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CONTESTUALIZZAZIONE ED EVOLUZIONE DELLE TEORIE ORGANIZZATIVE

II.2 La scuola delle relazioni umane

La scuola delle relazioni umane si sviluppa intorno agli anni 30‟. E. Mayo è considerato il principale rappresentante teorico della scuola, mentre Dickson e in parte Warner, sono considerati i principali autori della ricerca empirica che segnò la nascita delle relazioni umane. I lavori di Mayo sono ricavati dagli esperimenti condotti presso la Western Electric Company di Hawthorne.

Il responsabile della compagnia promosse diverse ricerche sperimentali per valutare il grado di connessione tra illuminazione e rendimento.

Dai risultati di queste ricerche emerse che con l‟aumento dell‟illuminazione aumentava anche la produttività dei lavoratori. Una cosa strana si verificò nel momento in cui si diminuì la luce e nonostante ciò, la produttività delle operaie aumentava. La deduzione fu quella che le operaie la intesero quasi come una sorta di sfida alle proprie capacità, dimostrando di saper produrre anche in condizioni peggiori. Gli studiosi nell‟interpretare questi comportamenti, ne dedussero che vi era un <<fattore umano>>, sino a quel momento mai preso in considerazione. Da ciò i dirigenti della Western Electric compresero che le ricerche sul rapporto motivazione-rendimento aveva bisogno di essere analizzato da specialisti, motivo per cui si rivolsero a Mayo.

Dal 1927 al 1932 è possibile distinguere tre ricerche che differiscono per contenuto, metodi e valore scientifico dei risultati, infatti è possibile distinguere: le ricerche che

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indagano i fattori (formali e informali) che favoriscono il rendimento operaio, allo scopo di accertare i fattori più efficaci nello stimolare il rendimento operaio, in sostanza l‟intendo era quello di capire sé fossero di natura economica o di natura psico-sociale; Altre ricerche vennero condotte avendo ad oggetto i motivi di lamentela e di soddisfazione operaia all‟interno della fabbrica; Infine la terza ricerca indagava i fattori di solidarietà e antagonismo informale tra gli operai. Come scrive Bonazzi, questa può essere considerata la ricerca metodologicamente più interessante e corretta. Entrando nel dettaglio di quest‟ultima, lo scopo della ricerca era quello di verificare il rapporto tra dinamiche informali di un gruppo di lavoro e andamento produttivo. I ricercatori intuirono che il gruppo informale non per forza deve sempre avere conseguenze positive per la produzione. Per questo motivo, selezionarono 14 operai addetti al montaggio di quadri telefonici, scoprendo che tutte le attività svolte nel gruppo erano in qualche modo regolate da norme informali che prescrivevano solidarietà e omogeneità. All‟interno del gruppo convivevano anche due sottogruppi uno centrale e l‟altro periferico, in cui i primi aiutavano gli altri nel momento in cui non riuscivano a tenere i tempi di produzione. I due gruppi presentavano anche elementi etnici e di qualificazione professionale differenti. Bonazzi scrive: <<la restrizione del rendimento non è altro che l‟espressione di norme sociali che agiscono a livello informale per cercare di eludere il controllo organizzativo>> (Bonazzi, vol-1:2002: 63). D‟altra parte, riconoscendo la natura sociale delle norme, si tende ad accettare la possibilità che gli interventi del management siano in grado di motivare il gruppo conducendolo ad aumentare il proprio rendimento.

Queste conclusioni però erano destinate a far emergere una nuova accusa nonché quella di favorire tentazioni manipolative dei dipendenti da parte della direzione. Queste accuse si inserivano in una critica contro i limiti teorici delle relazioni umane, in particolare contro l‟enfasi delle relazioni microsociali, l‟indifferenza per gli aspetti strutturali della società e il silenzio sulle grandi identità sociali dei soggetti. Ma per capire bene i limiti delle relazioni umane bisogna esaminare i temi più rilevanti delle opere di Mayo che fanno riferimento all‟importanza del fattore umano dentro le organizzazioni, all‟anomia della società industriale e al primato degli aspetti informali nell‟organizzazione produttiva. Ma vediamo di analizzarli uno per volta:

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 Il fattore umano: rispetto allo scientific management, accusato di considerare i dipendenti come puri erogatori della forza lavoro, E.Mayo evidenzia la necessità di una visione più completa della relazione uomo azienda. Con l‟espressione fattore umano lo studioso intende l‟insieme dei fattori psicologici latenti che hanno una certa influenza sul comportamento manifesto dei soggetti. Molti aspetti della condotta umana non possono essere spiegati in modo logico, bensì facendo ricorso a fattori di natura emozionale. Questi principi applicati al lavoro condurranno le aziende a una maggiore attenzione alle esigenze psicologiche dei soggetti, rispetto al semplice aumento di remunerazione, e lo fanno tramite una particolare attenzione all‟armonia e all‟ambiente micro-sociale. Mayo contesta allo scientific management il fatto di non riconoscere che l‟adesione dei soggetti è soggetta a un vincolo di origine psicologica. Motivo per cui Mayo insiste sulla necessità di soddisfare il fattore umano tramite la creazione di un ambiente di lavoro socialmente gradevole e armonioso;

 L‟anomia della società industriale: per lo studioso la società si mostra turbata da crisi e tensioni sociali, causati dalla medesima disgregazione sociale e morale che negli anni ‟30 colpiva la vita urbana americana. Per spiegare questi fenomeni lo studioso si rifà al concetto di anomia durkheimiano nonché la condizione di allentamento delle norme morali le quali regolano il funzionamento delle società. Esso si manifesta nel momento in cui i fenomeni innovativi alterano l‟ordine sociale. Un esempio di questi fenomeni innovativi possono essere i nuovi metodi di produzione, l‟aumento della ricchezza o l‟eccessiva concentrazione umana nei luoghi urbani. Al contrario una società non anomica è, per Durkheim, una comunità piccola all‟interno del quale i propri membri hanno una chiara identità sociale, hanno consapevolezza del ruolo che gli attribuisce la società e sono consapevoli delle tappe più importanti della loro esistenza. Mayo sostiene che il modo di vivere precedente stia pagando il costo morale e sociale dell‟industrializzazione e dell‟urbanizzazione. L‟attenzione degli imprenditori, preoccupati solo delle finalità economiche delle fabbriche, ha messo in ombra i costi sociali delle trasformazioni favorendo i conflitti tra imprese e lavoratori. lo studioso scarta come rimedio l‟intervento politico statale a causa delle sue convinzioni liberiste, piuttosto il rimedio è

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quello di vedere la fabbrica come un‟istituzione che oltre a perseguire il profitto debba preoccuparsi a non sviluppare occasioni di conflitto, portando i dipendenti a un‟identificazione emozionale con l‟azienda. Ma in che modo? Promuovendo attività integrative anche fuori dall‟azienda tramite l‟istituzione di servizi di consulenza psicologica, creando spazi sociali e favorendo associazioni a scopo ricreativo, sportivo e culturale. Siccome per Mayo il rapporto dipendente- aziende è principalmente di tipo emozionale non è esagerato sostenere che, scrive Bonazzi <<per lui l‟immagine dell‟azienda deve rievocare in modo più o meno conscio la figura della grande madre dispensatrice di comprensione e calore umano>> (Bonazzi, vol-1:2002: 67);

 Gli aspetti informali: Mayo raccomanda che il lavoro sia riorganizzato riunendo gli operai in piccoli gruppi. In questo modo il lavorare insieme è motivante e consente di eseguire senza alcun malanimo anche i lavori <<intrinsecamente ingrati>>.

È importante evidenziare come nonostante le critiche, il successo delle relazioni umane (nelle pratiche aziendali) si deve al fatto che nei decenni centrali del ventesimo secolo il progresso tecnologico, che si esplica nella macchinizzazione intensiva nonché l‟incorporazione nelle macchine dei tempi e dei modi di esecuzione, causò 2 effetti: rigidità e integrazione delle varie fasi del flusso produttivo; declino del cottimo individuale e nascita di cottimi collettivi di squadra o reparto.

Con questa evoluzione tecnica del taylorismo si ampliavano gli spazi aperti all‟azione delle relazioni umane, ne è un esempio il lavoro di squadra il quale si mostrava in consonanza con le raccomandazioni delle relazioni umane, creando gruppi armonici con la preoccupazione ultime di rendere l‟ambiente sociale interno migliore. Ma da quel momento in poi era la cruda necessità tecnologica a imporre il lavoro di squadra per motivi di produzione. Di fronte alla spersonalizzazione del processo produttivo, diveniva importante per il management recuperare il consenso operaio, facendo leva sulla personalizzazione dei rapporti gerarchici. I management invitavano i capi a reagire alla spersonalizzazione del processo produttivo, infatti essi si ponevano come leader naturali mostrando amicizia ed eventualmente sostegno agli operai. La fortuna delle relazioni umane poggia proprio su queste ragioni, soprattutto nei paesi ove erano più

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forti le proteste operaie. Per queste ragioni emerge anche il limite storico delle relazioni umane, pretendevano di aver proposto un modello nuovo e diverso rispetto al taylorismo ma in realtà nella concreta applicazione non produsse mai reali cambiamenti, soprattutto nell‟ambito della produzione. Il lavoro operaio continuò a rimanere oppressivo e le gerarchie non furono modificate. A tal proposito bonazzi scrive << le relazioni tentarono di avvolgere il tutto in una caramellosa aria di comprensione personale, di collaborazione e di armonia, dove i benefici non erano frutto di contrattazione su base paritaria ma concessione unilaterale del padrone>> (Bonazzi, vol-1:2002: 70).

Nell‟ambito delle politiche aziendali è molto interessante il pensiero di Selznick (1970) il quale afferma che deve essere fatta una distinzione importante tra miglioramento delle condizioni di lavoro e coinvolgimento nella vita aziendale tramite una gestione paternalistica della manodopera da un lato, ed esercizio della legittima autorità individuale dall‟altro, quest‟ultimo aspetto visto sempre dallo studioso come un processo politico.

Questa distinzione consente di vedere le relazioni umane come espressione delle politiche aziendali di primo tipo. Per i limiti di umanizzazione del lavoro, Bonazzi afferma che le relazioni umane si limitarono a fornire svariate tecniche “lubrificanti” con il fine ultimo di far funzionare la macchina tayloristica. Si comprese che oltre al declino del taylorismo, come sistema di produzione, si andava incontro al declino delle relazioni umane come <<formula di controllo politico>> (Bonazzi, vol-1: 2002), declino dovuto anche allo sviluppo civile e culturale che investì, nella seconda parte del ventesimo secolo, lavoratori e management.