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Pratiche di partecipazione e collaborazioni interoganizzative nella comunità Pratiche di partecipazione

RISULTATI ANALISI INTRACASO DELL’ORGANIZZAZIONE 3 (PIEMONTE)

7.2 Livello manageriale

7.2.2.2 Pratiche di partecipazione e collaborazioni interoganizzative nella comunità Pratiche di partecipazione

Solo un intervistato parla di attività di outreach di promozione della salute (un passato progetto di alfabetizzazione sanitaria, organizzato con i mediatori culturali e alla presenza dei “community leader”, su alcuni temi della prevenzione), mentre più strutturali sembrano le attività relative alla partecipazione dei rappresentanti religiosi e alle collaborazioni con altre organizzazioni per svolgere attività di ricerca.

Riguardo alle attività relative alla partecipazione dei rappresentanti religiosi, sono state sviluppate alcune pratiche di consultazione e co-produzione. Si è creato un tavolo di “interlocuzione” che si riunisce una/due volte l’anno per raccogliere bisogni e domande di

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innovazione sui servizi. La rete è pensata anche per diffondere alcune delle iniziative sviluppate (vedi progetto alimentazione). Come attività legate alla partecipazione dei rappresentanti religiosi sono state sviluppate: a) l’assistenza spirituale, b) la costruzione di un luogo di preghiera multireligioso e c) la revisione del regolamento di pulizia mortuaria in ottica di sensibilità ai diversi credo.

L’assistenza spirituale “multireligiosa”. Il servizio di assistenza spirituale “multireligioso” è

nato in seguito alla partecipazione ad un Audit Civico. È stato redatto un protocollo di intesa con i rappresentanti religiosi di alcune religioni definite sulla base di alcuni criteri (n° popolazione e riconoscimento da parte dello Stato Italiano) per garantire il diritto all’assistenza spirituale. Si valorizza, l’utilizzo del servizio da parte degli operatori che fanno riferimento ai rappresentati religiosi in caso di conflitti e che assumono una funzione non solo di assistenza spirituale ma anche di “mediazione religiosa”.

Quello che per noi è stata una risposta invece molto importante è stata da parte degli operatori sanitari perché molti operatori sanitari non sapevano come mediare su alcune posizioni di conflitto tra i regolamenti sanitari e le richieste dei pazienti, cioè un paziente musulmano che ti dice che vuol rispettare il ramadan e non vuole assumere la terapia orale durante il giorno è molto complessa come gestione..(I.2)

Stanza del silenzio. Si valorizza la creazione della stanza del silenzio, cioè un luogo di

preghiera adatto per tutte le religioni, descritto come un locale neutro, privo di simboli religiosi e di “rispetto reciproco e silenzio”. Il setting è stato deciso a seguito di una consultazione, svolta in via preliminare con ogni rappresentante religioso attraverso l’uso dell’intervista e del questionario.

Regolamento della pulizia mortuaria. Un’ulteriore pratica descritta di “mediazione religiosa”

ha riguardato il regolamento della pulizia mortuaria, sviluppato per rispondere ai problemi riscontrati per le differenze religiose nella gestione della salma. Sono state create schede di integrazione al regolamento di pulizia mortuaria con la direzione sanitaria con il coinvolgimento dei rappresentanti religiosi “un grosso lavoro di mediazione tra le regole e le prescrizioni normative e le regole religiose”. Fra i benefici riconosciuti si sottolinea la possibilità di permettere, secondo politiche aziendali, la partecipazione dei famigliari o di personale esterno alla preparazione della salma secondo i diversi credo.

Mentre si valorizza la collaborazione come chiave per sviluppare interventi CC, un tema presentato da alcuni intervistati riguarda le difficoltà di gestire e negoziare le diverse istanze portate dai rappresentati religiosi (“è stato un lavoro certosino e complicato”).

Pratiche di collaborazione interorganizzative (nella comunità, nazionali, internazionali)

Vengono valorizzate le collaborazioni con altre organizzazioni come strumento di innovazione e sostegno in termini di risorse. In particolare, l’azienda ha consolidato un rapporto di collaborazione con due associazioni impegnate sul tema dei diritti della salute delle persone straniera e con alcuni dipartimenti universitari per svolgere attività di ricerca e formazione attraverso convenzioni e protocolli d’intesa. Tramite queste collaborazioni sono stati sviluppati i progetti sul consenso informato e sull’alimentazione.

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L’azienda ha sviluppato un’attività di collaborazione con la rete internazionale HPH, partecipando a gruppi di lavoro dedicati sul tema dell’equità per i migranti. In particolare, si cita l’esperienza di formazione e assessment sull’equità nei servizi sanitari che ha facilitato una visione complessiva delle pratiche implementate e il rafforzamento dei i rapporti con fra gli attori organizzativi dell’azienda impegnati sulla CC. Inoltre, un intervistato cita le attività di cooperazione internazionale sanitaria quale esempio di pratiche volte a favorire l’accesso alle cure a persone provenienti da Paesi esteri.

7.2.3 Supporto organizzativo all’implementazione di pratiche di CC e di equità

Il coordinamento a supporto delle pratiche CC in azienda è descritto come un sistema informale di raccolta di bisogni espressi da parte dei singoli professionisti o da organizzazioni esterne.

Non sono avvertite particolari resistenze al cambiamento; anzi, gli intervistati fanno riferimento alla motivazione del personale rispetto alle tematiche della multiculturalità. In particolare, per facilitare l’implementazione delle pratiche, si ritiene utile la connessione con persone “sensibili” nei servizi. Si riconosce, inoltre il ruolo del supporto delle Direzioni per l’implementazione e innovazione.

Sì quando c’è il bisogno di mettere in piedi un percorso, poi comunque ti rivolgi alle persone che sono più ricettive, anche la direzione generale, quando abbiamo direttori generali ricettivi i progetti vanno avanti più facilmente, per esempio in questo periodo…sì, era rigido lui, poi il riferimento politico non vuol dire niente, il progetto Pass lo ha finanziato Maroni, più leghista (I.2)

Alcune pratiche CC sono diffuse nei servizi con un sistema a “cascata” (es. lettera ai direttori di struttura sul progetto del consenso informato) anche se si riconoscono possibili barriere legate alle dimensioni organizzative. Per altri interventi (i.e marchio Halāl) si sta progettando una ricerca per valutare la percezione di tale strategia fra il personale dell’azienda e possibili stakeholder, poiché si percepisce il rischio di polemiche sui media e conseguenze negative in termini di immagine interna ed esterna.

Al momento attuale sono riportate alcune criticità al supporto della CC nell’organizzazione che riguardano da una parte le risorse economiche destinate alla mediazione culturale e, in generale, agli interventi sul tema CC, dall’altra le risorse in termini di personale dedicato al coordinamento sugli interventi CC. Emerge, quindi, il bisogno di maggior supporto per coordinare i progetti e per dare sistematicità agli interventi. Alcuni hanno sottolineato come uno sviluppo di attività di monitoraggio e valutazione secondo standard definiti possa essere utile alla progettazione - per mettere a sistema pratiche implementate già in modo informale- o, per altri, come forma di certificazione (pubblica) al fine di stimolare il commitment organizzativo.

Adesso negli ultimi anni abbiamo di nuovo una riduzione del 10%, quindi è difficile, loro fanno il miracolo… Il problema è che, io prima quando parlavo della struttura intendevo sarebbe bello se ci fossero delle persone dedicate che si occupano solo di quello, il limite sarebbe che poi magari rischiamo di confinare tutto quanto e di non portare avanti le cose, perché ovviamente

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ognuno si occupa di tante altre cose….se ci fossero delle risorse in più si potrebbero fare ancora più progetti…io per alcuni progetti mi devo anche appoggiare ad una fondazione esterna (I.2)

7.2.4 Il sistema regionale e il contesto sociale e politico

I partecipanti citano aspetti positivi e di criticità in relazione al ruolo delle politiche regionali nell’implementazione di pratiche CC e alla dimensione politica legata al tema dell’immigrazione. Viene valorizzato l’impegno della Regione espresso nel mandato dato all’Azienda di coordinare l’implementazione di pratiche sul tema dell’alimentazione multiculturale e dell’assistenza religiosa in tutta la Regione e nella redazione di una “Guida ai Servizi per Migranti ” (2016-2017) per gli operatori socio-sanitari, a cui l’azienda ha collaborato attraverso la consulenza di un ex dipendente. Un altro intervistato riconosce un passato impegno della Regione per rispondere al problema delle disuguaglianze non mantenuto nel tempo.

Ci sono stati dei tentativi, anche forti, da parte della amministrazione per ridurre le disuguaglianze di acceso, che spesso non hanno dato i risultati che uno sperava, i centri ISI sono nati per ridurre la disuguaglianza perché nascono come centri clinici di appoggio sanitario..è sempre il limite italiano.. in questo momento sono stati depauperati di ogni tipo di risorsa (I.6)

Il collegamento con il sistema regionale è risultato importante, in passato, per implementare alcuni progetti in azienda e si descrive lo sforzo di advocacy, attraverso i dati, per ottenere risorse. Ma una barriera riguarda la dipendenza del commitment delle direzioni generali dall’orientamento politico in Regione e si riporta la passata interruzione al coordinamento sulle attività CC in seguito a cambiamenti politici negli assessorati regionali. Altri intervistati parlano invece del rischio delle polemiche secondo la logica del “favoritismo” che possono sorgere nell’implementazione di interventi che riguardano la CC e le persone straniere.

L’ospedale di Lodi aveva fatto delle agevolazioni per i pazienti arabi…con polemiche...perché loro hanno questo trattamento di favore mentre cioè…gliel’ho inviato apposta.. (I.1)

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7.3 Livello del Servizio: il contesto

Sono qui presentati i dati raccolti attraverso le interviste a parte del servizio del pronto soccorso per le vittime di violenza, indicato come contesto di buone pratiche CC all’interno dell’azienda. Il servizio offre assistenza sanitaria, psicologica, sociale, a donne e ragazze che hanno subito violenza sessuale e/o maltrattamenti in gravidanza. L’accesso può avvenire in modo diretto tramite pronto soccorso o su invio da parte di altre Istituzioni o Servizi sanitari. L’équipe è costituita da ostetriche, medici ostetrico/ginecologi, infermiera, assistente sociale, psicologhe.

La sede del servizio è collocata in un comune con una popolazione straniera residente di oltre 130 000 persone. Le prime 5 nazionalità maggiormente rappresentate sul totale della popolazione residente erano al momento: Romania, Marocco, Perù, Cina, Albania.

7.4 Livello middle management

Sono di seguito presentati i risultati raccolti tramite intervista faccia-a-faccia svolta con il Responsabile del servizio, suddivisi nelle 4 sezioni principali evidenziate.

7.4.1 Commitment organizzativo e principi a sostegno della CC e sensibilità alle differenze

7.4.1.1 Priorità attribuita alla CC, leadership, piano strategico

Si riconosce all’azienda una sensibilità e un investimento per rispondere ai bisogni delle persone di origine straniera espresso attraverso la presenza della mediazione culturale, mentre non sono evidenti strutture formalizzate di coordinamento sul tema o piani strategici definiti. Quale recente politica aziendale si citano le procedure per il riconoscimento della minore età per gli stranieri richiedenti asilo.

Il servizio, da sempre a contatto con un’alta percentuale di utenza straniera e attento all’uso della mediazione, ha sviluppato recentemente un impegno specifico al tema della salute degli stranieri occupandosi della presa in carico delle persone vittima di tortura e della tratta richiedenti asilo. Tale impegno viene portato avanti anche a livello regionale, grazie al ruolo di coordinamento regionale sul tema della violenza. All’interno dell’organizzazione il servizio viene descritto come avente un ruolo di “sensibilizzatore”, ovvero di esempio e di diffusione di una cultura sensibile ai temi della salute delle persone di origine straniera.

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7.4.1.2 Significati attribuiti alla CC: approccio alla diversità e approccio strategico e professionale

Diversità e problemi di salute dei migranti

Nel corso dell’intervista è raccontato come negli ultimi anni, con il cambiamento dei flussi migratori, sia aumentata la percentuale di persone con un percorso di richiesta di asilo, mentre in modo stabile ci sia un’alta presenza di donne straniere (quasi la metà delle prese in carico), di cui in maggioranza donne della “comunità” rumena. Si differenzia, quindi, fra utenza italiana, “straniera” e “migrante”, richiedente asilo, quest’ultima percepita come differente per gli specifici problemi di salute relativi all’esperienza migratoria, alle torture o al fenomeno della tratta.

Anche di vissuti traumatici che non è che le donne vittime di violenza non migranti non abbiano, ma non hanno di quella portata lì, soprattutto nell'ambito della tortura (I.7)

La diversità culturale e linguistica sono dimensioni richiamate per descrivere i bisogni particolari delle persone di origine straniera e le difficoltà della pratica clinica. La differenza linguistica sembra percepita come il problema più evidente e grave, in assenza della mediazione linguistica per la comunicazione medico-paziente. Un problema specifico riscontrato legato alla condizione migratoria è la “mobilità” di alcune donne che nel corso del tempo possono cambiare città o regione rendendo la presa in carico più complessa. Non è fatto riferimento ad ulteriori fattori di differenza nella presa in carico (riferendosi ai dati raccolti dal servizio) e si sottolineano le difficoltà riscontrate per le donne italiane che hanno problematiche sociali.

Approccio strategico e alla pratica clinica

Nel descrivere le pratiche professionali e del servizio vengono esplicitati alcuni valori chiave che possono rendere il servizio capace di rispondere ai bisogni di salute delle persone straniere in un’ottica di equità. L’approccio delineato sembra richiamare, facendo appello ai valori del SSN, i principi dell’universalismo e della non discriminazione, ponendo al centro il concetto di persona, indipendentemente dalle appartenenze sociali. L’approccio strategico è descritto secondo una prospettiva multilivello che parte dai valori professionali della non-discriminazione per prendere in considerazione il supporto organizzativo fornito dalla mediazione culturale e dell’équipe interdisciplinare e quello fornito dalla rete con il territorio e i servizi di base (vedi prossimo paragrafo).

Il punto chiave fondamentalmente è l’accoglienza. Cioè essere capaci di accogliere qualsiasi persona, indipendentemente da come è fatta e dal colore della pelle. Uno, due la capacità di avere una buona rete di base, di supporto, che parte da dentro il posto di lavoro quindi appunto come avevamo detto con la mediazione, con gente che si occupa in maniera specifica di aiutare dal punto di vista linguistico a parlare della propria salute. Tre, il fatto di aver una buona rete territoriale. (I.7)

L’approccio alla pratica clinica sembra fondarsi, in primis, sul riconoscimento della violenza e maltrattamento come un tema sanitario e sulla capacità di riconoscere gli indicatori di tratta. In

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particolare, per le persone di origine straniera, la pratica clinica si fonda sull’assenza di stereotipi e sulla conoscenza culturale e di provenienza delle persone afferenti al servizio. Al centro dei valori che sostengono la pratica clinica sembra esserci la sensibilità agli aspetti traumatici legati alla violenza fisica che configurano l’atto medico e sanitario simbolicamente come un atto di cura e accudimento “anche perché abbiamo il bisogno di restituire un po’ l'integrità fisica, soprattutto l'integrità in chi è violata, l’integrità fisica generale, non solo genitale”.

7.4.1.3 Le strategie di implementazione di cambiamenti organizzativi: strategie di planning e monitoring

Riguardo alle strategie di pianificazione e monitoraggio, come attività utile a monitorare l’andamento del servizio, si è sviluppata una pratica di raccolta e analisi dei dati, svolta da una delle ostetriche, sugli accessi e sull’analisi delle cartelle, attraverso la quale viene registrata la provenienza delle donne. L’analisi dei dati viene considerata importante, inoltre, ai fini dell’attività di ricerca, di pubblicazione e di formazione.

7.4.1.4 Le strategie al sostegno della partecipazione dell’utenza e della comunità

La partecipazione è intesa come collaborazione e creazione di relazioni di scambio e supporto con le organizzazioni e istituzioni del territorio negli ambiti sanitario, sociale e della giustizia. La partecipazione così concepita è considerata elemento costitutivo dell’organizzazione del servizio capace di aumentare la capacità della presa in carico da parte dei servizi e del singolo operatore. Infatti, il tema della salute delle persone straniere e della violenza sembra richiedere, per un’efficacia della risposta, la collaborazione fra più organizzazioni.

È un puzzle, tutte le tesserine a un certo punto andranno, no a formare un disegno, ma se tu queste tessere non le colleghi mai, come fai a formare sto benedetto puzzle? Non ce la fai, e poi è un lavoro che non si fa da soli eh, mai, mai, non è possibile farlo da soli. Però ti aiuta [la rete] in questo no, sennò sei solo, io credo che questo preciso argomento: violenza, maltrattamento e migrazione, ma in generale sulle donne straniere, in generale, è la mancata collaborazione che crea i danni. (I.7)

7.4.2 Le pratiche nell’erogazione dei servizi e nella promozione della salute

Il servizio svolge la propria attività di assistenza alle donne vittime di violenza attraverso un servizio di reperibilità h24 e un servizio ambulatoriale su appuntamento. Esiste un’équipe “fissa” costituita da alcune figure professionali (ginecologiche, ostetriche, assistente sociale e psicologa) e in aggiunta ulteriori ginecologhe che turnano per la reperibilità h24. Sono sviluppate pratiche organizzative che hanno revisionato processi e strutture interne, pratiche di collaborazione con altri dipartimenti e di collaborazioni interorganizzative, fra le quali alcune specifiche per rispondere ai bisogni sanitari di persone richiedenti asilo (vedi Tab. 18).

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7.4.2.1 Le pratiche di sviluppo dei processi e strutture “interne”

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