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La presenza della monetazione longobarda a Classe limitata solo ad un esemplare, rinvenuto presso l’area portuale che rappresenta lo 0,14% del leggibile e lo 0,04% del totale dei rinvenimenti, una percentuale quindi quasi irrilevante (v. Figura 84).

Figura 84. Presenze di monetazione longobarda presso l’area portuale (in blu).

Il confronto tipologico è stato reso possibile unicamente attraverso i pochi esemplari provenienti da collezioni museali685, poiché non sono note altre attestazioni nel territorio.

Il reperto monetale è molto interessante poiché Astolfo, dopo la conquista della città, inizia a emettere moneta in linea con le emissioni bizantine, quindi in oro, argento e bronzo, ma in maniera piuttosto irregolare e raramente in lega di rame. L’esemplare (Cat. 790) mostra sul diritto il volto frontale del re longobardo nuovo imperatore, con un copricapo appuntito, a forma di triangolo, o una resa stilizzata della capigliatura, differente dalle altre monete presenti nei repertori, un’immagine molto stilizzata e un ritratto con baffi molto evidenti. Sul rovesci è impressa la lettera M indicativa del valore in nummi del follis, con 680 ARSLAN 2011, p. 391. 681 CALLEGHER 1999. 682 MEC 1, p. 65. 683 ERCOLANI 1983. 684 MEC 1, p. 65. 685 MEC 1, ERCOLANI 1983. 0 50 100 150 200 II a.C.-I a.C.

I-III IV IV-V V-Vand. V- Odo V-VI Ostr

VI-Biz VII-Biz VIII Biz VIII - Long

160

la sigla RAV in esergo, una tipologia che richiama le precedenti emissioni di folles di Costantino V, l’imperatore bizantino “sconfitto” da Astolfo.

Il peso della moneta, 1,05 g e diametro di 11 mm risultano inferiori a quelli dei due esemplari simili documentati nel catalogo del Museo Nazionale di Ravenna686 di 1,2 e 1,5 g con diametri di 13 e 15 mm.

Nel caso del reperto di Classe potrebbe trattarsi di un tondello tosato, il che giustificherebbe il peso inferiore. Si nota inoltre che lo stile di coniazione è diverso da quelli registrati sia nel museo ravennate, che nella collezione di Cambridge, con un immagine molto più rozza, che si potrebbe ritenere quasi imitativa, rendendo comunque l’oggetto quasi certamente un unicum nel suo genere.

686

161

2.8.I

MATERIALI DI EPOCA MEDIEVALE

,

DALL

’XI

AL

XIV

SECOLO

I

L SISTEMA MONETALE MEDIEVALE

Nonostante la conquista del Regno Longobardo da parte di Carlo Magno nell’anno 774, il sistema monetale franco fu imposto ai territori occupati solo tra il 781 e il 784687, con l’introduzione di una

struttura a base monometallica impostata sul denaro in argento dal peso di circa 1,31 g, mettendo quindi fine all’uso della moneta aurea688.

In questo periodo nella penisola italiana sono presenti, quindi, due sistemi monetali paralleli: da una parte si sviluppa il sistema franco basato sulla moneta in argento e presente nei territori centro-settentrionali, mentre d’altra parte, nell’area centro-meridionale, l’influenza bizantina determina il mantenimento di una produzione incentrata sull’oro.

La riforma definitiva fu attuata nel 793-94, una riorganizzazione che prevedeva l’obbligo di coniazione di un solo tipo di moneta in argento, il denaro, che doveva avere delle caratteristiche standard in tutto l’impero carolingio: un tondello con il diametro di ca. 20 mm e un peso di 1,7 g. Il denaro apparteneva a un sistema duodecimale, che prevedeva un cambio di 12 denari per un soldo/grosso (12 denari = 1 soldo), ma anche ad un sistema ventesimale, per il quale una libra/lira era pari a 20 soldi o a 240 denari (240 denari/20 soldi = 1 lira)689; questi nominali di valore maggiore erano produzioni astratte, solo di computo.

La moneta mostrava inizialmente una tipologia epigrafica caratterizzata da una croce oppure da un tempio690 e le uniche zecche autorizzate alla coniazione erano quelle di Milano, Pavia, Treviso (sostituita

poi da Verona), Lucca e Venezia691. Queste produzioni iniziali ebbero una distribuzione limitata e la

documentazione a nostra disposizione dimostra quanto il loro utilizzo fosse circoscritto principalmente a transazioni di elevato potere d’acquisto692.

Dal X secolo si nota però un impoverimento nella lega metallica impiegata per le coniazioni, che comportò notevoli variazioni ponderali nella produzione del denaro; ciò era dovuto soprattutto alle discrepanze esistenti nel peso e nel valore della libbra, molto variabile a seconda delle città693, ma in

secondo luogo anche dal fatto che i tondelli erano tagliati a mano694.

Tra l’XI e il XII secolo si osserva un continuo processo di degrado nel contenuto d’argento, tanto che la percentuale di metallo prezioso si riduce fino a diventare solo una patina superficiale di un dischetto in mistura695. Le ragioni di questo svilimento sono spesso attribuite al marcato sviluppo economico

dell’Italia centro-settentrionale che causò una forte richiesta di circolante monetale anche a livelli più bassi696; altre ipotesi includono l’instabilità e la fluttuazione del rapporto tra argento e oro, ma anche la

687

TRAVAINI 2007, p. 37.

688

MORELLI 1997, p. 21; SACCOCCI 2006, p. 158;TRAVAINI 2007, p. 40; MORELLI 2011 p. 1047.

689

PASI 2002 p. 26; TRAVAINI 2007, p. 209.

690 M

ORELLI 1997, p. 21; PASI 2002, p. 26; TRAVAINI 2007, p. 40.

691 ERCOLANI 1997, p. 21; PASI 2002, p. 26. 692 ERCOLANI 1997, p. 21. 693 MURARI 1965, p. 219; MORELLI 1997, p. 21. 694

TRAVAINI 2007, p. 214; i tondelli venivano regolati dal personale di zecca, secondo limiti di tolleranza fissati per ogni emissione.

695 E

RCOLANI 1997, p. 13; PASI 2002, p. 26.

696

162

falsa impressione di ricchezza e disponibilità economica data dal riuscire a coniare più moneta con la stessa quantità di metallo697.

Questa instabilità delle emissioni è evidente nei documenti commerciali, ove si nota la necessità di specificare il tipo di moneta con cui avveniva la transazione (denari lucchesi, pavesi, ecc.)698.

L’elevata richiesta di circolante fu soddisfatta dall’incremento del numero di zecche autorizzate a battere moneta, a seguito di concessioni imperiali. Alcune città iniziarono a produrre moneta immediatamente, mentre altre, come Ravenna, sembrano aspettare alcuni anni prima di emettere moneta propria. Inoltre, per tutelare la monetazione e di conseguenza il predominio economico, nascono in alcune zone degli accordi stipulati tra varie città limitrofe, come quello tra Ferrara e Bologna oppure tra Ravenna e Ancona, che prevedevano l’emissione di monete uniformi nell’aspetto esteriore e nella lega, per evitare che emissioni scadenti si inserissero nella circolazione compromettendo la accettazione e la stabilità del numerario699.

Questi accordi non riescono però ad arrestare il lento processo di deprezzamento già in atto dal X secolo; per sopperire alle necessità monetali di un sistema economico in forte evoluzione, l’imperatore Federico I (1155-1190) attuò una riforma che prevedeva il raddoppiamento del contenuto d’argento del denaro, cercando di imporlo come moneta unica nel territorio italico. La stessa riforma è documentata anche a Venezia e Genova, che emettono una moneta in argento chiamata grosso, con un peso oscillante tra 1,4 e 2 g ed un valore equivalente a 24 oppure 20 denari700, che si inserì nei mercati in più fasi701: a Ravenna, il

primo documento che lo cita è del 1231702. Queste nuove emissioni mantengono l’immagine della croce,

ma prevedono l’inserimento su un lato monetale del volto del Santo protettore della città stessa, come San Marco per Venezia, oppure San Ciriaco per Ancona703.

Solo a partire dalla seconda metà del XIII secolo, Firenze e Genova cominciarono a coniare anche moneta in oro, il fiorino e il genovino (dal peso di ca. 3,5 g), seguite dal ducato (poi chiamato zecchino) a Venezia a partire dal 1284704.

I REPERTI NUMISMATICI DI EPOCA MEDIEVALE RINVENUTI PRESSO LA BASILICA DI SAN SEVERO.