La zecca di Ravenna è particolarmente attiva durante il Regno Ostrogoto, sotto l’Esarcato Bizantino e infine brevemente durante il dominio longobardo, ma non sono note ulteriori emissioni relative al periodo tra il IX all’XI secolo, nonostante il privilegio di battere moneta fosse stato concesso nel 998 con una bolla di Papa Gregorio V all’arcivescovo Gerberto735 e rinnovato a più riprese736.
La ragione per cui Ravenna ha emesso moneta solo molti anni dopo averne ricevuto il privilegio, è identificata dagli studiosi come il tentativo di contrastare il potere economico e politico di Bologna. La città emiliana si era accordata con Ferrara al fine di creare un’area economica di forte coesione, in cui fosse permessa la circolazione e l’accettazione nel mercato di tipi monetali simili, prodotti nelle due citta737. Sembra così che Bologna e Ferrara volessero risucchiare economicamente, ma anche
politicamente, la città di Ravenna, e l’intera Romagna, sotto l’influenza dell’area commerciale emiliana; Ravenna, come Rimini più tardi, preferì suggellare accordi economici con la città di Ancona.
Non si conosce la data della prima emissione ravennate, ma le fonti archivistiche del periodo permettono di ricostruire alcuni avvenimenti738, dai quali si evince come le transazioni commerciali in città e nelle
zone limitrofe a Ravenna utilizzassero inizialmente la moneta veneziana e veronese per poi essere sostituite dalle emissioni lucchesi (forse anche d’imitazione e prodotte dalla zecca ravennate)739. La prima
transazione in moneta ravennate è registrata in un’enfiteusi che risale all’11 agosto 1194740, benché il
denaro ravennate sia menzionato anche in un documento precedente, relativo alla zecca anconitana, datato al 1170741.
L’utilizzo della monetazione di zecca lucchese è attestato nelle fonti documentarie fino al XII secolo, dopo di che si osserva una graduale introduzione della produzione ravennate, emessa dall’autorità arcivescovile e prodotta a imitazione e adeguamento della moneta anconitana, anche se inizialmente si pensava al contrario742. Le emissioni ravennati riportano sul diritto il nome della città stessa - DE
RAVENA - intorno alla croce patente nel campo; sul rovescio non fu inserito il santo patrono, ma
734
ROSSI 2000, p. 580 [nota 7].
735
PINI 1993, p. 545; PINI 1995 p. 112; ERCOLANI 2003 p. 57 e nota 19; MORELLI 2011, p. 1048.
736
MORELLI 2011, p. 1048; ERCOLANI 2003, p. 57.
737
PASI 2002 p. 26; PINI 1995, p. 113. A questo iniziale accordo fra Bologna e Ferrara aderirono anche Parma nel 1209, Reggio Emilia nel 1233 e Modena nel 1242.
738 Breviarium Ecclesiae Ravennatis; P
INI 1995; PASI 2002; ERCOLANI 2003.
739
TRAVAINI 2007, p. 48; MORELLI 2011, p. 1048; ROSSI 2011, p. 470. Sono citate a questo proposito due pergamene conservate presso l’Abbazia di Chiaravalle di Fiastra (MC) del 1175 e 1179.
740
FANTUZZI 1801-1804, vol. II p. 334; ERCOLANI 1997, pp. 13-14; PASI 2002, p. 25.
741
ERCOLANI 1997, p. 14; DAY 2008, p. 116. Ercolani pensa che in questo caso il documento potrebbe registrare un errore di trascrizione. Day invece riporta anche un atto del 1173 registrato nel Fantuzzi (1801-1804), in cui venne trascritto il prezzo di “IIII libre Luciensium” con un appunto relativo a “minimus sol(idis) II de Raven”, ma dove la parte de Raven viene eliminata.
742
168
l’autorità emittente, l’arcivescovo, riconoscibile attraverso l’iscrizione ARCHIEPISCO intorno alle lettere PVS, collocate nel campo743.
La zecca ravennate produce anche grossi che però non sono presenti in questo nucleo monetale e per i quali si fa riferimento a studi più completi sulla produzione locale744.
La documentazione archivistica attesta l’utilizzo della moneta ravennate per almeno due secoli, ma già a partire dalla fine del XIII secolo si nota la progressiva richiesta di pagamenti in valute diverse, come fiorini o bolognini, un indebolimento probabilmente causato dalle continue lotte fra comune e arcivescovo745, che sminuirono la fiducia sulla moneta ravennate, lasciando spazio per la lenta
affermazione delle produzioni di altri comuni rinvenuta nel territorio746.
Seconde solo alle produzioni veneziane, le emissioni della zecca di Ravenna sono rappresentate tra i reperti numismatici di San Severo con un totale di nove esemplari (Cat. 802-810), tutti denari.
Attraverso la suddivisione effettuata da Morelli per il gruzzolo di Via Longhi747 si osserva che tutti i
reperti rinvenuti presso il sito di San Severo appartengono alla I variante, dove nel diritto si osserva la semplice legenda +ARCIEPISCO e PVS nel campo. Sul rovescio sono state riconosciute due varianti, in cui la croce mostra il gambo dei trifogli nel I e III quadrante (Gruppo A e B) oppure nel II e IV quadrante (Gruppo E e varianti). Anche un altro ricercatore, Di Virgilio, ha proposto un tentativo di classificazione della moneta ravennate medievale748, attraverso la suddivisione della produzione in gruppi con
caratteristiche simili e con una distribuzione relativa anche a una possibile scansione cronologica; qui si è preferito seguire la catalogazione proposta da Morelli749.
Le monete si presentano in buono stato di conservazione, ad eccezione dell’esemplare della US 13012, di cui possediamo solo un frammento, e di alcune evidenti tosature e parti mancanti visibili in particolar modo negli esemplari provenienti dalla US 13001 e dalla pulizia dell’area 17000. La leggibilità dei reperti, ma anche la lega metallica utilizzata, sembrano indicativi di una moneta coniata in argento e non in mistura, o comunque una lega con una percentuale di argento piuttosto alta, che ha permesso di mantenere il buono stato di conservazione. Questo ci consente di identificare un’ulteriore variante, simile alla “I Variante, Gruppo E”, riscontrabile nell’esemplare della US 13001, ma con una legenda leggermente diversa da quella inserita nella catalogazione del Museo Nazionale di Ravenna.
743
PINI 1995 p. 114; MORELLI 2011, p. 1049.
744
ERCOLANI 2003; MATZKE 2003; ROSSI 2011;MORELLI 2011 e bibliografia. Anche Morelli, come Rossi, registra l’emissione di un denaro ascrivibile alla zecca di Ancona per caratteristiche pondometriche e tipologia, ma che presenta una legenda riferibile a Marcvaldo di Anweiler, duca di Ravenna e Marchese di Ancona databile al 1195-1197. Il duca/marchese fu deposto nel 1197, poiché i territori in questione giurarono fedeltà al Papa.
745 ERCOLANI 1997, p. 16. 746 M ORELLI 1997; MORELLI 2011, p. 1050. 747 MORELLI 1997, pp. 122-124. 748 DI VIRGILIO 1998. 749
Nella descrizione del rovescio della moneta ravennate, Morelli indica come 1° quadrante il quarto di moneta in altro a destra e prosegue in senso orario fino al quarto quadrante. La stessa regola, tra l’altro piena di logica, non è applicata da Di Virgilio. Pertanto quello che Morelli indica come un “trifoglio nel 1° e 3° quadrante” è considerato da Di Virgilio il 2° e 3° quarto; altrettanto per il “trifoglio nel 2° e 4° quadrante” che diventa il 1° e 4° quarto. Per ovviare inutili disguidi, si è selezionato il sistema utilizzato da Morelli per la descrizione dei reperti e, quando necessario, si è fatto anche riferimento a Di Virgilio.
169 2.8.6.LA ZECCA DI SIENA
Il popolo senese riuscì ad allontanare l’autorità religiosa dalla città, dopo un periodo di dominio vescovile, approfittando della discesa dell’Imperatore Federico I Barbarossa in Italia, il quale istituì un ceto dominante straniero per sorvegliare i consoli della città nel 1183. È in questo periodo che si documenta l’apertura della zecca cittadina, che però probabilmente già batteva moneta clandestinamente: infatti pur non esistendo un documento di concessione a sostegno di questa teoria, è risaputo che Enrico VI tolse alcuni privilegi alla città, fra cui il diritto di battere moneta, dopo l’assedio del 1186750.
Il documento più antico in cui viene citata la moneta senese è datato al novembre 1181, l’apertura quindi potrebbe essere avvenuta poco prima, verso la fine del 1180; l’attività si è protratta fino alla seconda metà del XVI secolo751. Le produzioni senesi sono presenti a San Severo con un solo esemplare (Cat. 811), un
quattrino che presenta sul diritto la lettera S circondata dalla legenda •SENA VETVS•, mentre sul rovescio una croce patente con l’iscrizione ALFAED•O°’, con una punteggiatura e stile di caratteri che si distinguono da quelle pubblicate finora nei repertori.