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LINGUAGGIO ASTRALE

dal 1970

Pubblicazione Trimestrale del Centro Italiano di Astrologia

ANNO XXXIV n. 136

Autunno 2004

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SOMMARIO

101 Aiutiamo i nostri detrattori ... 3

111 3º Congresso Internazionale della Faes ... 7

124 Mario Zoli: Le connotazioni simboliche di Kronos-Saturno nella cultura classica e la loro corrisponddenza nella pratica astrologica ... 11

150 Per la serie «…dicono di noi» ... 28

CASA TERZA 307 Jodie Forrest: Convivere con i transiti di Urano... 32

323 Varie ... 45

371 Angela Castello: Il problema dei gemelli biologici nel Tema Natale... 49

373 Brian Clark: Gemelli: alla ricerca del partner scomparso ... 61

379 Patrizia Zivec Raggi: Praga astrologica ed astronomica nel mito e nella realtà ... 73

CASA QUARTA 401 Gabriele Ruscelli: Astrologia scientifica ... 84

411 Don Marcello Stanzione: Astrologia e Cristianesimo ... 92

550 Coffee Break - La consueta pausa ludico-distensiva ... 97

CASA SESTA - ESPERIENZE E PROPOSTE DEI SOCI 611 Salvatore Bisconti: Iniziare con l’astrologia ... 100

612 Isa M. Zanni: Il tema singolare di Felice Pattaroni, archeologo delle tombe gallo-romane verbano-cusie ... 113

640 Ancora sui Pianeti Singleton - Eleonor Anne Buckwalter: Introduzione ai Pianeti Singleton ... 121

670 German Rosas: L’astrologia del secolo XXI, l’oroscopo eclittico e l’oroscopo ascensionale ... 138

680 Julianne Evans: La mitologia delle stelle nella vita di Tiziano Terzani ... 152

688 Isa Zanni: Nedda Falzolgher. La poesia, la vita ... 158

CASA OTTAVA 810 Antonio Masella: Astrologia e omeopatia ... 166

CASA NONA 900 Programma Delegazioni ... 174

901 Stefano Vanni: Progetto approvato dal Consiglio per la Certificazione delle Scuole CIDA... 184

920 Stefano Bertone: Computer Club - Tempo di palmari… ... 199

977 Recensioni ... 202

980 Elenco dei Delegati e Corrispondenti CIDA ... 203

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L.A. 136-101 È curioso che i nostri detrattori insistano su “prove” inconsistenti o false e spesso contestabili. Potremmo aiutarli, con una piccola clausola…

Cominciamo con le prove più consistenti

1) L’astrologia non è assolutamente in grado di prevedere su che piano si manifesterà un evento: un Saturno in sesta casa può significare una ma- lattia, un lavoro sedentario mal retribuito, la morte del canarino, la badan- te che ci pianta in asso, ecc ecc.

2) Più che insistere sui gemelli naturali, bisognerebbe addirittura insistere su quelli astrali: l’astrologia non distingue se due neonati nella stessa clinica sono fratelli gemelli o perfettamente estranei (magari extracomunitari).

3) Al di là del circolo polare la stesura di un tema natale è impossibile, al- meno con le metodiche consuete.

4) Esistono varie astrologie nelle differenti parti del mondo: stessa la base ma diversa l’interpretazione.

Come si può notare, ci sono elementi ancor più validi di quelli finora va- rati dal CICAP.

In verità le risposte ci sarebbero, ma possiamo rinunciarvi per fair-play:

perchè in cambio chiediamo di non annoiarci con quelle inesistenti: in partico- lare di non invocare la precessione degli equinozi, in quanto vorremmo chiari- re una volta per tutte che le coordinate astrologiche si basano esclusivamen- te su di UN PUNTO, quello vernale, dal quale partono eclittica ed Equatore, divisi rigorosamente ed equamente in 12x30 gradi . Lo slittamento delle co- stellazioni non c’entra: gli antichi Caldei avevano constatato che i soggetti nati col Sole posto in una certa zona dell’eclittica avevano caratteristiche “leonine”

e quindi avevano visto con estrema fantasia un leone nello sfondo stellare del- l’epoca : sfido chiunque a “indovinare” la foggia di questo o quell’ animale o altro rappresentato nei raggruppamenti stellari. I cinesi chiamano “padella” il nostro Carro .Quello che invece non è assolutamente mutato è l’associazione di un nome ad una porzione di eclittica, alla quale è stata data una definizione qualitativa (es. Gemelli) oltre che quantitativa (es. 60-90°)

In cambio avanziamo una clausola di par condicio: vorremmo che anche la cosiddetta scienza ufficiale facesse un esame di coscienza sui suoi diritti di giudicare: premetto che ho lavorato per 40 anni come Biologo Dirigente in un grande Ospedale milanese con svariate pubblicazioni scientifiche nel campo biochimico. Lo dico solo per motivare i miei diritti a contestare i limiti degli

“scienziati”, specialmente delle “mezze-figure” di cui ho sperimentato l’arro- ganza.

AIUTIAMO I NOSTRI DETRATTORI

(4)

La gratitudine per Galileo non deve farci credere che solo il metodo speri- mentale e “materiale” sia valido: Einstein di fatto l’ha smentito in quanto ha fatto le sue scoperte per pura deduzione, e solo in seguito ne fu dimostrata la validità nel senso galileano. Inoltre Einstein ha proposto una pari dignità fra il mondo della materia e il mondo dell’energia, nel cui ambito vanno inserite le energie ancora sconosciute, fra cui ad esempio l’energia psichica e l’energia vitale.

La scienza non ha ancora spiegato la natura della gravitazione, una forma di energia non analizzabile (come è invece avvenuto per le onde elettroma- gnetiche). Che la inesplicabile attrazione amorosa sia una sottospecie della forza gravitazionale?

Chi ha detto poi che il metodo scientifico-sperimentale statistico sia l’uni- co attendibile? Se un soggetto umano è un universo a sè, non si possono rag- gruppare universi differenti e fare statistiche su universi eterogenei: è una re- gola elementare della statistica; perdippiù le variabili sono tante e incontrolla- bili. Lo stesso discorso vale per l’omeopatia, praticata con successo da perso- ne tutt’altro che ingenue, ma non affrontabile con gli attuali, modesti e insuffi- cienti metodi scientifici, ma con incontestabili soddisfazioni degli utenti.

Ma in particolare trovo grave che la scienza non sappia spiegare neppure lontanamente cosa sia la vita, questa forma sconosciuta di energia, ma così potente da costringere la materia a seguire un progetto, proprio l’antico sogno della magia. Credere poi che quattro amino-acidi sintetizzati per fulmini caduti in una palude con ammoniaca possano aggregarsi per formare delle proteine senza una energia organizzante è pura follia.

Nonostante le raccomandazioni di Popper si continua a dichiarare falso ciò che non è dimostrabile, anzichè affermare che non si hanno i mezzi per ve- rificarlo. La fiducia spropositata nella scienza ha prodotto nel recente passato gravi conseguenze nel mondo. Già a fine Ottocento nello scoppiettante Ballet- to “Excelsior” fra luminarie e sbandieramenti si esaltava la vittoria sull’oscu- rantismo della scienza, grazie alla quale i popoli avrebbero finalmente raggiun- to la saggezza e la pace universale. Ahimé!!

Visto il brancolare della scienza nel mondo energetico – in particolare nel- l’analisi della psiche umana – a suo tempo indagai su vie alternative e l’unico modello convincente mi sembrò quello zodiacale, per la sua struttura geome- trica, in cui come raggi luminosi le componenti della psiche si riflettono (a vol- te pure si rifrangono o si diffrangono) tra i vari segni, come in uno specchio circolare. Ciò non accade per altre discipline che per descrivere la psiche usa- no suddivisioni in capitoli, di fatto fra loro indipendenti o quasi.

È vero che il suo linguaggio è simbolico, e quindi poco riconducibile a quello concreto-ordinario, cosi’ come avviene per la musica; quindi si fallisce, proprio come avviene per gli interpreti e i critici musicali. Ma si resta sempre affascinati dal contatto con quella dimensione intima della natura umana – specie della sua “ombra” –, non il suo banale destino di quel giorno. Certo, esiste una cattiva “messa a fuoco”, ma sufficiente per trasmettere una emozio- ne.

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Un esempio potrà chiarire meglio la portata del simbolo e la geometria zodiacale: le leggi fondamentali della biologia (o meglio dei requisiti per defini- re “vivente” un essere) sono descritte mirabilmente in linguaggio zodiacale nei sei assi, in una sequenza rigorosa e secondo una logica di importanza.

Le leggi della biologia dicono che perchè ci sia la vita occorrono nell’ordi- ne, acqua (o meglio soluzioni saline), ossigeno,metabolismo, riproduzione, ri- sposta agli stimoli, e in giusto rapporto. Ebbene

1° L’ Acqua-Cancro, si trova opposta ai Sali minerali del Capricorno; in giu- sto equilibrio danno la soluzione salina.

2° Respirazione-Gemelli è opposta al Sagittario (risp. introduzione e consu- mo muscolare di ossigeno).

3° Nutrizione (Toro) - opposto a scorie (Scorpione).

Analogamente:

4° circolazione centrale-periferica (Leone contro Acquario - capillari)

5° risposta agli stimoli (Ariete sorveglianza - opposto a Bilancia, risposta equilibrante)

6° difese immunitarie (Vergine - analisi dell’estraneo - Pesci sintesi del nuo- vo, anticorpi).

Si noti che sono in ordine di importanza!

Come non bastasse, anche la successione dei segni o delle case zodiacali segue una rigorosa logica esistenziale (Chi sono-Ariete, che ho-Toro, con chi Gemelli, dove, ecc.)

La dialettica dei segni opposti – o complementari – è una continua fonte di sorprese.

È quindi possibile che il vero difetto non stia nella astrologia ma nella faci- lità delle conclusioni degli astrologi, spesso affrettate, così come capita a un Medico di emettere una diagnosi superficiale; ma allora il problema diventa umano, non di disciplina.

È un difetto comune alla stessa Medicina: oggi finalmente si parla di “evi- dence based Medicine”, e qualcuno si stupirà : in realtà abbiamo subìto troppo a lungo gli opinion leaders teleintrodotti (“L’ha detto la Televisione”, come a dire quindi è vero) portatori di una “ arrogance based Medicine”, che ha porta- to notevole confusione, specie nella dietetica.

Anche in astronomia abbiamo potuto verificare “sperimentalmente” gli annunci di strepitose “notti di San Lorenzo”, o le annunciate “luminosissime”

comete a malapena visibili col telescopio.

Io credo che l’astrologia sia attendibile, e ben costruita, ma che pochi ne sappiano cogliere l’essenza: l’errore primario sta nell’abbinamento troppo af- frettato o disinvolto fra Pianeti ed eventi : per fare un esempio della Medicina del passato: un deliquio per ipertensione trovava effettivamente sollievo con il salasso: peccato che applicata in un deliquio per anemia portasse il povero paziente al Creatore. L’errore stava nell’interpretazione arbitraria delle cause.

Anche le tele di ragno a volte ospitavano i Penicillium!

Se si fa un distinguo netto fra Medici e Medicina, fra Preti e Religione, fra Giudici e Legge, perchè fare un’eccezione per gli astrologi?

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Non ci si può limitare esclusivamente a conteggiare le previsioni sbagliate (magari ignorando quelle “azzeccate”), la validità e la bellezza non dipende dalla percentuale di successi, ma piuttosto dalla difficoltà di tradurre dei sim- boli in eventi concreti. Il libero arbitrio è proprio quello che fa “fallire” molte previsioni – grazie al cielo –, così come falliscono diagnosi mediche funeste su un un paziente particolarmente vitale!

Può anche accadere che le indicazioni stellari abbiano più lungimiranza dei loro interpreti: se nonostante dei pianeti favorevoli si perde un obiettivo im- mediato, spesso il tempo dimostra che è stato un bene. Gore era favorito dai pianeti rispetto al Cancro Bush, e la sua sconfitta alle elezioni – col senno di poi, vedi l’11 settembre – si è rivelata per lui una vera manna… Era errato il giudizio dell’astrologo che considerava ovvio un beneficio dalla vittoria eletto- rale.

Forse il vero punto debole della previsione sta proprio nella definizione di

“giusto”, “buono” o “favorevole”, un giudizio del tutto soggettivo, e spesso miope del consultante.

Nella maggior parte dei casi il tempo conferma la ...saggezza planetaria e forse è questo il motivo più valido per restarvi indissolubilmente avvinti!

Ricordo che fin da piccolo ero convinto che Dio -– in quanto “infinitamen- te buono” – dovesse segnalarci da qualche parte le Sua volontà e le Sue leggi;

e già allora sospettai che fossero incise nel gran libro del cielo…

All’arrivo della Rivista sul foglio che contiene il vostro indirizzo è riportata la Vs. situazione associativa.

Scadenza 135 significa che il vostro abbonamento scade con questo numero, oppure vi viene segnalato:

Abbonamento scaduto.

Per il rinnovo si veda la penultima pagina di copertina

“Come iscriversi ecc.”

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L.A. 136-111 3° CONGRESSO INTERNAZIONALE DELLA FAES

Sabato 6 e domenica 7 novembre 2004

( Federazione delle Associazioni Mediterranee di Astrologia).

su: Astrologia mediterranea: dalla Tradizione al nuovo millennio Organizzato dal CIDA nazionale

presso l’Hotel Michelangelo (4 stelle) - via Scarlatti 33 (situato di fianco alla Stazione Centrale e di fronte al Terminal).

È la prima volta che Milano ospita un Congresso internazionale: i Relatori sono particolarmente qualificati e conosciuti dai nostri iscritti. Chi partecipò al pri- mo Congresso di Venezia ancor oggi può testimoniare l’importanza di “esserci stato”. Allora molti partecipanti furono esclusi – con nostro rammarico – per esaurimento dei posti e per la pigrizia nell’invio dell’adesione.

ISCRIZIONE: La quota di iscrizione per le due giornate è di Euro 90. Non è prevista una quota giornaliera.

Chi decidesse di iscriversi nella stessa giornata (a 100 Euro) – capienza permettendo – è pregato di anticipare l’arrivo alle ore 8.30

I non Soci potranno iscriversi al CIDA alla quota promozionale aggiuntiva di 20 Euro (anzichè 40)

Potete scaricare la scheda di iscrizione in formato Excel dal sito www.ci- da.net, oppure fotocopiare quella a lato.

Sono stati invitati vari esponenti “storici” dell’Astrologia italiana, che po- trete rivedere e salutare.

Tra gli espositori figurano importanti editori stranieri, fra i quali Mercurio- 3, rivista spagnola gemellata con la nostra, Cyclos pubblicata a Barcellona, l’Astrological Association inglese – che organizzerà a York nel 2005 un Con- gresso internazionale aperto a tutte le scuole del mondo –, il The Mountain Astrologer americano (v. a pag. 48) oltre ad aggiornamenti informatici.

Inoltre sarà presente una importante libreria italiana, così come esponenti regionali del CIDA e si potranno acquistare collane monotematiche di Autori o argomenti comparsi sulla Rivista (A.Karmica, Baldini, Vanni, Zoli ecc).

CENA SOCIALE “CULTURALE”: è prevista nella stessa Sede, e sarà al- lietata da alcune rappresentazioni ispirate dalla gloria storica di Milano (dal Ri- nascimento all’ Ottocento). Il pomeriggio del sabato i Relatori saranno a di- sposizione dei partecipanti dopo le 16.30.

3º CONGRESSO INTERNAZIONALE

DELLA FAES

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Comitato Scientifico

Dante Valente, Claudio Cannistrà, Marco Pesatori, Vittorio Ruata, Stefano Vanni. Informazioni: c/o D.Valente tel 02-69005576 338-6684917 email: dava- lente@fastwebnet.it

Programma

Sabato 6 novembre

Moderatori: Stefano Vanni - Vittorio Ruata

– Ore 10.00 CLAUDIO CANNISTRÀ: L’Astrologia previsionale di Tommaso Cam- panella

– Ore 10.30 RENZOBALDINI: La cosmologia etrusca

– Ore 11.00 GRAZIA MIRTI: Nuove suggestioni interpretative: dal tema geocen- trico al tema eliocentrico

– Ore 11.30 Coffee break

– Ore 12.00 MARCOPESATORI: I limiti dell’Io: per un’Astrologia del carattere – Ore 12.30 GIUSEPPEBEZZA: La vexata quaestio della durata della vita Moderatori: Yves Lenoble -Dante Valente

– Ore 14.30 CATHERINE GESTAS: L’astropsychogénéalogie et les rituels de pas- sage

– Ore 15.00 YVESLENOBLE: Du Zodiac mésopotamique au zodiaque moderne – Ore 15.30 MARTINEBARBAULT: La synchronicité entre les thèmes des décou-

vreurs et le moment de leurs découvertes par le biais des cycles – Ore 16.00 DENISLABOURÉ: Astrologie horaire et karma

– Dalle 16.30 I Relatori e altri ospiti saranno a disposizione degli iscritti in spa- zi riservati - Visita alle esposizioni

– Ore 20.00 Cena spettacolo dedicato a Milano e con interventi di ospiti stranieri.

Domenica 7 novembre

Moderatori: Demetrio Santos - Claudio Cannistrà

– Ore 9.30 ERICHVANSLOOTEN: L’Astrologia oraria negli smarrimenti di cose e persone

– Ore 10.00 MARIANO ALADRÈN: Las grandes conjunciones: restaurando la Astrologia Clasica

– Ore 10.30 DEMETRIOSANTOS: Desorden, entropia y espectro secuencial – Ore 11.00 PACO VERDÙ: Elementos astrològicos en la lengua jeroglifica del

Antiguo Egipto – Ore 11.30 Coffee break

– Ore 12.00 DIETERKOCH: Gli errori dell’Astrologia siderale – Ore 12.30 LIDIAFASSIO: Sintonizzarsi sulle energie sottili Moderatori: Marco Pesatori - Arturo Zorzan

– Ore 15.00 STEFANO VANNI: Da Plutone a Saturno: dal principio del piacere al principio della realtà

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– Ore 15.30 GRAZIABORDONI: Il destino bussa sempre due volte

– Ore 16.00 ADRIANACAVADINI: Dolore morale, dolore fisico; una rilettura della casa XII

– Ore 16.30 VITTORIABONI: L’importanza dei miti mediterranei

– Ore 17.00 MARCOGAMBASSI: Il mito della maternità nel sentiero delle stelle La discussione dopo ogni conferenza non è prevista, a meno che il relato- re termini prima dei 30 minuti assegnati, ma i Relatori si terranno a disposizio- ne dei partecipanti a partire dalle ore 16.30 del sabato in spazi dedicati per ogni approfondimento.

Traduzioni

È assicurata una traduzione in italiano: a seconda del numero di partecipanti sarà disponibile una traduzione in simultanea, o per proiezione, per fascicoli stampati, ecc.

Qualche notizia supplementare sui Relatori stranieri:

SPAGNA:

Demetrio Santos è il decano e il “grande saggio” degli astrologi iberici, avendo cominciato le sue ricerche nel 1950; figura di rilievo della cultura astrologica classica per le sue ricerche e per le traduzioni dei testi di Tolomeo, Manilio, Albubather, Ibn Ezra, Messahallah in castigliano. Ha approfondito le relazioni esistenti tra la teoria ondulatoria fisica e l’astrologia, stabilendo le equazioni fondamentali del “campo zodiacale” e scoprendo il periodo direzio- nale, detto C 60. Ha vinto il Premio Mondiale Mercé Tamarit di Investigazione astrologica.

Mariano Aladren è fondatore con José Luis Carriòn di “Gracentro”, Asso- ciazione Culturale di Valencia con una sede propria in una antica torre ben ri- strutturata, che assegna annualmente un premio internazionale. Coordinatore su internet della lista mondiale “Astrocuantica”, collabora da oltre dieci anni nel progetto editoriale di recupero delle fonti astrologiche antiche, curando le pubblicazioni di testi di Ali Aben Ragel, Morin de Villefranche, Antonio de Nájera. È Consigliere dell’Istituto di Studi Miguel Servet.

Francisco Tomás Verdù, laureato in medicina e chirurgia, è naturopata ed iridologo, oltre ad essere dottore in filosofia e diplomato in lingua geroglifica egizia presso la facoltà di teologia di Valencia. Professore di Cronobiologia e Medicine Alternative presso le facoltà di Valencia e Saragozza, è autore di vari libri sull’astrologia medica, così come di numerosi lavori di ricerca sui rapporti tra astrologia e medicina, apparsi su riviste nazionali ed internazionali. Ha vin- to il Premio Mondiale Mercé Tamarit di Investigazione astrologica.

FRANCIA:

Yves Lenoble è il Coordinatore Generale della FAES. Formatosi alla scuo- la di André Barbault e Jean-Pierre Nicola, è in possesso di un DESS in Etnolo- gia. Si è specializzato nello studio dei cicli in astrologia e dal 1990 organizza a

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Parigi un importante Congresso monotematico (negli anni passati il tema era un pianeta per anno). Recentemente ha curato la traduzione del Tetrabyblos dal greco in francese. È tra i soci fondatori dell’Agapè (Association Générale des Astrologues Psycho-professionnels Européens), dove insegna dal 1989.

Martine Barbault (nipote di Armand e André Barbault) immersa nell’a- strologia dalla più tenera età, ha seguito studi di psicologia e pubblicato nu- merose opere fra le quali “Il dizionario degli aspetti” e “I transiti in astrologia globale”. Dal 1984 investiga sui legami esistenti fra numerologia ed astrologia.

Dal 1991 è docente presso l’Agapè (Association Générale des Astrologues Psycho-professionnels Européens)

Catherine Gestas, astrologa e psicoterapeuta, in possesso di un DESS in Scienze Umane, ha creato a Parigi un Centro formativo di astrologia, psicolo- gia e genealogia. Applica terapie psicocorporali e tiene seminari di astropsi- coanalisi e psicogenealogia in varie città francesi. Organizza con Yves Lenoble i congressi Sep Hermès .

Denis Labouré, diplomato al “Modern Astro Studios” di Bangalore in In- dia, è un grande esperto di astrologia indiana. Ha partecipato alla vacanza- studio di Creta e si è fatto apprezzare per la sua simpatia e chiarezza espositi- va sull’Astrologia oraria e sulla visione filosofica dell’Astrologia.

GERMANIA:

Erich Van Slooten, olandese di nascita, italiano di… “adozione” avendo studiato a Firenze, vive a Monaco di Baviera. È un caro amico del Cida, assai noto ai nostri soci per i suoi numerosi seminari in italiano sull’Astrologia ora- ria. Coordina la sezione di astrologia antica della D.A.V., di cui è stato per molto tempo anche Vicepresidente. È autore di vari testi, pubblicati anche in italiano per le edizioni Mediterranee.

SVIZZERA:

Dieter Koch di Zurigo, già noto ai Soci dal II Congresso di Venezia, ha cu- rato la famosa edizione delle Swiss Ephemeris. Studioso di astronomia, è uno dei maggiori esperti internazionali sugli asteroidi e su Lilith, di cui ha pubbli- cato anche un’edizione di effemeridi È autore di vari libri, oltre a coordinare la lista “Astrodienst” su internet.

Accomodations

Per il pernottamento lo stesso Hotel Michelangelo ci ha riservato prezzi di fa- vore (doppia 130 Euro, singola 120) a condizione che faccia da tramite la no- stra Segreteria – che fungerà da garante –.

Sul lato destro dell’Hotel è disponibile un ampio parcheggio al costo di 10 Euro per i Congressisti (20 Euro per le 24 ore).

Sono previste visite turistiche della città il venerdi pomeriggio.

Il Cenacolo leonardesco è chiuso il lunedi.

Segnalare il vostro interessamento in merito sulla scheda di adesione.

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L.A. 136-124

Introduzione

L’articolo che segue è veramente speciale e richiede una presentazione parti- colare per almeno tre ragioni.

La prima e la più importante riguarda il suo autore, il compianto Mario Zoli (1939-1995), personaggio di primo piano dell’astrologia italiana, uomo di grande cultura, poeta e regista teatrale, che tutti ricordano per la sua straordi- naria intelligenza, il suo eloquio affascinante, la sua maniera, chiara e al tem- po stesso profonda, di esporre concetti e nozioni, come accade a chi conosce a fondo l’argomento di cui sta parlando, e non ultima la sua grande umanità.

Ed è sicuramente questa la qualità che traspariva maggiormente dal suo esse- re e che i suoi allievi, partecipanti ai corsi di astrologia o agli spettacoli teatrali oppure studenti dei banchi di scuola, ricordano con maggiore intensità.

Ai nuovi soci, cui forse questo nome può risultare poco conosciuto, anche perché nella sua breve esistenza Zoli ci ha lasciato pochi contributi scritti, fra l’altro difficili da reperire, posso raccontare che egli è stato fondatore e Condi- rettore, insieme ad Armando Billi, di “Zodiaco”. Una rivista veramente innova- tiva per quel periodo, perché dal 1978 al 1981 raccolse le ricerche di studiosi, che negli anni seguenti si sarebbero rivelati fra le voci più significative del no- stro panorama astrologico. Mi riferisco ai lavori su Lilith di Roberto Sicuteri e della moglie Tina, alla decifrazione dello zodiaco di Lisa Morpurgo, alle statisti- che di Ciro Discepolo, per non parlare degli articoli di André Barbault, all’epo- ca già all’apice della sua fama. Questa serie di interventi, proposti sulla rivista, insieme a quelli magistrali dello stesso Zoli, hanno permesso a molti della mia generazione di crescere nel sapere astrologico e all’astrologia italiana di fare un vero e proprio salto di qualità. Senza dimenticare che tutto ciò avveniva in

Mario Zoli

LE CONNOTAZIONI SIMBOLICHE DI KRONOS-SATURNO

NELLA CULTURA CLASSICA

E LA LORO CORRISPONDENZA

NELLA PRATICA ASTROLOGICA

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un periodo nel quale non esistevano opere di investigazione, mentre le tradu- zioni dei testi di autori stranieri si contavano sulla punta delle dita.

Per questo mi sento di affermare che sicuramente Mario Zoli ha lasciato un segno indelebile nell’astrologia in Italia e credo che ciò sia avvenuto, oltre che per quanto già esposto, soprattutto per la maniera tutta speciale, che egli possedeva nel trattare il “simbolo”, come una sorta di “dono”, che gli permet- teva di renderlo visibile, vivo e parlante all’interno di ognuno di noi. Devo con- fessare che è un’emozione quando mi capita (e avviene abbastanza di fre- quente) di incontrare persone che hanno ascoltato una sua conferenza o che hanno avuto modo di incontrarlo e che sempre mi confermano di portare an- cora impresso, dopo tanti anni, il ricordo di quella meravigliosa esperienza.

Se ne renderanno conto i lettori, affrontando il lavoro che pubblichiamo, scritto in occasione del famoso Congresso di Palermo, del 1982. Dico “famo- so”, perché questo congresso, che aveva per titolo “Il valore dei Simboli in Astrologia”, rappresentò un momento molto importante nella storia della no- stra Associazione e direi quasi dell’astrologia italiana. Ed è proprio questa la seconda ragione, che richiede un breve riflessione introduttiva, che sia di aiuto al lettore per entrare nello spirito del pezzo pubblicato.

Il congresso di Palermo, oltre ad essere stato un momento di grande suc- cesso per il Cida, segnò una svolta nella vita associativa e finì per dare una nuova veste all’astrologia, in quanto ne cambiò il modo di fare ricerca. Con quel congresso la nostra disciplina riuscì a superare la crisi di crescita, che in quel momento stava attraversando in Italia, e divenne più consapevole delle sue possibilità.

Varie le ragioni, che furono alla base del successo di quel meeting. Innan- zitutto, le “dimensioni” della manifestazione: tre giorni di relazioni 26, 27 e 28 febbraio 1982, una sede prestigiosa il “Grand Hotel des Palmes” in una cornice

“fin de siecle”, come è riportato nelle recensioni pubblicate all’epoca, il patro- cinio della Regione Sicilia, che dava alla manifestazione ed all’astrologia stes- sa una sua dignità culturale, infine, la grande affluenza di pubblico; mai, infat- ti, si era verificato che tanta gente partecipasse ad un incontro astrologico in Sicilia. Per non parlare della presenza di personaggi fra i più rappresentativi dell’astrologia dell’epoca da Serena Foglia a Gisa Frandino, tanto per citarne alcuni, insieme a studiosi allora “emergenti”, come Adriana Rampino Cavadi- ni, Grazia Bordoni, Grazia Mirti, Ciro Discepolo, fino al nostro attuale Presiden- te Dante Valente.

Se passiamo a ragioni più emotive, possiamo citare l’atmosfera tutta par- ticolare che pervadeva la sala, condizione che, da sola, spesso ha il potere di decretare il successo o la… “débacle” di una manifestazione. Non ho avuto occasione di essere presente allora, ma questo dettaglio mi è stato confermato fin da quando ho iniziato a frequentare il Cida, sia dai nostri Consiglieri più an- ziani, sia dalle persone che hanno vissuto questo evento in prima persona e con cui ho avuto occasione di parlare.

Senza dimenticare le ragioni squisitamente culturali, che decretarono l’importanza della manifestazione. Mi riferisco in questo caso al livello delle re-

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lazioni presentate, molte delle quali, fra cui certamente questa di Mario Zoli, che pubblichiamo, hanno rappresentato negli anni a venire un punto di riferi- mento e di partenza per molti altri studi. Non a caso tutti i lavori furono, poi raccolti in un volumetto, pubblicato l’anno seguente dalla casa editrice Arktos di Torino e che, nonostante il titolo un po’ infelice, “Astrologia Magica”, ebbe una notevole diffusione, tanto che gli appassionati possono ancora trovarlo in qualche libreria specializzata.

E veniamo alla terza motivazione, per cui questo articolo merita un men- zione speciale: l’argomento affrontato, ovvero “Saturno”! Un tema che è sem- pre di attualità in qualsiasi corso per principianti, come nei dibattiti fra profes- sionisti esperti. Comprendere a fondo le valenze dell’ultimo pianeta visibile è uno dei primi obiettivi, che bisogna porsi per raggiungere un buona interpreta- zione della carta natale. E, da questo punto di vista, la relazione di Zoli, sia per la chiarezza espositiva, sia per la sua profondità, rappresenta un punto di rife- rimento obbligato, direi quasi una pietra miliare, per chi si propone di affronta- re lo studio del pianeta.

Come leggerete, la sua analisi è lucida ed acuta; tratta dell’evoluzione del simbolo saturnino spaziando attraverso il mito nelle varie epoche storiche, sfa- tando pregiudizi e fornendo al lettore una visione d’insieme dell’argomento, fi- no a toccare con un pizzico di ironia la delicata problematica dei transiti di questo pianeta, definiti “nefasti ed ineluttabili” da molti profeti di sventura.

Termino con una breve annotazione. Con il suo acume di professore e di grande letterato quale era, Mario aveva già capito quanto fosse abile con la penna la giovane scrittrice, citata verso la fine del lavoro, a proposito dei “sen- sibili mutamenti di rotta nell’interpretazione astrologica, che si stanno verifi- cando in Inghilterra e Usa”, come egli scrive testualmente. Non solo, ma ave- va compreso quanta importanza avrebbe rivestito quel suo libro su Saturno, uscito già da alcuni anni in Inghilterra e che venne tradotto in seguito in Italia nel 1987. Naturalmente mi riferisco a Liz Greene, il cui lavoro – Saturn a new look at an old devil - è citato con entusiasmo nella sua relazione da Zoli e che sicuramente, possiamo affermare noi, a posteriori, ha rappresentato e rappre- senta tuttora una delle opere più valide nel panorama astrologico mondiale.

Una proficua lettura a tutti, di vero cuore!

Claudio Cannistrà

Le connotazioni simboliche di Kronos-Saturno nella cultura classica e la loro corrispondenzza nella pratica astrologica

Nella religione mediterranea del periodo antecedente la calata degli Achei, ve- rificatasi verso il principio del II millennio, la principale divinità è la Dea-Ma- dre, che personifica e protegge ogni forma di vita, vegetale e animale. Chia- mata con vari nomi nei vari tempi e luoghi – Signora delle fiere, dei boschi, delle acque – è riflesso d’una civiltà matriarcale per la quale è preminente l’at-

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tività agricola, donde la grande importanza dei riti della fertilità, e diciamo pu- re, della “maternità” della Terra.

Le molteplici dee dell’età classica, e ben più note a noi, quali, ad es., Ate- na Parthénos, Era, Cibele, Demetra, Afrodite, non sono che epifanie posteriori d’una sola, primitiva, arcaica figura divina. Più d’una traccia del mito successi- vo e loro pertinente è testimone d’una tale derivazione. “Parthénos”, ad es., che traduciamo un po’ alla leggera con “vergine”, termine correlato alla ca- stità, vale invece semplicemente “non sposata”, e cioè non necessitata a un rapporto stabile con una figura maschile, ciò che non esclude affatto la varietà delle unioni, aventi il maschio in posizione chiaramente subordinata.

Era, sposa di Zeus, sarà protettrice delle donne incinte e dei parti; Demè- tra, la cui etimologia, secondo alcuni, vale “madre terra”, verrà raffigurata con un fascio di spighe in mano; Afrodite nascerà adulta dalla spuma del mare ge- nerando la fecondità della terra (ricordiamo che il mare è figura archetipica della vita universale). E perfino in età esiodea, d’una civiltà cioè già da tempo patriarcale, e anche più avanti fino a Eschilo, la letteratura conserverà vestigia dell’antico matriarcato. Non si illumina diversamente la figura di Gea in Esio- do, né quella di Rhea, la cui costante motivazione nell’azione è, contro la lotta maschile per il potere, la difesa della vita, né si comprende il dramma intimo di Oreste – uccisore della madre – che la società e la religione patriarcale pos- sono ben mandare libero, ma non restituire alla pace dell’animo.

In quell’antica religione che s’incentra sulla Dea detta “Pòtnia” (la parola indica dominio, signoria, potenza, e ancor più la forza misteriosa della vita, e la vita stessa come manifestazione d’una tale forza) Kronos è un paredro, e cioè, tutt’insieme, lo sposo, il fratello, l’amante della dea. Un paredro, uno dei tanti. Annualmente, secondo il rito, egli si accoppia alla dea, in un’unione da cui discende la vita, e annualmente egli è sacrificato e ucciso, per poi risorge- re. E’ il destino di tutti i divini paredri, nel ciclo di morte violenta e resurrezio- ne, di cui l’età classica, ad es. con la storia di Adone, reca testimonianze nu- merose. Quel destino è rispecchiato dalla vicenda terrena dei re sacri, che de- vono, con la vita e con la morte, fecondare anno per anno la terra. Quali fos- sero le caratteristiche specifiche di Kronos in età tanto antica non sappiamo con esattezza; è detto “padre dei monti” di cui gli sono sacre le vette dove la boscaglia è più fitta e oscura, nell’area compresa tra Anatolia, Propontide e Caucaso; ha più di un legame col mondo equino: ingoia un cavallo al posto del figlio Posidone, ed è padre del centauro Chirone.

Poche notizie, usando le quali tuttavia si può tentare qualche connessio- ne: boscaglia-buio-morte; monte-elevazione-roccia-durezza e cavallo-Luna, essendo il cavallo sacro alla Luna per la ragione, additata dal Graves, che l’impronta dello zoccolo del cavallo sul suolo lascia l’immagine della falce di Luna. Essendo la Luna collegata alla Dea Madre, nelle sue fasi principali – cre- scente, piena, calante, da cui la triforma dea della vegetazione, del raccolto e della morte –, si torna al primitivo rapporto Kronos-Pòtnia. Le leggende più tarde dei centauri trassero origine da danze rituali, allo scopo di propiziare la pioggia, eseguite da uomini su cavallucci di legno. Nell’arte arcaica i Satiri, la

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cui connessione con i riti della fecondità ci è più evidente, erano essi pure uo- mini-cavalli, prima che uomini-capre.

L’etimologia rivela una base sanscrita del nome, il cui significato è “com- pimento, dominio, signoria”.

Esiodo e autori postesiodei

Nella “Teogonia” esiodea si narra che Gea, la Terra, sposa di Urano (il Cielo), afflitta per la persecuzione di cui Urano rendeva oggetto i suoi figli, che com- primeva nelle pieghe della terra, indusse i Titani, tra cui Kronos, ad assalire il padre loro. E così essi fecero. Il più giovane di essi, Kronos, armato di un fal- cetto di selce castrò Urano mentre questi dormiva. Impugnava, in quest’ope- razione, l’arma con la sinistra che da quel momento venne ritenuta la mano del cattivo augurio. Devirilizzato, Urano perde il potere che passa a Kronos, il cui regno coincide con l’età dell’oro. Kronos si unisce a Rhea e ne ha figli, contro i quali però commette la stessa colpa del padre, da cui la loro ribellione e la sua caduta. Il regno della giustizia si aprirà solo con Zeus, mediatore tra vecchio e nuovo ordine divino.

Il mito che Esiodo illustra è antichissimo; esso trova corrispondenti in area orientale, già nel secondo millennio. Il Graves opina che l’offesa fatta da Cam al padre Noé dormiente, da cui la violenza maledizione del genitore, fos- se la castrazione, espunta più tardi dal testo, e che tutto questo processo fosse in relazione non simbolica con fatti reali delle primitive società patriarcali e guerresche, e collegati alla violenta conquista del potere.

Il mito di Kronos e in relazione dunque con un paterno oppressivo, inte- riorizzato e rivissuto, da cui la ripetitività della vicenda a ruoli scambiati. Kro- nos, successivamente identificato col Tempo, indica cosi l’arrestarsi del Tem- po stesso, la staticità del potere che si nega alla dinamica del mutamento per mantenere inalterato se stesso. Pia tardi egli sarà visto come il Tempo che di- vora e distrugge tutto ciò che nel tempo vivo, i suoi figli appunto; ma nel mito primitivo egli con accentuazione più grave è il potere che vuole distruggere la stessa legge del tempo, da cui l’ingoiare, Il divorare, e cioè il riappropriarsi, dei figli stessi. È il vecchio che si appropria del giovane, che lo sacrifica a se, per mantenere il potere e la vita che non concepisce distinta dal potere. Sara sconfitto. In questa drammatica vicenda, le dèe-madri, Gea prima, e Rhea poi, sposano sempre, e difendono, la causa dei figli contro il padre, e cioè la legge del divenire del tempo, della successione naturale, della dinamica della vita.

La maternità di Gea è implicita nel suo stesso nome. Non diversamente stan- no le cose per Rhea, il cui etimo è da “reo”, “scorrere, fluire”, per cui Rhea sa- rebbe la dea da cui tutto nasce e “diviene”; secondo altri, l’etimo è, per meta- tesi, da “era = madre terra”. In entrambe le soluzioni, identica è l’accentuazio- ne della vita; mentre Kronos, il “potente”, il “signore” è entità oppositiva alla vita e che, come tale, verrà punito con l’impotenza. Perdere il fallo è perdere lo scettro, secondo un’equazione evidentissima.

Al dio viene associato il pianeta che da allora ne porta il nome, che Su-

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meri e Babilonesi, e cioè gli astrologi pia antichi, legavano a concetti di gover- no e legalità (sta certamente qui la prima radice della connessione tra Saturno e la Bilancia).

Per la freddezza del pianeta – in relazione alla sua grandissima distanza dal Sole, la maggiore che gli antichi potessero computare – si chiama “Kro- nios pontos”, nel linguaggio geografico, il “mar glaciale”; mentre già dal IV sec. a.C. la commedia attica registra la parola “cronos” come equivalente di

“vecchio barbogio”, “vecchio rimbecillito”. Si perde cioè pian piano memoria della terribilità della vicenda mitica, per estrarne invece, in un clima di eviden- te scetticismo e di razionalismo scientifico, risvolti comici: non per nulla i sofi- sti ed Euripide hanno già fatto udire la loro voce.

Caratteristiche fisse collegate a Saturno restano dunque la freddezza e la vecchiezza.

Particolare curioso che associa questo Kronos al più antico Kronos medi- terraneo: gli era sacro un monte nell’Elide. Miti diversi lo associano poi al cul- to delle pietre, figurate probabilmente come “ossa della terra”.

A Kronos tanto Omero che Esiodo riferiscono spesso l’aggettivo “anchi- lomètes”, “che ha pensieri tortuosi, curvi”, e quando “Kronos” verrà interpreta- to come “tempo” si innesterà su questa radice l’idea del procedere del tempo ciclico, già implicita nella vicenda mitica e nell’interpretazione astrologica che vedeva in Saturno l’ultimo dei pianeti, il misuratore lentissimo del tempo, da cui la grande importanza data ai suoi “ritorni” e alle sue congiunzioni con Giove.

Interessanti notizie su Saturno dal punto di vista astrologico si trovano nei libri attribuiti a Manetone.

Nel secondo si legge, ad es.: «Quando Saturno è nel Leone, la casa del Sole che tutto vede, fa nascere gli uomini grandi, e di nobilissimo casato; dà inoltre ricchezza e gloria, ma farà morire di mala morte il padre, o per atto vio- lento o per malattie legate a molti dannosi “umori”» (2, 342).

Da questa e altre testimonianze dello stesso libro si ricava la connessione tra Saturno e il genitoriale maschile, e quindi al “patrimonio”. Saturno può ac- crescere ma anche togliere i beni. La congiunzione Sole-Saturno, è detto, è più ostile al padre che alla madre del soggetto; tuttavia dà ricchezza “attraver- so molte morti”. Il simbolo è dunque ambivalente: perdita e acquisizione; la costante e però, per cosi dire, infausta: la morte.

Manetone afferma che i segni di Saturno sono Acquario, Capricorno, Ariete, Bilancia e Leone (alla faccia della successiva teoria dei domicili e delle esaltazioni!) e che la combinazione tra Saturno e uno di questi segni dà sem- pre uomini fortunati nelle loro opere.

«Ma se Saturno è fuori delle sue case, e per di più a mezzo il cielo, allora rende gli uomini disgraziati e privi di mezzi, bisognosi di tutto nella vita, anche del vitto quotidiano; li rende ospiti luttuosi, recanti infelicità, dovunque vada- no; tristi, e destinati a una vita errabonda» (4,16 e sgg.).

Costante è dunque il legame tra Saturno-ricchezza-povertà, e tra Satur- no-ascesa-caduta.

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Presso i latini

Se per Zeus-Iuppiter l’etimologia dà la medesima radice, dall’indoeuropeo

“div” che qualifica l’“essere luminoso” (da cui, ad es., “dies”, “deus”, “divus”, etc.) per Kronos e Saturno le cose stando diversamente. Dell’etimo di Kronos già si è detto. Di quello di “Saturnus”, la versione più probabile lo collega a

“satu”, “satione” (la seminagione, il seminato). La parola vale dunque “il semi- natore”. Più avanti Sant’Agostino (De civ. Dei, 7,13) lo ricorderà come il dio

“che ha dominio su tutte le semine”.

È dunque un dio agricolo.

Arnobio (3,117) ci ricorda la sua “falce” e l’antichita del suo culto (“pri- sca vetustas”). Tuttavia questa falce, diciamo così, latina non ha nulla di terri- fico. Mancano nella cultura italica antica le memorie di quelle patriarcali lotte per il potere di cui è piena la cultura greca. La falce di Saturnus non è l’arma di Kronos, insomma, ma semplicemente il falcetto del contadino. Saturno è detto “custode del campo”. Avendo seminato, custodito la terra, ha diritto di potare le viti e tagliare le messi.

II suo culto fu così antico e diffuso che Virgilio (Georgiche, 2,173) chiama l’Italia “terra di Saturno” (“Saturnia tellus”).

Si opera intorno al II sec. a.C., in ambienti di cultura romano-greca, la fu- sione del mito di Kronos e di quello di Saturno; da una parte si “italizza” il dio greco facendolo venire nella nostra penisola dopo la caduta, e qui sarebbe stato ospitalmente accolto; dall’altra si eredita dalla versione greca il mito del- l’età dell’oro collegata a Saturno, con la differenza che, da noi, quel periodo favoloso sarebbe stato quello delle origini, con Saturno deposto, e non già re- gnante.

Si adombra cosi, in questa ricostruzione e reinterpretazione del mito, il si- gnificato di una saggezza personale e di una parallela prosperità collettiva le- gate all’abbandono, sia pur coatto, dell’esercizio dispotico del potere.

Infatti l’italico Saturnus è un dio civilizzatore e benefico. Ai suoi insegna- menti si fanno risalire la cultura della vite, la costruzione delle città, l’istituzio- ne delle leggi. Anche qui gli è sacro un monte, ed è il Campidoglio ove i Ro- mani ponevano il primitivo insediamento etnico dell’“urbs”.

E la segnatura saturnina restò in vari aspetti del costume romano antico, richiamati e nuovamente celebrati nell’età di Augusto. Ad essi si può rappor- tare ad esempio la “gravitas” romana, l’elogio della semplicità, della “pauper- tas”; il culto, magari retrospettivamente idealizzato, d’un patriarcato saggio e non aggressivo; ad essi la memoria della concordia universale riflessa dai “Sa- turnali”; ad essi la restaurazione augustea (l’imperatore, stando a Svetonio, era nato sotto il Capricorno, il segno di Saturno); ad essi pure il pessimismo – evidente nella costituzione repubblicana – circa la fragilità della natura umana e la concezione della vita e della “res publica” come dura responsabilità, da cui la concretezza dello Stato come “cosa” tangibile: res, appunto; da cui l’evi- dente correlazione tra la cura onesta della terra e quella dello Stato, correla- zione visibilissima nella stupenda e schietta figura di Cincinnato.

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In un passo del “De natura deorum” (20,52) Cicerone, riprendendo Ari- stotele, fissa:

1) il periodo di rivoluzione del pianeta, indicato in trenta anni circa;

2) i meravigliosi effetti del pianeta (che tuttavia non cita); tali effetti (il verbo originale è proprio “efficere”) si verificano tanto nel moto accelerato, quanto in quello più lento; tanto quando il pianeta sorge, quanto quando tramonta;

3) l’immutabilita del pianeta che dà i medesimi effetti nei medesimi tempi.

Di tutte le indicazioni che Cicerone riporta, quest’ultima e la più interes- sante per noi, e la più collegata al mito antico di Kronos: la dura fermezza con cui l’antichissimo dio volle mantenere per sé il potere e per cui volle uccidere i figli si è convertita nell’immutabilità del pianeta, garanzia positiva, qui – di sta- bilità, di ordine, di continuità. Pur in una lunga tradizione, si conserva una cer- ta duplicità del simbolo.

Un’altra interessante testimonianza ci viene da Orazio. Nel 17° carme del suo secondo libro, dedicato all’amico Mecenate, egli, che pur altrove sembra respingere i “numeri Babylonii” e cioè i calcoli astrologici, rivela di saperne abbastanza della materia, se ricorda l’analogia tra il proprio oroscopo e quello dell’amico, per cui s’attende – e i fatti confermeranno l’ipotesi – che essi mor- ranno a poca distanza uno dall’altro. Ma c’è di più. Nel medesimo tempo in cui Mecenate parve in fin di vita per una gravissima malattia, egli, Orazio, per po- co non restò schiacciato da un albero che gli cadde improvvisamente dinanzi.

Il poeta ricorda che all’amico la morte fu evitata grazie all’azione del benefico Giove che si oppose a quella di Saturno detto “impius” e cioè, più che male- volo, spietato, impassibile.

Non c’è dubbio che questa connotazione, relata all’estrema negatività del pianeta, venga da teorie astrologiche orientali, e non romane. Dello stesso te- nore è una testimonianza di Germanico Cesare (I d.C.): “tristi Saturnus lumine tardus” (Progn. Rel., 3).

Ove si fissano due aggettivi “tardus”, e “tristis” che la tradizione astrolo- gica ha sempre associato a Saturno. Si ricorda, per spontanea associazione, l’espressione oraziana “tarda senectus”, dove l’aggettivo ha due significati as- sai pregnanti: la vecchiaia che “lentamente avanza” e la vecchiaia che “rende lento, che attarda” l’uomo. Quanto alla tristezza, essa è associata alla vec- chiezza. Delle due interpretazioni mitiche, la romana e la greca, quella che ha maggiormente influito sulla teoria astrologica è stata certamente la seconda;

da qui l’accentuazione della freddezza, della non-vita, della sconfitta, della len- ta distruzione e autodistruzione.

La cultura romana mi pare più saggia nel mantenere una certa ambiva- lenza del significato. L’esaltazione della sola polarità negativa è opera di una mentalità greca che ha sviluppato, fino all’eccesso, la simmetria oppositiva di Sole opposto a Saturno, vivendo il doppio nell’antitesi oggettiva ed esterna, e non già all’interno della stessa vicenda mitica e dello stesso simbolo.

E deve essere stata generata, quest’operazione, in una relativamente tar- da grecità, e cioè non in età più antica dell’ellenistica. Mi rapporto a un mo-

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mento in cui lo spirito greco, consapevole della fine imminente d’una civiltà e di un ciclo storico, ha voluto consegnare alla posterità e insieme figurare a se stesso, un mondo ordinato – cosmos! – di precise e ben intelleggibili “rispon- denze” per chiari rapporti analogici e oppositivi. Anche l’ideazione della cicli- cità del tempo, di per sé inquietante se la si figura come spirale, in ogni voluta della quale ogni dettaglio ricorda il passato, senza ripeterlo, e annuncia il futu- ro, senza anticiparlo, viene interpretata in modo razionale, e tutto sommato, tranquillizzante. La figura infatti è quella del cerchio. Un solo piano; tutto è vi- sibile, prevedibile, comprensibile. E tutto ritorna “identico”.

Il fatto è che lo spirito greco ha paura del mistero, di cui avverte il fasci- noso appello, ma a cui non si abbandona. Non per nulla teme il mare e inven- ta una sorda, tenace ostilità del dio del mare, Poseidone, contro Odisseo, l’e- roe per eccellenza.

C’è insomma molta paura nella codificazione di questa geometria limitata e limitante; e molta ansia nel tentativo di razionalizzare il tutto. E non a caso l’età in cui si confermano queste tendenze è la medesima in cui l’“irrazionale”

irrompe, distruttore, eversore, ed agita tutto l’“ordine” con un impeto che di- remmo anarchico e al quale non si può negare una demoniaca fascinazione.

Si pensi solo al culto di Dioniso, e alle “terribili Baccanti” euripidee.

Lo spirito romano, meno incline alla speculazione teorica, e più impegna- to sul piano concreto, è immune dalla tentazione di sopravvalutare il cosmos.

Se mai, il suo rischio è un altro, opposto: l’incapacità di dare una spiegazione razionale o metafisica ai fatti della storia.

Ma è merito dell’antica cultura romana aver fissato e custodito, di Satur- no, l’anima dell’“agricola” saggio e prudente, del legislatore, del civilizzatore che stabilisce, attraverso la sacralità del patto sociale, le basi del vivere comu- nitario.

Ed è al recupero di queste valenze che, come vedremo, si volge l’indagi- ne astrologica più moderna. C’è una maledizione nell’esercizio del potere, e una benedizione nella caduta; c’è empietà nell’uomo che si nega all’uomo e c’è saggezza, all’opposto, nell’incontrarsi dell’uno con l’altro, con la necessaria riduzione delle pretese rigidamente egoistiche; il distacco, la lontananza e la freddezza possono certo essere la negazione dell’umano, ma sono anche le virtù del retto, obbiettivo giudizio che non nega affatto l’umano, ma ne agevo- la la vicenda terrena e storica. La falce stessa, che la nostra cultura ci fa subi- to associare alla Morte, è lo strumento da usarsi per tagliar via ciò che secco, non vitale, inutile, e così consentire alla pianta frutti più copiosi, un accresci- mento di energia, una nuova completezza che non nasce se non dalla mutila- zione dolorosa.

Le corrispondenze nella pratica astrologica

L’autore che è considerato il padre della tradizione astrologica, quale la cono- sciamo, e che costituì una specie di ponte tra il sapere antico e antichissimo, in larga parte a noi ignoto, e il nostro, è Claudio Tolomeo, vissuto nel secondo

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secolo della nostra era. Matematico e astronomo insigne, espositore del cele- bre sistema, egli ci ha lasciato la summa delle credenze astrologiche caldee, egizie, greche nel “Tetrabiblos”, finalmente tradotto, – e il merito va a una pic- cola casa editrice, la Arktos, in Italia, un tempo patria degli studi classici.

Vediamo che cosa dice Tolomeo riguardo a Saturno. Ecco le sue parole:

«Saturno è un pianeta la cui maggior caratteristica e quella di raffreddare ab- bondantemente e di seccare con moderazione poiché pare sia il più lontano tanto dal calore del Sole, quanto dagli umidi vapori terrestri».

Agisce qui, traslata in un giudizio di valore negativo, l’opposizione al Sole.

Se il Sole è calore, Saturno è freddo; se la vita sulla terra è consentita dal So- le, Saturno la ostacola. Quanto qui Tolomeo sottintende è dichiarato espressa- mente in un altro passo dove si dice che Saturno, secondo la lezione degli “an- tichi” (Tolomeo tramanda cioè un’interpretazione già remota al tempo suo), è malefico, visto il suo potere di raffreddare eccessivamente.

Gli vengono attribuiti i segni del Capricorno e dell’Acquario, perché oppo- sti al Cancro e al Leone, sedi dei due Luminari, Luna e Sole; e sempre seguen- do la relazione oppositiva (col Sole e non con la Luna), perché in quelle so- cietà da tempo patriarcale la legge, il potere, la vita sembrano correlarsi al maschile) anche il segno della sua esaltazione – la Bilancia – viene indicato a fronte dell’Ariete, segno dell’esaltazione del Sole.

Del Saturno benevolo, civilizzatore agricoltore, di cui i testi antichi reca- vano numerose testimonianze non resta più nulla. Infatti quando il pianeta è dominante, elargisce, secondo Tolomeo, questi bei doni: distruzione, malattie di lunga durata, la febbre quartana, l’esilio, la povertà, la moria del bestiame, tempeste, naufragi e inondazioni, carestie (tanto quelle prodotte da siccità, quanto quelle recate da cavallette). Insiste, Tolomeo, senza darne spiegazioni, sulla corrispondenza Saturno-ossa del corpo umano, probabilmente perché, data la natura fredda e secca del pianeta, esso si collega alla parte non umida del nostro fisico, alla struttura solida e essenziale e cioè allo scheletro. Sulla scia di questa interpretazione, che ha alla base un rigido manicheismo, si pon- gono, in età medioevale, i trionfi della Morte, la figura della Morte stessa, co- struita secondo connotazioni tipicamente saturnine: mantello nero, alta statu- ra, mani ossute e scheletriche, lunga falce e clessidra. Quanto questo duali- smo abbia influito sulla storia della cultura e della civiltà dell’Occidente è cosa troppo nota perché ci si spendano sopra molte parole; esso ha reso drammati- ca anche la storia, dell’anima individuale, scissa tra un polo solare di ipervita- lità inflazionante e megalomane e un polo saturnino di rinuncia, ritrazione e castrazione; un’anima attratta ora da un vitalismo fine a se stesso, disancorato dalla riflessione e dall’esatta conoscenza di se, ora dalla scelta dell’“esilio” – reale o ideale – in cui la profondità del pensiero vanifica e isterilisce l’azione.

Una vita senza pensiero profondo, e un pensiero profondo senza vita; una gio- vinezza che “fa”, ma che non si interroga sulle ragioni del proprio “fare” e una vecchiaia che si “interroga”, ma cui viene impedito di “fare” sono prezzo, altis- simo, che si paga in termini di sconfitta, crisi della civiltà, rifiuto o disprezzo della vita.

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Che il manicheismo di Tolomeo abbia radice orientale, mi è confermato dal fatto che nei secoli successivi, in ambienti di forte cultura romana, esso non viene affatto seguito con altrettanta unilateralità. Una certa cautela nel non dimenticare l’ambivalenza delle connotazioni mitiche e astrologiche di Sa- turno è, ad es., in Dante. Restano in lui, attribuite al pianeta, le qualifiche di

“freddo e secco” e l’influenza, d’un tal genere, sul clima, quando, ad es., il pia- neta sorge (Conv. II, XIII, 25; Purg. XIX, 3; Par, XXII, 146), un’influenza oppo- sta a quella, calda e secca, di Marte; ma resta anche, e con ben altra eviden- za, la corrispondenza tra regno di Saturno e l’eta dell’oro (Inf. XIV, 96; Purg.

XXVIII, 40; Par. XXI, 25-26), l’eta della giustizia, del bene, della naturale soli- darietà dell’uomo con l’uomo.

Con queste parole infatti il poeta ricorda il dio detronizzato: «... caro duce, sotto cui giacque ogni malizia morta».

Nella distribuzione poi dei cieli del suo Paradiso, il poeta assegna a quello di Saturno – il più distante dalla terra, tra quelli legati ai pianeti, e perciò il me- no imperfetto di essi – gli spiriti contemplativi, collocandovi anime elette di eremiti che condussero vita povera, volontariamente spogli di difese contro l’inclemenza della natura che fece loro provare “caldi e geli”, paghi di “pensier contemplativi”, e cioè dell’arricchimento della loro vita spirituale. E se tutta la struttura del Paradiso è, come vien dichiarato a Dante, una specie di scala che il cielo getta incontro al poeta, collocandovi anime nei vari gradini, perché egli possa umanamente comprendere i diversi gradi delle loro beatitudini, il cielo di Saturno, anche in questo centrale, è, per cosi dire, addirittura costruito in forma di scala la cui sommità luminosa si perde nell’infinito,

Giuseppe Cairo, nel suo pregevole “Dizionario ragionato dei simboli”, ri- corda opportunamente una possibile ascendenza culturale dell’immagine dan- tesca, accanto a quella più nota della biblica scala vista in sogno da Giacobbe.

Egli dice: «Secondo i maghi caldei (e cioè astrologi) le anime dei defunti dove- vano giungere al Sole – stanza delle beatitudini eterne – passando per sette porte di sette diversi metalli e poste sopra un’altissima scale».

La sacralità del numero sette in Dante è cosa assai nota; esso è lunare e saturnino insieme, essendo legato cosi alla quarta parte del mese lunare o una fase, come alla quarta parte della rivoluzione del pianeta; ma giova qui notare che la scala ha valore di ascensione; la sua stessa immagine, come già nel so- gno di Giacobbe, parla più di una elevazione e/o divinizzazione dell’umano, che non di una umanizzazione del divino. Ma c’è anche di più; se nel sogno di Giacobbe e nella scienza caldaica la scala è un’immagine-simbolo, in Dante essa è tutt’uno col cielo di Saturno, è Saturno, tout-court. Il poeta cioè trasferi- sce nell’immagine archetipica, con l’immediatezza e l’eloquenza discreta che ha la figura a vantaggio del lungo discorso, tutta una serie di positive connota- zioni saturnine: la rinuncia al potere, la ricerca di un’operosa solitudine, l’ele- vazione dello spirito, il gusto dell’umile – e non umiliante! – povertà, la sempli- cità netta del cuore. E quanto queste, virtù siano potenzialmente attive e fe- conde, e non già nate e alimentate da un narcisistico piacere di aristocrazia spirituale che abbia il suo obbligatorio corrispettivo nel disprezzo degli altri, è

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reso evidente dal fatto che proprio una di queste anime, san Pier Damiani, scaglia una infuocata e sferzante condanna contro la degenerazione di certi costumi ecclesiastici del presente.

Il freddo e il secco di Saturno sono qui intesi come distacco dall’agitato of- frirsi della vita tumultuante, un distacco dall’“io” di ieri, una ricerca solitaria di se, la quale non può compiersi se non nella sofferenza liberamente accettata, nella solitudine, nel silenzio, il compenso sarà il “noi” ritrovato con l’“io” auten- tico, il colloquio e la conoscenza della propria anima, la scoperta dell’eloquen- za, disadorna ma suasiva, delle cose davvero essenziali, la conoscenza di un Tempo necessario, scandito nello scenario naturale, e uniformandosi al quale l’uomo, passo passo, scopra il suo tempo; un tempo, finalmente, umano.

Tanta acutezza di pensiero (ricordiamo anche la Montagna Sacra del Pur- gatorio, altra figura saturnina, alla sommità della quale Dante dovrà compiere dolorosi riti di purificazione ed espiazione) andò però perduta nella prassi astrologica dei secoli seguenti.

Si può affermare senza tema di smentita che ha agito assai più su questo versante la lezione elementare di Saturno opposto a Sole, quale fu insegnata da Tolomeo (da cui a Saturno la vecchiaia come maledizione, i luoghi bui e minacciosi, l’avidità, il cimitero, la tomba e la sepoltura, la magia nera, le ca- tastrofi individuali e collettive) che non l’“altro” Saturno, che in realtà non po- teva essere accolto se non dopo un’ardua interiorizzazione dei suoi miti appa- rentemente contraddittori, ma riconducibili all’unità della coscienza che vuole

“conoscere se stessa”. L’incapacità di vivere la totalità del simbolo ha natural- mente cause storiche a farla comprendere, ma ha generato a sua volta effetti storici di evidenza palmare e di drammatica gravità. Si pensi solo che l’abbi- namento Cristo-Sole ha prodotto, sulla linea di quell’opposizione, l’abbina- mento dei nemici di Cristo, gli ebrei, a Saturno. E tutta la letteratura occiden- tale, dal “Cid” al “Mercante di Venezia”, a certe connotazioni della maschera di Pantalone, reca, a testimonianza della causa e dell’effetto dell’antisemitismo, l’ebreo avaro, oppressore di servi e figli, ricchissimo e misero, in posizione im- modificabile di agguerrita difesa e ritorsione contro la society che lo circonda.

Solo nel secondo dopoguerra dal rituale della messa è stata soppressa l’e- spressione “perfidi ebrei”, “ebrei deicidi”. Davvero è antica e ricorrente la pra- tica del “capro espiatorio”!

Ma l’astrologia, coincidendo con la sua storia, anche storia di una civiltà.

Demonizzando e maledicendo l’Ombra, come si fatto per secoli, abbiamo va- namente tentato di rimuovere una cospicua parte di noi, vivendo con l’altra parte mutilata e monca. E poiché la demonizzazione di Saturno-Ombra-Nega- tivo-Satana è stata duratura, non sorprenderà di trovare nei trattati astrologici anche di questo secolo una relativa uniformità nella interpretazione, che insi- ste assai più sulle privazioni cui espone Saturno, gli scacchi e le sconfitte, pre- sagiti poi in modo nettamente deterministico – la cultura positivistica, appa- rentemente obiettiva e razionale, ha le sue colpe, anche in questa sede! – che non sui suoi benefici, quale senso del dovere, la autocoscienza, la pazienza, la sopportazione delle privazioni, la resistenza alla fatica.

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Un solo esempio. Il trattato dello Julevno, composto sulla fine del secolo scorso, e non senza diligenza, mentre raccoglie una lunga tradizione, ribadisce un “topos” dell’astrologia classica, e cioè che Saturno elevato, culminante, eleva e abbatte senza rimedio, fa perdere ciò che si è acquistato, professione, casa, stato. Il lettore, allarmato, pensa subito alla carta oroscopica di Napo- leone, che magari è stata messa lì accanto a mo’ di exemplum; vede un diffi- cile Saturno in elevazione e, col cuore in gola, corre a controllare proprio! C’è, insomma, questo mi preme precisare soprattutto, una responsabilità nell’inter- pretazione; accogliere acriticamente una lettura deterministica di tali valenze, e cosi trasmetterla, significa non solo operare senza cervello, rinunciando ad- dirittura agli elementari, e cosi saggi!, “perché?” del bambino, ma confermare, con l’evidenza che si dà alla continuità inalterata di quell’interpretazione, il concetto della sua immodificabilità. Non si può insomma agire in questo mo- do e poi lamentarsi se il pubblico, recepita la lezione deterministica, si aspetta, passivo, vincite al Totocalcio, la promozione al concorso, l’incontro con l’ani- ma gemella. Si perde anche di vista la storicità di questa e di qualsivoglia altra interpretazione, e cioè la sua provvidenziale relatività, legata alla nostra cono- scenza e alla nostra vicenda – ora e qui –, alla ricettività, alla cultura, alla vo- lontà di chi ci ascolta, sollecitato ad essere, coscientemente e liberamente,

“faber fortunae suae”.

In parallelo con certi sviluppi della psicoanalisi si stanno verificando sen- sibili mutamenti di rotta anche nell’interpretazione astrologica specie in Inghil- terra e USA; mutamenti che intendono addivenire all’unita fondamentale di animus e anima, o, per restare nel campo delle nostre connotazioni, di ascesa e caduta, ambizione e rinuncia, acquisizione e perdita. Citerò solo due studi sull’argomento, i migliori che mi sia accaduto di esaminare. Il primo è di Alexander Ruperti, il quale, senza scendere a prolissi dettagli, fissa con auto- revole e ferma sinteticità i principi fondamentali delle connotazioni saturnine.

È superfluo aggiungere che, recuperando l’antica legge dell’“analogia” nella lettura interpretativa, il confine tra sfera spirituale, fisica, comportamentale, storica e geografica, crolla.

Tali principi sono:

1) Un principio di preservazione di sé e contrazione, che si manifesta con la

“difesa”

2) Un principio di forma, struttura, solidità e stabilità. Da cui la stabilità del- l’ordinato vivere sociale fondato sulla tradizione: legge, autorità, morale.

3) Un principio di Tempo: lentezza, conservatorismo, pazienza, economia, di- stacco. Sensibilità, spesso dolorosa sulle prime, per l’opera selezionatrice che il tempo esercita.

4) Un principio di difesa della propria struttura e della propria personale inte- grità; ciò spinge anche alla ricerca di parametri concreti di valore mate- riale.

5) E, da ultimo, il principio della fondamentale realtà dell’uomo, quello che egli nell’essenza fisica e spirituale. Scheletro, da una parte, e dall’altra ciò che gli resta da, nella e attraverso la storia mutevole.

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L’altro studio è di Liz Greene. II titolo che, tradotto suona “Saturno - Una nuova occhiata a un vecchio diavolo”, rende bene la spigliatezza con cui l’o- pera è condotta. Com’è nel solco della migliore tradizione anglosassone, la Greene insegna, e molto!, senza averne l’aria, una frase dopo l’altra, col mas- simo della semplicità e della ragionevolezza. Il suo fine – dichiarato nell’intro- duzione e che ritengo perfettamente raggiunto – è quello di recuperare la co- scienza del doppio, e di gettar luce sulla positività di Saturno, e cioè della sof- ferenza, del limite, della prova, strumenti indispensabili per l’autoconoscenza e per la costruzione di un nuovo “io”. Leggendo le sue pagine, mentre si resta ammirati, non si può far a meno di notare, per sollecitazione “a contrario”, la malafede della nostra cultura che, se ha sempre elogiato il valore positivo del- la “provvida sventura”, della rinuncia, della povertà, ha indicato infatti all’agi- re quotidiano ben altra via; di acquisizione, successo, denaro, potere, sopraf- fazione. È logico che, in questa strada, il vecchio, inelegante, silenzioso Satur- no sia stato visto come un passante-jettatore, e che lo si sia accusato dei falli- menti e delle frustrazioni che erano invece nostri.

Mentre la Greene cita la fiaba della Bella e la Bestia, ricordando che il principe verrà fuori dalla Bestia, solo quando la Bestia sarà stata accettata e amata, come tale, e non come involucro, a me capitava di pensare che secon- do la liturgia della Chiesa, Cristo nasce col Sole in Capricorno, segno di Satur- no-Satana. Che fosse già indicata, e da tempo, la strada per un’acquisizione unitaria del doppio del simbolo?

Mi piace infine, a chiusura di questa relazione, fissare l’attenzione su alcu- ni esempi di mappe oroscopiche in cui il pianeta Saturno occupi una posizione di un particolarissimo spicco, e indicare qualche annotazione, la quale, se pur sommaria, non sarà forse insufficiente ad accertare come i soggetti interessati abbiano “obbedito” – ovviamente senza saperlo né volerlo – alle valenze tipi- che che l’astrologia associa a un tale pianeta.

Il primo è Abraham Lincoln, il celebre presidente degli Stati Uniti, assassi- nato nel 1865, e diventato poi la figura-simbolo delle libertà americane.

Alla sua nascita, Saturno è di pochi gradi sopra l’Asc. è dunque congiun- to ad esso. La sua importanza, già notevole per la posizione in sé, è accresciu- ta dal fatto che pianeta governa tanto il Sole, in Acquario, che la Luna, in Ca- pricorno. Difficilmente si troverebbe un saturnino più puro. E tale egli fu, tanto nell’aspetto – grave, serio, meditativo – quanto nel carattere, che mostrava, anche negli anni della giovinezza, una precoce maturità, una ponderazione e una prudenza che si sarebbero dette senili; e cosi fu anche nella parola, sag- gia, parca, essenziale. Fu l’incarnazione di un Pater, autorevole e severo, ma anche giusto ed animato da spirito progressista.

Il secondo è John F. Kennedy, anch’egli presidente USA, e, come Lin- coln, morto per assassinio. Nella sua mappa Saturno è in X, vicino al MC., esaltato in Asc., Bilancia, governa l’IC, è in aspetto con lo stellium in VIII.

Tuttavia non ha rapporti diretti né coi Luminari né con l’Asc. Come ci si pote- va aspettare da tutto ciò, nulla di saturnino nel suo aspetto, che fu giovanile, affascinante, vivace. La valenza saturnina vibra sull’asse X-IV; il pianeta, go-

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vernando l’IC, suggerisce una forte presenza di valori ereditari, e un ruolo di pubblica rilevanza (Saturno è elevatissimo), scelto non per intimo consenso (infatti né i Luminari, né i governatori del tema partecipano a questo intrec- cio), ma per obbedienza a una precisa richiesta o pretesa, che giunga dalla propria famiglia patriarcale e che, avendo tutta l’autorità d’una legge tradizio- nale, sia perciò vincolante. Kennedy obbedì. I suoi valori d’aria e di segni mo- bili – Sole, Venere, Luna – egli non li visse se non come inquietudine, con- traddizione, molteplicità di interessi intellettuali, mentre il forte stellium in To- ro, con Giove-Mercurio-Marte, rinforzava la concreta chiamata di Saturno. Fu un caso di sacrificio, di sé, al Padre, ambiziosissimo. Come si ricorderà, de- stinato alla presidenza doveva essere, nei progetti paterni, il primogenito, che perì durante la guerra mondiale. Toccò allora al secondogenito, John appun- to, far le vendette e la parte del padre; e c’è di più: essere guidato, preso, mangiato da lui. A considerare i fatti con la saggezza e il distacco della visio- ne retrospettiva, una davvero strana analogia tra sacrificio di sé al padre, e sacrificio di sé alla nazione.

Il terzo è Albert Schweitzer, il celebre missionario, teologo, organista, pre- mio Nobel per la pace 1952. Nella sua mappa Saturno è in V – la casa della creatività, delle cose create, e, in senso lato, dei “figli” –; il pianeta è trigono all’Asc., dove è esaltato, e dispone sia del Sole in IV, in Capricorno, sia di Mer- curio, congiunto all’IC; è, inoltre, ricco di aspetti.

La mappa presenta vistose dissonanze. Saturno è, ad es., in quadrato esatto a Marte. Come leggeva questa combinazione il vecchio Tolomeo? Ecco:

«… ladroni, pirati, cattivi soggetti. Coloro che perseguono guadagni illeciti, che non temono Dio né amano alcuno e che sono blasfemi, perturbatori, ingannato- ri, traditori, assassini, empi, incestuosi, fornicatori, sacrileghi, negromanti, pro- fanatori di sepolcri e completamente scellerati».

Si sorride, certo. Si sorride però un po’ meno quando si legge l’interpreta- zione dello stesso aspetto dato da un classico come il Sementovsky in un’epo- ca molto più vicina a noi, il 1954: «… Vogliono essere temuti, ma tutti i loro piani di dominio sugli altri in ultima analisi rimangono sterili. Si smarriscono spesso nel tedio e nella negazione della vita».

Giudizio che corregge appena quello di otto anni prima: «Severità e durez- za volute; spirito grave e vendicativo, ma in ultima analisi sterile; esistenza amareggiata, desolante, atta a spingere il soggetto al suicidio, o a farne un ne- vrastenico inguaribile».

Né vale opporre che la mappa deve essere interpretata nel suo insieme, etc., perché qui Saturno è dominante, non senza dissonanza; e Marte, disar- monico, governa un campo come il VII, quello, addirittura del “sociale”!

Quand’anche i giudizi dati sulla combinazione qui citata, da Tolomeo e dall’astrologo moderno, fossero scaturiti, come è probabile, dalla osservazione e dallo studio di molti esempi, allora è da dire – e siamo veramente al nocciolo del problema – che non c’è negatività, per quando grave, che il soggetto non possa disinnescare, accettandola su di sé liberamente e facendone liberamen- te, strumento per la propria crescita spirituale.

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