LA DISCIPLINA GIURIDICA ITALIANA
3.2 Interventi normativi per il contrasto agli abusi sessuali sui minor
3.2.2 La Legge n 66/1996, “Norme contro la violenza sessuale”
Il tema dei reati in materia sessuale è stato oggetto, a partire dalla fine degli anni settanta, di numerose proposte di legge finalizzate a riformulare più o meno integralmente le fattispecie disciplinate dal Codice Rocco. Ciò in una ampia prospettiva di ripensamento della struttura della società.
Nonostante il rilevante numero dei disegni di legge succedutisi l’uno all’altro per quasi un ventennio, risale al 23 maggio 1995 l’approvazione da parte della camera di una ulteriore proposta di legge e segnatamente la proposta n. 2576, che passata all’esame del Senato, è divenuta legge, la legge 15 febbraio 1996, n. 66, “Norme contro la violenza sessuale”. Risulta immediatamente evidente l’intento del legislatore di dare un taglio netto al passato e di introdurre la nuova disciplina dei reati di violenza sessuale su una sorta di tabula rasa di ogni preesistente disposizione. Intento che viene evidenziato dalla l. n. 66/96 all’articolo 1 che dispone l’integrale abrogazione del “capo I del titolo IX” nonché degli “articoli 530, 539, 541 e 543 del codice penale”; in altre parole della previgente normativa in materia di delitti sessuali.
Con la legge in esame si opera quindi una vera e propria “rivoluzione etico-culturale” .
Fra le innovazioni introdotte dalla l. n. 66/96 emerge la diversa classificazione sistematica dei reati in materia sessuale collocati ora nell’ambito del Titolo XII relativo ai delitti contro la persona, nel Capo
85A. CADOPPI, Commentari delle norme contro la violenza sessuale e della legge
II, Sezione II, fra i delitti contro la libertà personale, species del più ampio genus libertà individuale.
Del tutto evidente è l’intento del legislatore di operare un taglio netto con il passato86.
La legge del 1996 ha avuto l’innegabile pregio di abbandonare la concezione essenzialmente pubblicistico-collettiva dell’oggetto giuridico dei reati sessuali, per approdare ad una visione individul-personale del bene cui apprestare tutela.
La legge è massima espressione dello Stato di offrire protezione giuridica a quei valori sociali, culturali e/o politici diffusi e riconosciuti come meritevoli di tutela in quel determinato momento storico, risulta quindi necessario per comprendere la disciplina vigente analizzare il momento storico nel quale è stata introdotta, senza trascurare anche la ricerca delle motivazioni per le quali sia emersa l’esigenza di modificare la previgente disciplina e di accordare tutela a valori nati dal rango meramente ideologico, sociale, di costume a quello di beni giuridici. Con la l. n. 66/96, grazie alle esigenze, messe in luce con forza a partire dagli anni sessanta, di conferire alla società una struttura nuova e diversa attraverso l’abolizione di tutte le situazioni di inferiorità e di diseguaglianza contrastanti con quanto già costituzionalmente garantito dagli artt. 3 e 27, si è tentato di dare un colpo al passato, per avvicinare agli attuali valori una normativa in materia di reati sessuali che, frutto ormai di una ideologia obsoleta, non rispecchiava più, né più si adattava alla mutata concezione dei beni cui accordare valore giuridico.
Il quadro delineato dal Codice Rocco risultava ormai anacronistico in materia di delitti sessuali, così come anacronistico era divenuto il substrato ideologico e culturale ad esso sotteso.
La abrogata disciplina, infatti, rispondeva ad una concezione dei reati in materia sessuale che nulla aveva a che vedere con la tutela dell’individuo e della sua libertà in ogni diversa e possibile sua manifestazione ed espressione. La natura dei beni tutelati, dal Codice Zanardelli prima e dal Codice Rocco poi, era di natura essenzialmente super-individuale e collettiva, in altre parole, di natura sovra ordinata rispetto all’interesse del singolo pur tutelato (almeno dal legislatore del 1930) anche nella sua libertà sessuale, ma riconosciuta e protetta tuttavia dall’ordinamento solo e nella misura in cui la sua offesa costituisse una pari offesa al buon costume ed alla moralità pubblica.
La novella del 1996, in accoglimento delle istanze più strettamente aderenti ai tempi, ha cancellato ogni dissonanza nella collocazione normativa previgente e ha superato la dimensione pubblicistica e collettiva conferendo risalto unicamente all’aspetto individuale e personalistico della lesione arrecata dai delitti sessuali87.
Questo è stato confermato anche dalla giurisprudenza: “ il fondamentale e ben noto mutamento dell’oggetto giuridico dei reati di violenza sessuale, compiuto dalla legge n. 66/96, ha comportato la sottrazione dei detti reati alla sfera della moralità pubblica e del buon costume (Titolo IX del codice) e la loro inclusione nella categoria dei delitti contro la persona (titolo XII) e più specificamente dei delitti contro la libertà individuale (capo III).(…) Si vuol sottolineare con ciò che, col nuovo inquadramento teleologico introdotto dalla legge 66/96, i reati di violenza sessuale di cui agli art. 609 bis e ss. offendono la libertà personale intesa come libertà di autodeterminazione della propria corporeità sessuale, e non già la libertà morale della persona oppure il
87ALFONSO I., Violenza sessuale, pedofilia e corruzione di minorenne, op. cit., pp. 1- 53.
pudore e l’onore sessuale come specificazioni della moralità pubblica e del buon costume”88.
Il bene giuridico tutelato, oggi, dagli artt. 609 bis e ss c.p., altro non è che la libertà sessuale, intesa come la libertà di autodeterminarsi in relazione al proprio corpo ed alla propria sessualità.
Altra innovazione introdotta dalla l. n. 66/96 è l’unificazione delle fattispecie di violenza carnale e di atti di libidine violenti. Diverse ragioni militavano a sostegno dell’abbandono di due distinte figure delittuose di offesa alla libertà sessuale: la necessità di evitare il pressoché imprescindibile ricorso ad indagini invasive e spesso umilianti per la vittima, di disancorare la rilevanza penale del delitto dalle concrete modalità della violenza per legarla alla lesione della libertà sessuale della vittima, di superare l’ambiguità della locuzione congiunzione carnale e le conseguenti difficoltà interpretative derivanti dalla distinzione violenza carnale-atti di libidine.
In accoglimento di tali esigenze, nella formulazione attuale dei reati sessuali scompare ogni richiamo alla “congiunzione carnale” per lasciare il posto ad una onnicomprensiva fattispecie che sotto la definizione di “atti sessuali” assume tanto il delitto di “congiunzione carnale” quanto quello di “atti di libidine violenti”.
Prendendo in considerazione il tema della protezione giuridica dei minorenni in materia sessuale, questo è stato al centro di un lungo dibattito sociale e parlamentare che ha visto contrapposti antitetici orientamenti volti a conciliare la necessità di un corretto sviluppo della personalità con le esigenze legate all’evoluzione dei costumi ed all’avvenuta emancipazione, anche in campo sessuale, dei minori.
88Cass., Sez. III, 3 novembre 1999, n°2941 (Carnevali), in www.alphaice.com ; ripresa successivamente in Cass, sez.III, 12 febbraio 2004, n° 15464 (Marotta), in Cass. Pen.
Ed anche in questo più specifico settore si avvertiva la discrasia esistente fra la struttura della società ed il ruolo assunto dai soggetti minori d’età, da un lato, e, dall’altro, un diritto penale ancora ancorato ad una concezione sempre meno rispondente agli ampi spazi di libertà riconosciuti o conquistati dai giovani.
Ferme restando la consapevolezza dei risvolti traumatici che atti di vera e propria violenza sessuale possono provare nei minori e l’esigenza sempre più pressante di dare una efficace risposta normativa agli abusi ai danni dei fanciulli, la discussione verteva, in particolare, sull’opportunità di mantenere la previsione del Codice Rocco della soglia limite oltre la quale statuirsi per ogni atto sessuale compiuto consensualmente, con o fra soggetti minori d’età, la presunzione di violenza o, comunque, l’illecità del fatto.
Nella pur unica prospettiva di protezione dell’immaturità e di salvaguardia del diritto alla sessualità del minorenne, diverse si delineavano le soluzioni di riforma prospettate.
Ciò che dal dibattito è scaturito e che si è tradotto in scelta normativa è stata l’adozione di una formula “compromissioria”, sostanziatasi nel mantenimento della previsione sia di una generale soglia di intangibilità assoluta del minore fissata nei quattordici anni (sedici in casi particolari), sia del regime di perseguibilità a querela, nonché sulla introduzione di una sfera di liceità delle esperienze sessuali fra coetanei qualora la differenza di età non superi i tre anni, con abbassamento, in tale ipotesi, della soglia di intangibilità assoluta ad anni tredici89.
Così, sono stati approvati gli artt. 609 ter, quater e quinques a norma dei quali l’illecità del fatto viene modulata in relazione all’età del minore.
89ALFONSO I., Violenza sessuale, pedofilia e corruzione di minorenne, op. cit., pp.53- 63.
Possiamo dunque affermare che il principio cardine della previgente normativa in materia di tutela sessuale dei minorenni, l’intangibilità sessuale assoluta dell’infraquattordicenne, ha subito una significativa trasformazione ad opera del legislatore del 1996: pur confermandosi tale soglia di intangibilità, è stata infatti ritagliata una zona di liceità, sia pur limitata, a favore delle prime esperienze affettive degli ultratredicenni e, conseguentemente, è stata implicitamente riconosciuta la validità del consenso di costoro in ambito sessuale riconoscendo agli stessi, del pari, un vero e proprio diritto alla libertà sessuale. Diritto che trova, nell'ordinamento giuridico, una tutela forte, ma differenziata in relazione all’età del minorenne ed al bilanciamento dei contrapposti interessi: della maturazione anche sessuale del minore, da un lato, e della ineludibile necessità di protezione del minore stesso da abusi di cui, anche in virtù della giovane età, può divenir facile vittima, dall’altro; della libertà sessuale, da un lato, e dell’intangibilità, dall’altro. Nessuno spazio, pertanto, è stato concesso dalla l. n. 66/96 alla possibilità di affidare al giudice, nel caso concreto, l’accertamento sulla capacità del minore infraquattordicenne a prestare un valido consenso agli atti sessuali90.
3.2.3 La tutela penale offerta al minore abusato sessualmente: L. n.