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la storia e le storie dell'offerta turistica di Milano analizzata su piattaforma GIS

3.1 Posizione degli alberghi nella città in relazione allo sviluppo urbanistico

3.1.1 Il riassetto urbano della zona centrale

Nel ventennio successivo all'Unità d'Italia inizia il riassetto della zona centrale della città che cambia completamente il volto in pochi anni. Basti pensare che “fra il 1860 e il 1882, il 52% della spesa è destinata a “opere edilizie di indole monumentale” mentre, ad esempio, solo il 4,9% venne impiegato per la costruzione di scuole.”96 Fra le

eredità più significative lasciate alla città dall'urbanistica ottocentesca si possono considerare sicuramente la piazza Duomo con la Galleria Vittorio Emanuele e l'asse Cordusio-via Dante-Foro Bonaparte-piazza Castello.

Per la sistemazione di piazza Duomo, della quale si discuteva da tanti anni, le decisioni vengono prese dopo il 1859 con l'Amministrazione presieduta dal Sindaco Antonio Beretta. Come sottolinea Giuliana Ricci è stato possibile prendere una decisione su piazza Duomo solo quando si instaura la prima amministrazione democratica della città e cambia l'idea del significato e della funzione della piazza. Scrive infatti: “agli inizi dell'Ottocento, eseguita la facciata, si intende valorizzare l'edificio proponendone una visione prospettica nell'ambito di un disegno urbano a fini monumentali. Molti architetti si cimentarono, ma le condizioni per realizzare il sogno della piazza si crearono soltanto nel 1859, quando la Lombardia è unita al Regno di Sardegna e l'interpretazione laica e borghese dello spazio pubblico asseconda il progetto politico. Il panorama culturale esige che dal puro impianto della piazza si passi a un ripensamento del centro-città immaginato come cuore pulsante della nuova realtà urbana con le sue necessità funzionali, la cui influenza fuoriesce dal perimetro delle mura.”97

La realizzazione del complesso di piazza Duomo e della Galleria Vittorio Emanuele, la cui prima pietra è posata il 7 marzo 1865, è inaugurata a lavori non ancora completati nel settembre del 1867. Viene progettata dal bolognese Giuseppe Mengoni che realizza un'architettura di scena completamente differente dalla tradizione milanese come sottolinea Maurizio Boriani: “è singolare che la più nota opera d'architettura milanese dell'Ottocento, il complesso di piazza Duomo e della Galleria Vittorio

96 M. Boriani, Sviluppo urbano, cultura architettonica e trasformazioni del costruito (1861-1918), in M.

Boriani, C. Morandi, A. Rossari, Milano contemporanea, cit., p. 13.

97 G. Ricci, La città rinnovata: progetto e realizzazione degli spazi pubblici tra Settecento e Ottocento, in Guida Milano. Architettura, cit., p. 130.

Emanuele, si debba a un architetto, G. Mengoni, che, né per nascita, né per formazione, può dirsi milanese. In effetti la piazza Duomo risalta ancor oggi per una sua certa estraneità rispetto alla cultura architettonica locale e coeva (...). L'architettura milanese della metà del XIX secolo era proprio tutt'altra cosa, più vicina a quel particolare rinascimento lombardo che (...) mai si era staccato dalle radici medievali e comunali dalle quali era sorto.”98

Fatto è che fin da subito la Galleria, con all'interno i caffè Biffi e Gnocchi, diventa il cuore della città tanto che Emilio De Marchi nel 1895 scrive: “Se (...) vi fosse anche un misuratore della vita più o meno intensa di una città, è nella Galleria Vittorio Emanuele che la Milano andrebbe a collocare questo curioso strumento. (...) Ecco per esempio il bullettino medio d'una giornata, quale sarebbe (...):

Ore 7 ant. - poca gente. - Milano dorme. Ore 9 ant. - gente che corre. - Milano lavora. Ore 11 ant. - pieni i caffè. - Milano fa colazione.

Mezzodì – cantanti e impresari. - Milano è la prima città musicale del mondo. Ore 3 pom. - molta gente felice. - Milano si prepara al pranzo.

Ore 6 pom. - nessuno – Milano pranza. Ore 7 pom. - il vaporino. Milano si diverte. Ore 9 pom. - folla. - Milano digerisce.

Ore 10 pom. - la gente dirada. Milano rincasa. Mezzanotte – pochi lumi. - Milano dorme.”99

Anche un altro scrittore dell'epoca, Ludovico Corio, dedica in un suo racconto una breve riflessione sul nuovo volto della piazza del Duomo: “un milanese dell'età di mezzo (...) non troverebbe più i Pennacchiari, i Mercati d'oro, i Borsinari, il Rebecchino e quel Coperto dei Figini che era ritenuto un famoso ornamento dell'angusta Piazza del Duomo. Sull'aurora della vita nazionale, Milano sentì il bisogno di un po' d'aria e di un po' di luce (....) la Provvidenza (passatemi l'espressione) incarnò allora il pensiero e l'azione in due uomini (...) Antonio Beretta, sindaco di Milano e Giuseppe Mengoni,

98 M. Boriani, Sviluppo urbano, cultura architettonica e trasformazioni del costruito (1861-1918), in M.

Boriani, C. Morandi, A. Rossari, Milano contemporanea, cit., p. 27.

99 E. De Marchi, La Galleria Vittorio Emanuele, in Milano visione, a cura di F. Napoli, Napoli 1997, pp.

architetto bolognese. (...) E le case che s'agglomeravano dinnanzi e di fianco al Duomo, furono adeguate al suolo, e con babilonese magnificenza, s'aperse una piazza circondata da eleganti e colossali edifici, e le strette ed uggiose viuzze di San Salvatore e dei Due Muri dovettero cedere il luogo a quell'edificio estemporaneo, ma pur sempre grandioso e ammirevole che è la Galleria Vittorio Emanuele.”100

In base al Regio Decreto del 24 settembre 1861 si inizia, grazie ai soldi incassati dal Lotto, all'espropriazione degli edifici intorno a piazza Duomo. Confrontando l'assetto di piazza Duomo nelle piante storiche del 1844, 1866 e 1884 si può notare la progressiva demolizione degli edifici per far spazio al progetto: nella pianta del 1844 la piazza è occupata dal coperto dei Figini e dall'isolato del Rebecchino, nella pianta del 1866 è scomparso il coperto dei Figini, abbattuto nel 1863, mentre nella pianta del 1884 non c'è più neanche l'isolato del Rebecchino, demolito nell'ottobre del 1875.

Fra gli sfrattati della via Rebecchino erano compresi l'albergo Borsa che aveva la sua sede al numero 16 (ex 4063) e, al numero 7 (ex 4059), l'albergo Rebecchino che nel 1873, in previsione dell'abbattimento dell'isolato, si trasferisce in via Santa Margherita, 16. L'assetto della nuova piazza del Duomo, insieme al complesso della Galleria Vittorio Emanuele, determinano anche la chiusura dell'albergo Duomo (una delle antiche stazioni di vetturali della città) che fino al 1868 aveva sede in piazza del Duomo, 21 (ex 1024).

Dal confronto fra la pianta del 1844 e quella del 1866 spicca anche la realizzazione di piazza della Scala aperta nel 1858, in seguito all'abbattimento del fitto caseggiato preesistente, in quanto si voleva che la nuova sede del Comune, in Palazzo Marino, e il Teatro della Scala fossero sulla stessa piazza. Vennero quindi distrutti parte degli edifici che affacciavano sulla contrada delle Case Rotte e del Marino determinando la scomparsa di “alcuni fra i più vecchi e famosi caffè di Milano, sorti uno dopo l’altro in quei paraggi sull’esempio delle “botteghe del caffè” veneziane, quali il Caffè dell’Accademia, il Caffè Martini già Cambiasi o della Scala, il caffè dei Virtuosi, detto anche “dei pompieri” perché – secondo la tradizione – i corsisti scaligeri, sempre squattrinati, osavano ordinarvi un bicchier d’acqua e fuoco per la pipa.”101 Con

la nuova planimetria comparve “nel 1861, la prima edicola per giornali; la seconda alle

100 L. Corio, Il Tivoli, Milano visione, a cura di F. Napoli, cit., p. 57. 101 G. Lopez, S. Severgnini, Milano in mano, Milano 1978, pp. 108-109.

spalle del Duomo in Camposanto.”102

Confrontando, invece, la pianta del 1884 e quella del 1914, si vede la nascita di via Dante (1886–1892) e di piazza Cordusio i cui lavori iniziano negli anni novanta. Qui vengono costruiti il Palazzo delle Assicurazioni Generali (1898–1899), il Palazzo della Borsa e la nuova sede del Credito Italiano (1902).

Anche piazza Mercanti, iniziata nel 1867, è il frutto della trasformazione della parte nord dell'antica piazza del Broletto Nuovo. I lavori in questa zona determinarono la chiusura nel 1871 dell'albergo Popolo.

Le nuove esigenze del piano regolatore impongono la demolizione anche della via Cappello, l'allungamento della via Cappellari e l'arretramento della via Dogana. Nel 1877, quando la via Cappello, viene demolita per far posto alla via Carlo Alberto, l'attuale via Mazzini, l'antico albergo del Cappello dove avevano alloggiato ospiti illustri103 si trasferì in via Santa Radegonda, 14 unendosi all'albergo Corona d'Italia104

diventando albergo Cappello e Corona d'Italia.

“Il centro urbano di Milano era rimasto sconvolto dalle trasformazioni operate tra la metà del XIX secolo e i primi anni del XX. I rapporti dimensionali della tradizione erano saltati. Era stato introdotto, di colpo, il gigantismo: la spianata del Duomo (...); la

102 G. Lopez, S. Severgnini, Milano in mano, cit., pp. 108-109.

103 “In questo antichissimo albergo (...) avevano preso alloggio i messi di Amedeo VIII di Savoia venuti a

Milano per trattare coi rappresentanti di Filippo Maria Visconti la cessazione delle ostilità nel Monferrato e per concretare i capisaldi di un'alleanza fra i due Principi, ed alcune delle laboriose sedute furono tenute proprio nell'osteria; (...). Nel 1585 (...) l'oste Zanantoni del Cappello si vede fare un'intimazione per certi boccali di trenta once non bollati (...). I viaggiatori che furono in Italia nei secoli XVI e XVII designano il Cappello ed il Tre re come i migliori alberghi della città (...)” L. Candrini, Alberghi e albergatori d’altri

tempi in via Tre Alberghi, in «Milano. Rivista mensile del Comune», 4 (1931), p. 195. - Nel 1432 Pierre

Marchand e Manfredi di Saluzzo furono incaricati da Amedeo VIII di partire per Milano per trattare della pace con il Marchese di Monferrato. “Vi giunsero il 4 marzo (con essi vi era il segretario Andrea Mallet) e presero stanza all'albergo del Cappello” F. Cognasso, L'alleanza sabaudo-viscontea contro il

Monferrato nel 1431, in «Archivio Storico Lombardo», serie V, anno XLII, parte II (1915), pp. 273-334 -

“Altro antico albergo quello del Cappello che sussistè nella via omonima, finché fu demolita, onde far posto all’attuale via Carlo Alberto. Da quell’albergo ai 28 marzo 1446, Geronimo da Forlì informava il duca di Milano che i Veneziani avevano spedito a Francesco sforza i 40,000 ducati promessigli.” Nella seconda metà del 1400 l’oste era il signor Antonio Gallina che “aveva fatto dipingere a sue spese in s. satiro il miracolo della Vergine, ponendo nel quadro altresì il proprio ritratto. Quest’uso allora invalso (…) non venne all’oste consentito e un bel giorno il ritratto si trovò cancellato.” E. Motta, Albergatori

Milanesi nei secoli XIV e XV, in «Archivio Storico Lombardo», vol. IX (1898), pp. 371-372.

104 L'albergo Cappello “nel 1877 mutava indirizzo in via Santa Radegonda per fondersi poi con la Corona d'Italia e l'albergo del Pozzo in via Torino” Milano. Il volto della città perduta. Immagini della memoria. 1850 – 1950, a cura di R. Cardani, Milano 2004, p. 296. “Si trasferisce nel 1877 in via Santa Radegonda,

fondendosi con quello intitolato Corona d'Italia.” R. Zezzos, Alberghi milanesi d'altri tempi, in «La famiglia meneghina. Rassegna di vita milanese», 1 (1965), pp. 26-29.

grandiosa Galleria, insieme via, piazza e incrocio coperto sotto una volta altissima e una cupola avvolgente; un'altra piazza, del tutto ideata nel 1858, come quella creata davanti il Teatro alla Scala, la cui veduta frontale non era mai stata contemplata dal Piermarini; e un'altra invenzione urbanistica, come l'ellissi del Cordusio, aperta a furor di piccone tra il 1899 e il 1901; e un'altra ancora poco più avanti, con il rettifilo di via Dante, finito di tagliare nel 1890 (...) invenzione, questa volta architettonica, di Luca Beltrami che tra memorie e analogie (...) restituiva al Castello nel 1906 un fastoso torrione d'ingresso da tempo perduto dedicato (...) a re Umberto I e per finire, questa straordinaria sequenza urbana, l'abbraccio di Foro Bonaparte, ferro di cavallo edilizio a scala monumentale (...). Era come se nella Milano del Medioevo si fosse fatto strada, all'improvviso, uno sprazzo di luce e aria della modernità.”105.

Queste trasformazioni piacevano molto ai contemporanei come testimonia questa citazione tratta dal racconto Milano antica e Milano nuova di Ludovico Corio: “Veramente bella è la via Carlo Alberto! Essa congiunge il corso di Porta Romana con quello di Porta Nuova, amplissimi e popolosi entrambi. (...) vedi la via Santa Margherita allargata, vedi la piazza della Scala col monumento a Leonardo Da Vinci (...) ecco la via del Giardino ribattezzata nel nome di Alessandro Manzoni: essa è rifatta a nuovo. (...) sono nuove le vie che rammentano i nomi di gloriose vittorie nazionali: Solferino, Ancona, Marsala, Castelfidardo, Milazzo. Nuova la Porta Principe Umberto; recentissimo il quartiere fra Porta Garibaldi e Tenaglia (...) nuovo parimenti è il Cimitero Monumentale (...) nuovo il quartiere popolare sulla circonvallazione tra porta Volta e porta Garibaldi. (...) Porta Genova è un altro quartiere nuovo.”106