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Il rapporto tra la mappatura del rischio reato di cui all’art 30 e la valutazione de

4. Le attività previste per la costruzione di un Modello efficace ai fini infortunistici

4.1. L’attività di risk assessment

4.1.1. Il rapporto tra la mappatura del rischio reato di cui all’art 30 e la valutazione de

Un aspetto problematico, dibattuto in dottrina, riguarda i rapporti tra la mappatura del rischio-reato ex art. 30 d.lgs. n. 81 del 2008 e la valutazione del rischio imposta al datore di lavoro, in base agli artt. 15, 28 e 29 d.lgs. n. 81 del 2008 98.

98

L’art. 15 d.lgs. n. 81 del 2008, rubricato “Misure generali di tutela”, prevede: «1. Le misure generali di

tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro sono: a) la valutazione di tutti i rischi per la salute e sicurezza; b) la programmazione della prevenzione, mirata ad un complesso che integri in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive dell’azienda nonché l’influenza dei fattori dell’ambiente e dell’organizzazione del lavoro; c) l’eliminazione dei rischi e, ove ciò non sia possibile, la loro riduzione al minimo in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico; d) il rispetto dei principi ergonomici nell’organizzazione del lavoro, nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, in particolare al fine di ridurre gli effetti sulla salute del lavoro monotono e di quello ripetitivo; e) la riduzione dei rischi alla fonte; f) la sostituzione di ciò che é pericoloso con ciò che non lo é, o é meno pericoloso; g) la limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che possono essere, esposti al rischio; h) l’utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici sui luoghi di lavoro; i) la priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale; l) il controllo sanitario dei lavoratori; m) l’allontanamento del lavoratore dall’esposizione al rischio per motivi sanitari inerenti la sua persona e l’adibizione, ove possibile, ad altra mansione; n) l’informazione e formazione adeguate per i lavoratori; o) l’informazione e formazione adeguate per dirigenti e i preposti; p) l’informazione e formazione adeguate per i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza; q) l’istruzioni adeguate ai lavoratori; r) la partecipazione e consultazione dei lavoratori; s) la partecipazione e consultazione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza; t) la programmazione delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza, anche attraverso l’adozione di codici di condotta e di buone prassi; u) le misure di emergenza da attuare in caso di primo soccorso, di lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori e di pericolo grave e immediato; v) l’uso di segnali di avvertimento e di sicurezza; z) la regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione dei fabbricanti.

2. Le misure relative alla sicurezza, all’igiene ed alla salute durante il lavoro non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori»; Ai sensi dell’art. 28, riguardante l’oggetto della valutazione

dei rischi, «1. La valutazione di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), anche nella scelta delle

attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nonché quelli connessi alle differenze di genere, all’età, alla provenienza da altri Paesi e quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro.

1-bis. La valutazione dello stress lavoro-correlato di cui al comma 1 è effettuata nel rispetto delle indicazioni di cui all’articolo 6, comma 8, lettera m – quater, e il relativo obbligo decorre dalla elaborazione delle predette indicazioni e comunque, anche in difetto di tale elaborazione, a fare data dal 1° agosto 2010.

80 2. Il documento di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), redatto a conclusione della valutazione può essere tenuto, nel rispetto delle previsioni di cui all’articolo 53, su supporto informatico e, deve essere munito anche tramite le procedure applicabili ai supporti informatici di cui all’articolo 53, di data certa o attestata dalla sottoscrizione del documento medesimo da parte del datore di lavoro nonché, ai soli fini della prova della data, dalla sottoscrizione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale e del medico competente, ove nominato, e contenere: a) una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa, nella quale siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa. La scelta dei criteri di redazione del documento è rimessa al datore di lavoro, che vi provvede con criteri di semplicità, brevità e comprensibilità, in modo da garantirne la completezza e l’idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione; b) l’indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati, a seguito della valutazione di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a); c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza; d) l’individuazione delle procedure per l’attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell’organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri; e) l’indicazione del nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o di quello territoriale e del medico competente che ha partecipato alla valutazione del rischio; f) l’individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento. 3. Il contenuto del documento di cui al comma 2 deve altresì rispettare le indicazioni previste dalle specifiche norme sulla valutazione dei rischi contenute nei successivi titoli del presente decreto.

3-bis. In caso di costituzione di nuova impresa, il datore di lavoro è tenuto ad effettuare immediatamente la valutazione dei rischi elaborando il relativo documento entro novanta giorni dalla data di inizio della propria attività»; infine l’art. 29, in relazione alle modalità di effettuazione della valutazione dei rischi:

«1. Il datore di lavoro effettua la valutazione ed elabora il documento di cui all’articolo 17, comma 1,

lettera a), in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente, nei casi di cui all’articolo 41.

2. Le attività di cui al comma 1 sono realizzate previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.

3. La valutazione dei rischi deve essere immediatamente rielaborata, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, in occasione di modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro 39 significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione o della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità. A seguito di tale rielaborazione, le misure di prevenzione debbono essere aggiornate. Nelle ipotesi di cui ai periodi che precedono il documento di valutazione dei rischi deve essere rielaborato, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, nel termine di trenta giorni dalle rispettive causali.

4. Il documento di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), e quello di cui all’articolo 26, comma 3, devono essere custoditi presso l’unità produttiva alla quale si riferisce la valutazione dei rischi.

5. I datori di lavoro che occupano fino a 10 lavoratori effettuano la valutazione dei rischi di cui al presente articolo sulla base delle procedure standardizzate di cui all’articolo 6, comma 8, lettera f). Fino alla scadenza del diciottesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del decreto interministeriale di cui all’articolo 6, comma 8, lettera f), e, comunque, non oltre il 30 giugno 2012, gli stessi datori di lavoro possono autocertificare l’effettuazione della valutazione dei rischi. Quanto previsto nel precedente periodo non si applica alle attività di cui all’articolo 31, comma 6, lettere a), b), c), d) nonché g). 6. I datori di lavoro che occupano fino a 50 lavoratori possono effettuare la valutazione dei rischi sulla base delle procedure standardizzate di cui all’articolo 6, comma 8, lettera f). Nelle more dell’elaborazione di tali procedure trovano applicazione le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3, e 4. 6-bis. Le procedure standardizzate di cui al comma 6, anche con riferimento alle aziende che rientrano nel campo di applicazione del titolo IV, sono adottate nel rispetto delle disposizioni di cui all’articolo 28; 7. Le disposizioni di cui al comma 6 non si applicano alle attività svolte nelle seguenti aziende: a) aziende di cui all’articolo 31, comma 6, lettere a), b), c), d), f) e g); b) aziende in cui si svolgono attività che espongono i lavoratori a rischi chimici, biologici, da atmosfere esplosive, cancerogeni mutageni, connessi all’esposizione ad amianto».

81 Secondo un primo orientamento, la mappatura del rischio-reato ex art. 30 in materia di salute e sicurezza sul lavoro avrebbe un contenuto più ampio rispetto alla valutazione dei rischi imposta al datore di lavoro dalla normativa antinfortunistica. I due Modelli, quello prevenzionistico e quello di organizzazione e gestione, pertanto non coinciderebbero in toto, dovendo l’ente estendere l’analisi anche a fattori ulteriori, che pur non direttamente relativi al rischio, possono essere tuttavia strumentali alla realizzazione dei reati di cui all’artt. 589 e 590 c.p. 99

La prevenzione dei rischi nel Modello organizzativo ex art. 30 non riguarda, infatti, direttamente i fattori insiti nel processo produttivo che possono comportare infortuni o malattie professionali, bensì si concretizza nella prevenzione del rischio di commissione, da parte dei soggetti apicali o sottoposti dell’ente, dei reati di omicidio colposo e lesioni colpose con violazione delle norme in materia della salute e della sicurezza del lavoro 100.

La stretta sinergia tra il Modello di organizzazione e gestione e il sistema prevenzionistico disciplinato dal d.lgs. n. 81 del 2008 si evince chiaramente dal dettato normativo: tale tesi sembrerebbe, infatti, confortata dalla disposizione dell’art. 30, comma 3, la quale precisa che «il modello organizzativo deve in ogni caso prevedere, per quanto richiesto dalla natura e dimensioni dell’organizzazione e dal tipo di attività svolta, un’articolazione di funzioni che assicuri le competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio».

Gli adempimenti imposti al datore di lavoro dalla materia infortunistica rappresenterebbero, dunque, un sicuro punto di riferimento per effettuare l’attività di risk assessment prevista dall’art. 30, ma non esaurirebbero i compiti da svolgere in sede di attuazione della valutazione e gestione del rischi, che l’ente deve apprestare ai fini dell’esclusione della responsabilità 101.

99

In questo senso BARTOLOMUCCI S., La metamorfosi del Modello penal-preventivo in obbligatorio e

pre-validato: dalle prescrizioni regolamentari per gli emittenti S.T.A.R. al recente art. 30 T.U. sicurezza sul lavoro, in Resp. amm. soc. enti, 2008, 3, 163, il quale adduce, inoltre, che diversamente dalla

prescrizioni del decreto legislativo n. 81 del 2008, che impongono obblighi a determinati soggetti-persone fisiche, l’art. 30 è rivolto esclusivamente al soggetto meta-individuale, sollecitandolo ad un’attenta azione di risk management e risk assessment nell’ambito della sicurezza aziendale e ad un plus di diligenza nell’adempimento di specifici obblighi, che, se disattesi, cagionano la sua personale responsabilità per disorganizzazione.

100

MONGILLO V., Il dovere di adeguata organizzazione, op. cit., 38 101

In questo senso D’ARCANGELO F., La responsabilità da reato degli enti per gli infortuni sul lavoro, in Resp. amm. soc. enti, 2008, 2, 92, l’autore afferma infatti che «la valutazione del rischio secondo il

82 Sembra aderire a tale tesi anche l’Associazione bancaria italiana, la quale evidenzia, nell’aggiornamento delle proprie linee guida, che «i due Modelli di “prevenzione” […] rispondono a due filosofie normative diverse e sono pertanto da considerare in modo distinto, pur dovendosi all’evidenza integrare e richiamare reciprocamente» 102.

Viceversa, un secondo orientamento sostiene la sostanziale sovrapponibilità e coincidenza 103 tra l’attività di mappatura del rischio-reato prevista nel Modello organizzativo ex art. 30 e la valutazione dei rischi imposta al datore di lavoro dalla materia antinfortunistica: si afferma, infatti, che la complessità delle prescrizioni già richieste dal decreto legislativo n. 81 del 2008 rende difficile la possibilità di immaginare, da parte dell’ente, l’adozione di standard di diligenza ulteriori nella valutazione e/o predisposizione della misure di prevenzione, a meno che non si ritenga di gravare l’ente di «incombenti eccessivi e insopportabili» 104.

La sicurezza del lavoro ha infatti un valore assoluto 105: la mappatura del rischio – reato prevista dall’art. 30 e il Modello di prevenzione del d.lgs. n. 81 del 2008 devono infatti fronteggiare il rischio di infortuni sui luoghi di lavoro nella medesima maniera, cioè tramite il raggiungimento della «massima sicurezza tecnicamente fattibile», in base alle più avanzate acquisizioni della scienza e dell’esperienza del momento 106.

dettate nel diritto penale delle persone fisiche è, pertanto, certamente funzionale all’effettiva esecuzione di un adeguato Modello Organizzativo ma non esaurisce le ulteriori condizioni perché sia adottato un adeguato compliance program ai sensi del d.lgs. 231 del 2001»; MONGILLO V., Il dovere di adeguata organizzazione, op. cit., 39, l’autore sostiene che «la valutazione del “rischio – reato” è tutt’altro che indifferente alla disamina dei rischi infortunistici compiuta con il DVR,dovendo anzi, per forza di cose, tener conto di tale ricognizione».

102

ABI, Linee guida per la predisposizione dei Modelli organizzativi ex d.lgs. 231/2001. Aggiornamento,

- Omicidio e lesioni colpose conseguenti alla violazione della normativa antinfortunistica e sulla tutela dell’igiene e della sicurezza sul lavoro, in www.rivista231.it.

103

DE VERO G., La responsabilità penale delle persone giuridiche, op. cit., 280, l’autore parla di «sostanziale coincidenza, o quantomeno continuità» tra le norme cautelari stabilite dalla legge e i Modelli organizzativi che siano adottati dagli enti per fronteggiare eventuali responsabilità relative alla commissione dei delitti di omicidio e lesioni colposi conseguenti alla violazione delle prime.

104

LOTTINI R., I Modelli di organizzazione e gestione, op. cit., 175. 105

LOTTINI R., I Modelli di organizzazione e gestione, op. cit., 176, l’autore rileva che ritenere che la mappatura del rischio e la predisposizione di misure di prevenzione si atteggi in maniera differente a seconda che riguardi il Modello dell’ente o il Modello del datore di lavoro – persona fisica vorrebbe dire «autorizzare condizioni di sicurezza diverse a seconda delle tipologie di imprese e della forma in cui le

medesime vengono gestite (forma societaria o impresa individuale), che trasformerebbero la sicurezza medesima da valore assoluto (come dovrebbe essere) a valore relativo, diversamente strutturabile a seconda del soggetto (persona fisica o ente collettivo) chiamato a garantirla».

106

Sul punto PAVESI F., A proposito della «massima sicurezza tecnologica» esigibile dal datore di

lavoro, in Cass. pen., 2007, 11, 4269; fortemente criticata in dottrina e non recepita dalla giurisprudenza

di legittimità è invece la sentenza della Corte Costituzionale, 25/07/1996, n. 312, in Riv. it. dir. lav. 1997, II, 15, che faceva riferimento alle «misure concretamente attuabili», cioè «quelle che, nei diversi settori e

83 Tale tesi sembrerebbe trovare conforto nel dettato normativo: l’art. 30, comma 1 indica gli obblighi da ottemperare ai fini della creazione di un idoneo Modello di organizzazione e gestione, i quali coincidono con il sistema di cautele che il d.lgs. n. 81 del 2008 impone al datore di lavoro; inoltre, l’art. 30, comma 5, nell’introdurre una presunzione di idoneità del Modello che sia conforme, per le parti corrispondenti, alle linee guida UNI – INAIL o BS OHSAS, prevede come requisito essenziale del Modello organizzativo la previsione dell’attività di gestione della sicurezza, la quale risulta coincidere con quella delineata dai due documenti tecnici contemplati dal comma 5 107. Aderire a tale tesi, tuttavia, avrebbe come conseguenza sistematica che ogni violazione di una regola cautelare integrante una condotta colposa della persona fisica azionerebbe automaticamente anche la colpa organizzativa ascrittiva della responsabilità dell’ente collettivo, in quanto la medesima condotta integrerebbe, al medesimo tempo, una specifica violazione del Modello di organizzazione 108.

A riguardo, è intervenuta la giurisprudenza 109 la quale, con la prima pronuncia sull’art. 25 septies d.lgs. n. 231 del 2001, ha affermato che risulta «evidente che il sistema introdotto dal d.lgs. n. 231/2001 impone alle imprese di adottare un Modello organizzativo diverso e ulteriore rispetto a quello previsto dalla normativa antinfortunistica, onde evitare in tal modo la responsabilità amministrativa. Non a caso, mentre i documenti antinfortunistici sono redatti a mente degli artt. 26 e 28, d.lgs. n. 81/08, il Modello di organizzazione e gestione del d.lgs. n. 231/2001 è contemplato dall’art. 30, d.lgs. n. 81/08, segnando così una distinzione non solo nominale ma anche funzionale. Non è possibile che una semplice analisi dei rischi valga anche per gli obiettivi del d.lgs. n. 231/2001. Anche se sono ovviamente possibili parziali sovrapposizioni, è chiaro che il Modello teso ad escludere la responsabilità societaria è caratterizzato anche dal sistema di vigilanza che, pure attraverso obblighi diretti ad incanalare le informazioni verso la struttura deputata al controllo sul funzionamento e nelle differenti lavorazioni, corrispondono ad applicazioni tecnologiche generalmente praticate e ad accorgimenti organizzativi e procedurali altrettanto generalmente acquisiti».

107

R LOTTINI, I Modelli, cit., 177 ss. 108

SCOLETTA M., Responsabilità ex crimine dell'ente e delitti colposi d'evento, op. cit., 1125, l’autore aggiunge che «Sulla base di questi rilievi, e` stata messa in dubbio – in relazione alle fattispecie tipizzate

dall’art. 25 septies – la possibilità di ‘‘scindere’’ la responsabilità della persona giuridica da quella della persona fisica, soprattutto in merito ai fatti commessi dai soggetti apicali, per i quali difficilmente si potrebbe pensare ad una condotta di «elusione fraudolenta» del Modello (che, come noto, costituisce una condizione necessaria per integrare la causa ‘‘esimente” della responsabilità dell’ente ex art. 6, comma 1) attualmente distinta dalla violazione della regola cautelare antinfortunistica (prevista dal DVR)».

109

84 sull’osservanza, culmina nella previsione di sanzioni per le inottemperanze e nell’affidamento di poteri disciplinari al medesimo organismo dotato di piena autonomia».

La responsabilità dell’ente, dunque, presuppone che la persona fisica abbia violato non solo una regola cautelare antinfortunistica, realizzando così la condotta del reato- presupposto, ma anche, in primis, una regola progettuale e organizzativa prevista dal Modello, realizzando così gli estremi della colpa di organizzazione, salvo la prova dell’elusione fraudolenta del Modello da parte dell’apicale 110.

In definitiva, le conclusioni a cui è giunto il giudice di Molfetta sembrano accogliere l’orientamento di quella parte della dottrina che ha evidenziato la diversità dei piani funzionali su cui operano, da una parte, le regole progettuali del Modello organizzativo e, dall’altra, le regole cautelari che integrano la tipicità degli illeciti colposi.

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