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User innovation, personalizzazione e ascesa amatoriale

2. IL CROWDSOURCING

2.1. Le origini del crowdsourcing

2.1.2. User innovation, personalizzazione e ascesa amatoriale

La consapevolezza profonda dei propri bisogni e la tendenza a privilegiare il significato simbolico dei beni come espressione della propria identità hanno incentivato sempre più i consumatori della società della conoscenza a manipolare gli output delle imprese, sia sul piano semantico, attraverso l’attribuzione di senso, sia su quello relativo a caratteristiche e componenti tangibili, dando vita all’idea di prosumerismo. Alcuni soggetti, che per le loro particolari competenze e doti innovative prendono il nome di “lead user”, sono giunti a sviluppare in toto delle soluzioni rispondenti alle proprie necessità e, in alcuni settori industriali, sono addirittura gli artefici della maggior parte dei nuovi prodotti e servizi (Von Hippel, 1988). Le innovazioni ideate dagli utilizzatori, definite “user

driven innovation” (o semplicemente “user innovation”), comprendono così modifiche apportate direttamente ai beni realizzati da un’azienda, proposte di variazione nel design o nelle proprietà dell’offerta sottoposte ad un’organizzazione e prodotti creati in modo completo e personale.

Cogliendo questo trend, alcune imprese, prime tra tutte Nike e Levi’s, hanno deciso di coinvolgere di loro iniziativa i clienti nelle attività creative, consentendo loro di personalizzare degli articoli standard attraverso una piattaforma sul sito Internet aziendale. Questo primo passo compiuto dalle organizzazioni verso la possibilità di far partecipare volontariamente i consumatori ai cicli produttivi viene descritto come “mass customization” e consiste infatti nel tentativo di coniugare la produzione di massa con la personalizzazione, mantenendo l’efficienza di costo e sviluppando una maggiore flessibilità e capacità di soddisfare le esigenze specifiche di singoli soggetti (Stigliano, 2011). Un aspetto dell’attività di customizzazione eseguita dai clienti particolarmente significativo ed apparentemente paradossale è la sua natura gratuita, considerevole non tanto di per sé, ma quale emblema della principale motivazione che spinge i consumatori a prestare il proprio lavoro, ossia la soddisfazione ottenibile attraverso il successivo consumo del prodotto personalizzato e spesso anche attraverso la stessa azione creativa.

Nel corso del tempo, la collaborazione delle aziende con gli utilizzatori si è intensificata, in particolare indirizzandosi verso la co-creazione di nuove offerte insieme ai lead user, dei quali vengono infatti riconosciute delle caratteristiche vantaggiosamente sfruttabili nei porcessi di problem solving delle organizzazioni e soprattutto nei progetti di innovazione. Nello specifico, Von Hippel (2005) individua due elementi distintivi di questi consumatori: la capacità di prevedere le tendenze del mercato, sperimentando per primi dei bisogni che in futuro emergeranno nell’intera popolazione di cui fanno parte, e la grande motivazione ad identificare una soluzione che li soddisfi, determinata dall’elevato beneficio che ne possono trarre. Questi due aspetti sono fortemente correlati con la probabilità che i lead user si impegnino nello sviluppo di nuovi prodotti o nella modifica di quelli esistenti, accresciuta ulteriormente dal loro significativo grado di expertise. Di conseguenza, come è anche stato dimostrato da svariati studi, la maggior parte delle user innovation sono realizzate da soggetti appartenenti alla categoria dei lead user e persino l’attrattività che esercitano verso le imprese e l’intenzione di queste ultime a tradurle in prodotti commerciali aumentano proporzionalmente rispetto alla misura in cui gli ideatori possiedono questo connotato. Queste dinamiche costituiscono il preludio dell’open innovation, della quale il crowdsourcing è talvolta definito una delle tecniche chiave (Seltzer e Mahmoudi, 2012), e che comunque fornisce a questo modello di joint problem solving molti spunti ed elementi di sviluppo.

In stretta connessione con l’ambizione dei consumatori di diventare produttori è sorto il fenomeno degli amatori che realizzano per passione e senza ricevere una forma di guadagno gli stessi compiti

che altri soggetti specializzati svolgono per professione. La rinascita amatoriale, che stimola tra l’altro la collaborazione tra persone con background professionali e competenze anche molto diversi, è definita da Howe (2010) come “il combustibile per il motore del crowdsourcing”.

Un fattore che ha influito notevolmente sull’ascesa delle attività amatoriali, e conseguentemente anche sullo sviluppo del crowdsourcing, è la ricerca di esperienze gratificanti al di fuori dell’ambiente di lavoro, sollecitata a sua volta dall’elevato tasso di insoddisfazione lavorativa, provocata dalla richiesta da parte del mondo del lavoro di livelli di specializzazione sempre maggiori e dalla derivante impossibilità di molti individui di sentirsi realizzati, nonostante la qualità della loro formazione e la varietà di interessi e conoscenze.

Grazie al crescente grado di istruzione della società, alla facilità di accesso all’informazione, favorita dalla diffusione di notizie e saperi attraverso la rete web, e ad una sorta di democratizzazione degli strumenti di produzione, estremamente più economici e facili da usare23, il patrimonio di conoscenze ed abilità di cui sono in possesso sia i consumatori che gli amatori è sempre più ricco e permette loro di competere con i professionisti sostanzialmente in tutti i campi del sapere (informatica, giornalismo, scienze, ecc.). Emergono così la figura del prosumer e quella del Pro-Am, individuata da Charles Leadbeater e Paul Miller e ripresa da Howe (2010), che condivide la quantità e la qualità dell’impegno profuso dall’amatore, tale da paragonarlo al lavoro professionale. La comparsa e l’affermarsi di questi soggetti hanno avuto senz’altro un ruolo importante nello sviluppo del crowdsourcing, ma le persone che compongono il crowd, ed alle quali le organizzazioni possono quindi rivolgersi per un’azione di problem solving collaborativa, non necessariamente si qualificano come prosumer e Pro-Am secondo la loro precisa definizione. Infatti il crowdsourcing può coinvolgere individui potenzialmente dotati di un qualsiasi grado di specializzazione e professionalità (esperti del settore, scienziati della disciplina, appassionati dell’argomento, consumatori del prodotto, ecc.), ma generalmente accomunati dalla volontà di partecipare e di prestare il proprio lavoro in un determinato progetto principalmente non per un ritorno economico ma per motivazioni legate al piacere, all’interesse, allo svago, alla soddisfazione personale. Il crowdsourcing può prevedere delle forme di compenso materiali, ossia premi e ricompense di varia entità, che possono incentivare la partecipazione, ma queste non prevalgono sulle ragioni amatoriali.