STORIE E VOCI DELL’INTEGRAZIONE: UNA LETTURA MULTIDIMENSIONALE DELLE PRATICHE DEI GIOVAN
8. Il senso delle origini: famiglie, comunità, lingua e religione
8.5 Uno schema delle appartenenze
L’analisi delle dichiarazioni giovanili sulle famiglie e sulle comunità straniere rimanda un’immagine abbastanza nitida delle influenze determinanti nei processi di integrazione all’interno del contesto modenese.
Per quanto riguarda la famiglia migrante notiamo che essa si caratterizza per il suo essere sostanzialmente un nucleo ricongiunto. Sia che siano i padri a guidare la migrazione, sia che siano le madri, le famiglie straniere vivono infatti quasi tutte la dolorosa esperienza del distacco e della separazione dei propri membri. Una separazione che può a sua volta generare un allontanamento tra i suoi componenti, o nei casi peggiori, dar luogo ad una ristrutturazione completa dei vincoli familiari, con non poche esperienze di separazioni, ufficiali o ufficiose, e realtà monogenitoriali.
La distanza tra i membri nei vari momenti della migrazione, unita alle assenze per motivi lavorativi dei genitori nel contesto di arrivo, crea in molte famiglie delle forme di “indifferenza” affettiva e comunicativa, che in adolescenza si radicalizzano sino a tradursi in assenze di dialogo, scarsa conoscenza reciproca, solitudine o chiusure individuali. In questo modo, i ragazzi e le ragazze crescono legandosi ad un genitore piuttosto che all’altro, magari scegliendo quello più flessibile o più disposto ad ascoltare, o nei casi peggiori, limitando le conversazioni ai soli argomenti scolastici e a mere questioni logistiche, come la richiesta della paghetta o del permesso per svolgere alcune attività fuori casa.
In quanto sistema relazionale/comunicativo, connotato da un forte investimento emotivo e affettivo delle parti in gioco, che contribuisce significativamente a generare un’idea sul mondo esterno, sulle sue strutture e sui loro significati [Scabini e Donati 1993], ogni famiglia straniera diventa un caso su cui riflettere singolarmente, proprio per la complessità delle logiche relazionali al suo interno, la cui qualità condiziona le capacità di socializzazione del giovane. Se la famiglia appoggia il giovane fornendogli rinforzi per l’autostima è probabile che il ragazzo viva positivamente il contesto esterno, instaurando buone relazioni amicali, e che questa sicurezza si traduca in una maggiore fiducia nelle proprie possibilità, e quindi in un maggiore impegno scolastico, ad esempio. Viceversa, una famiglia anaffettiva o critica è più facile che produca forme di isolamento o di aggressività al di fuori dell’ambiente domestico, favorendo comportamenti comunque disfunzionali.
Proprio in funzione di questo aspetto relazionale, è importante considerare il ruolo della comunità etnica nell’esperienza di vita dell’adolescente straniero/a, che come abbiamo visto rappresenta un ambiente di riferimento per molte famiglie, sia per condividere un patrimonio culturale e religioso comune, sia per creare una rete di controllo e vigilanza sui figli di grande rilevanza in un contesto che appare spesso come eccessivamente libertino e privo di regole97. Questo funzione protettiva non si rivela però
97 Durante i colloqui con rappresentanti comunali impegnati nella promozione dell’integrazione delle famiglie migranti e in alcuni colloqui con gli insegnanti, era infatti stato evidenziato questo timore dei genitori per la
sempre positiva, soprattutto con i ragazzi che cercano di crearsi un’identità in maniera ambivalente, scegliendo magari di frequentare connazionali, ma adottando atteggiamenti che non si conformano all’ideale comunitario e familiare.
Dal punto di vista religioso, il quadro che si è venuto formando rispecchia in buona parte le intuizioni risultanti da ricerche svolte in Italia negli ultimi anni [Frisina 2007; Ricucci 2010; Caneva 2011]. La tendenza rilevante è quella che potremmo definire, citando Martelli [1990], di una religiosità flottante, con un’adesione ai valori dell’universo religioso tradizionale che si accompagna a spinte secolarizzate in un gioco di credenze cangianti. Sono pochi i giovani che dimostrano un attaccamento religioso convinto e totale, frutto di convinzioni personali e di influenze familiari comunque marcate. Ancora meno sono le giovani donne che scelgono di indossare il velo.
Infine, la dimensione linguistica sembra non indicare problemi particolari in merito all’apprendimento congiunto della lingua madre e della lingua italiana. Come abbiamo visto, il bilinguismo è infatti la categoria dominante, ma è anche vero che ad esso si accompagnano situazioni particolari, in cui l’uso della lingua si configura come risposta alle richieste della società ospitante, assumendo una valenza predominante, laddove è diffusa la percezione di una discriminazione nei confronti della propria alterità da parte dei giovani stranieri.
In linea generale, sembra quindi che famiglia e comunità, attraverso forme di controllo e di trasmissione culturale, linguistica e religiosa, attivino risposte diversificate nella gioventù allogena modenese, in cui elementi del passato si intrecciano ad elementi del presente. Le forme di identificazione conformi dipendono così in prima battuta dal un alto grado di affettività tra i membri familiari e dalla fiducia nell’autorità parentale e comunitaria. Quando, invece, le tensioni interne all’ambiente domestico e il controllo comunitario si amplificano eccessivamente è più probabile che i giovani, soprattutto ma non solo maschi, scelgano di aderire ad identificazioni di tipo generazionale piuttosto etnico. Se in molti casi questo determina un’integrazione più radicale al mainstream, è anche vero che, in assenza di orientamenti valoriali positivi, queste identificazioni producano un adattamento non conforme, con l’assunzione di comportamenti etichettati come sbagliati da entrambe le società, che proprio per questo vengono esacerbati.
crescita dei figli in un ambiente poco autoritario. A detta loro, soprattutto le famiglie turche, ghanesi, filippine ed est-europee avevano più volte fatto riferimento alla negligenza dei genitori italiani, all’eccessiva libertà concessa ai figli e alla mancanza di rispetto di questi ultimi verso gli adulti. Ciò spiega in parte il perché di un controllo comunitario così diffuso tra queste etnie, sebbene come abbiamo visto sono molteplici le forme di ingerenza delle comunità nei vissuti dei singoli.