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2. I criteri d’imputazione dell’interesse o vantaggio: la problematica compatibilità con

2.3. La tesi monistica

Un’ulteriore questione ermeneutica, dibattuta in dottrina e giurisprudenza, riguarda la natura da attribuire ai criteri dell’interesse o vantaggio.

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In questo senso v. AMARELLI G., I criteri oggettivi, op. cit., 110; PISTORELLI L., in Codice di

procedura penale commentato, a cura di A. GIARDA e G. SPANGHER, Ipsoa, 2010, Tomo III, p. 9440

ss., il quale sottolinea che la delimitazione applicativa del decreto ai soli soggetti (pubblici e privati) “economici”, è coerente con la «elezione del movente economico a criterio di selezione dei soggetti

destinatari della normativa»; PICILLO A., L’infortunio sul lavoro, op. cit., 13, secondo cui «dal conteso in cui opera il decreto 231 - la realtà imprenditoriale, dominata da una logica economica - si ritiene possibile, in quanto aderente al dettato normativo, una lettura meramente economica del vantaggio».

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Tribunale Milano, 20/12/2004, in Dir. e prat. soc., 2005, 6, 69. 72

FORTI G., Uno sguardo ai “piani nobili”, op. cit., 1253. La rilettura in chiave economica del vantaggio è assai criticata, dato che rischia di tenere fuori dalla tutela “penale” situazioni altrettanto meritevoli. Ad esempio, sulla base di tale assunto, non sarebbero “punibili” gli enti quando la violazione delle regole cautelari dipenda una culpa in vigilando e ciò non si traduca in un effettivo profitto o risparmio di spesa per l’ente, soprattutto se si volge lo sguardo alla rilevanza dei beni giuridici in gioco; DE VERO, La responsabilità, op. cit., 280.

157 Un primo orientamento, c.d. monistico, conferisce natura unitaria ai criteri dell’interesse e del vantaggio, rappresentando quest’ultimo «un semplice pleonasmo, privo di alcun valore denotativo ulteriore rispetto al criterio dell’interesse» 73 o, comunque, svolgendo un ruolo meramente processuale, essendo infatti deputato a dimostrare la sussistenza ex post di un interesse presente ex ante 74. Secondo questa parte della dottrina, l’interesse costituirebbe l’unico criterio rilevante per l’ascrizione del reato – presupposto all’ente, in quanto il vantaggio sarebbe una sorta di variabile casuale, di per sé non idoneo a fondare una responsabilità da reato della societas, rappresentando esclusivamente una prova dell’effettiva sussistenza dell’interesse 75.

La tesi in esame risulterebbe confermata dalla lettura sistematica del primo comma dell’art. 5 d.lgs. n. 231 del 2001 in combinato disposto con il comma 2. Tale disposizione stabilisce l’esclusione della responsabilità dell’ente nel caso in cui il reato- presupposto sia commesso «nell’interesse esclusivo dell’autore o di un terzo». Se ne deduce che, ai fini della sussistenza della responsabilità dell’ente, è necessario che sia ravvisabile nella realizzazione dell’illecito un interesse dell’autore individuale

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AMARELLI G., I criteri oggettivi di ascrizione, op. cit., 105. Propendono, tra gli altri, per questa tesi: SELVAGGI N., L'interesse dell'ente collettivo, op. cit., 112, secondo cui bisogna attribuire alla disposizione di cui all’art. 5 d.lgs. n. 231 del 2001 un «significato unitario, polarizzato sul concetto

stabile e pregnante d’interesse»; PULITANÒ D., La responsabilità “da reato” degli enti: i criteri d’imputazione, op. cit., 425 e ss., il quale sostiene: «credo sia preferibile interpretare i due termini come un endiadi che addita un criterio unitario, riconducibile ad un interesse dell’ente inteso in senso obiettivo»; DE VERO G., La responsabilità, op. cit., 156 e ss.; VITARELLI T., Infortuni sul lavoro, op.

cit., 703 e ss.; DE MAGLIE C., L’etica e il mercato, op. cit., 332. 74

In tale senso DE SIMONE G., La responsabilità da reato degli enti, op. cit., 38, l’autore a proposito del requisito del vantaggio afferma che «deve ritenersi che l’unica chiave di lettura che consenta di attribuire

a questo criterio un’autonoma rilevanza – perlomeno in relazione ai fatti dolosi – sia quella processualistica: l’accertato conseguimento di un vantaggio per la persona giuridica dovrebbe determinare un’inversione dell’onere della prova, nel senso che dovrebbe comportare una presunzione

juris tantum circa la sussistenza di un interesse della persona giuridica, alla quale spetterà, pertanto, il

dover dimostrare che l’autore ha commesso il reato-presupposto nell’interesse esclusivo proprio o di terzi, così da rompere il nesso di immedesimazione organica che altrimenti lo avrebbe legato alla societas». Nello stesso senso v. FOFFANI L., in AA.VV., Societas puniri potest. La responsabilità da reato degli enti collettivi, Cedam, 2003, 672 e ss., il quale evidenzia che «il perseguimento anche dell’interesse dell’ente dovrà essere presente sin dall’inizio nell’orientare, secondo una prospettiva ex

ante, la condotta illecita della persona fisica; il criterio del vantaggio, pertanto, non sembra avere altro

che un valore sintomatico ex post dell’avvenuto perseguimento dell’interesse della persona giuridica».

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DE SIMONE G., La responsabilità da reato degli enti, op. cit., 34; POTETTI D., Interesse e vantaggio

nella responsabilità degli enti (art. 5 del d.lgs. n. 231 del 2001), con particolare considerazione per l’infortunistica del lavoro, in Cass. Pen., fasc. 5, 2013, 2037, l’autore osserva che «l'esistenza di un vantaggio ex post servirebbe a dimostrare che ex ante quel vantaggio è stato perseguito; il che, par di capire, consentirebbe di affermare nel processo che siccome è ravvisabile un vantaggio in capo all'ente (ex post), evidentemente ex ante si è agito per raggiungerlo, e quindi nell'interesse dell'ente medesimo».

158 quantomeno coincidente con quello della societas (c.d. interesse misto) 76. Il requisito del vantaggio sarebbe, invece, irrilevante ai fini del giudizio di ascrizione del reato all’ente, dal momento che la responsabilità della societas può essere esclusa nonostante quest’ultima abbia beneficiato di un vantaggio oggettivo dalla commissione del reato 77. Secondo alcuni autori, in tale contesto il vantaggio sarebbe dotato esclusivamente di una valenza meramente probatoria, in quanto qualora in sede di accertamento giudiziale venga accertata la sua sussistenza, spetterà alla societas provare, secondo un meccanismo di inversione dell’onere probatorio, che l’autore individuale abbia agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi 78.

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DI GIOVINE O., Lineamenti sostanziali, op. cit., 71, la quale evidenzia che l’art. 5, comma 2 d.lgs. n. 231 del 2001 appare superflua in rapporto al requisito dell’interesse, ma non con riferimento al requisito del vantaggio, la cui operatività risulta limitata, se non addirittura vanificata; DE VERO G., La

responsabilità, op. cit., 158; DE SIMONE G., La responsabilità, op. cit., 34 e ss.; PECORELLA C., Principi generali, op. cit., 83, l’autore sostiene che «appare […] difficile immaginare un reato che non sia stato commesso, neppure in parte, nell’interesse dell’ente, ma neanche nell’interesse esclusivo dell’agente o di terzi, e che risulti esser stato commesso a suo vantaggio»; COCCO G., L’illecito degli enti, op. cit., 90 e ss., l’autore a proposito dell’art. 5, comma 2 d.lgs. n. 231 del 2001 afferma che «non pare tanto una circostanza oggettiva (o soggettiva) di esclusione della responsabilità, come può indurre a ritenere il complesso modo in cui è congegnata, quanto, piuttosto, una specificazione dell'elemento che fonda la responsabilità dell'ente in esame, che è dunque costituito -- a dispetto della previsione alternativa di interesse o vantaggio -- dalla commissione del reato, quanto meno in parte, nell'interesse dell'ente».

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POTETTI D., Interesse e vantaggio, op. cit., 2037, l’autore afferma che «mancando l'interesse, anche

solo concorrente, dell'ente, è del tutto inutile (ai fini della responsabilità dell'ente medesimo) l'eventuale esistenza del solo vantaggio. In altre parole, l'interesse è elemento sufficiente (comma 1) e necessario (comma secondo) per affermare la responsabilità dell'ente, mentre il vantaggio non solo non è necessario (comma 1), ma non è nemmeno sufficiente (comma 2)»; DE VERO G., La responsabilità, op. cit., 159,

l’autore sostiene che non si possa condividere la controbiezione dei sostenitori della tesi dualistica, per cui aderire alla tesi dell’irrilevanza del vantaggio comporterebbe una parziale abrogazione dell’art. 5, comma 1 d.lgs. n. 231 del 2001. L’autore evidenzia, infatti, che «anche la tesi opposta potrebbe

comportare analogo effetto con riguardo, specularmente, all’art. 5, comma 2, in quanto condurrebbe ad affermare la responsabilità dell’ente che abbia conseguito un vantaggio a seguito di un reato commesso nell’esclusivo interesse altrui»; GUERRINI R., Le modifiche al decreto, op. cit., 144, l’autore osserva che

l’art. 5, comma 2 d.lgs. n. 231 del 2001 «implica necessariamente che l’acquisizione di un vantaggio per

l’ente non costituisce un criterio d’imputazione effettivamente operante, alternativo “all’aver agito nell’interesse”. Se ex ante risultasse esclusa la presenza di almeno un cointeresse dell’ente, il meccanismo di imputazione verrebbe ad interrompersi, a prescindere dalla considerazione per ogni vantaggio che esso abbia occasionalmente condiviso»; MEREU A., La responsabilità da reato degli enti collettivi e i criteri di attribuzione della responsabilità tra teoria e prassi, in Ind. pen., 2006, 58,

secondo cui «il riferimento al vantaggio risulta del tutto privo di utilità, dovendo il reato essere

commesso sempre quantomeno nell’interesse parziale dell’ente».

78

Come osservato da FERRUA P., Procedimento di accertamento e di applicazione delle sanzioni, in

Dir. pen. proc., 2001, 1482, il vantaggio ottenuto dalla societas diviene irrilevante se risulta che la

persona fisica ha agito nell’esclusivo interesse proprio o di terzi, e quindi «il rischio della mancata prova

grava inevitabilmente sulla difesa»; DE SIMONE G., La responsabilità, op. cit., 38 e ss., l’autore

sostiene che la valenza probatoria del vantaggio troverebbe una conferma «a livello normativo, nell’art

187-quinquies, comma 3, t.u.fin. (d.lgs. n. 58 del 1998), che testualmente recita: «l’ente non è responsabile se dimostra che le persone indicate nel comma 1 [vale a dire i soggetti in posizione apicale e coloro che sono sottoposti alla direzione o vigilanza di uno di essi] hanno agito esclusivamente nell’interesse proprio o di terzi». Tale disposizione, dunque, ben lungi dal rappresentare una deroga alla

159 L’art. 5, comma 2 d.lgs. n. 231 del 2001 contempla, secondo quanto stabilito dalla stessa Relazione di accompagnamento, il caso di rottura del rapporto di immedesimazione organica, in quanto il reato non è stato commesso neppure in parte nell'interesse dell'ente 79. Il giudice non dovrà neanche verificare se l'ente abbia eventualmente tratto un vantaggio dalla condotta del reo, in quanto in tal caso «si tratterebbe di un vantaggio "fortuito", come tale non attribuibile alla "volontà" dell'ente» 80.

Un’ulteriore conferma dell’irrilevanza del criterio del vantaggio è ravvisabile nell’art. 12, comma 1, lett. a, d.lgs. n. 231 del 2001. La norma prevede una riduzione della metà della sanzione pecuniaria, qualora l’autore individuale del reato abbia commesso il fatto nel prevalente interesse proprio o di terzi e l’ente non ne abbia ricavato vantaggio o ne abbia ricavato un vantaggio minimo. Ai fini dell’ascrizione dell’illecito all’ente, è dunque sufficiente la sussistenza di un interesse dello stesso, anche solo parziale e marginale, non assumendo rilevanza l’assenza in concreto del vantaggio 81.

La disposizione dell’art. 5, comma 1 d.lgs. n. 231 del 2001 risulterebbe, pertanto, in perfetta armonia con l’art. 25 ter d.lgs. n. 231 del 2001 82, il quale, con riferimento ai reati societari, stabilisce che ai fini della responsabilità dell’ente è sufficiente che l’autore individuale abbia agito nell’interesse della società, senza che rilevi in alcun modo il requisito del vantaggio. L’art. 25 ter non costituirebbe, secondo quanto stabilito regola generale posta nell’art. 5 del d.lgs. 231, è invece un’esplicita conferma della prospettata interpretazione processualistica del combinato disposto dei suoi due commi»; PALIERO C.E., La responsabilità delle persone giuridiche: profili generali e criteri d’imputazione, in AA. VV., Il nuovo diritto penale della società, a cura di A. ALESSANDRI, Giuffrè, 2002, 52, l’autore ritiene che l’art. 5,

comma 2 d.lgs. n. 231 del 2001 sia una causa oggettiva di esclusione della responsabilità. In senso contrario v. COCCO G., L’illecito degli enti, op. cit., 90 e ss., l’autore ritiene invece evidente che l'onere della prova dell'elemento costitutivo dell'illecito cada in capo all'accusa; EPIDENDIO T., Art. 5, op. cit., 43 e ss, secondo l’autore non si può condividere la tesi dell’inversione dell’onere probatorio, in quanto dalla lettera della disposizione si può ritenere che l’interesse e il vantaggio siano elementi costitutivi dell’illecito e dunque il relativo onere probatorio deve ricadere sull’accusa, «secondo un’articolazione di

strategie processuali di accusa e difesa, che vede l’accusa onerata della dimostrazione di un interesse dell’ente ancorché non esclusivo e la difesa impegnata, solo in replica ai risultati eventualmente raggiunti sul punto dall’accusa, a dimostrare che invece l’interesse è esclusivamente dell’autore del reato o di terzi ovvero che sussistono elementi impeditivi della responsabilità o di determinate sanzioni».

79

Relazione al d.lgs. n. 231 del 2001, §3.2. 80

Cassazione penale, sez. VI, 23/06/2006, n. 32627, in Guida al diritto, 2006, 42, 61 e ss. GUERRINI R., Le modifiche al decreto, op. cit., 144, l’autore osserva che la valutazione da parte del giudice del requisito del vantaggio potrebbe rilevare esclusivamente nella fase commisurativa della sanzione, in particolare nell’ipotesi di cui all’art. 12, comma 1, lett. a d.lgs. n. 231 del 2001.

81

DE SIMONE G., La responsabilità, op. cit., 35. 82

La norma è stata introdotta dal d.lgs. n. 61 del 2002 (art. 3), in relazione ai reati in materia societaria previsti dal codice civile.

160 da alcuni autori 83, una deroga alla disciplina generale dei criteri obiettivi di ascrizione della responsabilità dell’ente, bensì ne rappresenterebbe una chiara riconferma, essendo l’interesse l’unico criterio d’imputazione rilevante 84.

Infine, ad ulteriore supporto a tale tesi si afferma che un eventuale accertamento giudiziale basato esclusivamente sulla valutazione della sussistenza del vantaggio comporterebbe il rischio di una dilatazione eccessiva dell’area di responsabilità dell’ente. La valorizzazione autonoma del parametro del vantaggio conferirebbe, infatti, rilevanza penale a tutti quei comportamenti delle singole persone fisiche che abbiano cagionato per l’ente conseguenze vantaggiose, anche fortuite, a prescindere da una valutazione in merito all’orientamento finalistico della condotta dell’autore individuale. Il vantaggio potrebbe, dunque, prescindere da un comportamento rimproverabile dell’ente e conseguire esclusivamente dalla condotta della persona fisica autrice del reato. In tal modo, vi sarebbe una palese violazione del principio di personalità della responsabilità penale, inteso nella sua accezione lata e moderna di rimproverabilità per il fatto proprio colpevole, di cui all'art. 27, comma 1, Cost. 85.

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