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La tesi che riconduce la responsabilità dell’ente alla cooperazione colposa in delitto

3. Le soluzioni prospettate in dottrina

3.6. La tesi che riconduce la responsabilità dell’ente alla cooperazione colposa in delitto

Un recente orientamento dottrinale propone di leggere il meccanismo oggettivo d’imputazione all’ente del reato alla luce dei principi generali del diritto penale 170. In primis, chi sostiene tale interpretazione s’interroga sulla funzione realmente svolta dall’art. 5 d.lgs. n. 231 del 2001: ci si chiede, in particolare, se tale criterio serva ad imputare all’ente il reato commesso dalla persona fisica ovvero se serva ad estendere la responsabilità alla societas per quello stesso fatto sulla base del paradigma della responsabilità concorsuale.

Ebbene, se si dovesse propendere per la prima ipotesi, la quale ricalca sostanzialmente le regole penalistiche dell’illecito monosoggettivo, risulterebbe in realtà assente la tipicità oggettiva dell’illecito dell’ente: quest’ultimo, infatti, non potrà mai essere un illecito realmente autonomo, non essendo stato oggettivamente causato da una condotta dell’ente, tenuta in violazione di un divieto o di un comando, che sia diversa e distinta dalla condotta da cui è derivato il reato della persona fisica 171.

Sembra allora più corretto ritenere, secondo tale tesi, che l’art. 5 d.lgs. n. 231 del 2001 ha introdotto una «fattispecie plurisoggettiva di parte generale, tipizzante una nuova ipotesi di concorso (necessario) di persone fisiche e giuridiche nello stesso reato» e, dal punto di vista della tipicità oggettiva, che «la fattispecie è integrata solo in presenza del concorso, cristallizzato dal doppio legame funzionale/finalistico (posizione; interesse/vantaggio), di entrambi i soggetti destinatari della norma complessa. In assenza di tale collegamento si fuoriesce dal sistema e può sopravvivere soltanto la diversa fattispecie punitiva individuale» 172.

di responsabilità originaria o per fatto proprio che non al paradigma per ascrizione, a cui risulta funzionale proprio il criterio dell’interesse o vantaggio».

170

MASULLO M. N., Colpa penale e precauzione, op. cit., 136, l’autrice afferma che «l’eventuale

riconoscimento della natura penale della responsabilità non porterebbe con sé solo il peso e la vincolatività dei principi generali, costringendola in limiti applicativi forse più angusti, ma consentirebbe, altresì, di provare legittimamente ad integrare l’illecito dell’ente all’interno del sistema penale, dei suoi istituti e delle sue regole».

171

MASULLO M. N., Colpa penale e precauzione, op. cit., 137 e ss.; PADOVANI, Il nome dei principi, op. cit., 15, l’autore osserva che, ai sensi dell’art. 5 d.lgs. n. 231 del 2001, «avere interesse o trarre

vantaggio da una certa attività da altri commessa non rappresenta alcuna condotta, né attiva, né omissiva».

172

PALIERO C.E., La società punita, op. cit., 1528. Quest’orientamento è stato ripreso nella vicenda Impregilo (Cass., sez. un., 27 marzo 2008, n. 7), in cui è stato affermato che «l’assoggettamento a

184 Pertanto, l’art. 5 assolve alla stessa funzione di incriminazione, in chiave di tipizzazione causale, dell’art. 110 c.p., che invece opera con riferimento alla responsabilità concorsuale della persona fisica 173: ai fini della responsabilità a titolo di concorso, sarà necessario che la societas abbia arrecato un proprio contributo causale al fatto – reato realizzato dalla persona fisica. Tale apporto causale, che costituisce la prova della partecipazione dell’ente per far sorgere o rafforzare il proposito criminoso del proprio organo, con specifico riferimento alla responsabilità degli enti non è implicito, ma esplicitato dalla necessità che il reato sia stato commesso nell’interesse e vantaggio della persona giuridica 174.

Con riferimento ai reati dolosi, c.d. reati – decisione e cioè frutto di una societas preordinata all’illegalità ovvero che decide di non organizzarsi per il contenimento del rischio – reato 175, l’interesse può rinvenirsi in politiche d’impresa improntate al raggiungimento del profitto, anche al costo della verificazione di un reato 176. Il vantaggio svolge, invece, una funzione sussidiaria, costituendo la prova della sussistenza ex ante di un interesse della societas 177, potendo addirittura perdere di sanzione sia della persona fisica che di quella giuridica si inquadra nel paradigma penalistico della responsabilità concorsuale. Pur se la responsabilità dell’ente ha una sua autonomia, tanto che sussiste anche quando l’autore del reato non è stato identificato o non è imputabile (art. 8, d.lgs. n. 231), è imprescindibile il suo collegamento alla oggettiva realizzazione del reato, integro in tutti gli elementi strutturali che ne fondano lo specifico disvalore da parte di un soggetto fisico qualificato». In senso

contrario v. MELCHIONDA A., Brevi appunti sul fondamento dogmatico della nuova disciplina della

responsabilità degli enti collettivi. La responsabilità penale della persona giuridica nell’ordinamento italiano: profili sistematici, in AA. VV., Societas puniri potest. La responsabilità da reato degli enti collettivi, atti del Convegno di Firenze 15-16 marzo 2002, a cura di F. PALAZZO, Cedam, 2003, 227 e

ss., l’autore esprime le proprie preoccupazioni per una tale ricostruzione dei delitti aggravati dall’evento, nei quali l’evento ulteriore verrebbe addebitato all’ente sulla base della mera comunicabilità delle circostanze, prescindendo dai criteri d’ascrizione.

173

MASULLO M. N., Colpa penale e precauzione, op. cit., 142 e ss., l’autrice rileva, tuttavia, che l’«ipotesi di concorso dell’ente nel reato doloso della persona fisica si caratterizza, rispetto alla

tradizionale forma concorsuale dell’art. 110 c.p., in modo appunto anomalo, quanto al tipo di colpevolezza richiesta. Se cioè l’art. 5 mantiene unitario il profilo oggettivo – la persona fisica e l’ente sono chiamati a rispondere dello stesso fatto – non altrettanto avviene sul piano soggettivo. Su tale versante, infatti, mentre il dolo della persona fisica resta “fermo”, ed è indispensabile perché sorga la correlativa responsabilità dell’ente, nel caso della societas la responsabilità, sulla base degli artt. 6 e 7, potrà derivare da un concorso doloso in fatto doloso o da un concorso colposo in fatto (sempre) doloso».

174

MASULLO M. N., Colpa penale e precauzione, op. cit., 140 e ss. 175

PIERGALLINI C., Il Modello organizzativo alla verifica della prassi, in Gli speciali, D.Lgs. 231: 10

anni di esperienze, Le società, Anno XXX, 52

176

MASULLO M. N., Colpa penale e precauzione, op. cit., 141 e ss., 177

MASULLO M. N., Colpa penale e precauzione, op. cit., 141 e ss., l’autrice sottolinea che si tratta di «una logica non dissimile, mutatis mutandis, da quella per cui la scoperta sui conti bancari del presunto

corrotto del denaro frutto della tangente ne comprovi la sua partecipazione, necessaria, al factum

sceleris o il rinvenimento di una parte della refurtiva presso un soggetto che non ha preso materialmente

185 significatività nel caso in cui venisse accertato che l’organo dell’ente abbia agito per un suo interesse esclusivo.

Bisogna, tuttavia, soffermarsi sulle peculiarità dei delitti colposi commessi in violazione della normativa della salute e sicurezza del lavoro che, quali c.d. reati – attività, «si situano nel cono d’ombra del rischio d’impresa» 178. Infatti, le attività nel cui ambito possano derivare per colpa eventi lesivi sono necessariamente ed istituzionalmente legate all’ente, di cui non si dovrà, pertanto, provare un coinvolgimento nel reato tramite i criteri dell’interesse o vantaggio. Con riguardo a tali reati, infatti, il collegamento del fatto della persona fisica a quello dell’ente è già operato ab origine dalla disciplina extrapenale di riferimento, la quale non solo individua i garanti e i responsabili della sicurezza sul lavoro, ma anche gli obblighi prevenzionistici che questi devono rispettare al fine di evitare una responsabilità colposa individuale 179.

In questa prospettiva, si potrebbe allora inquadrare la responsabilità dell’ente da reato colposo all’interno del Modello, proprio del diritto penale classico, della cooperazione nel delitto colposo ex art. 113 c.p. Infatti, sarebbe senz’altro integrato il requisito minimo di tipo psicologico, il quale richiede la consapevolezza dell’altrui condotta: il soggetto qualificato, rivestendo una posizione di garanzia, è infatti destinatario di obblighi in materia di salute e sicurezza del lavoro, di cui l’ente avrebbe sicuramente consapevolezza dal punto di vista organizzativo 180.

La stessa Corte di Cassazione, contraddicendo la tesi più rigorosa che ritiene che il requisito minimo sia sempre soddisfatto dalla consapevolezza dell’altrui condotta colposa, ha recentemente ribadito che la cooperazione nel delitto colposo «non richiede la consapevolezza del carattere colposo dell’altrui condotta in tutti quei casi in cui il

178

PIERGALLINI C., Il Modello organizzativo, op. cit., 52. 179

MASULLO M. N., Colpa penale e precauzione, op. cit., 145 e ss. 180

MASULLO M. N., Colpa penale e precauzione, op. cit., 147 e ss., l’autrice tuttavia osserva che potrebbe sorgere qualche dubbio in merito alla necessità che, per rispettare la natura di cooperazione colposa, si debba rinvenire sempre in capo ai cooperanti l’inosservanza di una specifica regola cautelare. In senso contrario v. ASTROLOGO A., Concorso di persone e responsabilità delle persone giuridiche, in

Ind. pen., 2005, 1028, secondo cui «il requisito della consapevolezza di collaborare con la propria condotta all’altrui difficilmente può essere calato in un organismo pluripersonale, che, in quanto tale, risulta ontologicamente incompatibile con un requisito siffatto; ne deriva che, in una prospettiva de iure condendo, non si potrà ipotizzare una cooperazione colposa tra la persona fisica e la persona giuridica e, pertanto, non si potrà neppure estendere la disciplina di cui all’art. 113 c.p.».

186 coinvolgimento di più soggetti sia imposto dalla legge ovvero da esigenze organizzative connesse alla gestione del rischio» 181.

Accogliendo tale tesi, sarebbe ascrivibile oggettivamente all’ente non solo le inosservanze colpose della persona fisica compatibili con un interesse o un vantaggio dell’ente, bensì qualsiasi tipo di colpa individuale attinente all’attività lavorativa, «perfino una colposa sottovalutazione dei rischi per imperizia che non abbia comportato alcuna vantaggio in termini economici» 182.

Ai fini dell’ascrizione della responsabilità dell’ente, sotto forma di cooperazione nel delitto colposo, sarebbe dunque sufficiente provare che la societas abbia avuto consapevolezza dell’altrui condotta, che sia ravvisabile una colpa di organizzazione e, infine, che una «organizzazione colposa» dell’ente abbia avuto un valore causale rispetto al fatto tipico della persona fisica 183.

Infine, una volta superato il dogma dell’unicità del titolo di responsabilità dei concorrenti, si ritiene che la colpevolezza dell’ente potrebbe manifestarsi anche sotto forma di concorso doloso in fatto colposo, ben potendo verificarsi l’ipotesi di un’organizzazione dolosamente preordinata al mancato adeguamento della normativa in materia della salute e sicurezza sul lavoro 184.

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