Capitolo III – Le implicazioni giuridiche delle attività di marketing: evidenze dall’esperienza
2. La scelta dell’approccio teorico: il riferimento all’esperienza diretta nell’impresa e
3.4. Il ruolo delle fonti auto-disciplinari nella protezione dell’idea creativa
presenza del Codice di Autodisciplina Pubblicitaria (C.A.P.), testo normativo autoregolamentare che trae la sua efficacia da accordi negoziali tra gli operatori del settore, e stabilisce delle regole di comportamento cui le imprese che vi aderiscono sono tenute a rispettare. Esso consta di 46 articoli redatti dall’Istituto di autodisciplina pubblicitaria nel 1966 al fine di colmare il vuoto normativo del legislatore statale, dato dall’allora assenza di una disciplina organica ed adeguata della pubblicità. Il codice ha acquisito sempre più valore in termini di risoluzione delle questioni in materia pubblicitaria, finché anche la Cassazione, dopo alcune sentenze di merito, è giunta a riconoscerlo quale parametro di valutazione della correttezza professionale ai sensi dell’art. 2598, comma 3, in quanto «espressione dell’etica professionale e commerciale, alla cui tutela la norma è finalizzata»69.
68 A. CATALDI, La tutela dell’idea creativa nella pubblicità, in Dir. Autore, n. 1, 2015.
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Riguardo le norme sostanziali, il codice contiene delle regole di carattere generale volte a tutelare tanto i consumatori quanto i concorrenti, regolando la pubblicità comparativa, vietando la pubblicità ingannevole, e tutte le altre fattispecie idonee ad arrecare un pregiudizio agli interessi dei consumatori. L’art. 13 concerne l’imitazione, lo sfruttamento e la confusione; l’aspetto originale di questa disposizione consiste nel fatto che essa non prevede il requisito della concorrenza come condizione di applicazione, ma solo l’ipotesi del rischio di confusione70. L’articolo non riporta indicazioni ulteriori per
la tutela, quindi viene rimesso al Giurì, l’organo giudicante, il compito di determinare di volta in volta l’ambito di applicazione. Anche qui, la protezione dell’opera pubblicitaria è subordinata ad una valutazione positiva circa l’originalità dell’idea e della sua novità, per cui si richiede uno sforzo creativo anche solo modesto71.
L’elemento che differenzia sostanzialmente il codice dalle fonti legislative è l’espressa previsione di un titolo dedicato alla “tutela della creatività”. Gli artt. 43-45 sono diretti a tutelare gli elementi creativi della comunicazione commerciale, anche solo futuri o eventuali: essi riconoscono e tutelano espressamente l’idea creativa pubblicitaria, prevedendo la possibilità di depositare, secondo le modalità previste dal regolamento, «i messaggi isolati utilizzati come anticipazione e a protezione di una futura campagna di comunicazione»72. Tale previsione è tesa a proteggere l’attività dei creativi
nell’elaborazione dell’opera pubblicitaria, senza che questa debba essere rapportata con gli effetti sul pubblico destinatario o sulla concorrenza. L’idea creativa riceve un riconoscimento e un proprio autonomo meccanismo di tutela: l’art. 43 si riferisce agli «aspetti ideativi e creativi del o dei progetti» di agenzie o professionisti, di cui si vieta, per un periodo di tre anni, l’utilizzo o l’imitazione da parte del committente in vista dell’eventuale conferimento dell’incarico, ed il divieto decorre dal momento in cui vengono presentati e non prescelti. Questo sistema, cd. preemption, consente agli operatori del settore di conservare, per un periodo di tempo limitato, l’esclusiva delle proprie idee artistiche sulle creazioni pubblicitarie, senza che queste vengano adoperate
70 «Dal punto di vista ermeneutico, si arguisce de plano che tale disposizione non si limita a vietare l’imitazione pubblicitaria per i riflessi di confondibilità che essa produce nel mercato, ma vieta l’imitazione pubblicitaria, anche a prescindere del tutto da qualsiasi effetto confusorio. Ne consegue, come corollario, che nell’ordinamento autodisciplinare, l’ideazione pubblicitaria è protetta come creazione intellettuale per sé stessa considerata» M. RAFFI, La tutela giuridica dell’idea pubblicitaria, cit.
71 Giurì 15/01, 36/97, 88/9. Numerose sono le pronunce il cui il Giurì ha riconosciuto protezione a slogan pubblicitari in quanto creativi ed originali. Cfr. Giurì 34/90, 154/90, 73/87, 157/91, 89/96.
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illegittimamente dai concorrenti o eventuali committenti, indipendentemente dall’esistenza di una situazione di concorrenza, o di un rischio di confusione per il pubblico dei consumatori.
Guardando ai casi citati in precedenza nel paragrafo, questo strumento avrebbe potuto rappresentare la soluzione ottimale per la società ESQUIRE, che lamentava la riproduzione illegittima delle proprie elaborazioni creative proposte a SUTTER, anche se con molta probabilità, le sorti del giudizio non sarebbero state diverse da quelle realmente avute: infatti, nonostante la spiccata propensione del codice alla protezione dell’aspetto creativo intangibile della pubblicità, in sede di giudizio presso il Giurì, l’efficacia della tutela dell’opera pubblicitaria contro le imitazioni è rimessa alla possibilità di riscontrare nell’idea di fondo una certa misura di originalità e creatività. Anche qui, in conformità a tutta la disciplina relativa alla proprietà intellettuale, l’interesse individuale si combina con quello pubblico, protetto dal divieto di monopolio delle idee, per cui non è possibile ammettere la titolarità di un diritto esclusivo su un’idea che appartiene al patrimonio culturale comune, non essendo caratterizzata da alcun apporto personale ed artistico dell’autore. Anche nella normativa autoregolamentare il bilanciamento degli interessi si risolve nella previsione di una tutela rafforzata: a prescindere dallo strumento di preemption, l’idea pubblicitaria può dirsi protetta solo quando caratterizzata da originalità e creatività. Così l’interpretazione del Giurì in due pronunce recenti; la prima riguarda la presunta imitazione di materiale pubblicitario tra due aziende di cosmetica, Deborah Group Spa e Avon Cosmetics Srl73. Secondo la prima, il messaggio pubblicitario di Avon
apparso sulle riviste e online doveva essere censurato, in quanto idoneo ad ingenerare confusione nei consumatori «mediante l’uso di un linguaggio grafico e di un concept totalmente sovrapponibili»74. In entrambe si fa uso di una foto ritraente il volto di una
modella in una cornice, come fosse un quadro. Nonostante le due pubblicità si basino su due concetti differenti (essere artiste e usare la propria creatività l’una, diventare dive da copertina l’altra), il Giurì ha ritenuto che, dal confronto delle due campagne, emerge in entrambi i casi il ricorso a modalità espressive comuni e diffuse per rappresentare il rapporto donna-cosmetici: l’uso di un riquadro per far risaltare parti di immagini è un espediente piuttosto comune, che non può ritenersi originale, nuovo né creativo, e che
73 Pronuncia 29/2017 del Giurì di Autodisciplina Pubblicitaria. Riassunto disponibile sul sito dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria http://www.iap.it
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dunque non può pretendersi che non venga utilizzato in altre pubblicità. Per questi motivi, l’opera realizzata da Deborah non è stata ritenuta meritevole di tutela ai sensi dell’art. 13 del Codice e il suo ricorso giudicato infondato.
Il Giurì si è pronunciato molte volte in materia di imitazione servile di pubblicità; un altro caso interessante è quello che ha visto coinvolte le due società di telefonia Telecom Italia Spa e Fastweb Spa75. La prima lamentava l’imitazione da parte della seconda dello
spot pubblicitario in cui un ballerino eseguiva una coreografia; Fastweb adduceva come scusante una mera coincidenza di idee, dal momento che i due filmati erano andati in onda praticamente in momenti coincidenti (dicembre 2016). Il Giurì ha concluso semplicemente ritendendo che non vi fossero elementi di rassomiglianza tra le due opere pubblicitarie, quindi la pretesa della ricorrente è stata considerata infondata. In questo giudizio non si fa alcun riferimento ad elementi di creatività, originalità, o rischio di confusione relativi alle comunicazioni commerciali; le idee vengono giudicate autonomamente, indipendentemente da conseguenze sulla percezione dei consumatori o sul mercato.
Nel Codice di Autodisciplina l’idea creativa acquista rilevanza di per sé, e può godere di una tutela sicuramente più mirata rispetto a quella ad essa riservata dall’ordinamento giuridico. Questo testo regolamentare può essere considerato quale sintesi delle normative rilevanti in materia di opera pubblicitaria; in esso sono rinvenibili sia norme a tutela dei consumatori e dei destinatari più sensibili della comunicazione commerciale, sia disposizioni costituenti espressione dello ius excludendi proprio del diritto d’autore. Dunque il codice riveste una grande importanza per la regolazione efficace della comunicazione pubblicitaria, nonostante esso presenti indubbiamente dei limiti di applicabilità: la sua disciplina infatti vincola quanto un contratto ed è quindi efficace solo per le parti che lo stipulano, ovvero i soggetti aderenti all’istituto dell’autodisciplina e le loro controparti nei casi in cui attraverso specifiche clausole di accettazione tipicamente inserite nei contratti tra imprenditore e committente viene estesa l’efficacia del C. A. P. Nonostante la sua natura negoziale, il codice sta acquisendo sempre più forza cogente divenendo quasi fonte del diritto, anche in forza del richiamo ai sensi dell’art. 2598 comma 3 c.c.; fenomeno che può essere considerato positivo dal momento che la
75 Pronuncia 4-4bis/2017. Oltre all’imitazione servile della comunicazione commerciale, Telecom Italia Spa accusava Fastweb di pubblicità ingannevole e lo stesso la ricorrente nei confronti di Telecom Italia Spa, tramite istanza riconvenzionale. Cfr. http://www.iap.it/2017/02/n-4-4bis2017del14022017/
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creazione pubblicitaria in sé non ha alcuna rilevanza giuridica per l’ordinamento statale se non nei limiti riportati sopra, nonostante essa sia sempre più al centro di un crescente e vigoroso mercato dei contratti di pubblicità76. Sempre grazie a strumenti di natura
negoziale, l’idea creativa pubblicitaria può acquistare rilevanza e dunque tutela a livello europeo grazie all’Alleanza Europea per l’Etica in Pubblicità (EASA)77; si tratta di un
organismo fondato nel 1992 che agisce come un punto di coordinamento per gli organi di autodisciplina e per i sistemi in Europa78. Tutti questi contengono due elementi essenziali:
un insieme di norme (i codici) e di procedure per amministrare le istanze sottoposte contro specifici messaggi pubblicitari. L’EASA si fonda su un sistema di principi comuni a tutti gli organismi nazionali, ed opera anche per mezzo dell’International Council on Ad Self- Regulation (ICAS)79, un forum internazionale adottato per agevolare lo scambio di
informazioni e discussioni sulle condotte dei sistemi nazionali. Si tratta di un importante strumento di coordinamento per i sistemi di autoregolamentazione pubblicitaria in Europa, ma che non ha poteri coercitivi nei confronti degli istituti di autodisciplina nazionali.
4. Cliente. Lo strumento dell’e-mail marketing a servizio della comunicazione