque, dentro l‟impresa non esiste un solo modello organizzativo, bensì più modelli, giustificati dalle diverse caratteristiche dell‟ambiente, e con queste ultime i dipartimenti devono interagire.

Un‟altra teoria che attribuisce particolare importanza all‟ambiente, seppur in modo diverso rispetto alla teoria contingente, è la teoria ecologica delle popolazioni. Il precursore di questa scuola è Arthur Stinchcocmbe (1965), tra i suoi più originali contributi l‟Handbook of Organization, volume che destò parecchia attenzione nella comunità scientifica. La proposta dello studioso, presentata nel saggio e ripresa negli anni 70 da altri studiosi, fu quella di considerare come oggetto di analisi non una singola organizzazione, bensì una popolazione di organizzazioni nonché un insieme di popolazioni omogenee rispetto ad alcune caratteristiche, come operare nello stesso settore, essere rivolte allo stesso tipo di popolazione etc.

Quanto detto apre uno scenario di ricerca del tutto nuovo in quanto il problema affrontato da Stinchcombe riguarda le <<potenzialità organizzative>> delle varie società umane. Il fine ultimo è quello di comprendere quali fattori della struttura sociale influiscono sul tasso di fondazione di nuove forme di organizzazioni. Lo studioso presenta anche un ostacolo chiamato liability of newness (l‟onere delle novità) riferendolo al fatto che il tasso di insuccesso o mortalità è più alto tra le nuove organizzazioni piuttosto che tra le vecchie già consolidate. Questo modo di intendere i processi innovativi modifica radicalmente l‟opinione secondo cui la novità è favorita rispetto al vecchio.

La teoria ecologica delle popolazioni organizzative, oltre a riprendere molte concettualizzazioni di Stinchcombe, applica il modello Darwiniano alle popolazioni

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organizzative nonché stabilire quale tipo di società fornisce le condizioni migliori per alleggerire l‟onere delle novità e promuovere al tempo stesso l‟innovazione. Nella letteratura sui processi di modernizzazione è possibile riscontrare i primi elementi di una risposta, le capacità organizzative di una società sono alte nella misura in cui alta è la capacità di sviluppo, il grado di istruzione, l‟urbanizzazione, l‟economia monetaria etc.

L‟idea di Stinchcombe, che si esplica nel voler condurre l‟analisi a livello di specie organizzative, viene ripresa e sviluppata dalla teoria ecologica delle popolazioni organizzative che ha come maggiori esponenti Hannan e Freeman (1977). Nelle loro teorizzazioni trovavano conveniente applicare il modello dell‟evoluzione naturale della specie, all‟esame degli effetti ambientali sulle organizzazioni.

Inoltre, secondo gli studiosi, il modello ecologico offre la possibilità di una visione adeguata sui fattori che provocano l‟innovazione organizzativa.

L‟innovazione organizzativa in questo approccio viene intesa oltre che come adattamento alle novità ambientali, anche come un processo di selezione a livello di specie organizzative, da parte dell‟ambiente, delle organizzazioni più equipaggiate rispetto alle caratteristiche dell‟ambiente e rispetto a quelle organizzazioni inferiori. L‟elemento che porta alla “selezione” è “l‟inerzia strutturale”, che blocca l‟adattamento dell‟organizzazione mediante l‟apprendimento e le scelte strategiche per apportare cambiamenti. I fattori inerziali si distinguono in interni ed esterni. I primi comprendono: specializzazione sia di impianti che di professionalità, un‟unica cultura aziendale, orientamento dei managers, le conflittualità sindacali e poca informazione sulle contingenze ambientali a cui si deve adattare; mentre i secondi alludono al superamento dei confini per entrare in nuovi mercati, i costi di monitoraggio, e il comportamento imitativo che le altre imprese possono assumere.

Per sintetizzare il modello ecologico vede nel processo del cambiamento sociale tre stadi:

 cambio di comportamento, come risposta all‟adattamento ai cambiamenti ambientali;

 selezione naturale, che va ad eliminare tutte quelle organizzazioni non adatte a quell‟ambiente;

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Rispetto alla teoria della contingenza che spiegava l‟innovazione soltanto in base al principio di adattamento, in cui l‟unità di analisi era sempre la singola organizzazione che per sopravvivere nell‟ambiente competitivo doveva possedere alcune caratteristiche (innovativa, efficiente, flessibile, apprendere, avere una forte leadership etc.) , con la teoria ecologica delle popolazioni ci si sposta da singole unità a popolazioni organizzative, riconoscendo nel mutamento diversi fattori in gioco, da un lato l‟adattamento individuale e dall‟altro la selezione nonché la sopravvivenza e l‟affermazione dei più adatti. Come si avrà modo di vedere nel prossimo paragrafo, questo paradigma delle contingenze, verrà messo in discussione da ulteriori approcci, definiti da Bonazzi (vol-3: 2002) morbidi alle organizzazioni, in cui si guarderà sempre ali aspetti ambientali, tecnologici e di dimensione di impresa con un'altra lente.