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La tesi che distingue tra colpa c.d cosciente e colpa c.d incosciente

3. Le soluzioni prospettate in dottrina

3.4. La tesi che distingue tra colpa c.d cosciente e colpa c.d incosciente

Una seconda impostazione, aderendo alla concezione soggettiva di interesse, propone di individuare una diversa soluzione a seconda che si tratti di colpa cosciente o di colpa incosciente 150.

Nell’ipotesi di colpa cosciente, la persona fisica che commette il reato è pienamente consapevole di agire in violazione di una regola cautelare che dovrebbe osservare nella situazione concreta. In tal caso, sarebbe certo possibile sostenere che la condotta inosservante è stata tenuta nell’interesse della persona giuridica: «nel caso di condotta illecita improntata ad un atteggiamento soggettivo di colpa cosciente, se certo risulta estraneo alla volontà del soggetto agente il verificarsi dell’infortunio, non altrettanto può dirsi con riferimento alla condotta di violazione delle prescrizioni cautelari, la cui inosservanza assai di frequente è determinata dalla decisione di evitare che la società ne sopporti i costi economici necessari per il relativo adempimento» 151. Basti pensare, per esempio, al caso in cui il datore di lavoro, al fine di ottenere dei risparmi sui costi di gestione dell’azienda, ometta comportamenti doverosi imposti da norme di natura cautelare, e, in seguito a tale omissione, si verifichi un infortunio sul lavoro 152 .

L'interesse, inteso nella sua accezione soggettivo – psicologica, risulta invece ontologicamente incompatibile con gli illeciti connotati da colpa incosciente, in cui non si ravvisa alcun atteggiamento finalistico da parte dell'autore individuale, il quale ignora di agire in violazione di norme cautelari. In questi casi, il collegamento oggettivo del reato all’ente può essere affidato al solo criterio del vantaggio 153, rappresentato dal

150

In questo senso v. SANTORIELLO C., Violazioni delle norme antinfortunistiche, op. cit., 171 e ss. 151

SANTORIELLO C., Violazioni delle norme antinfortunistiche, op. cit., 161 e ss., l’autore aggiunge che proprio perché in questi casi la persona fisica ha volutamente non osservato le regole cautelari, bisognerà accertare per quali ragioni abbia commesso una tale violazione: se infatti si tratta di condotta imprudente e negligente posta in essere per l’esclusivo interesse dell’agente o di terzi , ai sensi dell’art. 5, comma 2 d.lgs. n. 231 del 2001, la persona giuridica dovrà andare esente da responsabilità.

152

SANTORIELLO C., Violazioni delle norme antinfortunistiche, op. cit., 173 e ss., l’autore utilizza come esempio quello dell’amministratore di una società che, per ottenere un risparmio sui costi di gestione dell’impresa, ometta di provvedere alla messa in sicurezza di taluni macchinari presenti nei luoghi di lavoro, il cui cattivo funzionamento determina poi un incidente, e il conseguente infortunio, di un operaio.

153

179 risparmio di spesa, dall’aumento della produttività e del profitto ovvero da un risparmio dei tempi operativi 154.

Un primo argomento posto a sostegno di tale orientamento è il riferimento agli artt. 5, comma 2 e 12, comma 1, d.lgs. n. 231 del 2001, che rispettivamente escludono la responsabilità della societas per i reati commessi dall’agente nell’interesse esclusivo proprio o di terzi, o determinano una riduzione della sanzione pecuniaria per i reati commessi nell’interesse prevalente proprio o di terzi. Tali disposizioni sembrano non avere effetti con riferimento ai reati colposi: con riferimento a tali tipologie criminose, infatti, non si potrà mai rinvenire né un interesse esclusivo della persona fisica, né un suo interesse prevalente, dal momento che la persona fisica commette il reato senza volerlo. Quindi, essendo configurate esclusivamente in relazione al requisito dell’interesse, tali previsioni saranno riferibili eccezionalmente ai soli delitti dolosi, connotati dalla tensione finalistica della condotta della persona fisica. Con riferimento ai reati colposi, invece, ai fini della valutazione della responsabilità dell’ente potrà utilizzarsi il solo criterio del vantaggio in chiave patrimoniale 155.

La rilevanza autonoma del criterio del vantaggio con riferimento ai reati colposi sarebbe, inoltre, confermata dall’art. 8 d.lgs. n. 231 del 2001, che stabilisce la sussistenza della responsabilità dell’ente anche nel caso in cui l’autore del reato non sia identificato o non sia imputabile. Ebbene, se si dovesse ritenere che l’unico criterio rilevante sia l’interesse, inteso sia con valenza oggettiva che soggettiva, in queste ipotesi il reato non sarebbe mai ascrivibile alla societas: infatti, se si dovesse intendere l’interesse in senso soggettivo, qualora non si possa individuare l’autore materiale del fatto non si potrebbe accertare processualmente se il fatto sia stato commesso nel suo interesse esclusivo o prevalente; viceversa, se si dovesse conferire valenza oggettiva all’interesse, non si potrebbe accertare se l’agente fosse destinatario di regole cautelari

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.

154

BRICCHETTI R. – PISTORELLI L., Responsabili anche gli enti coinvolti, op. cit., 41, secondo cui l’unico parametro realmente rilevante sia il vantaggio, da rilevarsi ex post, che si traduce o in un risparmio di spesa, conseguente alla mancata adozione delle misure di sicurezza richieste, nella situazione concreta, per prevenire il rischio che si verifichino eventi del tipo di quelli previsti negli artt. 589 e 590 c.p., o in un risparmio dei tempi richiesti per lo svolgimento dell’attività produttiva.

155

Sul punto v. AMARELLI G., I criteri oggettivi, op. cit., 130; PICILLO A., L’infortunio sul lavoro, op. cit., 16.

156

180 Tuttavia, anche tale impostazione dottrinale si presta ad alcune obiezioni, alcune già mosse alla concezione secondo cui l’interesse e il vantaggio costituiscono concetti giuridicamente diversi riferibili alla condotta dell’autore materiale.

Innanzitutto, si dubita della reale capacità selettiva del criterio del vantaggio, il quale consentirebbe invero l’estensione della responsabilità dell’ente a tutti quei casi in cui il vantaggio è un evento fortuito della condotta della persona fisica, contraddicendo così la ratio legis che invece impone di trovare un collegamento non casuale tra il fatto e l’autore del reato 157. A tale critica, si replica che l’imputazione all’ente del reato non si basa sui soli criteri oggettivi, ma opera di concerto con quello soggettivo della cd. colpa di organizzazione (artt. 6 e 7 d.lgs. n. 231 del 2001) e, inoltre, si ribadisce la funzione selettiva del vantaggio, soprattutto se valutato in termini economici.

In secondo luogo, si ritiene che tale orientamento possa lasciare ampie aree di impunità. Tale «difetto insanabile» 158 sarebbe, infatti, rinvenibile nei casi in cui l’autore materiale del fatto ometta le cautele doverose poiché indotto da una certa cultura imprenditoriale oppure per mera trascuratezza, cosicché il reato che consegue non potrà essere ascritto all’ente se non ne deriva un utile 159.

Inoltre, si afferma che il principio costituzionale della personalità della responsabilità penale non sarebbe sufficientemente garantito dal solo criterio del vantaggio, il quale risulta slegato da dati riconducibili all’atteggiamento complessivo dell’ente 160.

Infine, si osserva come la distinzione tra colpa cosciente e colpa incosciente sia in concreto difficilmente praticabile. Nella prassi applicativa le ipotesi di colpa cosciente sono statisticamente rare, in quanto si preferisce contestare la colpa incosciente e, dunque, prescindere dal riferimento a coefficienti psicologici effettivi. Ciò risulta ancora più vero nello specifico settore della sicurezza del lavoro, «dato il consueto originare della colpa da condotte inconsapevolmente negligenti, imprudenti o imperite, ovvero da valutazioni inadeguate del rischio» 161.

157

In questo senso v. AMATI E., La responsabilità degli enti per reati colposi, op. cit., 44 e ss.; IELO P.,

Lesioni gravi, op. cit., 59; SELVAGGI N., L'interesse dell'ente collettivo, op. cit., 28.

158

In questo senso v. PICILLO A., L’infortunio sul lavoro, op. cit., 17. 159

VITARELLI T., Infortuni sul lavoro, op. cit., 700, l’autrice evidenzia che una tale interpretazione «peraltro risulta "notevolmente riduttiva", atteso che, nelle ipotesi di colpa incosciente, esclude la

responsabilità dell'ente per omicidio o lesioni colposi qualora questi non abbia conseguito alcun vantaggio dalla mancata adozione delle norme cautelari».

160

ARENA M. – CASSANO G., La giurisprudenza sul d.lg. n. 231/2001, op. cit., 58. 161

VITARELLI T., Infortuni sul lavoro, op. cit., 700, l’autrice aggiunge che «pare più convincente

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3.5. La tesi che concepisce il criterio di imputazione oggettiva come legame causale

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