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La zecca di Venezia inizia la sua produzione intorno all’820, proseguendo senza soluzione di continuità fino al 1797 e poi saltuariamente con il governo di Napoleone e con gli imperatori d’Austria. “Fino alla metà del XII secolo le monete indicavano il nome degli imperatori d’Occidente, ma a partire dal 1170 ca.

furono emesse con il nome dei dogi di Venezia”, a partire dal dogato di Vitale II Michiel (1156-1172)752.

La produzione monetale fu intensa e registra una lunga serie di nominali d’argento, mistura e oro, anche se quest’ultimo solo a partire dal XIII secolo753.

La moneta veneziana è presente presso il sito di San Severo con un totale di 41 esemplari, databili dai primi decenni dell’XI secolo fino agli inizi del XIII secolo.

Il reperto monetale più antico è un’emissione del CRISTVS IMPERAT (Cat. 812), che nel diritto presenta una croce nel campo e quattro globetti negli angoli; mentre sul rovescio viene collocato un tempio tetrastilo, le cui colonne sono sostituite dalla legenda VENECI, con una A collocata al di sotto del tempio e la legenda IIO OII sopra. Secondo Papadopoli754, il tipo fu coniato sotto il dominio di Corrado II negli

ultimi anni del X secolo ed è datato dal CNI755 tra il 970 e il 1024; studi più recenti lo attribuiscono agli

inizi dell’XI secolo, e non alla fine del X756, una datazione strettamente legata al valore pondometrico

dell’emissione, che registra un diametro e un peso inferiori ai denari ottoniani757.

750 M ONTÀGANO-CATONI 2011, p. 146. 751 MONTÀGANO-CATONI 2011, p. 147. 752 STAHL-TONINI 2011, p. 1217. 753

Per un elenco delle emissioni si vedano STAHL 2000 eSTAHL-TONINI 2011.

754 PAPADOPOLI 1893. 755 CNI VII, p. 8. 756 S TAHL 2000 p. 6. 757 SACCOCCI 1991, pp. 248-249; SACCOCCI 2004, p. 72.

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Seguendo l’ordine dettato dalla cronologia delle produzioni, il nucleo monetale di San Severo documenta un grosso quantitativo di emissioni enriciane. Inizialmente, queste monete, nominali di denaro scodellato, furono prodotte per soddisfare le esigenze del solo mercato locale, ma prendono sempre più piede fino a sostituire la moneta veronese, in particolare nei mercati e nelle aree legate commercialmente con la Serenissima758.

Il tipo monetale è prodotto con caratteristiche stilistiche simili nel diritto e nel rovescio, ma con solo piccole differenze nelle legende. Le singole varianti sono state suddivise quando possibile, data la pessima leggibilità dei reperti e le difficoltà

incontrate nella lettura, a causa dalla frequente legatura usata nelle legende, pratica visibile anche nei reperti meglio conservati.

Il tipo mostra sul diritto della moneta una croce patente con quattro globetti, ognuno collocato nell’angolo creato dai bracci della croce; intorno ad essa è collocata una legenda riferibile a Enrico IV oppure V di Franconia, le cui produzioni sono tuttora indistinguibili tra di loro. Un tentativo di datazione della monetazione veneziana e veronese è stato possibile unendo i risultati della ricerca archeometrica ai dati ottenuti dall’analisi stilistica delle emissioni monetali, rilevando una correlazione tra lo svilimento del contenuto d’argento nella lega monetale e lo sviluppo nello stile della croce. Questa relazione permetterebbe di riconoscere in maniera più puntuale quali emissioni siano state emesse durante i regni degli imperatori tra Enrico II e V759.

In un’altra ipotesi, Stahl760 suggerisce che le emissioni del Doge Vitale II Michiel sono individuabili

rispetto quelle enriciane non solo per il cambio nella legenda, ma anche per l’evidente doppio cerchio perlinato che si discosta dal cerchio lineare singolo in Enrico.

Questa caratteristica sembra però non concordare con l’evidenza dei reperti che mostrano legende di Enrico, ma un doppio cerchio perlinato abbastanza evidente.

Il rovescio di queste monete è caratterizzato dall’immagine di San Marco al centro del campo, nimbata e circondata da un bordo perlinato. L’emissione è, però, molto irregolare e lo stesso CNI identifica molte varianti sia nella nimbatura del santo (formata da un numero di pallini variabile, da uno a nove), sia nelle legende, alcune delle quali formate da linee verticali in sostituzione delle lettere.

Sei esemplari (Cat. 813-818), per esempio, formano un gruppo abbastanza uniforme, poiché mostrano sul diritto una croce con estremità leggermente “ancorate”, che le distingue dalle altre emissioni e sul rovescio, in almeno due casi, si può leggere la legenda SAARIVS VEN oppure SARIVS VEN.

Anche se prodotte in una lega “povera” come la mistura, le leggibilità delle monete è abbastanza buona, con il nome di Enrico sempre riconoscibile seppur frammentario; i reperti sono infatti molto sottili e in due casi presentano l’asportazione di alcune parti, che ha ridotto il valore ponderale, in particolar modo dell’esemplare proveniente dalla US 17018, ad appena 0,10 g.

758 MURARI 1965, p. 228; STAHL 2000, pp. 14-15. 759 S ACCOCCI 1984. 760 STAHL 2000, p. 10. Figura 86. Il gruzzolo della US 19219.

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Una variante di questo tipo è individuabile nel cambiamento delle legende, sul diritto con l’iscrizione ENRICVS INDED; sul rovescio invece diventa S. MARCVS VENECIA (Cat.819-820). Secondo lo studio di Saccocci già citato761, la tipologia della croce presente in queste monete potrebbe essere messa in

relazione alle produzioni enriciane iniziali, anche se tale ipotesi dovrebbe essere avvallata da un numero di campioni monetali più ampio.

I due esemplari che potrebbero essere inclusi in questo gruppo provengono dalla US 19129, in cui è stato rinvenuto un piccolo gruzzolo di monete carbonizzate in pessime condizioni di conservazione (Figura 86)762.

Dieci monete (Cat.821-830) appartengono sempre alla tipologia che sul diritto conserva la croce patente con globetti e sul rovescio l’immagine di San Marco, ma non è possibile identificare con precisione a quale variante essi appartengano. Di questi dieci reperti, tre (Cat. 821-823) sono certamente riconducibili a Enrico III-V di Franconia, anche se mostrano legende solo parzialmente leggibili. Inoltre, in due casi, queste sono leggermente diverse da quelle più ricorrenti e quindi non sono confrontabili in maniera puntuale con i repertori pubblicati; per esempio, nella moneta (Cat. 822) i tondelli non sono collocati negli angoli formati dai bracci della croce, ma alle estremità dei bracci stessi.

Sette esemplari sono frammentari, ma attribuibili agli imperatori Enrico III-V, data la presenza sul diritto di quattro globetti negli angoli della croce tipici delle produzioni di questo periodo. Anche alcuni Dogi produrranno, qualche anno dopo, un tipo simile, ma negli angoli saranno collocati dei cunei e non dei tondelli.

Altri diciotto frammenti (Cat. 831-848) sono stati inseriti in questo gruppo poiché mantengono caratteristiche che permettono di collocarli tra le emissioni enriciane. Questi reperti provengono tutti dal piccolo gruzzolo carbonizzato della US 19129, un nucleo monetale che ha presentato una forte omogeneità per quanto riguarda il materiale leggibile. Purtroppo, nonostante vari tentativi, non è stato possibile unire questi frammenti né fra di loro, né ad un reperto monetale più completo.

Le emissioni dei Dogi sono presenti nel nucleo monetale di San Severo con un nuovo nominale chiamato

piccolo763, che mostra la stessa immagine su ambo i lati della moneta: si tratta di una croce formata da 4

cunei/triangoli collocati con la punta rivolta al centro del tondello e circondati, sul diritto, dall’iscrizione dell’autorità emittente; sul rovescio dalla dicitura S. MARCVS, secondo un modello che ricorda le produzioni veronesi764; l’emissione è datata negli anni tra il 1172 e il 1205. Due dei reperti analizzati (Cat.

849-850) pur essendo stati assegnati a questo arco cronologico, non possono però essere ascritti ad una specifica autorità emittente, poiché le legende risultano illeggibili o decifrabili solo parzialmente, dato il loro cattivo stato di conservazione. Un terzo esemplare appartenente a questo tipo (Cat. 851) è invece attribuibile alle emissioni del Doge Enrico Dandolo (1192-1205), nonostante la sua leggibilità sia stata

761

SACCOCCI 1984.

762 Anche gli esemplari apparentemente integri hanno sofferto di un’ulteriore frantumazione; in particolare, la moneta classificata

come US 19129.2 è stata fortemente aggredita dal cancro del bronzo, che continua a causare una persistente polverizzazione, nonostante l’azione di conservazione e immersione nel BTA (Benzotriazolo).

763

SACCOCCI 1991, p. 255, a seguito della riforma monetaria effettuata da Enrico Dandolo, si osserva una svalutazione del 10% della lira veneziana e il denaro che diventa un’emissione di valore minore, lo stesso del piccolo.

764

172

compromessa dal fatto che il tondello fu piegato a metà già in antico, rendendo impossibile la lettura delle informazioni della parte interna. Per ragioni etiche e per il benestare della moneta, comunque identificabile e databile, si è deciso di non forzarne l’apertura.

2.8.8.LA ZECCA DI VERONA

Nonostante siano assenti elementi certi riguardo alla data in cui la zecca di Verona iniziò a battere moneta, sono state rinvenute alcune emissioni di produzioni flavie longobarde emesse a nome di Desiderio, riconducibili a questa città765. La zecca sembra essere produttiva anche per la coniazione di

denari di Carlo Magno durante il regno di Berengario I del Friuli (888-915), e successivamente a fasi alterne durante il X secolo766.

A San Severo sono presenti cinque esemplari della zecca di Verona, quattro dei quali sono dei denari provenienti dalla US 18251 (Cat. 852-856). Il tipo mostra, sul diritto una piccola croce collocata nel campo dentro un cerchio lineare e la legenda INPERATOR; sul rovescio si trova lo stesso simbolo con la legenda + HAOAEV V; data la caratteristica croce centrale, i denari sono anche chiamati denari

crociati767.

Queste monete sarebbero state battute tra la morte di Enrico II nel 1024 e l’elezione di Corrado II nel 1027768. Saccocci però ha proposto di rivedere la data di queste emissioni, poiché essendo esemplari che

lui definisce “non particolarmente rari”, il periodo di emissione tra il 1024 e il 1027 sembrerebbe troppo breve769.

Le quattro monete documentano valori ponderali da 0,20 a 0,46 g, pesi molto bassi che rispecchiano in pieno la descrizione di Perini: “Le scritte che portano, sono talmente rozze, il loro conio, così imperfetto e le iscrizioni espresse con trasposizioni di lettere o con incondite abbreviazioni, che sono ben spesso indovinelli proposti alla esperimentata sagacia dei nummografi. Nonostante queste difficoltà, mercé di recenti studi sul peso, sulla bontà del metallo, il tipo, l’arte e la forma dei caratteri, molti di questi denari

furono collocati al posto che loro compete”770.

Il quinto esemplare rinvenuto è un denaro piccolo (Cat. 857), in cui è collocata, su ambo i lati della moneta, una croce intersecata e l’iscrizione CI VI CI VE771 sul diritto e VERONA sul rovescio. Le

condizioni di conservazione non sono buone, perché il reperto risulta essere molto sottile e lacunoso con un valore ponderale di appena 0,25 g. Questo fattore lo distingue da monete dello stesso tipo, ma di taglio diverso come il mediatino, distinguibile dai denari piccoli proprio per il suo peso raddoppiato772.

765 ARLSAN 2011 e bibliografia. 766 BAZZINI 2011, p. 1229-1231 e bibliografia. 767 P ERINI 1902, p. 34. 768 BAZZINI 2011, p. 1231.

769 SACCOCCI 1991, p. 249 e anche nota 43, dove egli specifica che il tipo è molto comune ed è presente anche in ripostigli

dell’Europa settentrionale.

770

PERINI 1902, p. 35.

771

MURARI 1983, p. 296; secondo il ricercatore la legenda conterrebbe anche l’indicazione della città di Vicenza, oltre a quella di Verona.

772

173

Il tipo fu già attribuito da Perini e CNI al primo periodo della signoria scaligera (1259-1329), ma la critica successiva773 è riuscita a riordinare la produzione in maniera più puntuale; sembra ormai certo, infatti, che

il denaro crociato ed il grosso continuarono ad essere emessi senza nessun cambiamento tipologico fino alla fine del XIII secolo e forse ancora nei primi anni del Trecento774. In una sua pubblicazione recente,

Murari associa questo tipo a Cangrande (1308-1351)775.