Capitolo IV – La tutela dell’aspetto del prodotto-moda nell’ordinamento giuridico italiano
1. La relazione tra i diversi valori e le diverse discipline a tutela dell’aspetto del prodotto moda
L’aspetto esteriore di un prodotto può essere oggetto di un diritto di esclusiva sulla base di diverse normative che concorrono tra loro, sia a livello nazionale che sovranazionale. La consistente numerosità di disposizioni invocabili genera confusione nell’applicazione delle discipline e delicati problemi interpretativi, ponendo gli interpreti nella posizione di dover comporre in un sistema coerente un complesso normativo che invece fatica ad esserlo1. La forma (con ciò si intende l’aspetto esteriore, la parte visibile ed
immediatamente percepibile del prodotto) può essere oggetto di sfruttamento commerciale sulla base di esclusive non titolate o titolate, dunque da uno jus ad excludendum omnes alios certificato con effetti costitutivi; queste si diversificano a seconda che l’autore voglia ottenerle sull’attuazione del loro contenuto o sulla distribuzione della loro riproduzione in copie2.
Tali premesse inducono a distinguere e ad escludere dal tema qui considerato due normative che solitamente vengono accostate alla tutela della forma del prodotto, quali la disciplina sulle invenzioni e quella della concorrenza sleale.
La prima mira a proteggere l’idea inventiva o il concetto innovativo, concedendo l’esclusiva brevettuale sulla sua attuazione: l’esclusiva sulla forma è solo “indiretta”, giacché si ha solo quando l’idea si sostanzia ed è vincolata ad una particolare forma di attenzione3. Ciò che il legislatore intende tutelare è dunque il valore tecnico ed innovativo
dell’aspetto del prodotto, sia tramite il brevetto per invenzione, sia attraverso il modello di utilità4.
1 A. VANZETTI, I diversi livelli di tutela delle forme ornamentali e funzionali, in Riv. Dir. Ind., n. 1, 1994; V. De Sanctis, (a cura di), La protezione delle forme nel codice della proprietà industriale, Giuffrè, 2009. 2 V. De Sanctis, (a cura di), La protezione delle forme nel codice della proprietà industriale, Giuffrè, 2009. 3 Cfr. G. SENA, La diversa funzione ed i diversi modelli di tutela della forma del prodotto, in Riv. Dir. Ind., 2002. A titolo di esempio, nel testo G. PETRAZ, La protezione della forma, Giuffrè, 2007, il brevetto non è affatto menzionato quale privativa a tutela della forma. Contrario a questa impostazione è B. TASSONE, I modelli di utilità, le invenzioni di forma e le topografie dei prodotti a semiconduttori, in (a cura di) V. De Sanctis, La protezione delle forme nel codice della proprietà industriale, Giuffrè, 2009, secondo il quale non può escludersi che un brevetto venga rilasciato proprio in ragione della forma del prodotto, e dunque rappresenti un elemento fondamentale del trovato.
4 Per alcuni autori il modello di utilità rappresenta in sostanza “una piccola invenzione”, nel senso che l’oggetto di protezione sarebbe una soluzione ad un problema tecnico, ma la privativa sarebbe concessa per
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Si ritiene che questo tipo di protezione mal si adatti alle esigenze dell’ambiente moda; ciò che interessa in questa sede è la disciplina riferita alla tutela dell’aspetto esteriore di un prodotto di moda, che ben poco richiede in materia di innovazione tecnica. Nonostante non manchino riferimenti all’impiego di brevetti e modelli di utilità5, quello attinente al
settore moda è un prodotto che si caratterizza per la sua estetica, più che per la sua innovazione6. Dunque sono rare le occasioni in cui l’aspetto di un prodotto moda rileva
sotto il profilo tecnico e innovativo, e può essere tutelato mediante lo strumento del brevetto per invenzione.
Anche la disciplina della concorrenza sleale si presta ad essere esclusa dalla presente indagine. In generale, ai fini di tutela della forma del prodotto, si ricorre alla norma che vieta l’imitazione servile, di cui all’art. 2598 c. c., ed anche se la disposizione prevede chiaramente e reprime l’imitazione dei prodotti, la tutela accordata in questo caso alla forma è solo eventuale ed indiretta, riferita al suo valore concorrenziale7. È pacifico infatti
che il divieto dell’imitazione servile non riguarda l’aspetto del prodotto in sé considerato, bensì l’attività concorrenziale confusoria insita nel fenomeno imitatorio8: si tratta di una
tutela contro la confondibilità della forma, e non a sostegno della sua creazione9.
Il problema principale che si pone nel caso dell’imitazione servile è il suo rapporto con la protezione apprestata dalla disciplina dei disegni e modelli; si potrebbe infatti sostenere la possibilità di la tutela contro l’imitazione della forma anche ai sensi dell’art. 2598 c.c. terzo comma, poiché questa costituisce una ripresa parassitaria dei risultati di un investimento del concorrente, e ciò consentirebbe di considerarla un atto scorretto.
un tempo più breve a fronte del minor salto inventivo richiesto per la sua concessione. Cfr. M. BOSSHARD, La tutela dell’aspetto del prodotto industriale, Giappichelli, 2015; A. VANZETTI, Note su modelli di utilità ed invenzioni, in Rivista di diritto industriale, n.1, 2008; A. VANZETTI, V. DI CATALDO, Manuale di diritto industriale, Giuffrè, 2005.
5 In proposito è interessante il contributo di C. BELFANTI, E. MERLO, Patenting fashion: Salvatore Ferragamo between craftmanship and industry, in Economic History Research, n. 12, 2016. Si tratta di un’indagine relativa ai brevetti concessi nel settore della calzatura, con un’attenzione particolare al caso di Ferragamo.
6 Si può parlare di innovazione in senso stilistico, ma difficilmente si parla di invenzione tecnica riguardante l’aspetto esteriore.
7 G. SENA, La diversa funzione ed i diversi modelli di tutela della forma del prodotto, cit.
8 A. VANZETTI, I diversi livelli di tutela delle forme ornamentali e funzionali, cit., M. BOSSHARD, La tutela dell’aspetto del prodotto industriale, cit.; A. VANZETTI, V. DI CATALDO, Manuale di diritto industriale, Giuffrè, 2005.
9 Lo specifica A. VANZETTI, I diversi livelli di tutela delle forme ornamentali e funzionali, cit. richiamando anche D. SARTI, La tutela dell’estetica del prodotto industriale, Milano, 1990. L’autore si riferisce al requisito della notorietà della forma come fondamentale, in quanto la tutela concorrenziale opera nel momento in cui si tratta di un prodotto che viene confuso con un altro già noto al pubblico.
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Senonché, sotto il profilo sistematico, è possibile obiettare che il fatto che l’ordinamento preveda un numerus clausus di privative a tutela dell’esclusiva della forma dei prodotti, dimostra che «il principio generale dell’ordinamento industrialistico e concorrenziale è quello secondo cui, in assenza di una privativa tipica che pone un requisito di accesso alla tutela e che definisce la durata dell’esclusiva stessa, l’aspetto del prodotto deve restare liberamente imitabile»10. Nonostante questa sia definita come l’interpretazione prevalente
da tempo sia in dottrina che in giurisprudenza11, non mancano pronunce a favore di una
tutela della forma tramite il ricorso all’imitazione servile, a discapito delle questioni sistematiche sollevate dalle fattispecie12. Anche in dottrina si registrano posizioni
contrarie, che si scagliano contro la critica più rilevante rivolta all’ammissione di una tutela della forma ai sensi dell’art. 2598 c.c., ovvero la protezione di durata potenzialmente illimitata che questa garantirebbe ad un prodotto al quale invece l’ordinamento assegna eventualmente una tutela condizionata e limitata nel tempo13.
Secondo questi autori, la stessa possibilità di cumulo di tutela introdotta dalla Direttiva 98/71/CE e dal Regolamento CE 6/2002 depone ai sensi di una proteggibilità delle forme a titolo di concorrenza sleale, ed invalida la tesi secondo cui «i diritti di monopolio
10 M. BOSSHARD, La tutela dell’aspetto del prodotto industriale, cit. In tal senso si esprime anche la giurisprudenza, cfr. Cass. 10 novembre 1994, n. 9387, Trib. Modena, 1 luglio 2010, e la dottrina più autorevole, cfr. A. VANZETTI, V. DI CATALDO, Manuale di diritto industriale, Giuffrè, 2005, P. AUTERI, Nuova tutela del design e repressione della concorrenza sleale, in Contratto e impresa. Europa, n. 1, 1999.
11 A. VANZETTI, I diversi livelli di tutela delle forme ornamentali e funzionali, cit., che fa una ricostruzione della dottrina e delle principali criticità riferite alla disciplina della concorrenza sleale e dei marchi di forma.
12 Tra le pronunce più risalenti cfr. tra le altre Trib. Torino 20 dicembre 1975, sull’imitazione di modelli di sandali per uomo e donna caratterizzati da un particolare tipo di fibbia; Trib. Bologna, 10 gennaio 1974, sull’imitazione di alcuni capi di abbigliamento; Trib. Napoli, ord. 26 gennaio 2006, secondo cui: «Perché si ravvisi concorrenza sleale per imitazione servile dei prodotti altrui non è necessario che i prodotti imitati siano protetti da privativa poiché l’obbligo di differenziare i propri prodotti rispetto a quelli già esistenti sul mercato ricorre anche al di fuori delle ipotesi di tutela dei diritti di privativa, e ciò ad evitare che il consumatore medio possa essere tratto in inganno e credendo di acquistare un determinato prodotto ne acquisti invece un altro similare di diversa provenienza; pertanto la violazione del detto obbligo pur se non integra contemporaneamente la violazione di diritti discendenti dalla brevettazione, può dar luogo a concorrenza sleale se l’imitazione ha per oggetto prodotti di un’altra impresa, muniti di profili individualizzanti, non inscindibilmente dipendenti da esigenze strutturali o funzionali».
13 In questo senso cfr. L. TREVISAN, La tutela concorrenziale della forma, in (a cura di) V. De Sanctis, La protezione delle forme nel codice della proprietà industriale, Giuffrè, 2009. L’autore, richiamando la dottrina prevalente da tempo, afferma che i principi su cui si basava l’opinione contraria ad una tutela concorrenziale della forma costituivano un «modesto paravento, perché agitare lo spettro della tutela perpetua al di fuori dei parametri e dei limiti di tutela brevettuale ovvero richiamare esigenze sistematiche non meglio precisate e dimostrate significava ignorare che nella maggioranza dei casi la tutela concorrenziale è invece quella più efficace proprio in relazione ai cosiddetti prodotti di breve durata ed in genere trova il proprio campo di applicazione in tutte le situazioni nelle quali una determinata forma continua a dare un vantaggio concorrenziale».
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avrebbero costituito un numerus clausus insuscettibile di allargamento attraverso la tutela concorrenziale»14.
Negli stessi termini si pone la questione del cumulo di protezione con la disciplina dei marchi di forma e del diritto d’autore a tutela dei valori distintivi e creativi, e che diversamente dalla disciplina concorrenziale attengono al processo di creazione stessa della forma; nei prossimi paragrafi si vogliono approfondire le specificità riferite alla protezione dell’aspetto del prodotto garantita dalla disciplina dei disegni e modelli, e le questioni più rilevanti sotto il profilo sistematico che sorgono nel caso di cumulo di tutela con le altre discipline.
2. La disciplina dei disegni e modelli: la tutela tra valore estetico e valore di