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Peculiarità della povertà educativa in termini pedagogic

Maddalena Sottocorno Università di Milano Bicocca

4. Peculiarità della povertà educativa in termini pedagogic

Per rispondere alle domande di ricerca empirica e nel rispetto del fine esplo- rativo dell’indagine, l’analisi dei dati raccolti è stata eseguita adottando un metodo progressivo di costruzione dell’interpretazione, fino ad ottenere un

quadro coerente dei significati sottesi ai materiali di ricerca (Trinchero, 2002). Per ciascuna trascrizione (delle interviste, dei momenti di Clinica della Formazione, dei focus group, dei protocolli osservativi, dei documenti), è stata realizzata una mappa concettuale, “che sedimenta un processo di continua concettualizzazione e riconcettualizzazione” (op. cit., p. 391); suc- cessivamente, utilizzando la mappa come riferimento, la modalità di inte- razione con i testi ha seguito un approccio fenomenologico ermeneutico, con il quale è stata focalizzata l’esperienza vissuta dei partecipanti e si sono costruite delle reti di significato, volte a far emergere la qualità dell’oggetto studiato. L’organizzazione del materiale si è avvalsa dell’utilizzo del software di analisi dei dati NVivo, con il quale è stato possibile raggruppare i testi in categorie ricorrenti.

Per dare conto di una parte di quanto emerso dal confronto con gli ope- ratori, si farà riferimento a due dimensioni interpretative che derivano in particolare dall’analisi delle interviste semi-strutturate.

Una prima dimensione rilevata porta ad inquadrare nella povertà edu- cativa l’insieme delle difficoltà che i genitori riscontrano nell’assumere il proprio ruolo. Questa categoria concettuale emerge trasversalmente a tutte le interviste considerate: da una parte, viene fatto riferimento a quelle fa- miglie che versano concretamente in una situazione di povertà materiale ed economica dalla quale discende una difficoltà concreta nel garantire ai propri figli l’accesso alle risorse utili ad arricchire il loro bagaglio esistenziale; dall’altra, gli intervistati osservano come vi siano delle famiglie in cui non si riscontrano carenze di tipo materiale o relative all’offerta educativa per i propri figli, ma che vivono comunque un disagio nella gestione della prole, dalla primissima infanzia (esempio ne è l’allattamento) fino all’adolescenza (esempio ne è il difficile dialogo e l’abbandono scolastico).

Per quanto riguarda la prima delle due situazioni, i partecipanti sottoli- neano la necessità di attivare una rete territoriale che compensi alcune man- canze, procurando libri e strumenti per la didattica, oppure orientando i genitori verso dei sostegni di tipo economico. Invece, di fronte a famiglie che fanno fatica ad attraversare alcuni passaggi della loro storia, gli operatori sottolineano l’importanza di allestire dei percorsi individualizzati di accom- pagnamento. Richiamando i riferimenti teorici sulla qualità dell’esperienza, queste dimensioni rendono evidente la necessità di predisporre degli inter- venti educativi che siano in continuità con il mondo d’esperienza delle per- sone a cui sono rivolti, evitando così che essi siano percepiti come distanti o eterodiretti.

Una seconda dimensione significativa, rilevata in particolare tra gli in- tervistati che lavorano a scuola, fa riferimento ad un insieme di pratiche formative attuate soprattutto dagli insegnanti, che tendono a considerare solo alcuni bisogni dei minori piuttosto che tenere in conto il loro benessere complessivo. I partecipanti individuano in questo il rischio di trasmettere ai soggetti in formazione soltanto delle nozioni, piuttosto che dare loro degli strumenti per costruire un atteggiamento critico verso il mondo. Come rilevato dalla dirigente di uno degli Istituti Comprensivi coinvolti: “Povertà educativa non significa essere in un territorio di frontiera, ma si- gnifica essere in una scuola che non produce reale cultura, una capacità, come richiesto dalle sette competenze chiave, che è la madre di tutte, ovvero ‘imparare ad imparare’” (intervista 1, p. 5).

Se si riconsidera l’articolazione progettuale, i partecipanti rilevano come le supervisioni e le occasioni formative rivolte alle insegnanti, che mettono in relazione costante il mondo della scuola con quello dei servizi territoriali, agevolando la presa in carico dei minori con particolari fragilità o dando alle insegnanti degli strumenti per rendere la classe un contesto inclusivo, possano contribuire a contrastare questa peculiare fenomenologia della po- vertà educativa. In termini di qualità dell’esperienza, un’azione così strut- turata favorisce la predisposizione di un ambiente in cui i fini e gli scopi dell’azione educativa deliberata si armonizzino tra loro, favorendo lo svi- luppo dell’individuo che altrimenti “è soggetto a contrastanti sollecitazioni, e incorre nel pericolo di venire scisso interiormente, di formarsi diversi cri- teri di giudizio e di emozione per occasioni diverse” (Dewey, 2004, p. 24).

Conclusioni

La ricerca presentata intende indagare il fenomeno della povertà educativa, valorizzando una descrizione qualitativa delle pratiche pedagogiche che ven- gono attuate per contrastarla ed esplicitando i presupposti per una descri- zione contestuale di essa. Lo studio intende inserirsi nel panorama degli interventi che negli ultimi anni hanno dato attenzione al potenziale edu- cativo delle offerte formative territoriali (Dodi, 2019), rilanciando un di- scorso pedagogico che coinvolga l’identità professionale di studiosi e professionisti che a vario titolo si occupano di educazione (educatori, inse- gnanti, pedagogisti, psicologi, consulenti, assistenti sociali).

Attraverso l’analisi di un progetto peculiare, si è inteso offrire ai parte- cipanti un’occasione con la quale riflettere sulla propria pratica, affinché siano sempre più in grado di strutturare esperienze educative davvero ri- spondenti alle dimensioni di privazione che le famiglie affrontano, inter- rogandone la specificità e chiedendosi se si abbia a che fare con una povertà di tipo materiale, didattico, formativo o legata alle fragilità genitoriali, de- finendo un modello peculiare di azione. Queste considerazioni sollecitano all’utilizzo di un metodo per l’agire che sia complesso, contestuale e pro- blematico. Come indicato da Palmieri (2018, p. 97).

Se abbiamo ragione di pensare che l’educazione sia un’esperienza com- plessa, che, nei servizi e a scuola, si concretizza in pratiche professionali spe- cifiche, allora abbiamo bisogno di comprendere in maniera ancora più approfondita cosa significhi adottare una visione del metodo che fa della situazionalità, della processualità e dell’interpretazione i suoi punti cardine. Sono queste le prospettive pedagogiche di un lavoro di ricerca che in- nanzitutto intende predisporre uno spazio riflessivo attorno alla pratica edu- cativa, che ne valorizzi gli aspetti contestuali e connessi con l’ambiente in cui è inserita, per accompagnare i professionisti a contrastare in senso sem- pre più specifico la povertà educativa.

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