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3. Le soluzioni prospettate in dottrina

3.2. La tesi dell’interesse mediato

Un primo orientamento euristico prospetta una soluzione interpretativa che può apparire molto simile a quella che riferisce i criteri obiettivi alla condotta del reo, ma che ad una attenta analisi si presenta alquanto differente 133. Innanzitutto i sostenitori di tali tesi, aderendo alla concezione monistica dei criteri d’imputazione di cui all’art. 5 d.lgs. n. 231 del 2001 e conferendo una valenza oggettiva all’interesse, distinguono tra interesse mediato ed interesse immediato.

Il collegamento tra il criterio di interesse ed il reato commesso dalla persona fisica è immediato quando quest'ultimo è realizzato direttamente nell'interesse dell'ente. Si tratta di un’ipotesi facilmente individuabile nei delitti dolosi. L’interesse risulta, invece, mediato quando il reato si compie nello svolgimento di un’attività lecita dell’ente, a sua volta orientata al perseguimento di quell’interesse 134.

Con riferimento ai reati colposi, allora, l’interesse non può che essere mediato, dal momento che non è il reato, bensì l'attività nel cui ambito la condotta viene posta in essere a risultare funzionale all’interesse della societas 135. In tale prospettiva, sarà ascrivibile la responsabilità all’ente ogni qualvolta «il fatto, anche colposo, sia stato commesso dal soggetto qualificato nell’espletamento delle attività ‘istituzionali’, proprie dell’ente di appartenenza, senza indagare né su particolari ‘finalità’ avute di mira dall’agente individuale, né tanto meno su concreti vantaggi che la persona giuridica abbia tratto dall’accaduto: prospettiva, quest’ultima, quasi raccapricciante

essere realizzata (ex ante) nell’interesse dell’impresa». In senso analogo v. SCOLETTA M. M., La responsabilità da reato, op. cit., 908, secondo cui un’interpretazione oggettiva del requisito dell’interesse

«approderebbe infatti ad una sostanziale interpretatio abrogans, in relazione ai fatti colposi, dei criteri

oggettivi di imputazione tipizzati dall’art. 5 e quindi ad una estensione contra legem della portata punitiva del d.lgs. n. 231/2001».

133

Ritiene invece che tale interpretazione, al di là del dato nominalistico, sia sovrapponibile alla tesi che riferisce i criteri oggettivi alla condotta VITARELLI T., Infortuni sul lavoro, op. cit., 700.

134

DE SIMONE G., La responsabilità da reato degli enti nel sistema sanzionatorio italiano: alcuni

aspetti problematici, in Riv. trim. dir. pen. econ., 2004, 673.

135

174 nella sua pretesa rilevanza selettiva, se comparata con l’elevato spessore dei beni giuridici in gioco» 136.

Secondo tale impostazione, l’interesse sussiste quando la condotta del reo risulti orientata alla promozione e alla gestione degli interessi economici – finanziari dell’ente e, inoltre, nel caso in cui sia collocata funzionalmente nell’ambito dell’attività istituzionale dell’impresa stessa 137.

L’interesse sarà individuato in concreto nell’idoneità della condotta, attiva od omissiva, ad avere efficacia causale rispetto all’evento infortunistico, «e su quella, e solo su quella, si dovrà calcolare l’effetto di risparmio che l’ente ha ottenuto» 138.

Tuttavia, questo orientamento configura un criterio d’imputazione diverso da quello previsto nell’art. 5 d.lgs. n. 231 del 2001, il quale sarebbe così introdotto per via interpretativa, con il rischio di porsi in contrasto con il divieto di analogia in malam partem 139.

136

DE VERO G., La responsabilità, op. cit., 279 e ss., l’autore precisa che per “attività istituzionali” si debba intendere nell’esercizio di «attività (commerciali) conformi allo scopo imprenditoriale»; DI GIOVINE O., Lineamenti, op. cit., 73 e ss., l’autrice, che aderisce alla concezione dualistica dei criteri oggettivi d’imputazione, ritiene che «allo scopo di evitare una indesiderabile interpretatio abrogans, si

potrebbe tentare di leggere la previsione normativa come se faccia riferimento ai “reati commessi nell’ambito di attività compiute nell’interesse o a vantaggio” dell’ente, vale a dire, proiettando la motivazione soggettiva dell’agente sull’attività che giace alla base della responsabilità colposa (sovente improntata ad un “risparmio dei costi”), piuttosto che direttamente sull’evento finale»; PICILLO A., L’infortunio sul lavoro, op. cit., 22, l’autore ritiene, invece, che l’accertamento dell’interesse dovrà

coinvolgere l’analisi sulle finalità della condotta dell’agente, le quali ai fini dell’ascrizione della responsabilità all’ente devono essere orientate verso la realizzazione di un compito istituzionale dell’ente: il giudice dovrà verificare, non solo, se la condotta abbia rilevanza causale nei confronti dell’evento, ma soprattutto se la stessa si inserisca nel contesto dell’attività istituzionale dell’ente.

137

DE VERO G., La responsabilità, op. cit., 160, l’autore afferma che interpretare il criterio dell’interesse in senso oggettivo vuol dire che «l’illecito compiuto dall’autore individuale deve collocarsi in una

prospettiva funzionale, di gestione degli interessi e di promozione delle attività che definiscono e circoscrivono il profilo di “soggettività” dell’ente collettivo». Critico nei confronti di tale impostazione è

SCOLETTA M. M., La responsabilità da reato delle società, op. cit., 904 e ss., il quale osserva che « la

obiettivizzazione del criterio dell’interesse è spinta da autorevoli sostenitori di tale orientamento fino a riconoscerne presuntivamente gli estremi nel fatto stesso della carente o inefficiente organizzazione aziendale, in quanto le violazioni cautelari avvenute nello svolgimento dell’attività istituzionale del la

societas non sarebbero mai espressione (esclusiva) della colpa individuale, bensì (sempre ed anche) della

stessa politica d’impresa — e pertanto commesse nell’interesse oggettivo dell’ente».

138

Sul punto v. D’ANGELO N., Infortuni sul lavoro: responsabilità penali e nuovo Testo Unico, Maggioli Editore, 2008, 554, l’autore osserva che nella maggior parte dei casi sarà accertato un risparmio o un vantaggio economico dell’ente di entità ridotta, e ciò perché è «l’intera gestione della sicurezza che

costa, non il singolo intervento». Nello stesso senso v. GUERRINI R., Le modifiche al decreto, op. cit.,

147, il quale aggiunge che un risparmio o un vantaggio economico di piccola entità potrà avere ricadute sul piano sanzionatorio, comportando l’inapplicabilità di sanzioni interdittive, salva la ricorrenza di precedenti condanne.

139

DE SIMONE G., La responsabilità, op. cit., 45, l’autore afferma che una prova di tale conclusione è costituita dal fatto che il Progetto Grosso prevede che “i reati realizzati nello svolgimento dell’attività

175 Infine, si osserva che una tale interpretazione verrebbe a configurare una responsabilità oggettiva. Infatti, con riferimento ai reati colposi, l’illecito non potrà mai essere compiuto nell’esclusivo interesse dell’autore individuale, in quanto la condotta del reo si colloca sempre nell’ambito dell’attività d’impresa, e pertanto l’illecito risulterà in ogni caso posto in essere nell’interesse dell’ente 140.

3.3. La tesi che ravvisa l’interesse dell’ente se la condotta colposa è realizzata da

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