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Nuova cittadinanza e scuola: un rapporto possibile

Alessandra Tedesco Università degli Studi“A Moro” di Bar

3. Nuova cittadinanza e scuola: un rapporto possibile

Assurge in modo imperante, la necessità di rinforzare i meccanismi demo- cratici e ridare valore alla partecipazione dei cittadini alla Cosa pubblica.

A tal fine, occorre una rielaborazione della stessa Pedagogia in chiave etico-politica, capace di intrecciare aspetti che apparentemente ci appaiono divergenti, ma che in questa circostanza sono e devono essere fortemente correlati: quelli pratici con quelli scientifici, ideologici ed utopici.

È alla scuola, infatti, che spetta l’arduo compito di mettere in atto in- tenzionalmente procedure, strategie, metodi e mezzi orientati ad indirizzare e a curvare tutto ciò verso un progetto specifico e consapevole, costituendosi luogo privilegiato di educazione alla e per la democrazia, nonché di reale esercizio alla democrazia.

[…] Il tentativo è quello di fare dei valori condivisi dei valori di cit- tadinanza, e cioè di passare dalla definizione di un’ipotesi etico-po- litica alla sua sperimentazione nella concretezza di una comunità civile e sociale. […] Non basta enunciare regole e princìpi condivisi, occorre sperimentarli: la convivenza infatti non è solo il frutto di una pratica cognitiva, ma è un’esperienza che vive anche di senti- menti, codici etici informali, rapporti interpersonali, sovrabbon- danza di significati (Chiosso, 2009, pp. 62-75).

Tali direttrici di senso ripudiano una scuola improntata ad un’ottica neo- liberista che la qualifica come azienda indirizzata ad uno sviluppo del capi- tale umano strumentale alle logiche di mercato, a favore di una scuola capace di rivolgere l’attenzione alla costruzione di percorsi efficaci, orientati ad una nuova cornice di senso, quella dello “sviluppo umano” (Sen, 2001/2018) conciliando i saperi disciplinari con l’educazione alla cittadi- nanza democratica (Elia, 2014).

La necessità di possedere adeguate capacità interne diviene quindi fondamentale ai fini dello sviluppo umano, concepito nei termini dell’espansione delle libertà sostanziali dell’individuo. E tali capacità non vanno semplicemente riferite all’uomo e alla donna in generale, poiché riguardano in modo sensibile il nodo dei diritti vanno con- cepiti nell’ottica del cittadino democratico. Si tratta, cioè, di capacità connesse al tema della cittadinanza. Ed è evidente che, se le oppor- tunità esterne dipendono dall’azione politica, la promozione delle

capacità interne all’individuo è un compito del sistema formativo, e in particolare della scuola (Baldacci, 2019, p. 221).

Risulta necessario pertanto volgere lo sguardo alla realizzazione di per- corsi formativi fondati su modelli didattici volti all’acquisizione di cono- scenze e abilità essenziali, propedeutiche al raggiungimento di competenze basilari per l’esercizio di una cittadinanza attiva al fine di rendere i soggetti

cives e non clientes.

Secondo il Consiglio d’Europa l’educazione dei cittadini alla Citizenship

Education rappresenta garanzia di stabilità democratica. Tre sono i livelli su

cui si articola e sono: l’Education about citizenship: fornire conoscenze e comprensione della società; l’Education through citizenship: fornire com- prensione della società attraverso le competenze; l’Education for citizenship: un apprendimento volto alla promozione di abilità e competenze utile alla partecipazione attiva nei contesti politici e sociali locali e la relativa assun- zione di responsabilità (Cfr. Santerini, 2018, p. 35).

Come diceva Gramsci, occorre che gli uomini siano formati in vista della realizzazione di specifici abiti mentali indispensabili per poter valutare le scelte dei politici e proporre attivamente delle soluzioni alternative quando quelle offerte dalla classe dirigente non sono adeguate (Elia, 2014, p. 30). Tale compito necessita di un insegnante che non sia solo un semplice serbatoio di informazioni, “un caporale di giornata” (Freinet, 1949/1966) ma un intellettuale, un ricercatore di nessi capaci di coniugare i valori con i saperi, il dialogo con le responsabilità, di abbattere i muri generati dal- l’incomprensione umana, di riconoscersi nell’altro.

Tutto ciò presuppone una completa ricostruzione del rapporto do- cente/discente che evidenzia l’inattualità di una scuola autocratica e sostiene invece una scuola che, partendo dal fare, arriva alla costruzione del sapere in termini di capacità, accrescendo la motivazione e l’interesse dello stu- dente, valorizzando merito e talenti nello spirito della democrazia.

[...] La scuola deve fare per gli allievi, per quel che riguarda la loro mente, sviluppare la loro capacità di pensare. Il fatto che l’istruzione venga ripartita in base ai differenti fini, che sono: l’acquisizione di certe capacità; l’acquisizione di informazioni, e l’allenamento al pen- siero, è la misura del modo inefficace in cui provvediamo a tutti e tre. Il pensiero non connesso con un aumento di efficienza per l’azione, e con l’imparare un po’ di più su noi stessi e sul mondo nel

quale viviamo, zoppica proprio in quanto pensiero. E l’abilità otte- nuta al di fuori del pensiero non è connessa con alcun senso degli scopi per i quali deve essere adoperata. Di conseguenza essa lascia gli uomini alla mercé delle abitudini che ha contratto, e del controllo autoritario di altri, che sanno quel che fanno e che non sono parti- colarmente scrupolosi sui mezzi che adoperano per riuscire. E l’in- formazione separata dall’azione intelligente è cosa morta, zavorra per la mente (Dewey, 1916/2018, p. 165).

Quindi la scuola deve ricercare in tutto il suo operato di riunificare que- sta triplice dimensione e solo una scuola di tipo laboratoriale consente al- l’allievo di fare esperienze legate al mondo del lavoro e quindi di sperimentare un sapere che è spendibile praticamente trovando un punto di incontro fra il “sapere” (acquisizione di informazioni), il “saper fare” (ac- quisizione di abilità) e il “saper pensare” (allenamento del pensiero).

Ciò è possibile solo se l’umanità rinunciando o, perlomeno, contenendo gli effetti nefasti insiti nella categoria della globalizzazione estrema intrinseca all’attuale epoca storica, recupera la dimensione dell’eticità, riponendo la speranza in un’idea di scuola che “sappia formare persone, uomini e donne, competenti nell’umano” (Elia, 2014, p. 32), che sappia dare risposte ade- guate alle sfide educative del contemporaneo, che accolga la sfida di formare cittadini attivi, consapevoli e informati perché “non può esistere educazione senza democrazia e, parimenti, non può esistere democrazia senza educa- zione” (Spadafora, 2010, p. 39).

Conclusioni

Per affrontare le imperanti emergenze attuali è indispensabile ancorare ul- teriormente lo stretto legame già sussistente fra pedagogia e politica, affin- ché gli ideali comuni convergano in un progetto significativo e di senso.

L’auspicio è quello di ripensare le categorie proprie della formazione per il tramite di un atteggiamento critico-costruttivo, teso alla valorizzazione della razionalità e della progettualità al fine di generare vita comunitaria, intesa come espressione multiforme e armonica di consapevolezza e scelta responsabile con il pieno protagonismo di tutti e tentando di sconfiggere quella che Levi (1986) definisce “zona grigia”, composta appunto da “per- sone grigie, ambigue, pronte al compromesso”. Uomini mediocri che per

interessi particolari e incapaci di riflettere sulle conseguenze delle loro azioni, accettano passivamente qualsiasi condizione. Sicuramente, è la scuola che deve assumere su di sé l’arduo compito di delinearne chiaramente i confini, accogliendo l’educazione alla cittadinanza attiva come baluardo per la costruzione di una democrazia che si qualifica come continua ricerca conoscitiva, politica ed etica e, quindi, in costante revisione e aggiorna- mento. Un continuo e fecondo rapporto, dunque, tra educazione, politica e educazione alla cittadinanza in chiave democratica costantemente sotto- posto al giudizio critico del pensiero riflessivo e permeato dalla luce rige- nerante della più alta e profonda produzione della “Ragione Pratica”, l’Etica, che, insieme alla memoria, costituisce la chiave di volta per la realizzazione di un progetto autenticamente formativo in grado di definire scelte, mo- delli, prassi di un processo educativo che sappia, da un lato, mantenere la continuità sociale garantendo la riproduzione del patrimonio etico-culturale ereditato dalle generazioni precedenti, dall’altro, promuovere il cambia- mento funzionale all’affermazione di un’etica della responsabilità per la ri- generazione dei sistemi democratici.

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Sezione storia della pedagogia e letteratura per l’infanzia

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