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I casi estrapolati, a titolo di esempio, dalla vasta produzione butleriana sul tema dell'identità, mostrano come rappresentazioni retoriche sapientemente costruite dai media e dalle comunicazioni istituzionali abbiano il potere di generare forti reazioni di paura e diffidenza nel pensiero quotidiano di milioni di cittadini statunitensi. Figure retoriche quali l'analogia – fra delinquenza e patologia mentale –, la metafora – il contagio come forma di diffusione dell'omosessualità modellata sulla forma di diffusione dell'AIDS –, la sineddoche – la non distinzione tra il singolo terrorista e l'intero mondo arabo e musulmano –, la metonimia – la trasmissione del “tabù” da un'azione a una persona –, il climax – l'accostamento ascensionale di offesa ricevuta, risentimento, denuncia alle autorità, rivolta sociale – sono alla base delle più comuni rappresentazioni dell'immaginario collettivo, nonché di molti argomenti politici, testi di legge, capi di imputazione, sentenze giudiziarie.

Grazie alle considerazioni svolte si può comprendere perché, nei lavori di Judith Butler, la retorica dei tropi funga da strumento decostruttivo di una “testualità” generale in cui l'altro aspetto della retorica, quello della persuasione213, gioca la parte meno vistosa ma più

importante. La diffusione di stereotipi, luoghi comuni, false notizie e informazioni parziali o tendenziose rappresenta la pars construens di operazioni di potere che, per mezzo di

212 Ivi, p. 96.

immagini ad hoc, epiteti denigratori e slogan razzisti, inducono nel senso comune forti reazioni di paura, di persecuzione, di vendetta.

Le parole d'ordine del potere normativo o, viceversa, lo spettro del contagio, del complotto, dell'immoralità sfruttano a proprio vantaggio la medesima confusione retorica tra parole e fatti, ipotesi e prove, rappresentazioni mediatiche e corpi in carne e ossa. Essi contribuiscono a diffondere una visione del mondo secondo la quale qualsiasi rappresentazione può dirsi dotata di un'infallibilità usualmente preclusa a ogni altra tipologia di agire: lo hate speech sarebbe di per sé capace di “produrre” la subordinazione sociale che le sue parole prefigurano, esattamente come assecondare un desiderio sessuale “deviante” avrebbe il potere di escludere dalla socialità rispettabile. L'stituzionalizzazione di questo tipo di pensiero – che Freud definirebbe “magico” – coincide non solo con l'incoraggiamento alla paura, alla segregazione spontanea, alla diffidenza nei confronti di ogni diversità; essa alimenta anche la convinzione che la libertà sia una cosa che può facilmente essere persa, sottratta, limitata da numerose cause esterne diverse da quelle regolarmente previste dalla legge.

Secondo Butler, l'intero insieme di questa visione a proposito della capacità di agire richiede una presa di distanza e un'interrogazione critica circa le sue reali condizioni di possibilità. Queste condizioni vanno cercate tra le scelte che hanno guidato la formulazione della teoria stessa e, in particolare, tra i residui “impensati” emergenti ai margini di questa proposta. Da una parte, infatti, l'intera società contemporanea riabilita la tesi di un soggetto sovrano dotato di ampi poteri di libertà, peraltro avallati dalla Costituzione come diritti fondamentali; dall'altra parte l'intervento “forte” di delimitazione degli spazi critici e dell'agibilità politica fanno parte di una serie di misure di deroga alla legge e vanno nella direzione di istituire uno “stato di eccezione”214 permanente.

La sospensione delle forme di diritto ordinario di fronte all'emergenza nazionale e la decisione di privare i detenuti di Guantanamo dello status di prigionieri di guerra protetto dalla Convenzione di Ginevra sono due manifestazioni di rilievo di «un nuovo modo di esercitare la sovranità dello stato, che si realizza al di fuori della legge e attraverso un'evoluzione delle burocrazie amministrative»215. La decisione in merito a chi processare e

chi detenere è affidata spesso a semplici funzionari che si arrogano il potere inappellabile di tenere in carcere qualcuno a tempo indeterminato.

La detenzione indefinita, l'affidamento di funzioni di giustizia a funzionari amministrativi, la censura di alcune forme di rappresentazione e di parola, sono tutte modalità con le quali il

214 Cfr. G. AGAMBEN, Stato di eccezione, Bollati Boringhieri, Torino 2003. Per la ricezione butleriana di

Agamben, cfr.: J. BUTLER, Vite precarie, cit., pp. 83-92; EADEM, La vita psichica del potere, pp. 151-152.

diritto viene sospeso per alcuni tratti di tempo e in aree specifiche. Questi provvedimenti di “sospensione” sono gli strumenti mediante i quali il diritto viene delimitato, la sua sfera d'azione è modificata, ristretta o allargata, a seconda degli orientamenti della giurisprudenza o, semplicemente, a seconda delle necessità dell'esecutivo di assorbire più potere. Un ulteriore mezzo di questa delimitazione è costituita dalla diffusione del panico paranoide e di luoghi comuni atti a intensificare la tensione tra i gruppi sociali.

Grazie alla psicoanalisi, «l'“io” si scopre straniero a se stesso nei suoi impulsi più elementari»216, e tuttavia il rapporto con l'estraneità non è affatto privo di difficoltà. Come

abbiamo visto negli esempi affrontati, esso si declina spesso in distorsioni e proiezioni “paranoidi” che impediscono l'instaurarsi di un vero dialogo con essa e che contrappongono risposte “censorie” ad alcune forme di dibattito politico pur di prevenire il rischio di una crisi di identità pubblica. Ciò che accade con queste iniziative di ordine censorio è che un'enunciazione di “secondo livello” – statale, giuridica, medica o mediatica in tutte le sue forme – definisce il senso dell'enunciazione di “primo livello” – la dichiarazione constativa “sono omosessuale” – e quest'ultima «non può essere definitivamente distinta dalle parole dello Stato da cui dipende la sua definizione»217. La logica del Congresso che avalla la

proposta dell'esercito americano di limitare il libero proferimento della propria omosessualità avrebbe lo scopo di conservare presso di sé il controllo della definizione di che cosa sia l'omosessualità: vale a dire, conservare l'appannaggio di quella definizione nelle mani e nella parole di coloro che non sono definiti da quell'appellativo. In questa strategia, l'omosessuale è qualcuno «la cui definizione deve essere lasciata ad altri, cui è negato l'atto della definizione di sé in relazione alla sua sessualità e la cui negazione di sé è un prerequisito per il servizio militare»218.

Ratificando una finzione dell'immaginario omofobico, cioè descrivendo come una condotta l'affermazione “sono omosessuale”, il regolamento statale ripete e attribuisce un certo valore semantico all'affermazione; in questo modo, esso compie a sua volta un atto locutorio di tipo performativo, cioè produce attivamente il contesto semantico che darà senso alla frase, ossia produce le “condizioni di performatività” di quella frase, il suo effetto sociale.

La circolarità che si instaura tra la costruzione di un potere performativo e la pretesa di esercitare una censura su quel potere è una circolarità che si gioca tra due diversi livelli, quello del regolamento e quello del singolo caso di enunciazione, i quali si intrecciano e si confondono a causa di una comune radice nella paura. Mentre l'atto locutorio che dice “sono

216 Ivi, p. 99.

217 J. BUTLER, Parole che provocano, cit. p. 138.

omosessuale” sembra suscitare una paura manifesta per il proprio potere performativo ed evocare un istinto di fuga di fronte all'irrompere di una diversità inattesa, il regolamento che cerca di mettere a tacere questa paura impone una categorizzazione fondata sul tacere e sul negare il proprio desiderio. Esso crea una classe di individui cui si vorrebbe sottrarre l'arbitrio di definire se stessi, cioè una classe di persone la cui parola ha potere solo se si auto-censura. Una categoria di persone che si definiscono in quanto non possono definirsi, bensì possono solo definire ciò che non faranno, ciò che non hanno intenzione di fare. Con intento repressivo pari all'azione della coscienza freudiana, l'esercito sembra basare la propria concezione del maschio eterosessuale come «omosessuale che nega se stesso»219.

Seguendo Freud, Butler intravede un meccanismo simile alla base della costruzione delle leggi sociali che fondano la “civiltà” inscindibilmente dal suo “disagio”. L'immaginazione che si ritorce contro se stessa è l'immaginazione che costruisce la norma e la sua devianza, e che contemporaneamente vorrebbe censurare la devianza emersa insieme alla norma. È precisamente la paranoia – immaginazione che si ritorce contro se stessa220 – che permette di

dare una forma alla categoria della cittadinanza militare come cittadinanza di “maschi omogeneamente eterosessuali”, quindi alla categoria dell'eterosessualità; ed è ancora la

paranoia a costituire al contempo la categoria dell'omosessualità come la categoria di coloro

che rappresentano “un'inversione” e che devono perciò realizzare un'inversione di segno contrario, accettando di idealizzare lo scopo sessuale per non viverlo nella pratica.

Nemmeno Freud, tuttavia, si è mantenuto al riparo dall'errore “paranoide” che si ritrova nella legislazione dell'esercito. Nel formulare una teoria sulle cause sessuali della paranoia, è caduto egli stesso in una descrizione paranoide della causalità. Ne Il meccanismo della

paranoia egli rigetta la spiegazione – a suo parere “riduzionistica” – che vorrebbe rinvenire

nelle “umiliazioni e sconfitte sociali” il motivo di questa disposizione psicologica. In base alla sua interpretazione, l'intento punitivo e persecutorio che il paranoico attribuisce ai gesti altrui sono una mera proiezione verso l'esterno di un senso di colpa inconscio che egli prova per i

219 Ivi, p. 156.

220 Cfr. S. FREUD, Über den paranoischen Mechanismus, in: Psychoanalytische Bemerkungen über einen

autobiographisch beschriebenen Fall von Paranoia (Dementia paranoides), (1911); trad. it. di C.L. Musatti, Il meccanismo della paranoia, in: Osservazioni psicoanalitiche su un caso di paranoia (dementia

paranoides) descritto autobiograficamente (caso del presidente Schreber), in Opere, cit., 1974, vol. 6, pp.

385-403. Freud spiega la paranoia come una forma di proiezione per la quale «una percezione interna è repressa e al suo posto il contenuto di essa, dopo aver subito una certa deformazione, perviene alla coscienza sotto forma di percezione esterna. Nel delirio di persecuzione la deformazione consiste in una trasformazione dell'affetto: ciò che dovrebbe essere sentito interiormente come amore è percepito come odio proveniente dall'esterno»: ivi, p. 392. Il risultato di ciò è una manifestazione esteriore che costituisce l'esatta

contraddizione di una realtà affettiva interiore. L'immaginazione, quindi, si “rivolta” contro se stessa, nel senso che lavora al servizio di una difesa che impedisce all'Io di accettare la propria vulnerabilità e la propria costitutiva dipendenza dall'altro.

propri desideri omosessuali221. In questa teoria, tuttavia, manca la ragione in grado di spiegare

perché mai un desiderio omosessuale comporti automaticamente lo svilupparsi di una fantasia di punizione che arriva a compromettere gravemente la vita sociale del paziente.

Secondo Judith Butler, ciò di cui questo saggio dà prova è in realtà la “paura paranoide” di Freud stesso. Nelle pagine dedicate a ricostruire l'eziologia di questa forma di psicosi, Freud opera infatti una sorprendente – e sintomatica – inversione della logica di causa-effetto che presiede alla formazione del sintomo perché descrive la fantasia proiettiva di persecuzione come effetto di una proibizione inconscia, psichica e interna, invece di scorgervi la conseguenza verosimile dell'ingiuria sociale che ricadrebbe immancabilmente su colui che confessasse un desiderio omosessuale222. Mentre denunciava il disagio della civiltà, e

illustrava come il formarsi dello spirito di cittadinanza si fondasse sulla repressione e sulla sublimazione delle tendenze omosessuali, il padre della psicoanalisi si lasciava insomma coinvolgere nella stessa sublimazione che descriveva. Solo che in questo modo, la spiegazione psicoanalitica dell'origine del sentimento sociale ha finito per gettare le basi teoriche di una nozione di omosessualità intesa come il “pre-sociale”, come ciò che sta fuori dal sociale e si rivolta contro di esso. Al contempo, la nozione del “sociale”, intesa come la regolamentazione del pre-sociale – del desiderio omo- o bisessuale, incestuoso e pre-edipico –, nascerebbe da uno spontaneo, e quindi incomprensibile, movimento di sublimazione223.

Trattando degli istinti di autoconservazione, Freud li considera istanze psichiche “narcisistiche”, attraversate da un desiderio essenzialmente anti-sociale. Pertanto, affinché la società veda la luce, queste istanze devono essere represse e ridirezionate da parte di ingiunzioni simboliche, deviate e incorporate in formazioni socialmente compatibili. L'ideale

221 «L'elemento paranoico della malattia è costituito dal fatto che per difendersi da una fantasia di desiderio omosessuale il paziente reagisce precisamente con un delirio di persecuzione di un certo tipo»: ivi, p. 385. 222 Scrive Freud: «proprio nella paranoia l'etiologia sessuale non è evidente affatto; al contrario, specie

nell'uomo, gli elementi più vistosi che paiono aver dato origine alla paranoia sono le umiliazioni e le sconfitte sociali. Tuttavia basta indagare appena un poco più in profondità per rendersi conto che il fattore che ha determinato questi danni di carattere sociale è stato proprio il concorso della componente omosessuale presente nella vita sentimentale del paziente. […] Il delirio porta regolarmente alla luce la natura di questi rapporti riconducendo il senso sociale alla sua ultima radice di grossolano desiderio erotico»: ivi, pp. 385- 386.

223 «Recenti ricerche hanno attratto la nostra attenzione su uno stadio che la libido percorre nella sua storia evolutiva che procede dall'autoerotismo per giungere all'amore oggettuale. Si è indicato detto stadio col nome di “narcisismo” […]. Esso consiste nel fatto che l'individuo nel corso del suo sviluppo, mentre unifica le pulsioni sessuali già agenti autoeroticamente al fine di procurarsi un oggetto d'amore, assume anzitutto se stesso, vale a dire il proprio corpo come oggetto d'amore, prima di passare alla scelta oggettuale di una persona estranea. […] Noi supponiamo che coloro che in seguito diventeranno omosessuali manifesti non siano riusciti a liberarsi dall'esigenza che l'oggetto d'amore sia dotato di genitali eguali ai propri […]. Dopo che è stato raggiunto lo stadio della scelta oggettuale eterosessuale, le tendenze omosessuali né si estinguono né si interrompono; esse sono solo sviate dalla loro meta sessuale e utilizzate per altri scopi. Combinandosi ora con taluni elementi delle pulsioni dell'Io e costituendo con esse, come componenti che su di esse “si appoggiano”, le pulsioni sociali, le tendenze omosessuali vengono a costituire il contributo dell'erotismo all'amicizia e al cameratismo, allo spirito di corpo e all'amore per il prossimo in generale»: ivi, pp. 386-387.

dell'io è la prima di queste formazioni: essa si costituisce per la sublimazione di questo

investimento narcisistico – o omosessuale – ed è descritta come il rivoltarsi contro se stesso di questo investimento. Nel dar vita a un continuo senso di colpa che costituirà la base della figura del cittadino eterosessuale, l'ideale dell'io produrrà soprattutto un cittadino

appassionatamente attaccato alla legge224, sua incarnazione intimamente colpevole.

Quella che, a dire di Freud, è un'autosoppressione dovuta a una lotta intrapsichica tra desiderio e proibizione, deve invece, secondo Butler, essere pensata unitamente alla proibizione sociale, intesa come l'insieme delle tracce psichiche di regolamentazioni realmente esistenti. Una simile rilettura delle tesi di Freud avrebbe lo scopo di «semplificare o allegorizzare la circolarità della descrizione della paranoia, una circolarità che affligge la descrizione dello stesso Freud»225.

Secondo Butler, tornare ai testi di Freud con atteggiamento critico e “genealogico” può costituire oggi un'utile operazione di ri-scrittura da svolgere all'interno di una più vasta strategia di ri-appropriazione del «potere del nome»226. Il discorso psicoanalitico ha infatti

occupato un ruolo di primo piano in quella storia di sedimentazione dei significati che ha portato all'attuale definizione del termine “omosessuale” e gli scritti di Freud hanno fornito un contributo importante al lessico utilizzato dalla regolamentazione dominante proprio perché in essi il confine tra sessualità dicibile e indicibile ha trovato il suo luogo di canonizzazione. Ciò che resta adesso da chiarire è quale sia la dinamica “concreta”227 che governa il rapporto di

reciproca interdipendenza tra norme e azioni, potere e corpi, discorso e soggetti. Ciò che rimane da approfondire è, cioè, che cosa accade laddove si rileva un'intersezione tra i discorsi e i corpi, in quale modo un corpo arriva ad assumere su di sé un abito culturale suggeritogli dall'esterno e a diventare indistinguibile da esso.

Con i prossimi due capitoli, ci proponiamo di seguire la ricerca butleriana in questa seconda parte del suo itinerario.

224 Cfr. infra, capitolo IV.

225 J. BUTLER, Parole che provocano, cit., p. 172.

226 Ivi, p. 176.

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APITOLO

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OLITICHE DELLA MELANCONIA