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La prova scritta ed i risultati

5.2 Valutazione dell’efficacia dell’intervento

5.2.1 La prova scritta ed i risultati

Esercizio 1

Si lanciano due dadi non truccati. Considera gli eventi: A = “esce 3 sul primo dado”,

E1 = “la somma dei due numeri usciti `e 7”.

• Verificare se i due eventi A ed E1 sono indipendenti.

Considera ora l’evento E2= “la somma dei due numeri usciti `e 5”.

• Verificare se i due eventi A ed E2 sono indipendenti.

Nel primo esercizio venivano proposte due coppie di eventi, e si chiedeva di verificare se fossero indipendenti o meno. La richiesta era dunque quella di controllare se valessero le uguaglianze:

P(A) · P(E1) = P(A ∩ E1),

P(A) · P(E2) = P(A ∩ E2).

(5.27)

Questo esercizio era volto quindi a verificare la comprensione della definizione di probabilit`a di un evento, della trasformazione di un evento nell’insieme dei suoi esiti favorevoli, della gestione di combinazioni di eventi (in questo caso l’interpretazione dell’intersezione come congiunzione), e della definizione formale di indipendenza di eventi.

In generale il calcolo di P(A), P(E1) e P(E2) non ha presentato problemi (tranne

nei pochi casi di chi ha calcolato P(E1) come se fosse P(E1|A), cio`e assumendo A

per vero). La problematica principale `e stata la verifica dell’indipendenza: per la prima coppia di eventi 11 studenti sui 19 totali hanno calcolato P(A ∩ E1) come

prodotto tra P(A) e P(E1), assumendo quindi gi`a in partenza l’indipendenza degli

eventi. Solo in 8 su 19 hanno avuto chiaro il procedimento da seguire, calcolando a parte P(A ∩ E1) e verificando l’uguaglianza senza assumerla in partenza. Per

chi lo ha svolto a parte, il calcolo della probabilit`a delle due intersezioni non ha riservato particolari difficolt`a: in alcuni casi `e stato effettuato attraverso la completa elencazione di tutte le coppie di esiti possibili, individuando quelle favorevoli, in altri casi considerando che A ∩ E1 corrisponde necessariamente a “A e esce 4 sul secondo

dado”, dunque alla sola coppia (3,4) sulle 36 totali. Inoltre 5 studenti (di cui 2 tra quelli che hanno verificato correttamente l’indipendenza della prima coppia), hanno sorvolato sulla seconda coppia sostenendone l’indipendenza con l’affermazione che la verifica sarebbe stata analoga, non tenendo conto che sarebbe cambiata P(E2)

rispetto a P(E1), essendoci solo 4 casi su 36 che danno somma 5, contro i 6 che danno

somma 7.

A nostro parere la difficolt`a nella verifica della definizione formale di indipendenza testimonia il fatto che per gli 11 studenti che hanno implicitamente assunto l’ugua- glianza, quella formale non abbia tanto valore di definizione/caratterizzazione quanto ne ha quella intuitiva. `E possibile cio`e, che il fatto che si consideri l’uguaglianza P(A ∩ B) = P(A) · P(B) non come vera e propria definizione di indipendenza, cio`e rappresentazione matematica di quella intuitiva per cui “si vede a priori” se due eventi sono indipendenti, ovvero se il verificarsi o meno dell’uno modifica le probabilit`a dell’altro o viceversa, ma come una propriet`a preesistente o comunque slegata da essa. C’`e anche da ricordare il fatto che esercizi che propongono la verifica di una definizione non sono all’ordine del giorno per una classe quarta.

In ogni caso da questo possiamo ricavare un primo accorgimento da prendere in considerazione per la prima lezione: spesso a lezione, ma anche nei libri di testo c’`e

questa circolarit`a: noi sappiamo che due eventi sono indipendenti (in senso “naif”), ci appare chiaro e dunque partiamo da questa considerazione intuitiva (a priori) per risolvere esercizi. Cio`e ribaltiamo la definizione, diciamo “quegli eventi sono indipendenti quindi P (A ∩ B) = P (A)P (B)” invece che ”P (A ∩ B) = P (A)P (B) quindi A e B sono eventi indipendenti”. Introduciamo cio`e una circolarit`a in maniera quasi inconsapevole. Questo sottolinea due aspetti dal punto di vista didattico. In generale, che nei conflitti cognitivi generati da scelte didattiche di solito nello studente prevale quello che appare come meno formale. In particolare, in questo caso, la delicatezza della probabilit`a elementare porta anche noi a scivolare sul piano informale e intuitivo, piano che sappiamo (lo abbiamo visto in tutto il lavoro) pu`o essere fuorviante. La differenza tra l’esperto e lo studente `e che l’esperto scivola su questo piano avendo il controllo della situazione (soprattutto quando sa che i due piani - formale e intuitivo - non entrano in conflitto), ma lo studente questa consapevolezza non ce l’ha. L’attenzione didattica dunque dovrebbe essere particolarmente alta in questi frangenti.

Esercizio 2

Il secondo esercizio presentava una serie di sei “vero o falso”, ognuno dei quali richiede- va una motivazione scritta. I primi tre erano volti all’individuazione dell’indipendenza o meno di coppie di eventi, stavolta non necessariamente attraverso la definizione formale, ma anche attivando la propria definizione intuitiva di indipendenza. Le successive tre invece volevano indagare la comprensione di base della legge dei grandi numeri. Il nostro interesse si focalizza soprattutto sulle motivazioni, in quanto dietro alle sole risposte “vero” o “falso”, che danno solo un parametro 0 o 1, capita che si nascondano bassa comprensione in casi di risposte corrette, o buon livello di comprensione in casi di risposte sbagliate.

1. Estrazione del Superenalotto (dunque senza reimmissione): gli eventi

A = “il primo numero estratto `e pari”, B = “il secondo numero estratto `e dispari”

sono indipendenti.

In questo caso c’`e stato grande accordo nel ritenere gli eventi non indipendenti: 17 contro 2. Tutti i 17 hanno motivato la risposta col fatto che la non reimmissione fa cambiare le probabilit`a di B a seconda del fatto che A si verifichi o meno. Tra questi, in 9 sono stati ancora pi`u precisi calcolando le due diverse probabilit`a di B in dipendenza dall’esito di A. Dei due che invece hanno ritenuto gli eventi indipendenti, uno ha motivato semplicemente con “A non influenza l’estrazione di B” ripetendo pi`u o meno quella che per lui/lei `e la definizione intuitiva di indipendenza, l’altro con il fatto che “l’indipendenza `e data dal fattore senza reimmissione”, dando quindi interpretazione contraria a quella corretta alla non reimmissione (forse in questo caso ci pu`o esser stata confusione tra i significati di reimmissione e non reimmissione). In ogni caso, nel contesto di gioco piuttosto standard proposto dall’esercizio, in generale la classe ha dimostrato di saper riconoscere con sicurezza, motivandola correttamente, l’indipendenza o meno degli eventi.

2. In una singola giocata al gratta e vinci, gli eventi

A = “trovo un premio”,

B = “trovo un premio da 10 euro”

sono indipendenti.

La seconda affermazione, sempre relativa ad un contesto di gioco, ha dato risultati pi`u vari: 13 hanno optato per la non indipendenza, 6 per l’indipendenza. Tra coloro che hanno scelto la non indipendenza, 5 hanno riconosciuto l’implicazione diretta B ⇒ A, in diversi modi: uno studente ha riconosciuto che A ∩ B = B e ha utilizzato la definizione formale (si ricordava i valori di P(A) e P(B) visti a lezione); il secondo ha

affermato che se A non accade P(B) = 0; il terzo ha disegnato B come sottoinsieme di

A in un diagramma di Venn; il quarto ha affermato che “se A non accade sicuramente B non pu`o accadere”; il quinto, similmente, che “se non trovo neanche un premio non posso trovarne uno da 10”.

Altri 3 hanno motivato la non indipendenza non riconoscendo l’implicazione, ma con la pur giusta osservazione che l’avverarsi di A va ad incrementare P(B), poich´e si eliminano i biglietti non vincenti.

Degli altri 5 che hanno scelto la non indipendenza: 2 non hanno motivato; 2 hanno motivato erroneamente, il primo dicendo che “sono dipendenti perch´e hanno probabilit`a diverse”, il secondo che “nella singola giocata, se vinco un premio non vinco il premio da 10 euro”; uno ha motivato in modo fantasioso confondendo “trovare un premio” con “vincere”, sostenendo che in realt`a A fosse l’evento “trovare ≥ 10

euro”, e pertanto A e B dovevano essere dipendenti.

Dei 6 che hanno optato per l’indipendenza: 4 hanno motivato semplicemente con la definizione intuitiva di indipendenza; uno ha affermato che “trovare un premio (evento A) non implica in nessun modo il fatto di poter vincere 10 euro (evento

B)”, quasi riconoscendo un ordine tra i due eventi, come se dovesse essere per forza

il secondo a “dipendere” dal primo per avere la non indipendenza; uno ha trovato difficolt`a ad interpretare il fatto che si prendesse in considerazione una singola giocata, affermando che “sulla singola giocata non ho modo di togliere biglietti vincenti/perdenti e quindi di modificare le probabilit`a”. In questo ultimo caso probabilmente la giocata al gratta e vinci `e stata considerata (anche giustamente, dato che i biglietti sono in numero prefissato) come un’estrazione senza reimmissione (di un biglietto) dall’insieme di tutti i biglietti stampati e, sulla scia del “vero o falso”

precedente in cui eventi relativi a due estrazioni consecutive non erano indipendenti, essendo gli eventi in questione relativi stavolta alla singola “estrazione” sono stati considerati erroneamente indipendenti per contrapposizione.

Possiamo affermare quindi che questa secondo “vero o falso” abbia messo in luce che non vi sia, da parte di alcuni, una particolare dimestichezza nel determinare

l’indipendenza o meno di eventi in un contesto meno convenzionale (in questo caso ancora di gioco, ma nella situazione estrema in cui un evento implica l’altro). Per far fronte a ci`o riteniamo sia opportuno integrare la prima lezione con una carrellata di esempi di eventi indipendenti e non indipendenti, da cui far scaturire anche l’osservazione riguardante il caso estremo in cui un evento implica l’altro. Inoltre, un altro punto su cui pu`o essere opportuno soffermarsi `e nell’evidenziare che nella definizione intuitiva di indipendenza non vi `e alcuna gerarchia tra i due eventi presi in considerazione: basta che il verificarsi o meno di uno qualsiasi dei due modifichi le probabilit`a dell’altro.

3. Gli eventi

A = “oggi `e il 12 novembre”,

B = “oggi la temperatura massima `e inferiore a 20 gradi”

sono indipendenti.

Nel terzo “vero o falso”, che proponeva invece un contesto non di gioco ma pi`u esotico, 12 hanno optato per la non indipendenza e 7 per l’indipendenza. Dei 12 che hanno scelto la non indipendenza soltanto uno non ha motivato, mentre gli altri 11 hanno riconosciuto giustamente che il verificarsi di A rende quasi certo l’evento

B, che non lo sarebbe a priori. Da sottolineare che lo studente che al “vero o falso”

precedente aveva sbagliato avendo dato una gerarchia ai due eventi, qui ha sostenuto la non indipendenza affermando che “A implica B”, a parziale conferma del fatto che sia perfettamente in grado di riconoscere l’implicazione, ma che nella sua mente questa debba necessariamente essere dal primo evento al secondo: supponiamo che anche qua, se A e B fossero stati scambiati, avrebbe commesso lo stesso errore del “vero o falso” precedente.

Un altro errore interessante `e stato commesso da uno degli studenti che ha scelto l’indipendenza, motivandola col fatto che “se A `e vero `e molto probabile che anche l’evento B si verifichi, tuttavia il verificarsi di A non implica necessariamente il verificarsi di B, quindi sono indipendenti”. In questo caso la non indipendenza `e

considerata solo nella sua declinazione estrema, in cui un evento `e implicato dall’altro. I restanti 6 che hanno scelto l’indipendenza, hanno tutti motivato semplicemente citando la propria definizione intuitiva di indipendenza di eventi.

Pi`u o meno allo stesso modo di quello precedente, questo “vero o falso” ci porta di nuovo a ritenere di poter migliorare la prima lezione attraverso l’aggiunta di qualche esempio concreto di eventi indipendenti e non, ed inoltre ha evidenziato un’ulteriore aspetto su cui concentrarsi: non `e vero che se non vi `e un’implicazione tra i due eventi allora sono indipendenti, infatti l’implicazione `e solo la versione estrema della non indipendenza, di cui per`o esistono molte sfumature intermedie.

Passiamo ora ai “vero o falso” relativi alla legge dei grandi numeri.

4. Se dopo 30 lanci di una moneta abbiamo ottenuto il 60% di teste ed il 40% di

croci possiamo dedurre che molto probabilmente la moneta `e truccata.

5. Dopo 3000 lanci di una moneta non truccata la differenza tra teste e croci sar`a quasi certamente piccola.

6. Dopo 3000 lanci di una moneta non truccata la frequenza di teste e di croci

sar`a probabilmente vicina al 50% e 50%.

Nel primo in ben 17 hanno risposto correttamente “falso”, ed in 2 “vero”. La motivazione di chi ha scelto “falso” `e stata unanime: 30 lanci sono troppo pochi per giungere ad una tale conclusione. In molti hanno anche precisato che l’affermazione sarebbe stata vera per la legge dei grandi numeri se la serie di lanci fosse stata molto lunga. I due che hanno scelto “vero” invece hanno motivato col fatto che se fosse stata non truccata avrebbero dovuto ottenere risultati pi`u vicini al 50% e 50%, curiosamente senza per`o chiamare in causa la legge dei grandi numeri.

Nel secondo di questi “vero o falso” invece ci sono stati risultati sorprendenti: solo 4 hanno risposto “falso” (motivando correttamente che la differenza pu`o anche essere alta, senza che sia violata la legge dei grandi numeri), mentre gli altri 15 hanno risposto “vero”, motivando che ci`o fosse una conseguenza della legge dei grandi numeri. C’`e tuttavia da segnalare che alla terza lezione (quella d’approfondimento sui

dettagli della legge dei grandi numeri), era presente solo met`a della classe, a causa di un impegno con un diverso progetto, e se molte considerazioni sulla legge dei grandi numeri sono state fatte anche durante altre lezioni, soltanto nella terza si `e osservato che la differenza tra i due valori pu`o essere anche molto grande, mostrando anche il foglio di calcolo relativo. Inoltre due studenti hanno risposto in modo errato mal interpretando il termine “differenza”: nella motivazione infatti parlavano di differenza in percentuale invece che in numero (come la domanda intendeva). Ci`o anche a causa del fatto che purtroppo in fase di preparazione della prova, mi `e sfuggito di precisare accuratamente la domanda scrivendo “la differenza tra numero di teste e numero di croci...” in luogo di “la differenza tra teste e croci”.

Nel terzo si `e tornati su risultati simili al primo “vero o falso”: in 17 hanno risposto “vero” e solo in 2 “falso”. Qui in tutti i casi `e stata menzionata la legge dei grandi numeri nella motivazione, con la differenza che per i 17 che hanno risposto vero, 3000 lanci erano abbastanza per applicarla, mentre tra i due che ritenevano falsa l’affermazione, uno sosteneva che sarebbero serviti milioni di lanci, l’altro che la frequenza non sarebbe stata abbastanza vicina a 50% e 50% perch´e servivano pi`u lanci (senza essere pi`u preciso).

Per quanto riguarda questi tre task dunque, la criticit`a `e emersa soltanto per il problema della differenza numerica dei due valori di teste e croci: in effetti non avendo osservato il fenomeno in classe, `e verosimile che chi era assente sia caduto nella subdola implicazione secondo cui da percentuali simili di teste e croci (date dalla legge dei grandi numeri) seguano necessariamente anche quantit`a numeriche simili, che `e falsa proprio perch´e si considera un numero molto alto di lanci in cui la differenza si pu`o diluire fornendo comunque percentuali vicine al 50% e 50%. Tuttavia per questioni numeriche anche qualcuno tra gli studenti presenti alla terza lezione deve necessariamente aver sbagliato la risposta. Una motivazione da tenere in considerazione pu`o essere quella che, nella terza lezione, piuttosto tecnica e faticosa, l’osservazione sulla differenza accompagnata dal foglio di calcolo, `e stata effettuata solo alla fine, anche dopo aver parlato di rappresentativit`a e fallacia del giocatore,

quando verosimilmente il livello di attenzione stava calando. Si potrebbe quindi considerare di anticipare questa considerazione ed in generale le simulazioni con i fogli di calcolo, od addirittura suddividere la lezione in due parti, una teorica ed una applicativa, con esperimenti sui fogli, considerazioni su rappresentativit`a e questione della differenza, ed esercizi.

Esercizio 3

Il parroco della citt`a, studioso di probabilit`a oltre che delle sacre scritture, per finanziare le spese della parrocchia, organizza (supponiamo legalmente) una lotteria. La lotteria `e simile ad una singola estrazione del Superenalotto, con la differenza che verranno usati i numeri non da 1 a 90 ma da 1 a 20, e ne verranno estratti, senza reimmissione, non sei ma solo tre (una “terna”).

• Qual `e la probabilit`a che nella terna vi sia almeno un numero pari?

Questa prima richiesta era volta alla verifica della comprensione della tecnica del passaggio al complementare, applicata o direttamente sulle probabilit`a, oppure, con l’utilizzo della combinatoria, sulle cardinalit`a degli insiemi corrispondenti agli eventi in questione.

Ben 14 studenti hanno risposto correttamente. Tra questi, 12 hanno utilizzato il passaggio al complementare: per il calcolo della probabilit`a dell’estrazione di tre numeri dispari, 9 di questi 12 hanno moltiplicato 1020· 9

19· 8

18 similmente a come veniva

spiegato in uno degli esercizi delle dispense da me fornite, gli altri 3 hanno utilizzato la combinatoria dividendo 103

, le terne di soli numeri dispari, per 203

, le terne totali. I rimanenti 2 che hanno dato la risposta giusta non hanno sfruttato il passaggio al complementare ma hanno sommato, anch’essi ben utilizzando la combinatoria, le probabilit`a che ci fossero uno, due o tre numeri pari.

Dei 5 che non hanno sbagliato la risposta, 4 non hanno saputo impostare il problema (anche se uno di questi ha spiegato a parole che avrebbe voluto calcolare la probabilit`a del complementare), mentre uno ha elencato le 8 possibilit`a (indicando con d un estratto dispari e con p un estratto pari) ddd, pdd, dpd,..., ppp, e ritenendole

erroneamente equiprobabili, escludendo dai casi favorevoli la sola ddd, ha concluso che 7/8 fosse la probabilit`a cercata. Curiosamente in questo caso lo studente si `

e lasciato sfuggire l’importanza della non reimmissione, che rende gli 8 casi non equiprobabili, ma nel primo “vero o falso” dell’esercizio 2 aveva spiegato nel dettaglio quali fossero le probabilit`a della seconda estrazione e come variassero a causa della non reimmissione del primo estratto.

`

E stato dunque molto positivo il fatto che in parecchi abbiano riconosciuto la possibilit`a di utilizzare la tecnica del passaggio al complementare, ma altrettanto positivo `e stato il fatto che in due, pur non avendo intuito questa opportunit`a, se la siano comunque cavata utilizzando correttamente combinatoria e terzo assioma della probabilit`a.

L’esercizio 3 proseguiva con:

Per giocare una terna, il costo sar`a di 1 euro. I premi saranno i seguenti: - per chi fa 3 (cio`e indovina la terna), 250 euro;

- per chi fa 2 (cio`e indovina due dei tre numeri estratti), 10 euro; - per chi fa 1 o 0, niente.

• Supponiamo di giocare una terna. Detta X la variabile casuale che indica

quanto vinceremo, quanto vale E(X)?

L’esercizio verteva chiaramente sul calcolo del valore atteso della variabile aleatoria

X rappresentante il premio. I due fulcri principali dunque erano l’impostazione della

formula per il calcolo di E(X) e il calcolo di P(X = 3) e P(X = 2) richiamando le nozioni di combinatoria.

Per quanto riguarda il primo obiettivo, i risultati sono stati piuttosto buoni: il calcolo del premio atteso `e stato impostato in modo pienamente corretto da 12 studenti, ed in modo parzialmente corretto da ulteriori 2, che hanno fatto confusione tra valori di X e quantit`a di numeri indovinati, cio`e hanno scritto 3 al posto di 250 e 2 al posto di 10. Li riteniamo per`o in ambedue le situazioni errori di distrazione, in quanto in un caso lo studente, prima di scrivere la formula, aveva impostato i valori della variabile scrivendo X ∈ {250, 10, 0}, e nell’altro lo studente ha esplicitamente

scritto “per trovare il valore atteso calcolo le probabilit`a dei due casi diversi e le moltiplico per i rispettivi valori del premio”, salvo poi confondersi nella scrittura della formula. Dei restanti 5 studenti, 4 non hanno impostato la formula, mentre uno l’ha impostata in modo errato moltiplicando la media dei premi 250+102 con la somma P(indovino 3 numeri) + P(indovino 2 numeri).

Complessivamente pi`u ostico `e stato il calcolo delle probabilit`a che servivano a ricavare E(X). P(X = 250) `e stata calcolata correttamente da 11 studenti: 8 di questi l’hanno calcolata come 1

(20 3)

, gli altri 3 come prodotto di probabilit`a 203 · 2 19·

1 18.

Degli 8 che non sono riusciti a calcolarla, 3 hanno comunque indicato in 203

il numero di terne totali, mentre gli altri 5 non sono giunti ad alcuna conclusione. Il calcolo di P(X = 10) `e risultato il pi`u complicato. In 4 l’hanno calcolata correttamente individuando 32

· 171

= 3 · 17 = 51 casi favorevoli e dividendo per le terne totali. In 2 hanno individuato soltanto 3 terne favorevoli, verosimilmente contando quanti modi si hanno di scegliere due elementi da un insieme di tre, scordandosi in pratica dei 17 modi di scegliere il terzo elemento della terna. Dei restanti, 3 hanno provato a utilizzare il coefficiente binomiale, ma in modi in cui non si riesce a riconoscere l’idea che c’`e dietro, gli altri hanno invece abbandonato il calcolo.

Indubbiamente questo era uno dei punti pi`u difficili della prova, ed infatti si `e rivelato tale. A nostro parere questo tipo di risultato ha messo in evidenza che la parte di combinatoria, per essere padroneggiata al meglio, dovrebbe essere integrata con qualche momento in pi`u di esercitazione in classe. A causa di tempistiche ristrette infatti, ricordiamo che molti degli esercizi sono stati forniti attraverso delle dispense, su cui ci si `e potuti confrontare in classe in tempi molto limitati.

L’esercizio proseguiva con l’ultima richiesta:

• Supponiamo che la lotteria riscuota successo, cio`e che giocheranno n persone