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2. I criteri d’imputazione dell’interesse o vantaggio: la problematica compatibilità con

2.2. Il requisito del vantaggio

Il vantaggio ha una valenza autonoma e differente dal criterio dell’interesse: quest’ultimo è infatti connotato dalla tensione finalistica all’acquisizione di una utilità, viceversa il vantaggio fa riferimento all’effettivo conseguimento della stessa 64.

Posto che il requisito dell’interesse non deve essere connotato dall’esclusività dell’autore individuale o di terzi, si ritiene che il vantaggio possa essere anche indiretto, cioè mediato da risultati fatti acquisire a terzi, ma che abbiano comunque ricadute positive per l’ente stesso 65.

61

GUERNELLI M., La responsabilità delle persone giuridiche nel diritto penale amministrativo interno

dopo il D. Lgs. 231/2001 (prima parte), in St. jur., 2002, 290 e ss., il quale, a sostegno dell’impostazione

“oggettiva”, osserva, altresì, come la stessa sia coerente con la ratio legis, che, altrimenti, rischierebbe di rimanere frustrata ove fosse possibile all’ente avvantaggiarsi dell’erronea auto rappresentazione dei mezzi e dei fini nella quale è in corsa la persona fisica; DE VERO G., La responsabilità, op. cit., 160; VITARELLI T., Infortuni sul lavoro, op. cit., 699.

62

DOVERE S., La responsabilità da reato dell’ente collettivo e la sicurezza sul lavoro: un’innovazione a

rischio di ineffettività, in Resp. amm. soc. enti, 2008, 97 e ss.

63

SELVAGGI N., L'interesse dell'ente collettivo quale criterio di ascrizione della responsabilità da

reato, Jovene Editore, 2006, 361 e ss.

64

BASSI A. – EPIDENDIO T. E., Enti e responsabilità da reato, op. cit., 165. 65

EPIDENDIO T., Art. 5, op. cit., 46, l’autore rileva che in queste ipotesi l’interesse deve comunque essere diretto, «nel senso che il vantaggio indiretto deve costituire oggetto di una finalizzazione obiettiva,

155 Altri autori ritengono, invece, che sia necessario un vantaggio diretto dell’ente, anche nella forma di vantaggi compensativi fra diversi enti 66.

Dal punto di vista sostanziale, il concetto di vantaggio sembra differire da quello di profitto, il quale si riferisce ad un risultato economico positivo 67. Il legislatore ha, infatti, deciso di non qualificare esplicitamente in termini patrimoniali il concetto di vantaggio, il quale sembra pertanto ricomprendere anche utilità non economiche. Non a caso, quando il legislatore ha voluto sottolineare il carattere economico del vantaggio in altre disposizioni del decreto n. 231 del 2001, ha fatto espressamente riferimento al profitto 68.

Il termine vantaggio ha, dunque, una valenza semantica più ampia, non presupponendo il conseguimento di un’utilità necessariamente economica e potendo in concreto tradursi nell’acquisizione di particolari posizioni del mercato che consentano all’ente l’affermazione della proprio supremazia 69.

concreta e attuale al raggiungimento (anche futuro ed incerto) di un risultato che sia, quanto meno, “anche” proprio dell’ente a cui è contesto l’illecito»; BASSI A. – EPIDENDIO T. E., Enti e responsabilità da reato, op. cit., 167, in cui si afferma che «la circostanza che il vantaggio sia indiretto, cioè mediato da quello di altro ente, non è quindi di ostacolo alla configurazione del requisito

[dell’interesse], purché con questo si intenda soltanto che il vantaggio che l’ente si vuole assicurare sia

ottenibile mediante un vantaggio acquisito da un altro ente, di tal che si deve ritenere che l’atto finalizzato a far conseguire il vantaggio all’altro ente sia contestualmente e precipuamente finalizzato al vantaggio dell’ente cui appartiene chi ha agito, con la conseguenza ulteriore che l’interesse è diretto anche in questa ipotesi, pur in presenza di un vantaggio indiretto».

66

In questo senso v. SGUBBI F., Gruppo societario e responsabilità delle persone giuridiche ai sensi del

d.lgs. 231/2001, in RASE, 2006, fasc. 1, 7 e ss.

67

Come osservato da EPIDENDIO T., Art. 5, op. cit., 44. 68

BASSI A. – EPIDENDIO T. E., Enti e responsabilità da reato, op. cit., 165, gli autori osservano che il termine “profitto” è stato adoperato dal legislatore per sottolineare il carattere economico dell’utilità nell’art. 13, comma 1, lett. a d.lgs. n. 231 del 2001, che prevede il conseguimento di un «profitto di

rilevante entità» per l’applicazione di misure interdittive, nell’art. 15, comma 4 d.lgs. n. 231 del 2001, in

cui si prevede la confisca del «profitto derivante dalla prosecuzione dell’attività» dopo la nomina del commissario giudiziale, nell’art. 19 d.lgs. n. 231 del 2001, il quale prevede a titola di sanzione la confisca del «prezzo o profitto del reato», e infine nell’art. 79 d.lgs. n. 231 del 2001, in cui si prevede che il commissario giudiziale nel rendere conto della sua gestione indichi anche «l’entità del profitto da

sottoporre a confisca»; AMARELLI G., I criteri oggettivi, op. cit., 110, secondo l’autore un ulteriore

conferma del carattere non patrimoniale del vantaggio si riviene nel diritto penale “classico”, in cui il legislatore ha accostato l’aggettivo “patrimoniale” (o altri simili) al vantaggio, quando ha voluto restringere il perimetro del suo significato.

69

BASSI A. – EPIDENDIO T. E., Enti e responsabilità da reato, op. cit., 166, gli autori osservano in proposito che non deve considerarsi necessariamente «”profittevole” la singola operazione a cui è diretto

l’illecito (nel senso che la singola operazione isolatamente considerata debba consentire di conseguire un ricavo maggiore dei costi sostenuti per il suo compimento) purché la stessa, globalmente considerata, consenta di acquisire una posizione di vantaggio per l’ente». L’autore sostiene, inoltre, che essendo il

vantaggio anche non patrimoniale, parimenti l’interesse potrà avere valenza non economica; PULITANÒ D., Responsabilità amministrativa per i reati delle persone giuridiche, in Enc. dir., VI, Giuffrè, 2002, 953 e ss., secondo cui «non è necessario, anche se sarà il caso normale, che l'interesse o il vantaggio abbiano

156 Tuttavia, parte della dottrina ritiene che, nonostante il dato letterale sembra fare riferimento ad un vantaggio generico, quest’ultimo possa comprendere esclusivamente utilità patrimonialmente quantificabili o economicamente apprezzabili, in quanto la disciplina dettata dal decreto n. 231 del 2001 sarebbe orientata principalmente a sanzionare la criminalità del profitto, in vista della tutela del bene finale rappresentato dal patrimonio 70.

In senso analogo la giurisprudenza, richiamando la Relazione di accompagnamento al d.lgs. n. 231 del 2001, ritiene che il vantaggio faccia «riferimento alla concreta acquisizione economica per l’ente mentre l’interesse implica solo la finalizzazione del reato a quella utilità»» 71.

Un tale rilievo non sembra, però, condivisibile, soprattutto alla luce dell’inserimento nei reati – presupposto della responsabilità dell’ente dei delitti di cui agli articoli 589 e 590, terzo comma, del codice penale, commessi con violazione delle norme antinfortunistiche, fattispecie che non costituiscono davvero espressione della criminalità di impresa e che, come tali, non sembrano rispondere alle finalità di natura economica in senso stretto 72.

Tuttavia, come vedremo in seguito, è da segnalare che nella prassi giurisprudenziale proprio con riferimento ai reati di cui all’art. 25 septies sembra prevalere una lettura economica del requisito del vantaggio.

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