Nonostante la divisione dell’impero tra Oriente e Occidente attuata da Teodosio I (379-395), la monetazione emessa dalle due parti seguì inizialmente la stessa concezione risalente alle riforme costantiniane e basata su un sistema monetale trimetallico che prevedeva emissioni in oro, argento e bronzo. Solo a partire dal V secolo, con il collasso della produzione enea, si svilupparono una serie di riforme che portarono ad una completa separazione fra le produzioni monetali d’Oriente rispetto a quelle d’Occidente.
Nell’Impero Bizantino la riforma fu portata in atto da Anastasio I, il quale mantenne il sistema trimetallico, con coniazioni in oro basate, come in precedenza, su un sistema duodecimale. La riforma conserva la principale emissione aurea, il solido, nomisma in greco, prodotto con un peso corrispondente a 1⁄72 di libbra, equivalente a ca. 4,5 g; esso è affiancato dalle sue frazioni: il semisse e il tremisse,
rispettivamente la metà e un terzo di solido. La produzione monetale in oro gode di una certa stabilità ponderale e mantiene intatta la purezza della sua lega, tra l’altro assicurata dalla legenda CONOB inserita in esergo (CON = Costantinopoli e OB = obryzum, letteralmente oro puro), con emissioni ristrette inizialmente a Costantinopoli e Tessalonica, cui si aggiunsero Roma, Ravenna e Cartagine una volta riconquistate dal dominio di Ostrogoti e Vandali. La produzione delle singole zecche è identificabile attraverso l’impiego di simboli amministrativi diversificati, oppure dettagli tipologici467.
Nella parte orientale dell’impero le produzioni argentee sono scarse, perlopiù coniazioni a carattere celebrativo, emesse con due standard ponderali: il miliarense “pesante” corrispondente a 1⁄60 di libbra,
equivalente a 5,4 g e il miliarense leggero a 1⁄72 di libbra equivalente a 4,5 g468. La ragione della penuria di
emissioni argentee non è ancora stata compresa appieno, anche se sono state elaborate nel tempo molte ipotesi, ben illustrate da Hahn469.
Nella parte occidentale dell’impero le abbondanti emissioni di moneta in argento prodotta a Ravenna,
siliqua e le sue frazioni, contrastano con quelle numericamente scarse di Costantinopoli470; l’impiego di
nominali in argento si protrae per tutto il VI secolo, limitatamente all’Italia e all’Africa del Nord, in quei territori in precedenza occupati da Ostrogoti e Vandali che avevano utilizzavano ampiamente moneta coniata in questo metallo471.
467
MIBE 2, p. 7. Per maggiori approfondimenti sulla monetazione bizantina, in particolare sulle produzioni in oro che non saranno discusse in questo lavoro, si rimanda alle pubblicazioni di MORRISSON (1970), HAHN (MIB I-III; MIBE 1-2), GRIERSON
(DOC 1-5; GRIERSON 1982) con relative bibliografie.
468
MIBE 1, p. 12.
469
GRIERSON 1982, GRIERSON 1992; MIBE 1, p. 2 e segg. In una prima ipotesi, GRIERSON (1982) suggeriva che la scarsa disponibilità di argento era dovuta all’utilizzo di questo metallo per la produzione di piatti per donativi; in un lavoro più recente (1992) egli ha proposto una ipotesi che mette in relazione la forte fluttuazione del valore dell’argento nel mercato dell’epoca con le scarse emissioni. HAHN (MIBE 1) suggerisce invece che un abbassamento dei prezzi dell’argento proveniente dall’Iran avrebbe incoraggiato l’esportazione da questo paese, causandone la mancanza. Tutti questi fattori sono certamente da tenere in considerazione, ma è forse più giustificabile con la possibile tesaurizzazione della monetazione argentea o semplicemente con un utilizzo più limitato nella parte orientale, non abituata a transazioni economiche effettuate con tale metallo.
470 M
ORRISSON 2011, p. 417.
471
118
Come per l’oro, anche per le produzioni in argento esisteva un’indicazione della purezza della lega metallica: COB oppure CONS, o anche CONOS (registrato per Anastasio a Costantinopoli e per Giustiniano I a Cartagine), collocati nel rovescio in esergo.
La monetazione in lega di rame ereditata dal sistema romano-imperiale da Anastasio alla sua ascesa al potere (491-518) consisteva in un numerario il cui peso medio, intorno al grammo, conobbe una perdita ponderale fortissima soprattutto nella seconda metà del V secolo [v. supra] ed evidenziato anche dalla documentazione di storici contemporanei dove si registra che il rapporto solido:nummo nel 445 era di
1⁄
7000-7200472. Il forte declino ponderale è osservato in particolar modo nella parte occidentale dell’impero,
ma anche in Oriente, come visibile dai rinvenimenti archeologici in tutta l’area mediterranea, a partire dai reperti di Cartagine473, Butrinto474 o Sardis475.
Il peso del nummo di riferimento per la riforma di Anastasio è una questione dibattuta, in quanto Arslan476
propone un peso di 0,20-0,22 grammi, al contrario di Morrisson477 e Hahn478. Quest’ultimo sostiene che
neanche le emissioni più leggere, che lui classifica come minimi, registrino livelli così bassi, concordando così con Kent479 la cui analisi evidenzierebbe anche la stabilità del peso dell’AE4, ottenuta tramite
l’utilizzo del piombo nella lega monetale. Questa situazione è stata appurata da indagini effettuate in passato480 , nelle quali si osserva che le leghe non erano prodotte con precisione e difatti includevano
percentuali di altri metalli tra i quali zinco e stagno; nel caso di alcune emissioni ravennati, la presenza del piombo è attestata anche nelle monete bizantine analizzate, dato indicativo del riutilizzo del metallo481.
Le emissioni di Anastasio, registrano, inizialmente valori ponderali di 9,05 g per il follis e questo dato è indicativo del fatto che il nummus di riferimento non corrisponde a quello suggerito da Hahn o Grierson di 0,45 g, in quanto la semplice divisione matematica di tale peso per i 40 nummi risulta essere un valore di 0,23 g, molto vicino a quanto sostenuto invece da Arslan. Hahn stesso nota la questione controversa e il fatto che i valori ponderali di queste prime emissioni corrispondano a circa la metà del peso teorico; osserva inoltre il dato di Massafra, nel quale un nucleo di nummi di Anastasio registra esemplari di buona leggibilità e qualità, ma con un peso medio del nummo di 0,36 g. A questo proposito, Hahn giustifica la situazione considerando i folles iniziali di Anastasio come emissioni fiduciarie482 e sostiene che il valore
intrinseco della moneta verrà documentato solo con la riforma monetaria del 512483.
472
NovellaXVI.2; riporta il cambio nummo:solido; in essa si legge che servivano 7000 nummi per l’acquisto di un solido, che invece veniva venduto a 7200 nummi.
473
CARTAGINE 1976; CARTAGINE 1978; CARTAGINE 1980; CARTAGINE 1982; CARTAGINE 1994.
474 MOORHEAD 2007. 475 BATES 1971. 476 ARSLAN 2004, pp. 437-438. 477
MORRISSON 1996, p. 188; Hahn (MIBE 1) sostiene che Morrisson indichi un peso di 0,70 g, ma nella tabella esplicativa (MORRISSON 1996, pag. 190) ella riporta come peso teorico del nummus di Anastasio il valore di 0,21 g.
478 MIBE 1, pp. 13-15. 479 RIC X, p. 18. 480 PADFIELD 1972; GRIERSON 1982. 481 GRIERSON 1982, p. 15; BALDI 2006. 482
Nel tentativo di spiegare questa incongruenza, Hahn sostiene che il peso standard del follis di Anastasio sia in effetti un multiplo dell’emissione conosciuta come pecunia maiorina (coniata tra il 348 ed il 395, riemessa a più riprese fino al 470, durante il dominio di Leone), oppure del decargyrus nummus (probabilmente un’emissione da 10 nummi che Hahn considera comunque la pecunia maiorina). Sin dall’inizio questo tipo fu emesso con due pesi standard di 1⁄
60 e 1⁄72 di libbra, corrispondenti a
119
La monetazione prodotta a seguito della riforma di Anastasio è facilmente discernibile dalle emissioni precedenti, poiché viene inserito sul rovescio della moneta il valore, indicato attraverso numerali greci. Il nuovo tipo di rovescio di queste emissioni, caratterizza quindi un forte cambiamento e rappresenta la linea di demarcazione per quella che viene riconosciuta come monetazione bizantina484.
Abbiamo quindi il nominale con il valore di 40 nummi, il follis, rappresentato dalla lettera greca M. Nel periodo iniziale vennero anche prodotte due frazioni di follis, una corrispondente al valore di 20 nummi, il ½ follis, rappresentato dalla lettera K e un decanummus, ¼ di follis, rappresentato con la lettera I.
Nell’anno 512, a seguito di una nuova riforma che di fatto raddoppiava il peso delle emissioni enee, si creò la possibilità di inserire un nuovo numerale di 5 nummi, il cui valore era indicato con la lettera Є. Sono presenti in circolazione anche piccole emissioni con svariati simboli di valore485; si osservano qui in
maniera più dettagliata il centenionalis (1⁄120 di libbra = 2,71 g)486, il denarius ( 1⁄
288 di libbra = 1, 13 g)487 e
il minimus (1⁄300 di libbra = 1,08 g)488, presenti nel nucleo dell’area portuale di Classe. Per non creare
confusione nella discussione dei nominali presenti nel nucleo numismatico di questo periodo, questa ricerca manterrà la stessa terminologia utilizzata da Hahn.
Le zecche di produzione della moneta in lega di rame sono collocate in città capitali diocesane489, quindi
abbiamo inizialmente Tessalonica, Nicomedia, Cizico, Antiochia e Alessandria nella parte orientale dell’impero, con l’aggiunta di Cartagine, Ravenna e Roma, dopo la riconquista dei territori, oltre a piccole zecche “militari” o mobili, come Salona o periferiche come Cherson.
La rivoluzione di Anastasio è percepibile principalmente dai cambiamenti sul rovescio della moneta, in quanto egli mantiene sul diritto l’immagine dell’imperatore posta di profilo, seguendo la tradizione romana. Durante il regno di Giustiniano, e iniziando dalle emissioni delle zecche orientali, la rappresentazione del busto diventa frontale, una caratteristica già presente nella monetazione aurea490,
dalla quale però si distingue per l’utilizzo del globo crucigero invece della lancia e la maggiore visibilità dei pendilia ai lati del viso, grazie alla maggiore dimensione del tondello.
Zenone, in Oriente non si avevano notizie del follis di Zenone emesso a Roma. A Costantinopoli, invece, si conosceva certamente il decargyrus nummus ed esso fu il nominale usato come riferimento, anche se le prime emissioni di follis ne erano solamente il doppio del peso (9,05 g) e non il quadruplo.
483
MIBE 1, p. 15-17. Durante il regno di Giustiniano furono apportate ulteriori trasformazioni attraverso una nuova riforma, portando il peso del follis a 25 g, che fu presto riportato al peso registrato durante il regno di Anastasio. Hahn descrive tutte queste fasi di cambiamento e in particolar modo del follis pesante emesso tra il 538-42, indicando anche tute le differenze ponderali delle emissioni, valutazioni che sono importanti per la piena comprensione della produzione del periodo.
484
DOC1, p.259.
485
Sebbene queste quattro denominazioni siano le più comuni, alcune delle zecche orientali emisero anche monete con valori espressi con IB (12 nummi), S (6 nummi) e Γ (3) ad Alessandria, IS (16), H (8) e Δ (4) a Tessalonica. Esistono anche piccole monete con i simboli B e II per i due nummi e il nummus è marcato con A. Per le altre eccezioni si veda GRIERSON 1982, DOC 1 e MIBE 1 per il periodo in questione.
486
RIC VIII, pp. 64-65. Il termine è già utilizzato per la monetazione di IV secolo, relativo alle emissioni di AE3, con peso di 2,71 g.
487 Il termine è utilizzato, generalmente, per indicare emissioni in argento sin dalle produzioni monetali della Repubblica
Romana.
488 Il nome spesso indicativo delle emissioni di piccolo modulo e peso. 489
LAIOU-MORRISSON 2007, p. 85; MORRISSON 2011, p. 416. Si fa riferimento alla ri-organizzazione dell’impero sotto il dominio di Diocleziano, il quale suddivise il territorio il dodici diocesi, sostituendo così le province augustee. In una riorganizzazione effettuata da Giustiniano I, il territorio italiano venne diviso in due diocesi, ulteriormente suddivise in province.
490 RIC X, 1330 e segg. Sulle emissioni in oro, l’effige dell’imperatore si trova collocata frontalmente già a partire dalle
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L’effige dell’imperatore non rimarrà statica e già a partire da Giustino II (565-578) venne apportata un’ulteriore variazione, in quanto egli introdusse l’immagine con la figura a ¾, seduto sul trono insieme alla moglie Sofia, collocata alla sua sinistra e riconoscibile dalla corona e pendilia.
Il suo successore, Tiberio II (578-582), riprende la tipologia con busto frontale di Giustiniano I, ma introduce nell’immagine la mappa, simbolo imperiale legato ai giochi dell’arena; una nuova rivoluzione di simboli venne promossa da Maurizio Tiberio (582-602) che sostituisce lo scudo e la corazza con il
loros, ma mantiene l’elmo diademato e il paludamentum491.
Alla fine del VI secolo si osserva inoltre l’alterazione grafica delle lettere nelle legende, più rotondeggianti, con l’utilizzo dei caratteri “unciali” e inoltre la saltuaria sostituzione delle lettere latine con i caratteri dell’alfabeto greco492. Si deve inoltre ricordare un elemento importante legato alla
datazione, che viene inserita sul rovescio delle monete, poiché Giustiniano introdusse una nuova legge in cui venne dichiarato l’obbligo di citare in tutti i documenti l’anno di regno dell’imperatore, il nome del console, la data di indizione e il giorno del mese. Siccome lo spazio disponibile sul tondello monetale era ridotto, le autorità decisero di indicare solo l’anno di regno (anche se a volte venne riportata anche la data di indizione), visibile a cominciare dal 538 nelle zecche orientali e dal 552 in Italia, dove quasi tutti i
folles e mezzi folles sono datati493.
Le emissioni bizantine di VI secolo sono un totale di 140 esemplari (Figura 22), 133 provenienti dall’area portuale, ove costituiscono il 5,18% dell’intero nucleo e poco più del 18,13% del leggibile; 7 provengono dagli scavi della Basilica di San Severo, ove rappresentano il 3,12% del totale dei rinvenimenti e il 4,16% del leggibile.
Figura 67. Presenze di VI secolo (area portuale in blu, Basilica di San Severo in rosso).
Come evidente dal grafico, 117 reperti sono ascrivibili a Giustiniano I, l’imperatore più rappresentato nel totale dei rinvenimenti di Classe (Figura 68).
491 ERCOLANI 1983, p. 36. 492 M ORRISSON 1983, MIBE 1, p. 7. 493 MIBE 1, p. 70. 0 50 100 150 200 II a.C.-I a.C.
I-III IV IV-V V-Vand. V- Odo V-VI Ostr
VI-Biz VII-Biz VIII Biz VIII - Long
121
Figura 68. Distribuzione cronologica delle presenze monetali di VI secolo (area portuale in blu, Basilica di San Severo in rosso).