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Tipologie emergenti I profili degli studenti stranier

STORIE E VOCI DELL’INTEGRAZIONE: UNA LETTURA MULTIDIMENSIONALE DELLE PRATICHE DEI GIOVAN

7. Scuola: motivazioni, influenze e questioni cruciali dell’inserimento delle seconde generazion

7.3 Tipologie emergenti I profili degli studenti stranier

Sulla base delle asserzioni dei ragazzi intervistati, delle situazioni osservate durante la partecipazione all’attività didattica e delle dichiarazioni rese dagli insegnanti, è possibile tracciare dei profili di studenti stranieri nel modenese, che più che fondati sulla numerosità, aspetto che tra l’altro non attiene agli intenti della presente ricerca, mirano ad

evidenziare dei tratti comuni, degli idealtipi, attraverso cui comprendere l’essenzialità del fenomeno delle seconde generazioni nel territorio di Modena.

Tre sono i profili sostanzialmente emergenti, che racchiudono differenze etniche e di genere prediligendo l’aspetto motivazionale e l’aspirazione lavorativa, senza nessuna volontà di categorizzazione esaustiva:

realistico strumentale

I giovani che si rispecchiano in questa tipologia sono dei convinti realisti: vedono la scuola come un mezzo per il raggiungimento di una posizione nella vita, credono nel valore del denaro che perseguono come obiettivo primario e non mostrano aspirazioni lavorative alte. Si tratta di ragazzi e ragazze perlopiù inseriti nelle scuole professionali di livello più basso, in cui la formazione è finalizzata allo svolgimento di mansioni nel settore operaio o industriali in qualità di dipendenti, come ad esempio il meccanico, l’elettricista, la sarta, la segretaria o la receptionist.

La scelta è spesso differente a seconda del genere: i ragazzi che mostrano un atteggiamento realistico e strumentale nei confronti della scuola sono motivati dalla necessità di prendere un diploma, o una qualifica, o di assolvere l’obbligo scolastico previsto dalla legge (n.9/1999). Le ragazze che propendono per gli istituti professionali sono, invece, più facilmente mosse o dalla volontà di trovar lavoro o dalla necessità di rimediare ad esperienze disastrose, quando ad esempio provano ad iscriversi in licei o tecnici prestigiosi, ritrovandosi poi a ripetere l’anno. Per non perdere altro tempo inutilmente, il professionale diventa così il male minore, specie se si considera il fatto che i costi economici della frequentazione scolastica pesano su famiglie prive di capitale economico, o comunque di sicuro non benestanti.

Tra le etnie che rientrano maggiormente in questo profilo troviamo con più facilità marocchini e albanesi di genere maschile, ghanesi, nigeriani e napoletani di entrambi i sessi.

orientato espressivo

Il richiamo a desideri propri, ad aspirazioni personali e a sogni futuri è a tratti irreperibili nelle dichiarazioni dei ragazzi. Coloro che scelgono di studiare in un determinato istituto per inseguire la realizzazione personale sono una minoranza, e sovente parliamo di donne. Le famiglie tendono ad appoggiare questo genere di scelte, probabilmente perché vedono la sicurezza nell’orientarsi tra i vari indirizzi come un segno di autonomia, sebbene non manchino casi in cui l’indirizzamento verso scuole meno performanti è osteggiato dai genitori, soprattutto dalle madri single dell’Est Europa o sudamericane. L’orientamento della famiglia, così, si manifesta in maniera positiva, attraverso il dialogo e la concessione di fiducia ai figli, ma anche attraverso una motivazione finalizzata a spingere i ragazzi ad impegnarsi e a credere nelle loro capacità.

Sono comunque più le ragazze turche, marocchine e per l’appunto sudamericane a scegliere la scuola professionale, mentre nei tecnici c’è più varietà nelle provenienze.

I ragazzi con un atteggiamento espressivo hanno caratteristiche molto differenti tra loro: sono ragazzi con più di 16 anni, precocemente adultizzati dalle storie di vita personale e familiare, magari migrati da soli e ospitati in comunità o ricongiunti alle madri divorziate, o giovani nati in Italia, inseriti dall’inizio nel tessuto scolastico italiano abbastanza da poter definire in maniera più completa il panorama concreto delle offerte formative del territorio. Un atteggiamento positivo e fiducioso verso la scuola è espresso anche da giovani ragazzi filippini o con genitori esteuropei.

Le propensioni per la carriera universitaria sono a loro volta presenti negli stessi gruppi appena indicati, ancora una volta maggiormente sul fronte femminile.

orientato coercitivo

Lo studente con un orientamento coercitivo alle spalle è il tipo sociale che ho incontrato con più frequenza nell’indagine etnografica. Sembrano essere più ragazzi, ma sostanzialmente c’è un’equa ripartizione dell’influenza esterna vincolante su entrambi i generi.

A essere diversa è la genesi del condizionamento: la famiglia migrante vincola l’agire dello studente in maniera discordante a seconda dell’etnia di riferimento. Le famiglie che esercitano una coercizione nei confronti dei figli più forte sono quelle asiatiche, balcaniche e in alcuni casi provenienti dal meridione nel suo insieme. Il controllo sulla scelta si manifesta attraverso forme di orientamento verso scuole che non sono apprezzate dalle figlie, solitamente perché non collimano con le loro aspirazioni, e dai figli, perché le considerano troppo complicate in termini di impegno.

Nei confronti dei ragazzi è però spesso adottato un doppio controllo coercitivo negativo, laddove come abbiamo notato dalle interviste capita che i genitori richiedano a figlio di concentrarsi su risultati a breve e medio termine, orientandosi verso qualifiche e diplomi professionali, probabilmente anche perché non fiduciosi delle loro capacità e sicuri del loro reale investimento nello studio. L’ho notato nei ragazzi del Maghreb, del Pakistan o napoletani, tra quelli che spiccano ad esempio per difficoltà di inserimento nel tessuto scolastico, o per eccessiva timidezza o per comportamenti aggressivi e disturbanti in classe.

La coercizione degli insegnanti abbiamo visto è un’altra determinante nella costruzione delle traiettorie di vita formativa del giovane straniero. Il loro giudizio pesa sulle decisioni dei ragazzi, costringendoli a propendere per due possibilità: o accettare il consiglio o rifiutarlo rischiando con una scelta autonoma, di tipo spesso espressivo. Anche qui gli effetti sono eterogenei: le ragazze in entrambi i casi vincono la sfida in più casi, perché riescono a trovare delle strategie di successo, attraverso lo studio, la dedizione, la forza di volontà. I ragazzi falliscono invece più spesso in entrambi i casi: se provano a seguire le loro aspirazioni in contrasto con un orientamento al ribasso da parte degli insegnanti è più probabile che si scontrino con le tentazioni del gruppo amicale, che lo sprona magari ad uscire più spesso, o con l’effettiva complicatezza dell’indirizzo selezionato. Tra questi ho trovato più ghanesi, marocchini e albanesi, che sono tra l’altro quelli che si strutturano in gruppi monoetnici fissi e abbastanza chiusi alla permeazione di altre etnie. Solitamente sono gli asiatici, quelli che riescono a dimostrare di essere più validi di quanto pensassero gli insegnanti, con risultati anche abbastanza brillanti.

L’analisi delle scelte scolastiche e dei fattori che influenzano le decisioni dei giovani migranti mostrano una realtà molto complessa e contraddittoria. Da una parte, le istituzioni scolastiche, le famiglie, le comunità investono sui ragazzi e sulla loro carriera scolastica; dall’altra, questi stessi attori contribuiscono, attraverso pratiche di discriminazione e problematiche conflittuali, a rallentare il percorso degli studenti migranti. La maggior parte dei ragazzi sembrano scontare il peso di storie di vita e di pregiudizi imposti dall’esterno, che direzionano le traiettorie di inclusione scolastica verso un’integrazione al ribasso. L’immagine emergente degli adolescenti di origine straniera nel modenese è così quella di giovani con poche speranze per il futuro, giovani incapaci di immaginarsi con carriere più performanti dei genitori o con aspirazioni ai gradi più alti dell’istruzione. La scuola per loro è una sorta di parcheggio della vita, un ambiente in cui poter apprendere, se se ne ha voglia, o in cui poter attendere che arrivi il momento di gettarsi nel mondo del lavoro. L’idea che attraverso di essa si possa migliorare esiste, ma non ha abbastanza forza per tradursi in una pratica concreta di impegno e in una motivazione personale e volontaria.