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Capitolo IV – La tutela dell’aspetto del prodotto-moda nell’ordinamento giuridico italiano

2. La disciplina dei disegni e modelli: la tutela tra valore estetico e valore di mercato

2.1. Le fonti normative

2.1.3 Il Libro Verde del 1991

Alla proposta del Max Planck Institut seguì nel giugno 1991 la presentazione da parte della Commissione UE di un Libro Verde63 e, in calce a questo, di una proposta di

direttiva ed una di regolamento sulla tutela giuridica dei disegni industriali64.

Gli obiettivi alla base delle iniziative legislative vengono messi bene in luce dal Libro Verde: «l’armonizzazione delle principali caratteristiche del diritto sostanziale che disciplina la tutela specifica del disegno negli Stati membri» e la «creazione di un diritto comunitario unico, vale a dire una normativa comune sul disegno comunitario». Sotto il primo profilo, la direttiva è stata individuata come strumento più idoneo, poiché, come è noto, permette di eliminare le differenze maggiormente contrastanti negli ordinamenti nazionali e pervenire ad una struttura uniforme delle discipline nazionali. La creazione di un titolo comunitario unico e valido per tutto il territorio europeo viene proposta attraverso il regolamento, atto che, grazie alla sua efficacia diretta, consente un’acquisizione rapida della disciplina e quindi degli istituti in essa contenuti65.

Il Libro Verde si apre richiamando le esigenze del mondo imprenditoriale, illustrando quanto sia importante per il successo commerciale dei prodotti l’innovatività dell’estetica industriale, fondamentale strumento di concorrenza per le imprese europee e che «in assenza di un’efficace tutela giuridica è assai agevole appropriarsi dolosamente dei disegni. In molti casi la riproduzione di prodotti associati a determinati disegni non presuppone la conoscenza di sofisticati procedimenti di fabbricazione. È quindi importante che si prendano adeguati provvedimenti per lottare contro fenomeni di “pirateria” in questo campo»66. La ratio sottesa al progetto di riunificazione delle

discipline consiste nell’instaurazione di un regime di protezione della forma tout court,

63 I libri verdi sono documenti pubblicati dalla Commissione europea, attraverso cui si vuole stimolare la riflessione a livello europeo su un tema particolare. Attraverso questi si invitano le parti interessate (enti e individui) a partecipare ad un processo di consultazione e di dibattito sulla base delle proposte presentate. 64 Codice della proposta III/F/5131/91. Stralci del Libro Verde e l’intero testo della proposta sono stati pubblicati con l’autorizzazione della Commissione in Rivista di diritto industriale, n. 3, 1991. Entrambi i documenti si ispirano largamente al progetto curato dal Max Planck-Institut di Monaco di Baviera. Cfr. Auf dem Wege zu einen europaischen Musterrecht, in GRUR Int., 1990.

65 Sul punto cfr. S. MAGELLI, L’estetica nel diritto della proprietà intellettuale, cit., che ritiene la scelta di questi strumenti particolarmente significativa se paragonata a quella in materia di brevetti di invenzione, poiché in origine l’armonizzazione in tale materia era stata attuata tramite una più tradizionale convenzione internazionale, strumento che sembrava rispecchiare la necessità di tenere conto di difficoltà e contrasti nel regolamentare in modo omogeneo l’istituto, e lasciare più tempo agli Stati per recepire la normativa. Diversamente, la scelta della direttiva e del regolamento per i disegni e modelli dimostra che «i tempi sono maturi per affrontare e realizzare un’armonizzazione del fenomeno».

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valevole ad impedire o quantomeno scoraggiare la riproduzione pedissequa di design altrui. Coerentemente a tale impostazione alla registrazione dei disegni e modelli deve essere attribuita la funzione di «dichiarazione di riserva» dei diritti dell’autore del disegno (o del suo avente causa), o «avviso di tutela», piuttosto che quella di divulgazione dell’innovazione estetica67. Sebbene tale obiettivo risulti in linea con le esigenze delle

imprese, parte della dottrina ne ha sottolineato la difformità con l’interesse pubblico: un regime di esclusiva tanto dilatato potrebbe avere l’effetto di vanificare il principio della libertà di concorrenza, riducendo oltremodo lo spazio di libertà delle imprese68. Inoltre,

è l’industria stessa nel suo complesso che molto spesso assume le vesti di impresa imitatrice, anziché di struttura che innova, soprattutto in quei campi in cui i trends cambiano frequentemente e i designer ispirano le collezioni l’uno dell’altro; il riferimento è diretto alla moda, ma vale anche nel settore dell’arredamento, dei motori, ed in generale di tutto ciò che si riconduce all’industrial design69. Se quindi è senz’altro corretto

approntare un sistema unico che abbia come obiettivo quello di tutelare efficacemente le creazioni innovative delle imprese, d’altra parte tale assetto normativo sarà necessariamente soggetto ad applicazioni ed interpretazioni che si differenziano largamente a seconda del settore in cui le disposizioni vengono invocate.

Recependo le istanze del mondo dell’industria, la direttiva introduce una disciplina che tende a scardinare ogni barriera d’accesso alla tutela basata sulla meritorietà estetica

67 Cfr. D. SARTI, M. SPOLIDORO, V. DI CATALDO, Riflessioni critiche sul Libro Verde della Commissione delle Comunità Europee sulla tutela giuridica dei disegni industriali, in Riv. Dir. Ind. n.1, 1993.

68 Cfr. ancora D. SARTI, M. SPOLIDORO, V. DI CATALDO, Riflessioni critiche sul Libro Verde della Commissione delle Comunità Europee sulla tutela giuridica dei disegni industriali, cit., secondo cui «prima controinteressata ad un regime di tal fatta dovrebbe essere proprio l’industria».

69 Esprime questa visione il già richiamato scritto di Sarti, Spolidoro e Di Cataldo, che invoca anche la necessità da parte delle istituzioni europee di condurre una verifica degli assetti reali degli interessi in termini di analisi economica del diritto, prima di progettazioni normative. A sostegno di questa tesi, si reputa pertinente e rilevante il contributo K. RAUSTIALA, C. SPRIGMAN, The Piracy Paradox: Innovation and Intellectual Property in Fashion Design, in Virginia Law Review, n. 8, 2006. Gli autori sostengono che nonostante i creatori della moda si adoperino per salvaguardare i propri disegni e modelli innovativi, l’imitazione da parte dei concorrenti viene tacitamente accettata, come “fact of life”, cioè come fenomeno fisiologico appartenente al campo della moda, e la copiatura di un disegno (quello che gli autori definiscono “pirateria”) può in alcune occasioni fungere da omaggio al designer originario. Il paradosso della pirateria consiste proprio nel fatto che questa diventi un vantaggio per la casa di moda che viene copiata, fungendo da promozione dell’immagine del brand “piratato”. I tempi brevi e la mutevolezza che caratterizza questo settore inoltre fanno da contrappeso a quello che nello scritto è definito “low IP equilibrium”, ovvero una scarsa protezione del design da parte della proprietà industriale, data da un regime troppo permissivo. Nonostante il contributo si concentri sull’assetto normativo degli Stati Uniti, si ritiene che esso esponga delle dinamiche del fenomeno moda che operano a livello globale e si ripetono in tutti i Paesi.

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dell’innovazione formale, alla luce del già richiamato design approach, che poggia su una nozione oggettiva di design, svincolata da ogni riferimento alla gradevolezza o meno del prodotto: non si profila una distinzione tra innovazioni volte ad aumentare la meritevolezza estetica del prodotto e innovazioni “gratuite”, il cui unico scopo cioè è differenziare il prodotto da quelli preesistenti70. La direttiva mira ad instaurare un regime

teso a proteggere non solo le forme esteticamente “pregevoli”, ma tutti i tipi di aspetto di prodotto, ad eccezioni di quelli meramente funzionali: essa si propone di superare la distinzione tra momento estetico-ornamentale e momento funzionale dell’innovazione di prodotto, per cui le regole di tutela dei disegni industriali rimangono ben distinte da quelle per la tutela delle forme funzionali, suscitando qualche perplessità in parte della dottrina71.

Il requisito fondamentale su cui il Libro Verde ed il primo progetto di direttiva si basavano era il “carattere distintivo” del disegno. In maniera confusa ed approssimativa, questo veniva subordinato alla presenza di due requisiti (art. 4 del Libro Verde e art. 5 del progetto di direttiva): che il disegno non fosse conosciuto negli ambienti specializzati del settore interessato operanti nella comunità, e che si distinguesse da qualunque altro disegno noto in questi ambienti, attraverso l’impressione generale che offriva agli occhi di un pubblico non ben definito di “interessati”. Tale criterio suscitò non poche critiche nella dottrina, basate primariamente sul fatto che il criterio distintivo fosse riconducibile più propriamente al diritto dei marchi, e l’adozione di un tale requisito avrebbe comportato solo confusione tra le diverse discipline coesistenti deputate alla tutela del design72. Le spiegazioni della Commissione su come il termine in questo caso non si

riferisse all’origine del prodotto, come la funzione distintiva del marchio, ma fosse inteso come criterio per distinguere i disegni simili tra loro, non valsero a dissipare i dubbi e le

70 Cfr. D. SARTI, M. SPOLIDORO, V. DI CATALDO, Riflessioni critiche sul Libro Verde della Commissione delle Comunità Europee sulla tutela giuridica dei disegni industriali, cit.

71 In particolare D. SARTI, M. SPOLIDORO, V. DI CATALDO, Riflessioni critiche sul Libro Verde della Commissione delle Comunità Europee sulla tutela giuridica dei disegni industriali, cit., secondo cui: «se si adotta (e per certi versi tale soluzione appare ragionevole) un regime di protezione di tutte le forme “estetiche” (cioè non motivate funzionalmente), siano o non siano dotate di valore ornamentale (e questa è l’idea del Libro Verde), sembra inevitabile puntare ad un regime unitario di protezione della forma del prodotto industriale, che prescinda dalla funzione (ornamentale, funzionale, o altra) della forma stessa, e prescinda, per ogni forma, da un giudizio di valore sulla forma stessa».

72 «This co-existence must be borne in mind when devising the protection requirements for sui generis design protection, and some similarity with concepts used in other areas of intellectual property law is unavoidable», cit. H. SPEYART, The grand design: an update on the E.C. design proposals, following the adoption of a Common Position on the Directive, cit.

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critiche da parte dei teorici. Altre reazioni al Libro Verde hanno messo in mostra quanto gli Stati Membri e i settori interessati a cui si riferiva l’articolo 4 del Libro Verde dessero importanza al requisito della novità; da questa evidenza le istituzioni europee hanno modificato i progetti e con la direttiva nel 1998 ed il successivo Regolamento definitivo emanato nel 2002 hanno instaurato un regime basato sulla registrazione del disegno73.

2.1.4 La direttiva 98/71/CE e il Regolamento CE 6/2002 sulla protezione dei disegni

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