Capitolo IV – La tutela dell’aspetto del prodotto-moda nell’ordinamento giuridico italiano
3. L’aspetto del prodotto tutelato come marchio di forma: criticità a livello sistematico ed
3.1. La presenza dello “speciale ornamento” e del “valore sostanziale” come discrimine
Queste riflessioni condussero dapprima in dottrina, poi nella giurisprudenza, ad una cd. «soluzione obbligata»187 consistente nell’esclusione della possibilità di tutelare, come
marchio registrato188, una forma brevettabile come modello ornamentale, anche se tale
forma fosse diventata per il pubblico dei consumatori indicatore di origine del prodotto189.
Tale soluzione era fondata sull’esigenza di evitare che la registrazione come marchio rendesse potenzialmente perpetua una protezione che la legge sui disegni e modelli voleva invece solo temporanea, e si basava su due fondamentali considerazioni190. La prima
verteva sulla tollerabilità di una protezione perpetua come marchi di forme che non
184 Una lettura definita «artificiale» e «faticosa», come definita da A. VANZETTI, C. GALLI, La nuova legge marchi, Hoepli, 2001.
185 Cfr. Trib. Roma, 9 ottobre 1972, Cass., 21 maggio 1981 n. 333, in cui si afferma: «la validità dei marchi di impresa, perciò non viene ammessa indiscriminatamente, ma solo quando trattasi di forma non consueta, arbitraria o di fantasia, alla quale cioè, siano estranei sia compiti estetici che quelli funzionali o, comunque, di utilità particolare». Rilevante è anche la pronuncia del Tribunale di Milano relativa al celebre caso concernente la forma della bottiglia di candeggina ACE. I giudici ritennero la conformazione del contenitore del tutto arbitraria, di fantasia, cfr. Trib. Milano, 26 febbraio 1976.
186 M. CARTELLA, Marchi di forma o marchi deformi? nota a Trib. Milano, 26 febbraio 1976, in Riv. dir. ind., n. 2, 1977.
187 A. VANZETTI, I diversi livelli di tutela delle forme ornamentali e funzionali, cit.
188 O tramite la concorrenza sleale, in quanto il ragionamento si applicava anche alle norme riguardanti questa disciplina. Cfr.D. SARTI, Marchi di forma ed imitazione servile di fronte alla disciplina europea del design, in Segni e forme distintive. Atti del Convegno, Milano, 2001, A. VANZETTI, I diversi livelli di tutela delle forme ornamentali e funzionali, cit.
189 Tuttavia in tal modo, secondo alcuni si aveva come conseguenza la limitazione dello spazio per la tutela contro l’imitazione servile e per i marchi di forma, soprattutto in considerazione dell’opinione secondo cui anche solo la presenza di una modestissima gradevolezza estetica o una minima funzionalità fosse sufficiente a rendere la forma in questione brevettabile come modello ornamentale o modello d’utilità, cfr. A. VANZETTI, I diversi livelli di tutela delle forme ornamentali e funzionali, cit.
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avessero caratteristiche estetiche tali da superare il livello di accesso alla tutela come modello ornamentale, mentre la seconda si basava sul concetto di “speciale ornamento” previsto nella legge italiana191. Questo veniva interpretato come limite fra tutela
brevettuale e protezione del marchio, in tal modo assicurandosi uno spazio alla categoria dei marchi di forma192: tramite questa lettura, le forme esteticamente gradevoli, ma che
non arrivavano al livello “speciale” dettato dalla disciplina brevettuale, erano idonee a costituire validi marchi di forma, con ciò garantendo ad ogni istituto, deputato alla protezione della forma, un proprio ambito autonomo. La stessa impostazione, nonostante le critiche da parte della dottrina sul suo supposto “irrealismo” ed “incertezza” dal punto di vista giuridico193, venne poi applicata alle forme utili, precisando che la registrazione
come segno distintivo non sarebbe stata esclusa per ogni forma che presentasse caratteristiche funzionali194, bensì esclusivamente per quelle che rappresentassero un
nuovo concetto innovativo195.
Tale impostazione si sviluppò soprattutto in virtù delle novità legislative a livello nazionale ed europeo. Di particolare rilevanza, fu l’introduzione del concetto di “valore sostanziale” come impedimento alla registrabilità di un marchio di forma, per mezzo del d. lgs. 480/1992 di attuazione della direttiva 89/104/CEE sul “ravvicinamento delle legislazioni nazionali in materia di marchi di impresa”, sostituita poi dalla Direttiva
191 Sullo “speciale ornamento” cfr. par. 2.1.8.
192 Principale fautore di questa impostazione fu A. VANZETTI, I diversi livelli di tutela delle forme ornamentali e funzionali, cit. Cfr. D. SARTI, Marchi di forma ed imitazione servile di fronte alla disciplina europea del design, cit. secondo cui: «Subordinare la protezione dei modelli ornamentali ad un valore di mercato della forma tale da orientare le scelte d’acquisto significa reciprocamente escludere dalla tutela le caratteristiche estetiche non decisive per questa scelta: e cioè proprio quegli elementi che non danno all’utilizzatore un sostanziale vantaggio concorrenziale, e che possono essere protetti come marchio in funzione dell’interesse alla distinzione della provenienza dei prodotti, senza con ciò bloccare lo sviluppo di un mercato sostanzialmente competitivo».
193 G. GHIDINI, Profili evolutivi del diritto industriale: proprietà intellettuale e concorrenza, cit., che definisce questo «slalom ermeneutico» fondamentalmente nominalistico, perché nella realtà è difficile che si registri una forma priva di pregio estetico.
194 In giurisprudenza cfr. Trib. Milano, 8 aprile 1991, sulla forma della bottiglia dell’amaretto di Saronno. 195Oltre al marchio di forma era possibile la tutela concorrenziale. Cfr. P. MARCHETTI, Riflessioni sui rapporti tra disciplina concorrenziale contro la confondibilità e tutela brevettuale, in Problemi attuali del diritto industriale. Volume celebrativo del XXV anno della Rivista di Diritto Industriale, 1977. Tale conclusione veniva attenuata dalla giurisprudenza, in particolare della Cassazione, attraverso la cd. teoria delle varianti innocue, secondo la quale il principio della libera imitabilità delle forme non coperte da brevetto incontra un limite: l’imitatore è obbligato ad adoperarsi ad adottare i necessari accorgimenti per evitare la confondibilità della forma, apportando minime modifiche, senza intaccarne il pregio estetico. Cfr. Cass. 27 maggio 1960, n. 1384, Cass., 3 agosto 1987, n. 6682, Cass., 18 settembre 1986, n. 5562.
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2008/95/CE196. La novella legislativa modificò l’art. 18 del r.d. 92/1942 introducendo al
prima comma la lettera c), secondo cui non potevano costituire oggetto di registrazione come marchio di forma «i segni costituiti esclusivamente dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto, dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico, o dalla forma che dà un valore sostanziale al prodotto». Questi impedimenti assoluti alla registrazione come marchio erano infatti sanciti dall’art. 3, comma 1, lett. e) della direttiva 84/104/CE, ed oggi trasposti all’art. 4 della direttiva 2015/2436/UE, ed all’art 7, comma 1, lettera e), del recente Regolamento UE 2017/1001 sul marchio dell’Unione Europea. Nel nostro ordinamento, tale disposizione è contenuta invece nell’art. 9 del Codice della proprietà industriale, rubricato appunto “marchi di forma”.
La ratio della previsione di tali impedimenti è efficacemente esposta dalla Corte di Giustizia nelle motivazioni fornite nel leading case in materia, ovvero il caso che vede contrapposti due importanti produttori di elettrodomestici ed accessori, quali Philips e Remington197. La controversia nasce nel Regno Unito, e concerne la supposta violazione
del diritto di marchio, da parte della Remington, su un rasoio originariamente realizzato dalla Philips. Il giudice nazionale rinvia alla Corte di Giustizia per l’interpretazione degli articoli della direttiva 89/104/CE riguardanti l’impedimento alla registrazione dei marchi di forma. La Corte si pronuncia, spiegando che una forma non può costituire marchio se le caratteristiche funzionali essenziali di questa sono attribuibili esclusivamente al risultato tecnico, e la ratio di tale impedimento consiste nel fatto di «evitare che la tutela del diritto di marchio sfoci nel conferimento al suo titolare di un monopolio su soluzioni tecniche o caratteristiche utilitarie di un prodotto, che possono essere ricercate dall'utilizzatore nei prodotti dei concorrenti. In tal modo, l'art. 3, n. 1, lett. e), intende evitare che la tutela conferita dal diritto di marchio si estenda, oltre i segni che permettono di distinguere un prodotto o servizio da quelli offerti dai concorrenti, erigendosi in ostacolo a che questi ultimi possano offrire liberamente prodotti che incorporano dette soluzioni tecniche o dette caratteristiche utilitarie in concorrenza con il titolare del marchio»198. I concetti di forma imposta e necessaria per ottenere un risultato tecnico
hanno dunque il ruolo di individuare le forme che «in quanto coessenziali all’esistenza
196 Cfr. A. VANZETTI, Codice della proprietà industriale, Giuffrè, 2013. Recentemente abrogata dalla Direttiva 2015/2436/UE. Per una trattazione sulla disciplina dei marchi cfr. S. GIUDICI, Osservazioni sulla nuova disciplina europea dei marchi, in Riv. Dir. Ind., n. 3, 2016.
197 Sentenza del 18 giugno 2002, causa C-299/99. 198 Paragrafo 78, causa C-299/99.
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stessa del prodotto, sono prive di prevalente funzione distintiva-comunicativa, sicché non potranno mai (salvo in caso di secondarizzazione) diventare marchio»199. In altri termini,
ai sensi di questo articolo, per aversi un valido marchio di forma il segno deve essere sempre, almeno a livello teorico, separabile dal prodotto, senza che la funzionalità e la natura di questo vengano pregiudicate.
In Italia, al fine di evitare i rischi di arbitrarietà insiti nel giudizio sul valore estetico di una forma200, si giunse a ritenere che il criterio del “valore sostanziale” come
impedimento alla registrazione della forma come marchio, si accostasse a quello dello “speciale ornamento” della disciplina dei disegni, ed entrambi potessero essere letti in funzione del valore effettivamente attribuito alla forma dal mercato, ovvero il cd. market approach, in tal modo anticipando l’approccio che sarebbe stato poi introdotto successivamente dalla normativa europea201.
In questo senso si esprimeva anche la giurisprudenza202; rilevante è una pronuncia del
Tribunale di Milano sull’ammissibilità come marchio di forma di una fibbia per cintura della casa di moda Ferragamo. Secondo i giudici, «il grado di apprezzamento dell’estetica di una forma che impedisce la registrazione della medesima come marchio trova il suo riferimento nel requisito dello speciale ornamento già previsto dall’art. 5 legge modelli per la protezione della forma quale modello ornamentale, e quindi richiede che la forma appaia idonea per il suo valore meramente estetico ad incidere in maniera determinante sull’apprezzamento del consumatore tanto da costituire in sé la motivazione d’acquisto del prodotto»203.
Parallelamente, altra autorevole, ma minoritaria dottrina, sosteneva la possibilità di coesistenza delle due tutele in relazione a forme dotate di funzione distintiva e dello “speciale ornamento”, ma non idonee a conferire “valore sostanziale” al relativo prodotto, dunque andando contro alla tesi dominante secondo cui i due concetti andavano in sostanza a sovrapporsi. Secondo questa corrente, una forma capace di attribuire valore
199 G. CASABURI, La tutela della forma tra marchi e modelli, in G. PETRAZ, La protezione della forma. Giuffrè, 2007.
200 D. SARTI, La tutela dell’estetica del prodotto industriale, Giuffrè, 1990, L. LIUZZO, Modelli, disegni, forme, marchi tridimensionali e la loro tutelabilità alla luce della nuova disciplina, in Dir. Ind., n. 1, 2002, secondo cui la locuzione “speciale ornamento” da inevitabilmente adito a giudizi soggettivi, quali quelli sulla bellezza di un bene, «rischiando di trascinare i giudicanti dalla loro immediata percezione della forma estetica assoggettandola al loro gusto o addirittura alle mode momentanee».
201 Cfr. paragrafo 2.
202 Cfr. Cass. 23 novembre 2001, n. 14864, Trib. Bologna, 23 giugno 1994, Cass. 29 maggio 1999, n. 5243. 203 Trib. Milano, 7 ottobre 2002.
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sostanziale al prodotto non deve essere necessariamente dotata di una valenza estetica, dal momento che potrebbe trattarsi di qualsiasi forma idonee ad incidere sul valore commerciale del prodotto; inoltre, non è automatico che il prodotto che presenti uno speciale ornamento incida sul valore dello stesso204. Anche in giurisprudenza si affermò
tale orientamento, in particolare il Tribunale di Napoli, affrontando tale questione, anticipò soluzioni in linea con le nuove norme sui disegni e modelli205.
3.2. La riforma a livello europeo e i conseguenti cambiamenti del rapporto tra