CONTESTUALIZZAZIONE ED EVOLUZIONE DELLE TEORIE ORGANIZZATIVE
II.9 Analisi dell’organizzazione in una prospettiva metaforica
II.9.3 Le organizzazioni in quanto sistemi di dominio
L‟altra metafora presentata da Morgan fa riferimento a un lato negativo delle organizzazioni, considerate queste ultime, strumenti di dominio. I temi su cui lo studioso si focalizza fanno riferimento agli impatti negativi che le multinazionali, considerate come una forza razionale, producono:
Impatto ambientale che si traduce in inquinamento ambientale Impatto sulle condizioni di lavoro (sfruttamento dei dipendenti) Impatto nell‟economia mondiale e nei governi dei paesi ospitanti
Nel corso degli anni, il fenomeno organizzativo è stato messo in relazione ai processi di dominio sociale ove << singoli individui o gruppi elaborano strumenti per imporre la propria volontà agli altri>> (Morgan:2002: 384), aspetto quest‟ultimo che ha destato attenzione a molti organizzativisti di pensiero radicale, che si sono ispirati dai lavori di Karl Marx, Max Weber e Robert Michels.
Weber, è stato analizzato precedentemente a proposito della teoria burocratica, ma la preoccupazione di Weber era quella di attenzionare le differenti forme di dominio sociale presenti in società ed epoche diverse. Per lo studioso il dominio si può presentare in forme diverse, con l‟uso della minaccia o della forza o in modo più sottile perché si ritiene che se ne abbia diritto.
Weber identifica tre tipologie di autorità:
Carismatica, quando il capo riesce a comandare per le proprie caratteristiche personali
Tradizionale, quando il comando è legittimato dal rispetto e dalle tradizioni Razionale-legale, legittimata da norme, regolamenti e procedure
L‟importanza di questi contributi è riscontrabile dal fatto che anche le organizzazioni più razionali, come ad esempio la burocrazia, e democratiche, possono creare modelli di dominio ove pochi individui raggiungono un forte potere nei confronti degli altri, attraverso l‟utilizzo di processi di socializzazione e manipolazione dei valori (Morgan:2002).
84
Per gli esponenti dell‟approccio radicale, oggi ci si trova nella stessa situazione precedente alla rivoluzione industriale, nonché lo sfruttamento della schiavitù.
Se si analizza la storia dell‟organizzazione del lavoro, dalla rivoluzione industriale in poi, sia in Europa che in Nordamerica si registrano tendenze comuni. Più si sviluppa il lavoro salariato, più l‟organizzazione del lavoro diviene rigida e basata su una supervisione attenta e su mansioni meno standardizzate. Quanto detto ha portato alla formazione di due classi del mercato del lavoro:
il mercato primario, ove gli individui sono dotati di competenze e conoscenze specialistiche, che solitamente prendono il nome di capitale dell‟azienda o capitale umano di cui ci si aspetta impegno e lealtà per l‟azienda (ne sono un esempio i processi di outsourcing e il maggior numero di professional che prima venivano considerati facenti parte del mercato primario mentre oggi si ritrovano con contratti a tempo determinato o lavori a progetto);
il mercato del lavoro secondario, si compone di lavoratori poco qualificati con basse remunerazioni con conseguente basso investimento, da parte delle imprese, sulla formazione. A tal proposito Morgan riporta l‟esempio delle occupazioni di molte società occidentali in cui coloro che appartengono a minoranze sono più soggetti a <<lavori di basso livello>> (Morgan:2002).
Karl Marx in una sua opera, il capitale, descrive le condizioni dei dipendenti e il modo in cui i capitalisti li facevano lavorare citando rapporti medici che testimoniano come molti lavoratori di una fabbrica di porcellana erano affetti da malattie polmonari.
Molti di coloro che studiano i problemi della sicurezza sul lavoro, anche se le condizioni lavorative sono molto migliorate in alcuni paesi rispetto alle situazioni sopra descritte, ritengono che ancora persistano tutta una serie di problemi di fondo. Molti datori di lavoro stanno attenti ai rischi solo se vi sono costretti dalla legge. Per esempio, è stato dimostrato che impianti a rischio (collocati in paesi terzi) gestiti da società occidentali utilizzano solitamente standard sanitari e di sicurezza arretrati di cinquant‟anni rispetto agli standard seguiti nel paese di origine (ciò trova riscontro con le teorie dell‟environment analizzate nei capitoli precedenti, il contesto influenza e viceversa).
85
Altri impatti, relativi ai dipendenti, posso essere causati da situazioni di stress all‟interno dell‟organizzazione in cui lavorano. Le condizioni di lavoro, lo status, gli avanzamenti di carriera e il clima aziendale si trovano ad interagire con la personalit à dell‟individuo (lo si è riscontrato nella teoria dell‟organismo).
Ciò può avvenire anche in modo indiretto, quando si ama troppo il proprio lavoro si può cadere nell‟esagerazione, ad esempio quando un lavoratore pur di avanzare di carriera o mantenere la posizione raggiunta pensa di dover dimostrare o identificarsi completamente con l‟organizzazione rispettando le norme e in alcuni casi fare straordinari lunghi e lavorare giorni in più alla settimana di quanto ne siano effettivamente previsti. Detto ciò non va sottovalutato però che anche le organizzazioni potrebbero assumere un ruolo nell‟incentivare favorire i comportamenti appena discussi (Morgan:2002).
Come già discusso nel primo capitolo, e come sostiene lo stesso Morgan, <<il funzionamento dell‟economia mondiale è condizionato da aziende gigantesche, generalmente chiamate multinazionali o società globali>> (Morgan:2002: 412) le quali, rappresentano ad oggi più del 70% del commercio mondiale, stimando fatturati annuali aziendali che superano il PIL di alcuni paesi.
Morgan sottolinea, << non ci si deve meravigliare se queste aziende sono state paragonate a stati sovrani in grado di esercitare un‟influenza significativa sull‟economia mondiale e sulla politica internazionale>> (Morgan:2002: 412).
Questo aspetto è stato già affrontato nel corso del primo capitolo, parlando di imprese collocate in tutto il mondo, che possono essere controllate da un azionario o che possono essere possedute totalmente o in parte. Le multinazionali in qualche modo modificano la distribuzione del potere a livello mondiale. Da premettere che l‟approccio radicale allo studio delle multinazionali muove da una concezione negativa delle organizzazioni vedendole come coloro che sfruttano i loro dipendenti e creano divisioni significative tra gli interessi del capitale e quello dei lavoratori.
Vi sono multinazionali che hanno dimensioni maggiori degli stati nazionali e fra le tante altre cose, sono in una posizione migliore degli stati in quanto non devono rispondere a nessuno se non a sé stesse. Molte ricerche dimostrano che le multinazionali sono tanto centralizzate al punto di controllare in modo rigido le filiali straniere mediante un serie di regole norme etc. Le filiali devono riferire gli andamenti dell‟azienda alla casa madre
86
e i direttori generali delle filiali vengono trasformati in direttori di consociate per poter sviluppare a livello locale iniziative che ad ogni modo devono coincidere con le strategie della casa madre.
Anche per quanto riguarda le risorse, le multinazionali tendono più a favorire la dipendenza delle filiali più che la loro autonomia. Le multinazionali controllano il proprio ambiente anche attraverso azioni che spesso sconfinano nella politica. A tal proposito è noto che le grandi imprese utilizzano il potere per condizionare le politiche pubbliche <<le multinazionali si trovano spesso in grado di condizionare in maniera rilevante i governi che le ospitano, specialmente nel caso in cui questi paesi dipendono in maniera significativa dalla presenza delle multinazionali o di alcune attività>> (Morgan:2002: 418).
<<le multinazionali rappresentano una delle principali forze politiche presenti nell‟economia mondiale>>, ma l‟aspetto molto interessante è che rappresentano una forza politica senza responsabilità politica. Si deve sottolineare però, che per i sostenitori delle multinazionali esse sono viste come forze positive per lo sviluppo economico in quanto creano posti di lavoro e apportano sviluppo tecnologico finanziario e di conoscenze, mentre i critici tendono a vederle come dei <<mostri autoritari>> che sfruttano il più possibile i paesi ospitanti.
Il dilemma tra questi due modi di intendere le organizzazioni si esplica negli interessi contrastanti dei due soggetti, le multinazionali e la comunità o lo stato.
Sé, ad esempio, per scelte strategiche i dirigenti devono chiudere un impianto o ristrutturare l‟assetto aziendale a livello nazionale, le conseguenze per la comunità possono essere disastrose (Morgan:2002).
A tal proposito IKEA, nel novembre 2018, è andata incontro a una ristrutturazione per rispondere a nuove sfide, annunciando tagli relativi a 7500 dipendenti in due anni, nelle funzioni globali e negli uffici. Contemporaneamente però, annuncia anche l‟apertura di 11500 nuove posizioni, legate allo sviluppo di nuovi formati di negozi e nell‟online3. Molte volte non si pensa di chiudere un impianto solo perché vada male e di conseguenza ci sia una perdita, quanto piuttosto perché è più profittevole aprirlo altrove (profitto sopra ogni cosa, come direbbero i radicali).
3
87
L‟impatto negativo delle multinazionali non emerge tanto in Europa, quanto nei paesi in via di sviluppo. Ovviamente le multinazionali sono contrarie a questi pensieri, affermando che il loro intendo è quello di apportate miglioramenti contribuendo al miglioramento di paesi terzi e creare rapporti cooperativi di vantaggio per entrambi (stato-multinazionali)
Per quanto detto si è aperto un forte dibattito che critica l‟operato delle multinazionali sostenendo una serie di critiche:
il comportamento delle multinazionali nei confronti dei paesi e soprattutto delle economie del terzo mondo è contrassegnato da un forte sfruttamento;
le multinazionali sfruttano le popolazioni locali usandoli come <<schiavi da salario>>, cosa che non possono fare nei paesi occidentali in cui vi è più protezione da parte dei sindacati;
le multinazionali sono in grado di occultare una parte dei loro profitti per pagare meno imposte, adeguate alle nazioni che le ospitano;
infine, vengono anche criticate per una sorta di ricatti che fanno ai paesi e alle comunità ospitanti.
Per i motivi appena esposti, principalmente dai teorici dell‟approccio radicale, si ritiene che il comportamento delle multinazionali tende a creare disordine in campo economico, politico e sociale, con conseguente blocco nello sviluppo dei paesi ospitanti. In sostanza, l‟approccio radicale sostiene che lo stato moderno e le multinazionali <<collaborano in un processo di dominio sistematico>> (Morgan:2002).
Altri studiosi invece considerano questi comportamenti in modo più positivo, vedendoli entrambi come partner che insieme concorrono alla crescita del progresso, alla modernizzazione e allo sviluppo in generale. Questa tesi è già stata analizzata anche nel corso del primo capitolo, affrontando il ruolo dello stato, e le diverse posizioni che può assumere, nel processo di globalizzazione.
Come per ogni metafora Morgan propone le potenzialità e i limiti. Per quanto concerne le potenzialità, essa ci permette di richiamare alla nostra attenzione l‟aspetto duplice della razionalità, mettendo in luce come essa molte volte appare parziale. Tutte le attività che in un primo momento possono sembrare razionali, in realtà bisogna
88
chiedersi razionale per chi? Se da una parte molte attività sono razionali per le imprese non è detto che lo siano anche per la salute e il benessere dei dipendenti. Inoltre, la metafora del dominio induce a sviluppare una teoria dell‟organizzazione << a favore degli sfruttati, dunque ad assumere la consapevolezza di affrontare il problema dello sfruttamento lavorativo. Un limite di questa metafora è che spesso viene criticata perché sarebbe frutto di idee di estrema sinistra il che alimenterebbe le difficoltà dei manager che sono già impegnati ad affrontare il turbolento mondo odierno.