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MARONGIU, Lo Statuto dei diritti del contribuente, 2008, Torino; MARONGIU, Lo Statuto e la tutela

IL LEGITTIMO AFFIDAMENTO ED IL PRINCIPIO DI BUONA FEDE NEL DIRITTO ITALIANO

G. MARONGIU, Lo Statuto dei diritti del contribuente, 2008, Torino; MARONGIU, Lo Statuto e la tutela

Capitolo 4 LEGITTIMO AFFIDAMENTO E BUONA FEDE NEL DIRITTO ITALIANO E DIRITTO INGLESE: VALUTAZIONI COMPARATE

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quest’ultima abbia assunto una determinata condotta, sarà tenuto a non discostarsene. Secondo l'art. 97 della Costituzione, l’Amministrazione è tenuta all’imparzialità, nel senso di riservare lo stesso trattamento fiscale ai soggetti che si trovano in analoghe situazioni e ciò si realizza attraverso l’adozione di criteri di parità di trattamento, di equità e di buona fede.

In questo senso l'amministrazione finanziaria non dovrebbe disattendere questi principi con efficacia retroattiva, non potendo agire “contra factum proprium”267.

Questo orientamento appare oramai consolidato e verrà esaminato nei paragrafi che seguono tuttavia, è necessario segnalare la posizione di quella parte della dottrina che sottolinea come l’effettiva possibilità di attuazione degli obblighi tributari finirebbe per derivare da una erronea affermazione di non debenza del tributo, ovvero da un comportamento amministrativo patologico, con conseguente violazione ex art. 23 della Costituzione, che pone nella legge la fonte dell’obbligazione tributaria268. Il contribuente, secondo questo orientamento, sarebbe tenuto a versare il tributo, anche in presenza di una situazione oggettiva di affidamento rilevante invece agli effetti dell’esonero dalle sanzioni e dagli interessi. L’errore interpretativo dell’Amministrazione non potrebbe, quindi, mai configurare una causa di esclusione del tributo, non essendovi una precisa disposizione di legge.

Il comma 2 dell’art 10 della L. n. 212/2000 costituirebbe, quindi, l’unica forma di tutela prevista dall’ordinamento, ove il principio del legittimo affidamento rappresenterebbe nel comma 1° un principio generale. L’art. 10, comma 2, dello Statuto circoscriverebbe l’efficacia esimente dell’affidamento alle sanzioni ed agli interessi. In effetti il comma 1 dell’art. 10 dello Statuto si riferisce al rispetto del principio di buona fede nei rapporti fra l’Amministrazione finanziaria e il contribuente senza fare

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G. MARONGIU, Lo Statuto dei diritti del contribuente, 2008, Torino;

268A. TURCHI, La tutela dell’affidamento del contribuente a fronte deimutamenti interpretativi della finanza, in “Riv.

dir. Trib.”, 2003, I, pag. 769; A. TURCHI, In tema di tutela dell’affidamento riposto dal contribuente nelle indicazioni provenienti dall’amministrazione finanziaria, in “Giur. it.”, 2003, pag. 2194.

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riferimento all’inesigibilità del tributo. Nell’ambito della nozione di buona fede si è soliti distinguere tra buona fede in senso oggettivo e soggettivo. La buona fede in senso oggettivo deve essere intesa come un dovere di correttezza nelle relazioni che impone comportamenti leali e non capziosi; in materia tributaria si concretizza nel divieto di profittare dell’errore del contribuente causato da atti interpretativi dell’Amministrazione e dalla contemporanea assenza di qualsiasi violazione del generale dovere di correttezza gravante sul contribuente269.

Secondo questa dottrina si deve intendere per buona fede in senso soggettivo, uno stato soggettivo della coscienza, che si atteggia come convinzione di agire in conformità al diritto.

La buona fede intesa, invece, in senso oggettivo trova fondamento nell’art. 97 e nell’art. 2 della Costituzione, che impongono all’individuo l’osservanza di regole di reciproca correttezza nell’adempimento dei propri doveri270

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Questo pensiero è stato sostenuto da una parte della dottrina BENATTI, in Principio di buona fede e obbligazione tributaria, in “Boll. Trib.”, 1986, pag. 949, ove si osserva che: “in relazione alle condotte assunte dai privati sulla base delle informazioni dell’amministrazione, queste determinano una aspettativa che trova la sua tutela nel principio di buona fede con la vincolatività di quelle informazioni rispetto ai comportamenti già posti in essere”.

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Su questo punto è necessario brevemente commentare quanto statuito anche dalla Suprema corte nella sentenza n.17576 del 10 dicembre 2002, in www. Fiscoonline. con la quale gli ermellini a proposito della sussistenze di tale rapporto con il principio dell "tutela del legittimo affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica " hanno sancito che tali principi siano "elemento essenziale dello Stato di diritto", ancorato dalla Corte costituzionale al principio di eguaglianza dinanzi alla legge, subspecie del rispetto del canone della ragionevolezza, di cui all'art. 3 comma 1 Cost. - che il principio stesso, mutuato da quelli civilistici della buona fede e dell'affidamento incolpevole nei rapporti fondati sulla autonomia privata, è immanente in tutti i rapporti di diritto pubblico - e, quindi, anche in quelli tributari - e costituisce un preciso limite all'esercizio sia dell'attività legislativa, sia dell'attività amministrativa, e tributaria in particolare; nonché, come già sottolineato, un altrettanto preciso vincolo ermeneutico per l'interprete delle disposizioni tributarie, in forza diquanto stabilito dall'art. 10 comma 1 dello Statuto. Da ciò consegue, in particolare, relativamente alla materia tributaria, che il principio della tutela del legittimo affidamento - il quale, proprio perché esistente ed operante anche nel diritto e nell'ordinamento tributari già prima dell'entrata in vigore dello Statuto, è stato soltanto reso esplicito dalla disposizione da ultimo citata - deve essere applicato, ove ne sussistano i presupposti e secondo le circostanze del caso concreto, in tutti i rapporti tributari, anche se sorti, quale quello di specie, in epoca anteriore all'entrata in vigore della legge n. 212 del 2000. (...) Pertanto, la presenza, nell'ordinamento tributario, dei principi della collaborazione, della buona fede e dell'affidamento (considerati dal lato del contribuente) - affermati dall'art. 10 commi 1 e 2 (letto alla luce dell'art. 1 comma 1) della legge n.. 212 del 2000 ed esplicitamente attuativi delle norme costituzionali richiamate, ivi compreso l'art. 97 Cost. - conferma, in particolare, i principi di diritto elaborati in tema di affidamento legittimo anche dalla giurisprudenza della Corte costituzionale (cfr., supra, lett. B).

In particolare, la giurisprudenza costituzionale, comunitaria ed amministrativa - dianzi richiamata (ibidem) per affermare la natura "immanente", nel senso precisato, (anche) nell'ordinamento tributario del principio della tutela dell'affidamento legittimo - vale del pari a dimostrare la funzione del principio stesso come limite generale anche all'esercizio della potestà di autotutela da parte dell'Amministrazione finanziaria: preclusivo,cioè, all'adozione, da parte della stessa, di attidi annullamento d'ufficio o di revoca di precedenti atti, i quali abbiano concretamente determinato, in capo al contribuente, una situazione giuridica favorevole a quest'ultimo e fondata, appunto, sul suo legittimo affidamento.

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La Suprema Corte a Sezioni Unite con la sentenza n. 5688 del 1979 ha riconosciuto il rilievo della buona fede, affermando che principi di correttezza e di buona fede operano non già come limitata fonte di integrazione dell’autonomia privata, ma come principi generali o cornice del sistema, essendo costituite da fondamenti e direttive etico-sociali dell’ordinamento giuridico, che si traducono essenzialmente in un dovere di imparzialità, di cui l’art. 97 della Costituzione può essere richiamato a conferma di un principio di imparzialità immanente all’intero ordinamento giuridico.

Il principio della buona fede è un canone interpretativo con il quale devono confrontarsi le norme tributarie; l’interprete deve ricavare dalle norme tributarie il senso che le renda compatibili con i principi costituzionali di imparzialità e buon andamento dell’Amministrazione, la cui violazione è censurabile in Cassazione ex art. 360 del codice di procedura civile, che indica come motivo di ricorso la violazione di norme di diritto271.

Intrinsecamente collegato alla nozione di buona fede è il concetto che si esprime col termine affidamento, con il quale in generale si fa riferimento allo stato di fiducia posto da taluno sull’apparenza di situazioni differenti dalla loro reale sostanza.

L’affidamento, in ambito tributario, si sostanzia, in particolare, in una situazione generata dalla conformità del proprio comportamento ad indicazioni ricevute dalla stessa Amministrazione finanziaria ovvero determinata da ritardi, omissioni o errori dell’Amministrazione stessa e costituisce espressione di fiducia nel comportamento di quest’ultima.

Precisamente, si ha affidamento da qualificarsi come legittimo quando un’attività dell’Amministrazione finanziaria sia idonea a determinare una situazione di

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A. BUSCEMA - F. FORTE - D. SANTILLI, Statuto del contribuente: analisi dottrinale ed evoluzione

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apparente legittimità. Tutela dell’affidamento legittimo significa, in sostanza, l’obbligo per l’Amministrazione di non contraddirsi nel futuro.

La tutela offerta dal principio si ricollega alla condizione che il contribuente si comporti in modo coerente con l’interpretazione fatta propria dall’Amministrazione, e risulta, quindi, riconosciuta anche al contribuente che operi senza conoscere tale interpretazione o, pur conoscendola e ritenendola infondata, vi si adegui in quanto vantaggiosa.

L’art. 10 dello Statuto prevede, al comma 1, il principio in base al quale i rapporti tra contribuente ed Amministrazione finanziaria devono essere improntati alla collaborazione ed alla buona fede. Detta disposizione si riferisce al principio di buona fede in senso oggettivo, disciplinando il modo in cui devono essere improntati i rapporti tra contribuente e Amministrazione finanziaria.

Il comma 2 dell’art. 10 prevede, poi, due distinte fattispecie: la prima, riferita al caso in cui il contribuente “si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’amministrazione finanziaria”, la seconda, invece, che riguarda le violazioni commesse “a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori dell’amministrazione stessa”. In entrambi i casi è sancita la non applicabilità tanto delle sanzioni quanto degli interessi moratori272.

L’Amministrazione finanziaria, una volta assunto un dato comportamento, è tenuta a seguirlo sia nel rispetto dei rapporti pendenti, in quanto il contribuente gode di un’aspettativa e sia nel non vedere diversamente valutate le condotte assunte dall’Amministrazione medesima.

Si può quindi giungere ad affermare, con specifico riferimento al principio della tutela del legittimo affidamento, che il principio stesso, mutuato da quelli civilistici

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L. PEVERINI, La tutela del legittimo affidamento del contribuente ed il divieto di recuperare il maggior

tributo accertato: riflessioni critiche, in “Giur. It.”, 2007, pag. 2084; F. TOSCANO, Statuto dei diritti del contribuente e tutela dell’interesse fiscale, Torino, 2007.

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della buona fede viene ad essere basato sul concetto dell'affidamento incolpevole nei rapporti fondati sull’autonomia privata, ed è immanente in tutti i rapporti di diritto pubblico e, quindi, anche in quelli tributari, costituendo un preciso limite all’esercizio sia dell’attività legislativa, sia dell’attività amministrativa e tributaria in particolare. Tale tesi è stata condivisa dalla Suprema Corte273, che individua espressamente i presupposti idonei ad integrare una situazione di legittimo affidamento del contribuente li dove sussista:

a) un’attività dell’Amministrazione finanziaria tale da determinare una situazione di apparente legittimità e coerenza dell’attività stessa in senso favorevole al contribuente;

b) la conformazione in buona fede (in senso soggettivo) - l’affidamento”,

appunto - da parte di quest’ultimo alla situazione giuridica “apparente”, purché nel contesto di una condotta dello stesso (“buona fede” in senso soggettivo) - anteriore, contemporanea e successiva all’attività dell’Amministrazione - connotata dall’assenza di qualsiasi violazione del generale dovere di correttezza gravante sul medesimo (affidamento “legittimo”);

c) l’eventuale presenza di circostanze specifiche del caso concreto e rilevanti, idonee, cioè, a costituire altrettanti indici della sussistenza o dell’insussistenza dei predetti presupposti, quale ad esempio il fluire del tempo e quindi del “consolidamento” della situazione giuridica soggettiva favorevole al contribuente.

Con tale decisione la Suprema Corte ha intrapreso un solco giurisprudenziale ove il contribuente incomincia ad assumere una certa pariteticità nei rapporti con

273Nel caso affrontato dal Supremo Collegio, l’ufficio aveva notificato un processo verbale di constatazione che

contestava uno «splafonamento» IVA ai sensi degli artt. 8 e 28 D. P. R. n. 633 del 1972, e sul quale era riportata la dicitura «sanatoria art. 21 D.L. n. 69/89». La società contribuente aveva versato le somme previste da tale ultima norma, con conseguente archiviazione del verbale (disposta dall’ufficio, ma non comunicata); dopo piú di tre anni, essa aveva ricevuto un avviso di rettifica per i medesimi rilievi già evidenziati nel verbale; l’avviso, impugnato in giudizio, era stato annullato in primo grado con sentenza confermata in appello, ed il Ministero delle finanze aveva proposto ricorso per cassazione sostenendo che l’esercizio della potestà impositiva non sarebbe stato precluso dall’avvenuta archiviazione del processo verbale (disposta con un provvedimento interno, non comunicato alla società) e, nel merito, che il rapporto tributario non avrebbe potuto ritenersi definito ai sensi dell’art. 21 D. L. n. 69 del 1989, inapplicabile nella fattispecie In Fisco on line, Cass. 10 dicembre 2002, n. 17576 in Giur. It., 2003, 11 ;

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l'Amministrazione Finanziaria all'insegna della tutela dei diritti del contribuente.

Ma se quanto detto finora costituisce il lento cammino giurisprudenziale volto a riconoscere che la buona fede si configura come “amministrativa”, i cui contenuti possono essere desunti dal complesso dei principi dell'attività amministrativa quali il contraddittorio, l'informazione, la proporzionalità, la trasparenza, ma anche da precisi standards obiettivi di comportamento pretesi dalla coscienza sociale.

In qualunque amministrazione finanziaria comportamento di buona fede significa esigere che essa abbandoni prospettiva di una rigida disciplina della sua azione e si confronti con regole di ampiezza indeterminata ed in relazione alle peculiarità del caso concreto.

Com'è stato visto il concetto di buona fede può essere annoverato tra i principi generali del nostro ordinamento, lo statuto del contribuente costituisce una fonte certa, comunque con riguardo ai principi, si è notato che essi non si distinguono significativamente da qualsiasi altra disposizione, essendo in ogni caso necessario l'apporto del giurista per trarne la norma per il caso concreto. È chiaro che l'individuazione dei principi che conta un residuo di soggettività perché questi sono frutto dell'assunzione di valore che assegna ad un concerto specifica potenzialità normativa.

Infatti una volta che il principio è stato identificato, la differenza tra esso e una disposizione specifica è esclusivamente quantitativa e non già qualitativa. I principi quindi costituiscono a tutti gli effetti delle disposizioni di legge, infatti, nel nostro ordinamento amministrativo i principi generali non sono contemplati per dare soccorso del giudice nella sua applicazione, ma costituiscono regole permanenti, anche se naturalmente residuali per l'esercizio del potere amministrativo274e disciplinare il

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In tal senso G. Sala, Potere amministrativo e principi dell’ordinamento, Milano 1993 pag.59 secondo dall'autore il principio di legalità si espande “in un principio normativo regolante il procedimento quando la legge si ritragga da una tipizzazione del potere”

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Pag. 199 a 377 rapporto con il contribuente.

Se nell’ambito del diritto amminitrativo è rilevabile una particolare discrezionalità della pubblica amministrazione al dovere di collaborazione con il cittadino, la cui violazione è posta sulla validità del provvedimento solo nell'ipotesi codificate, mentre al di fuori di questa eventuale tutela sembra collocabile soltanto sul piano risarcitorio.

Secondo una parte della dottrina275è necessario affermare la piena equivalenza tra inosservanza del dovere di buona fede e violazione di legge e quindi di includere la buona fede tra le regole dell’azione amministrativa, con possibili effetti anche sul piano della validità.

Infatti si è notato in ordine all’affidamento e forse rispetto al comportamento in buona fede, occorre sottolineare che la violazione del principio può non comportare soltanto la responsabilità e la conseguente obbligazione risarcitoria, ma può anche determinare a diffenza di quanto avviene nella dinamica negoziale, l’invalidità del provvedimento che sia stato comunque adottato276.

E’ chiaro che simili conclusioni non si adattano all’amministrazione finanziaria la quale viceversa ha un'ampia discrezionalità decisionale. Dalle conclusioni che possono trarsi è che tuttavia l'invalidità per violazione della buona fede possa configurarsi qualora la scorrettezza incida su elementi essenziali dell'atto o comunque pregiudichi posizioni soggettive del privato in modo non differente rispetto a ciò che accade quando sono violate regole codificate in quelle posizioni soggettive.

Vi possono essere violazioni della correttezza che sono equiparabili a mere irregolarità e che giustificano la rimessioni in termini, vi possono violazioni che incidono sul contraddittorio e quindi anche sulla motivazione dell’atto in sé, altre che rigurdano la fase dell’acquisione delle prove, altre che incidono sui metodo di di accertamento

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F.G. Scoca Tutela giurisdizionale e comportamento della PA contrario a buona fede oggettiva esperienza giuridica storica e contemporanea in AAVV Atti del convegno internazionale di studi in onore di Alberto Burdese da pag.471 a pag.476

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