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Il legittimo affidamento quale elemento essenziale della buona fede e del principio di certezza del diritto nelle disposizioni tributarie: alcuni profil

IL LEGITTIMO AFFIDAMENTO ED IL PRINCIPIO DI BUONA FEDE NEL DIRITTO ITALIANO

4.2 Il legittimo affidamento quale elemento essenziale della buona fede e del principio di certezza del diritto nelle disposizioni tributarie: alcuni profil

comparativi

Il legittimo affidamento includerebbe anche quello della buona fede, principio diffuso

in ogni branca dell'ordinamento e noto sin dai tempi del diritto romano. Tale costruzione si rinviene nella seconda parte della dottrina italiana258 e spagnola259. Secondo questa dottrina il principio di buona fede soggettiva ed oggettiva si permea in ogni ambito dell’ordinamento giuridico. Esso, infatti, fa parte dei principi fondamentali

257

Il tema e diffusamente trattato in: F. MERUSI, Buona fede e affidamento nel diritto pubblico. Dagli anni “trenta”

all’“alternanza”, cit., 9 ss. Cfr. altresì F. MANGANARO, Il principio di buona fede e attività delle amministrazioni pubbliche, cit., 113 ss.

258 F.MERUSI, Buona fede e affidamento nel diritto pubblico. Dagli anni “trenta” all’“alternanza”, cit., 9 ss. 259

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del diritto che svolgono una funzione integrativa delle norme positive, le quali non possono disciplinare ogni possibile evenienza. Ecco, quindi, che il dovere di buona fede, di legalità ed imparzialità impone ad ogni soggetto giuridico, sia esso persona fisica o giuridica, privata o pubblica, di comportarsi lealmente nel compimento di atti giuridicamente rilevanti in grado di riverberare i loro effetti nella sfera giuridica altrui. La buona fede si pone all’interno del rapporto giuridico e unitamente alla correttezza nei rapporti tra contribuenti e A.F. opera in ogni sua fase.

In tale contesto, la necessità di tutelare il legittimo affidamento del contribuente quale soggetto debole derivante dalla condotta della P.A., costituisce una delle possibili applicazioni del dovere di buona fede. Accedendo a tale concezione, che richiama i principi generali dell’ordinamento, non sarebbe necessario alcun fondamento legislativo o costituzionale dell'istituto. Nella sua formulazione pura, essa assume un carattere “estensivo”, che dovrebbe indurre a ritenere che il legittimo affidamento sia sempre tutelato ogni qual volta ne sia accertata l’esistenza.

Diversa opinione fa derivare il legittimo affidamento nei riguardi del soggetto pubblico dal principio di certezza del diritto (Rechtssicherheit), principi proprio dello Stato moderno260. Con questa espressione si identificano la sicurezza di situazioni giuridiche soggettive connesse all'esigenza di tutelare la sicurezza giuridica in quella tutela dell'affidamento nei confronti del cittadino. Tale tutela, pertanto, non costituisce un principio diffuso e trasversale dell'ordinamento giuridico, ma un valore interno allo Stato che dovrà essere accertato dal giudice. Tale costruzione è stata elaborata dalla

260

F. MERUSI, Buona fede e affidamento nel diritto pubblico. Dagli anni “trenta”all’“alternanza”, cit., 21 ss.; 35 ss. Sul tema della certezza del diritto: P. CALAMANDREI, La certezza del diritto e le responsabilità della dottrina, in

Riv. dir. comm., I, 1942, 345 ss.; F. CARNELUTTI, La certezza del diritto, in Riv. dir. proc. civ., I, 1943, 87 ss.; F.

LOPEZ DE OÑATE, La certezza del diritto, a cura di G. Astuti e con appendice di M. Corsale, Milano 1968; G. FRANCHI-F. BERTI ARNOALDI VELI-G. CONSO, Certezza del diritto e legittimità costituzionale, in Giur. it., IV, 1970, 3; A. PIZZORUSSO, Certezza del diritto. Profili applicativi, voce dell’Enc. giur., VI, Roma 1988; M. CORSALE, Certezza del diritto, voce dell’Enc. giur., VI, Roma 1988; S. COTTA, La certezza del diritto. Una

questione da chiarire, in Riv. dir. civ., I, 1993, 321 ss.; L. GIANFORMAGGIO, Certezza del diritto, voce del Dig. disc. priv. (sez. civ.), II, Torino 1988, 275 ss.;

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giurisprudenza tedesca e poi in seguito recepita dagli orientamenti della Corte di Giustizia e dalla giurisprudenza francese (prìncipe de confiance légitime)261 e dall'ordinamento italiano così come si è avuto modo di vedere nei precedenti capitoli. Nel nostro ordinamento accanto alla nozione di buona fede quale regola generale presente in ogni ambito del sistema giuridico e unitamente al principio di certezza del diritto, si affiancano quelle costruzioni giurisprudenziali262 che hanno cercato di ricondurre il legittimo affidamento e la rilevanza delle regole di correttezza e di buona fede alle previsioni della Carta Costituzionale.

La giurisprudenza costituzionale ha riferito che il legittimo affidamento deve essere ricondotto all'art. 3 della Carta fondamentale263 secondo cui, tale principio costituisce elemento essenziale dello Stato di diritto tanto da essere ricondotto al principio di eguaglianza dinanzi alla legge, sub specie del rispetto del canone della ragionevolezza, ex art. 3, comma primo della Costituzione.

Ad avviso di chi scrive, tale principio è immanente in ogni ordinamento comunitario ed accoglie l'impostazione della Corte Costituzionale tedesca quando fa riferimento al principio della sicurezza giuridica e della certezza giuridica della norma.

Oltre a tale significativo ed autorevole orientamento, è necessario considerare due

261Tribunal administratif de Strasbourg, 8 dicembre 1994; in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 1996, 417 ss., con nota di R.

CARANTA, La “comunitarizzazione” del diritto amministrativo: il caso della tutela dell’affidamento; in Act. jur. dr.

adm., 1995, 555; in Rev. fr. dr. adm., 1995, 963, con nota di M. HEERS, La securitè juridique en droit administratiffranfais: vers une consècration du prìncipe de confiance légitime.

262

Cass. 10 dicembre 2002, n° 17576: <<Si può, pertanto, concludere, con specifico riferimento al principio della "tutela del legittimo affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica" - quale "elemento essenziale dello Stato di diritto", ancorato dalla Corte costituzionale al principio di eguaglianza dinanzi alla legge, subspecie del rispetto del canone della ragionevolezza, di cui all'art. 3 comma 1 Cost. - che il principio stesso, mutuato da quelli civilistici della buona fede e dell'affidamento incolpevole nei rapporti fondati sulla autonomia privata, è immanente in tutti i rapporti di diritto pubblico - e, quindi, anche in quelli tributari - e costituisce un preciso limite all'esercizio sia dell'attività legislativa, sia dell'attività amministrativa, e tributaria in particolare; nonché, come già sottolineato, un altrettanto preciso vincolo ermeneutico per l'interprete delle disposizioni tributarie, in forza di quanto stabilito dall'art. 10 comma 1 dello Statuto. Da ciò consegue, in particolare, relativamente alla materia tributaria, che il principio della tutela del legittimo affidamento - il quale, proprio perché esistente ed operante anche nel diritto e nell'ordinamento tributari già prima dell'entrata in vigore dello Statuto, è stato soltanto reso esplicito dalla disposizione da ultimo citata - deve essere applicato, ove ne sussistano i presupposti e secondo le circostanze del caso concreto, in tutti i rapporti tributari, anche se sorti, quale quello di specie, in epoca anteriore all'entrata in vigore della legge n. 212 del 2000.

263

Corte Cost. 4 novembre 1999, n. 416, in Giur. cost., 1999, 3625 ss. Il ragionamento è fatto proprio e sviluppato dalla Corte di Cassazione, Cass. civ., sez. trib., 10 dicembre 2002, n. 17576, in Foro it., 2003, I, 1104 ss.

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opinioni dottrinarie che hanno ipotizzato la sistemazione della buona fede nell'ambito del diritto amministrativo italiano con riferimento a due diverse norme della Carta Costituzionale, l'art. 97 e l'art. 2.

La prima teoria fa derivare la buona fede dall’art. 7 Cost. e dal principio di imparzialità, secondo tale teoria l'Amministrazione ricopre il ruolo di parte imparziale che deve necessariamente tener conto delle posizioni soggettive di coloro che sono interessati all'esercizio di una determinata funzione di cui è titolare l'Autorità pubblica, con la conseguenza che la funzione amministrativa deve essere ispirata ad un rapporto di collaborazione ed evoluzione interpretativa tra Amministrazione e contribuente, che si esplicita nella necessità di osservare reciprocamente una condotta leale, ovverosia di rispettare le regole di buona fede e dell’affidamento del contribuente.

La seconda teoria ha richiamato, invece, l'art. 2 Cost. al dovere di solidarietàdi ciascun cittadino nel contribuire alla spesa comune dello Stato.

Secondo tale teoria, il principio esprimerebbe il dovere di esercitare i diritti con modalità tali da non comportare un sacrificio eccessivo dell’altrui sfera giuridica (neminem laedere). Ma in questi due ambiti che ruolo gioca l’affermazione del principio dell’affidamento in ambito tributario?

Nel settore dei tributi, infatti, stante il carattere autoritario del potere esercitato dall'Amministrazione, l'incidenza diretta sui diritti patrimoniali dei cittadini e la complessità della legislazione volta a garantire esigenze di giustizia e di progressività dell'imposta, riveste un importante ruolo264.

Ciò non solo nei confronti del legislatore, con riferimento al problema della retroattività delle norme tributarie, ma anche nei riguardi dell'Amministrazione finanziaria chiamata

264

F. BENATTI, Principio di buona fede ed obbligazione tributaria (appunti per una discussione), in Bollettino trib., 1986, 947; P. D'ALESSANDRO, Tutela civilistica della buona fede del contribuente o eccesso di potere

amministrativo?, in Dir. e prat. trib., 1987, II, 601; D. RAGAZZONI, Il principio di buona fede nel diritto tributario,

in Fisco, 1994, 9815; E. DELLA VALLE, "Revirement" ministeriale e buona fede nell'esercizio della funzione

impositiva, in Riv. dir. trib., 1995, I, 587; G. FALSITTA, Informazioni del fisco e affidamento del contribuente, in Riv. dir. trib., 1996, II, 291. 336.

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a riscuotere le imposte e a dare attuazione alla normativa generale. Si è così assistito, sia da parte della giurisprudenza che in dottrina, ad una progressiva affermazione del principio di buona fede e di collaborazione con riguardo all’esenzione dei tributi265

. L'elaborazione di tali principi è culminata nell'approvazione del cd. Statuto del contribuente, contenuto nella l.n. 212/2000 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente), che ha consacrato e definito in norme primarie i principi generali del diritto tributario già emersi sul piano operativo e già riconosciuti vigenti, ancora prima della sua adozione.

Infatti, il legislatore italiano come appare già nei lavori preliminari alla legge dello “Statuto del Contribuente” ha inteso richiamare espressamente l’art. 97 della Costituzione all'art.1 dello Statuto affermando i principi di buon andamento e di imparzialità dell’Amministrazione266, ma che di fatto costituisce una evoluzione dell’art.77 della legge 241.

L’Amministrazione finanziaria è tenuta, quindi, innanzitutto ad attuare l’interesse collettivo, attraverso il buon andamento della P.A., che significa dovere di solidarietà e di collaborazione da parte dei cittadini alla cosa pubblica.

Questo costituisce condizione irrinunciabile e necessaria per assicurare il rispetto e la fiducia dei cittadini nella Pubblica amministrazione, con la conseguenza che, una volta

265

In ordine al legittimo affidamento generato nei contribuenti dalle circolari ministeriali, in ossequio al principio di buona fede, relativamente al comportamento da tenere nei confronti dell'Amministrazione: Comm.trib. reg. Matera, 4 giugno 1991, in Riv. dir. tributario, 1992, cit., 311; Comm. trib. reg. Matera, sez. I, 28, febbraio 1994, n. 1578, in

Rass. trib., cit., 1292. Comm. trib. reg. Torino, sez. VI, 10 novembre 1999, n. 117, in Bollettino trib., 2000, 626 fa

riferimento alla lesione dell’affidamento, formatosi sulla scia della costante dottrina e della prevalente giurisprudenza, per escludere la natura meramente interpretativa della norma tributaria, benché definita tale dal legislatore, in quanto l'interpretazione autentica non è vincolante quando manca la sostanziale identità con le norme successive oggetto dell'interpretazione stessa. Del pari, Comm.trib. prov.le Genova, sez. XIII, 21 aprile 1999, n. 345, in Bollettino trib., 1999, 998 ha escluso il carattere interpretativo e quindi l’applicazione per il passato della norma tributaria perché, diversamente si frustrerebbe l'affidamento di una vasta categoria di cittadini nella sicurezza giuridica che costituisce elemento fondamentale dello Stato di diritto. Comm. trib. reg. Firenze, sez. XXXV, 17 febbraio 1998, n. 47, in Fisco, 1998, 9406 ha sostenuto il carattere vincolante dell’interpretazione della norma tributaria sostenuta dalla stessa Amministrazione finanziaria nei confronti dei soggetti che in buona fede si siano ad essa uniformati. Comm. trib. centr., sez. II, 9 giugno 1992, n. 3933, in Comm. trib. centr., 1992, I, 476 ha ritenuto legittima l’esclusione della pena pecuniaria per omessa dichiarazione nel caso del contribuente in palese buona fede e tenuto conto dell'incertezza della normativa.

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