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Le strategie di implementazione di cambiamenti organizzativi: strategie di planning e monitoring di CC

RISULTATI ANALISI INTRACASO DELL’ORGANIZZAZIONE 3 (PIEMONTE)

7.2 Livello manageriale

7.2.1.2 Le strategie di implementazione di cambiamenti organizzativi: strategie di planning e monitoring di CC

Quali strategie alla base dello sviluppo di pianificazione e monitoraggio di interventi CC in azienda sono citate l’attività di raccolta dati sugli accessi, lo sviluppo di ricerche ad hoc su processi assistenziali e la gestione amministrativa del servizio di mediazione che ha richiesto recentemente l’apertura di un nuovo capitolato di gara.

Come attività di monitoraggio dei bisogni all’interno dei servizi, uno dei presidi ospedalieri dell’azienda raccoglie dati sulle degenze analizzando sistematicamente i dati anagrafici relativi alle prestazioni ambulatoriali e di ricovero (cittadinanza e residenza), mentre per pianificare interventi CC si cita la possibilità di sviluppare “indagine specifiche” a supporto della pianificazione o progettazione di interventi, come funzione collegata all’URP.

7.2.1.3 Le strategie al sostegno della partecipazione dell’utenza e della comunità

Le strategie di partecipazione che riguardano l’utenza straniera sono descritte come un’attività non ancora strutturale e centrale. Il tema della partecipazione riguarda la co-progettazione di interventi con rappresentanti religiosi, la valutazione dei servizi da parte dell’utenza o da parte di associazioni di pazienti e la collaborazione con le associazioni di volontariato.

La partecipazione alla progettazione e pianificazione dei servizi delle persone di origine straniera o dell’associazionismo appare un’attività strutturata sul tema della multireligiosità, attraverso il protocollo di intesa con i Rappresentanti Religiosi del comitato cittadino interfedi. Quali strutture organizzative a favore della partecipazione dell’utenza vengono citate la “conferenza di partecipazione”, il coordinamento con le associazioni di volontariato e l’analisi dei reclami svolti dall’Ufficio URP. L’azienda, in aggiunta, ha partecipato in modo strutturale agli audit civici svolti da associazioni (Cittadinanza Attiva, Tribunale del Malato). Pur non avendo un focus specifico sui temi CC, sia l’analisi dei reclami che la partecipazione ad audit civici sono considerati strumenti per l’avvio di pratiche innovative, in un’ottica multiculturale.

Diciamo che tutte queste iniziative partono alla base su richieste dei servizi direttamente, dall’analisi dei reclami perché comunque l’ufficio relazioni con il pubblico tra le varie attività core, core business, c’è proprio anche la raccolta dei reclami. (I.2)

Riguardo alla composizione delle associazioni di volontariato che collaborano in azienda, si descrive quale sviluppo positivo al sostegno all’integrazione sociale nell’ospedale, il recente protocollo di intesa stipulato con un’associazione di giovani di religione islamica per svolgere attività di volontariato e animazione in alcuni reparti ospedalieri.

7.2.2 Le pratiche nell’erogazione dei servizi e nella promozione della salute

L’organizzazione ha sviluppato pratiche volte alla riduzione della barriera linguistica e culturale e al rispetto della diversità religiosa. Per migliorare la qualità dell’assistenza e rispondere ai “diversi bisogni” ha sviluppato pratiche su due assi: pratiche di sviluppo dei processi e strutture interne e pratiche di partecipazione quali la collaborazione con i rappresentanti religiosi e le

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collaborazioni interorganizzative a livello regionale e nazionale e internazionale, come rappresentati in Tab. 17.

Tabella 17. Sintesi delle pratiche CC sviluppate

Le pratiche nell’erogazione dei servizi e nella promozione della salute 1. Mediazione culturale e riduzione della barriera linguistica-culturale

a. Traduzione Materiale scritto b. Traduzione Materiale sonoro c. Consenso informato 2. Triage multiculturale 3. Formazione 4. Alimentazione a. Menù Halāl b. Certificazione Halāl c. Menù mulitireligioso

Le pratiche di partecipazione e collaborazioni interorganizzative nella comunità 1. Tavolo di consultazione rappresentati religiosi

a. Regolamento pulizia mortuaria b. Alimentazione

c. Stanza del silenzio d. Mediazione Trapianti

2. Pratiche Outreach: Intervento di alfabetizzazione sanitaria 3. Partnership con stakeholder locali per ricerca

4. Partnership con reti nazionali internazionaliCooperazione internazionale

7.2.2.1 Le pratiche di sviluppo dei processi e strutture “interne”

La mediazione culturale e la riduzione della barriera linguistico-culturale

La mediazione culturale, presente tramite appalto ad una cooperativa, è presentata come la pratica centrale e storica dell’organizzazione attraverso cui si sono sviluppati diversi progetti negli anni. In particolare, un intervistato cita, quale punto di svolta, la partecipazione ad un progetto nazionale (coordinato dall’Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti ed il contrasto delle malattie della Povertà - INMP) finalizzato alla formazione e all’inserimento nei servizi della figura del mediatore.

Attualmente, l’azienda ha strutturato un servizio di mediazione con presenza fissa dei mediatori per le lingue prevalenti (araba, albanese, cinese e russa) in due presidi ospedalieri, e a chiamata per quelle meno diffuse. Con l’ultima gara d’appalto è stata richiesta anche la mediazione di lingua nigeriana. I mediatori culturali svolgono diverse funzioni in azienda: sono coinvolti in esperienze formative, in attività di traduzione di materiale scritto, in parte inserito sul sito aziendale, e sonoro – es. istruzioni per l’uso di alcuni macchinari - e nella pratica clinica (vedi

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par. successivo). Un’intervistata sottolinea la funzione di intermediazione per le pratiche relative al rilascio della tessera STP, in aggiunta alla funzione di supporto alla comprensione culturale e linguistica, definendo la mediazione come un’attività socio-culturale:

Si chiama mediazione socio-culturale perché mediano tra la struttura ospedaliera, le leggi italiane, la prefettura e mediano con gli assistenti sociali, mediano tutta una serie di istituzioni perché spesso se viene qui una persona che non ha il permesso di soggiorno, che comunque va curata, media anche con gli assistenti sociali con la prefettura ecc in modalità operative su come fare e come fare a incanalare in un percorso legale, riconosciuto dallo stato italiano, il percorso di cura. (I.1)

Un altro intervistato, invece, mette in evidenza il rischio di un coinvolgimento marginale del mediatore per la qualità della presa in carico e la necessità di considerare il suo ruolo come parte integrante dell’équipe.

Quando discuti il caso di un paziente migrante, straniero, lì ci deve essere il mediatore culturale, deve fare parte dello staff con i medici, è inutile che viene chiamato in maniera spuria, quando i giochi sono fatti, e gli metti in mano una cosa di cui lui non sa assolutamente che cosa sia…per cui la mia lotta, la nostra lotta forte era quella di fare in modo che i mediatori culturali venissero riconosciuti professionisti. (I.6)

Sono emerse anche alcune criticità collegate al servizio di mediazione: da una parte alcuni hanno messo in evidenza una difficoltà nel coprire il fabbisogno dei servizi, dall’altra un intervistato rileva una criticità nell’esternalizzazione del servizio di mediazione che non pare del tutto tutelarne la qualità, e si cita il tentativo fallito di istituzionalizzazione del mediatore come personale interno dell’azienda, nonostante lo sviluppo di un’attività di analisi per raccogliere evidenze sull’efficacia della mediazione.

Consenso informato e triage multiculturale in Pronto-Soccorso

Sono in corso di implementazione le pratiche sviluppate riguardanti il consenso informato, per le persone con particolari bisogni linguistici, tema su cui l’azienda aveva investito in passato. Il progetto attuale nasce da accordi fra AGENAS, Cittadinanza attiva e Ministero Della Salute, per i progetti di Empowerment, e su iniziativa Regionale.

L’azienda ha sviluppato alcuni moduli specifici di consenso informato, previsto il coinvolgimento del mediatore linguistico culturale al processo clinico e una fase di monitoraggio.

Inoltre, a seguito di una formazione con gli operatori del pronto soccorso, e su richiesta dei mediatori dell’azienda, si sta lavorando all’implementazione dell’uso di materiale multilingua costruito ad-hoc per il triage, per la quale si prevede di attuare una fase di sperimentazione e, in accordo con le Direzioni, di estendere l’adozione dello strumento a tutta l’azienda.

Formazione

La formazione per sviluppare competenze culturali per il personale viene presentata come una pratica altamente istituzionalizzata e richiesta. Negli ultimi tre anni è stato attivato un corso di formazione rivolto al personale di tutta l’azienda con l’obiettivo di sviluppare conoscenze sui

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servizi relativi alla mediazione culturale, sull’approccio multiculturale e sul ruolo della cultura per la salute e la malattia, attraverso una metodologia esperienziale.

La cosa che mi piace, è che vabbè ci sono molte simulazioni, molte cose carine, e noi li facciamo mangiare nel senso che lavoriamo molto sul riflettere sulle differenze culturali, non soltanto rispetto ai paesi di provenienza degli stranieri, ma anche sulle nostre differenze culturali, perché molti si aspettano di uscire da quel corso con una cassettina degli attrezzi e invece escono con più domande di quando sono entrati… (I.2)

Le pratiche sembrano fare riferimento in modo compresente ad un approccio categoriale e “cross-culturale”. Mentre la formazione aziendale ha lo scopo di sviluppare competenze riflessive sulla differenza culturale (“non ci sono cassette degli attrezzi”), si citano altre esperienze formative ad hoc (una per operatori del P.S, una per i servizi legati alla salute della donna) che hanno coinvolto i mediatori culturali in qualità di formatori, con l’obiettivo di “illustrare quali possono essere le esigenze delle varie culture e dei pazienti” e di descrivere le diverse modalità di accesso e le diverse rappresentazioni culturali legate alla salute.

L’alimentazione multiculturale

C’è un attuale investimento relativo all’alimentazione in un’ottica multiculturale, in continuità con un passato progetto di ricerca. Attualmente, il coordinamento sul progetto alimentazione non è solo aziendale, ma si sviluppa anche a livello Regionale. É finalizzato alla produzione di linee-guida sugli alimenti prescritti nei diversi gruppi religiosi e alla proposta nelle mense ospedaliere di un menù multi-etnico e multireligioso. Quest’ultimo è stato pensato, in seguito ad un’analisi di buone pratiche, come un menù fruibile da tutta l’utenza, dal quale sono stati esclusi tutti gli alimenti proibiti nei diversi credo religiosi, in un’ottica di efficienza ed integrazione sociale. Attualmente l’azienda prevede un menu ḥalāl, ma si riconosce la difficoltà di proporre menù personalizzati da parte del personale ospedaliero. È in corso di valutazione lo sviluppo di un marchio ḥalāl, che potrebbe da una parte rendere più accettabile il menù all’utenza, assicurandone la validità del prodotto, dall’altra favorire un’immagine positiva presso gli investitori internazionali (si fa riferimento al TIEF, forum di economia islamica che potrebbero essere coinvolto nella futura riorganizzazione aziendale).

7.2.2.2 Pratiche di partecipazione e collaborazioni interoganizzative nella comunità

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