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A R MONDINI, Il caso Bonifacio, in “Kankropoli” On line.

LIBORIO BONIFACIO ED IL SIERO DELLA SPERANZA

L. BONIFACIO, La mia vita contro il cancro, op cit., pag 36.

11 A R MONDINI, Il caso Bonifacio, in “Kankropoli” On line.

trattati avevano beneficiato della scomparsa del dolore, erano cessate le emorragie e le metastasi e le masse tumorali si erano ridotte.

La relazione del prof. Scebba fu resa pubblica nel corso di un convegno di medici cattolici, riportando entusiastici apprezzamenti. Copia di tale relazione fu inutilmente inviata all’Associazione dei medici cattolici. Addirittura, pare che nel 1968 fu proposta un’interrogazione parlamentare, rivolta a conoscere quali fossero i motivi che avevano impedito la sperimentazione ufficiale del siero.

Verso la fine degli anni ’60, svariati medici, da Milano, Bologna, Roma, Crotone, Palermo e Caltagirone, iniziarono a fare uso abituale del ritrovato, anche se sempre su malati terminali.

Fu in quel periodo che il settimanale “Epoca” iniziò ad occuparsi del caso, dando ad esso una rilevanza intemazionale.

L’opinione pubblica fu favorevolmente colpita da questo fenomeno, al punto che il dottor Bonifacio si ritrovò praticamente assediato da gente che implorava la consegna di dosi del prodotto.

Le certificazioni sanitarie e gli attestati giungevano copiosi, al punto che non fu possibile raccoglierli e catalogarli tutti. La città di Agropoli fu invasa da giornalisti di tutta Europa, che cercavano di colloquiare con il famoso veterinario, disperatamente occupato, con tutta la famiglia, a preparare migliaia di dosi alla settimana.

IV

In conseguenza degli articoli pubblicati, il Ministro della Sanità, Camillo Ripamonti, il 31 luglio 1969, si risolse di dare riscontro alle istanza che provenivano dalla società civile. Scrisse una lettera aperta al settimanale “Epoca”, che riporto testualmente “Roma, 31 luglio 1969

Egregio Direttore, Le comunico che ho chiesto al Prof. Pietro Valdoni, Presidente del Consiglio Superiore di Sanità e Direttore del Centro per la lotta ai tumori dell’Università di Roma, di prendere contatto con il dott. Liborio Bonifacio, che pratica un personale metodo di cura dei tumori, sul quale, a suo tempo, era stati espresso giudizio negativo da parte di Istituti altamente qualificati. Il Prof. Valdoni cercherà di acquistare direttamente dall’interessato ulteriori elementi per un giudizio tecnico, in seguito al quale si possa eventualmente esperimentare il preparato negli Istituti Nazionali per il cancro di Milano, Napoli e Roma nonché presso l ’Istituto di Oncologia dell’Ospedale maggiore di S. Giovanni Battista di Torino. Nel 1953 e nel 1958, infatti, il metodo del Dr. Bonifacio fu segnalato all’attenzione di qualificate istituzioni pubbliche per lo studio e la cura dei tumori, le quali non vi riconobbero alcuna efficacia curativa. Ho ritenuto opportuno promuovere ulteriori accertamenti al fine di esperire ogni possibilità di indagine, Pertanto, l ’esame preliminare dei fondamenti scientifici del metodo, richiesto dal Prof. Valdoni, appare

indispensabile per mantenere la cautela doverosa in simili casi e per evitare illusorie speranze nell’opinione pubblica, negli infermi e nei loro familiari. Le invio i migliori saluti

Camillo Ripamanonti".

L'11 agosto 1969, il dottor Bonifacio si recò a Roma, al Ministero, a colloquio con il prof. Valdoni. La discussione durò quattro ore e fu molto cordiale: si stabilì di fare resperimento nei quattro centri citati, per la durata di sei mesi e su cento pazienti.

Il dottor Bonifacio credette che fosse cosa ormai fatta e tornò euforico ad Agropoli, dedicandosi con entusiasmo al suo lavoro.

La “Gazzetta del Mezzogiorno” di Bari aprì, nel frattempo una sottoscrizione per finanziare la produzione del siero: nel giro di poche settimane furono raccolti diciotto milioni di lire!

Il veterinario agropolese decise di trasferire a Bari il centro per la fabbricazione e la distribuzione del prodotto. Giunto nel capoluogo pugliese, la situazione divenne insostenibile: il continuo flusso di gente impediva al dottor Bonifacio di lavorare, di uscire addirittura dall’albergo. Fece, pertanto, ritorno ad Agropoli, anche perché preoccupato da uno strano giro di faccendieri che gli gravitavano intorno.

A settembre, come di intesa, consegnò il prodotto all'Istituto Superiore di Sanità, per le prove batteriologiche e di tossicità. Poi avvenne l’imprevisto: i direttori dei quattro centri tumori si riunirono e decisero di ridurre gli esperimenti ad un solo Istituto, ovvero quello di Roma, mentre il prof. Valdoni veniva totalmente esautorato ed estromesso dalla questione; il Ministro Ripamonti emanava il seguente decreto: "Per la vasta risonanza suscitata nella pubblica opinione dalle

notizie, largamente diffuse dalla stampa d'informazione, concernenti le asserite proprietà antitumorali di un prodotto biologico di provenienza animale, preparato dal veterinario dottor Liborio Bonifacio. Visto l'esito favorevole delle indagini espletate dall'Istituto Superiore di Sanità in merito alla innocuità e sterilità del prodotto e tenendo presente l'opportunità di promuovere una approfondita sperimentazione del prodotto anche sul piano clinico, allo scopo di acquistare ogni più utile elemento di giudizio.

Il Ministro emana il seguente decreto composto di quattro articoli.

Articolo 1: è istituita una commissione con l'incarico di condurre, presso l'Istituto Regina Elena per la cura e lo studio dei tumori in Roma, uno studio clinico sperimentale su degenti opportunamente selezionati, allo scopo di vagliare gli effetti terapeutici del preparato in narrativa.

Articolo 2: La Commissione è composta come appresso: Onde Prof. Pietro Bucalo ssi, direttore dell'Istituto Nazionale per lo studio e la cura dei tumori di Milano, presidente; Prof Antonio Caputo, direttore dell'Istituto Regina Elena per la cura e lo studio dei tumori di Roma, componente; Prof. Giovanni d'Errico,

direttore della Fondazione Senatore Pascale, Istituto per lo studio e la cura dei tumori di Napoli, componente; Prof. Giovanni Battista Marini Bettolo Marconi, direttore generale dell'Istituto Superiore di Sanità, componente; Prof Luigi Nuzzolillo, direttore generale dei servizi di medicina sociale presso il Ministero della Sanità, componente. Le funzioni di segreteria sono svolte dai signori: Dott. Gaetano Di Stefano, ispettore generale medico e direttore della divisione per la lotta contro i tumori, in servizio presso la direzione generale dei servizi di medicina sociale del Ministero della Sanità; Dottor Alfonso D'Abbiero; medico provinciale capo, in servizio presso la direzione generale dei servizi di medicina

sociale del Ministero della Sanità.

Articolo 3: La Commissione di cui innanzi, nell'espletamento del proprio mandato, si avvarrà dei presidi strumentali esistenti presso l'Istituto Regina Elena per lo studio e la cura dei tumori di Roma, nonché del personale medico e tecnico ivi in servizio, integrato, eventualmente, da quello in servizio presso gli Istituti di Milano e di Napoli.

Articolo 4: Entro il termine tassativo di mesi sei, la Commissione assegnerà al Ministro della Sanità una dettagliata relazione, concernente le modalità seguite nella sperimentazione ed i risultati conseguiti. Il Ministro della Sanità trasmetterà poi detta relazione al Presidente del Consiglio Superiore di Sanità che, prima di

riferirgli in merito, è invitato a sentire il parere del predetto consesso.".

Le rimostranze e le polemiche del dottor Bonifacio, che tra l’altro apprese la notizia solo a mezzo stampa, furono virulente. Invano i funzionari ministeriali cercarono di giustificare questo repentino voltafaccia, asserendo che la sperimentazione in un unico centro di rendeva necessaria “per tenere la situazione sotto controllo”, ovvero per concentrare gli sforzi in un’unica struttura ed ottimizzare i risultati.

Bonifacio, che ebbe colloqui anche con il Ministro in persona, fu persuaso ad accettare la decisione per evitare gravi ritorsioni: temeva di essere denunciato per la distribuzione non autorizzata di un prodotto non iscritto nella farmacopea ufficiale, come era accaduto in precedenza al dottor Vieri.

Iniziò anche una inquietante campagna stampa, tendente ad accreditare l’ipotesi che il dottor Bonifacio si rifiutava di fare gli esperimenti perché aveva timore di essere smascherato.

L’inventore dell’omonimo siero si rivolse anche all’autorità giudiziaria mediante un esposto, che non sortì alcun esito.

L’inquirente, infatti, si sarebbe necessariamente dovuto avvalere, nell’espletamento dell’indagine, di una consulenza medica di alto profilo per confermare le teorie di Bonifacio, E chi mai si sarebbe messo contro i “baroni dal camice bianco”? Chi avrebbe avuto il coraggio di smentire la medicina ufficiale? L’esposto, dopo cinque anni, fu dunque archiviato.

Chiese consigli al suo legale di fiducia, avv. Vincenzo Milite, e decise di scrivere una lettera al Ministro, sotto certi punti di vista “cautelativa”:

On.le Ministro della Sanità - Roma.

In riferimento al decreto da Lei emanato in data 6.11.69, di cui il sottoscritto ha avuto conoscenza tramite stampa ed avente ad oggetto lo studio clinico- sperimentale su degenti opportunamente selezionati e verifica degli effetti terapeutici dei miei prodotti, è necessario ed indispensabile, allo stato, puntualizzare la situazione chiarendoLe con la presente il mio personale punto di vista, che mi auguro venga vagliato con la dovuta responsabilità.

Intendevo eseguire la sperimentazione in cliniche universitarie al fine di un esame il più completo possibile dei miei prodotti. Purtroppo, tale mio desiderio, che ha pur un suo fondamento e che è stato condiviso in tutte le discussioni che ho avuto con eminenti personalità interessate alla sperimentazione, non è stato tenuto in alcun conto del Decreto Ministeriale del 6.11.69, con il quale si è stabilito che la sperimentazione verrà condotta presso l ’Istituto “Regina Elena” con sede in Roma. Ciò mi ha sorpreso ed addolorato.

Mi si potrebbe rispondere che l ’Istituto “Regina Elena “, per lo studio e la cura dei tumori in Roma, offre tutte la garanzie del caso sia per quanto si attiene al personale medico e tecnico ivi in servizio, sia per quanto si attiene alle attrezzature ivi esistenti; e sia così. Accetto, con senso di responsabilità, la sede dell’istituto indicato nel Decreto Ministeriale in argomento.

Debbo, però, con tutta franchezza e fermezza, precisare che la consegna dei miei prodotti alla Commissione per l ’inizio della sperimentazione è subordinata alle seguenti inderogabili condizioni:

1) Mia partecipazione, con l ’assistenza di un medico di mia fiducia, alla selezione dei pazienti da trattare con i miei prodotti.

2) Consentire che io, accompagnato da un medico, sostituibile quest’ultimo in ogni momento, frequenti l ’Istituto “Regina Elena” per tutto il periodo degli esperimenti, per eventuali suggerimenti circa la posologia del prodotto in casi che verrebbero a presentarsi con carattere di estrema urgenza e indifferibilità.

3) Ogni venti giorni l ’Istituto “Regina Elena dovrà farmi pervenire copia fotostatica delle cartelle cliniche dei casi in trattamento, affinché io possa, forte dell’esperienza di innumerevoli casi trattati, suggerire l ’eventuale nuova posologia, che ogni singolo caso richiederà in base ai risultati ottenuti durante l’esperimento.

4) I miei prodotti, informa liquida, saranno consegnati ogni venti giorni al Direttore Generale dell ’Istituto Superiore di Sanità e ciò perché il prodotto possa essere usato nello stato di maggiore freschezza e attività.

5) Gli effetti terapeutici dei miei prodotti, convalidati oltre che dalla mia quasi ventennale esperienza, altresì dalla documentazione pervenutami da oltre cento tra cliniche universitarie, cliniche private e ospedali, nonché da oltre 7.000 certificati medici pervenutimi dall’Italia e dall’estero, sono i seguenti:

a) scomparsa della sintomatologia dolorosa; b) scomparsa di emorragia causata da tumore;

c) ripresa dello stato generale, con scomparsa dello stato cachettico e ripresa dell ’appetito;

d jripresa della crasi ematica;

e) riduzione della massa tumorale e della metastasi.

Tali effetti terapeutici dei miei prodotti ebbi a comunicarli al Prof. Pietro Valdoni in un colloquio avuto con lui nella sede del ministero della Sanità T ll agosto 1969 e tali risultati dovrebbero essere convalidati dagli esperimenti che verranno eseguiti nell ’Istituto “Regina Elena ”.

Pertanto, desidero che la Commissione vagli ogni singolo effetto terapeutico dei miei prodotti, esprimendo su ciascuno di esso il suo giudizio.

Con la preghiera di un cortese e sollecito riscontro, che consenta il più presto possibile l ’inizio della sperimentazione, deferentemente ossequio

Agropoli, 19 dicembre 1969

Dott. Liborio Bonifacio ”

A questa nota non fu dato mai riscontro.

Si preferì, per ragioni neanche tanto recondite, ignorare le indicazioni del dott. Bonifacio, benché, da tempo, il siero venisse somministrato a migliaia di pazienti, con esiti favorevoli, nonostante lo stato di avanzamento del loro male.

Il mondo della scienza ufficiale osteggiò sempre il metodo del veterinario. Ma spesse volte, in privato, i suoi detrattori ebbero a richiedergli il suo derivato per somministrarlo a parenti o amici ammalati.

L’avvocato Giuseppe Bonifacio suole ripetere: “Se potessi rivelare il nome di quei personaggi che, segretamente, quasi furtivamente, venivano ad implorare la consegna del siero per la cura propria o dei familiari! Quello stesso siero che in via ufficiale essi contestavano con sprezzo. Mio padre non volle mai strumentalizzare queste situazioni ed io, ora, devo rispettare le sue volontà”.

Aggiunge: “Ricordo di quando, poco più che un ragazzo, raccolsi un giorno una telefonata di un noto cantante, allora, come oggi, forse il più famoso d’Italia, che chiedeva del siero da somministrare alla povera madre, morente di tumore. Non posso aggiungere altro..

Tra una valanga di proteste, ed inenarrabili traversie, alcune veramente grottesche, ebbe inizio quella che fu da tutti definita la "sperimentazione truffa" del siero. Infatti, il 29 maggio 1970, dopo appena 16 giorni di test clinici, eseguiti su soli otto pazienti, la Commissione Bucalossi assegnava al Ministro il lapidario responso: "L'anticancro Bonifacio è dichiarato inefficace. Non cura i tumori e non ha alcuna azione sulla loro sintomatologia".

Lo Stato, novello Ponzio Pilato, archiviò con un’insolita tempestività il caso Bonifacio, con una celerità alquanto atipica, rispetto alle lungaggini che, storicamente, connotano la burocrazia del Belpaese. Se venisse applicato altrettanto zelo nell’evadere i lavori di certe commissioni parlamentari...

V

Correva l’anno 1970 e l’Italia era pervasa da turbolenze sociali e politiche. I fermenti del ’68 e l’attentato di Piazza Fontana, suonavano come lugubri rintocchi, che annunciavano il “de profundis” della spensierata e ruggente epopea dei mitici anni ’60.

Anche il “caso Bonifacio” risentì di questo rovente clima.

Iniziò il periodo delle manifestazioni di protesta e dei moti di piazza, che ebbero come scenario la cittadina di Agropoli.

Agli inizi dell’anno, precisamente il 17 di febbraio, il dottor Bonifacio rimase attonito alla lettura della seguente nota:

“ Il Medico Provinciale,

Vista la nota telegrafica del ministero della Sanità n. 169 in data 16.2.1970 - pervenuta all’Ufficio del Medico Provinciale di Salerno il giorno 17 febbraio 1970 alle ore 11, con la quale il predetto ministero dispone fra l ’altro di diffidare il dottor Liborio Bonifacio da Agropoli “ a non effettuare consegna del suo prodotto ad Istituti o Ambulatori previsti dall’art. 184 del T.U. delle L.L.S.S., approvato con R.D. 27 luglio 1934 n. 1265, senza previa autorizzazione di questo Ufficio che la concederà in base ad esito favorevole dei relativi accertamenti di Laboratorio da parte dell ’Istituto Superiore di Sanità ”.

Vista la legge 13 marzo 1958 n° 269 Diffida

il dott. Liborio Bonifacio da Agropoli a non effettuare consegna del suo prodotto ad Istituti o Ambulatori previsti dall’art. 184 del T.U. delle L.L.S.S., approvato con R.D. 27 luglio 1934 n. 1265, senza previa autorizzazione di questo Ufficio che la concederà in base ad esito favorevole dei relativi accertamenti di Laboratorio da parte dell’Istituto Superiore di Sanità, salvi e riservati i provvedimenti che, per la mancata ottemperanza di quanto sopra, il ministero della Sanità adotterà in merito ed a carico del dott. Liborio Bonifacio.

Salerno, lì 17febbraio 1970

Il Medico Provinciale Dott. Gennaro Gallo ”

Nella stessa giornata, il suddetto Medico Provinciale procedette al sequestro di 751 fiale del siero.

Fu il caos.

La folla che perennemente assediava l’abitazione dei Bonifacio, avuta notizia del sequestro, iniziò a rumoreggiare minacciosa.

Il giorno successivo, ovvero il 18 di febbraio, si verificarono le prime tensioni, subito sedate dal buon senso delle forze di polizia, che si comportarono con molta oculatezza. Sabato 21 febbraio, la gente attese invano la distribuzione del prodotto, che abitualmente aveva inizio alle ore nove nella sala parrocchiale. Quando fu certo che il siero non poteva essere consegnato, iniziarono i primi disordini.

E qui la fredda cronaca si sovrappone ai miei vividi ricordi.

In un primo tempo, le forze dell’ordine seppero stemperare gli animi, dosando con efficacia buon senso ed umanità.

Verso le nove e mezzo giunsero un centinaio di studenti (si era in piena epoca sessantottina) con cartelli di protesta: la folla fu aizzata. Si formò un corteo che, recatosi alla locale stazione FF.SS, bloccò per qualche decina di minuti il traffico ferroviario, occupando i binari.

I Carabinieri riuscirono a persuadere i manifestanti, che dopo circa un’ora, levarono il blocco.

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ammalati intenderebbero organizzare una << marcia dei centomila » a Roma _____________

La notizia della manifestazione giunse immediatamente a Roma. Il Ministero fece un abboccamento con il dottor Bonifacio, proponendogli di far filtrare il siero sequestrato, prima di distribuirlo alla gente e di iniziare la sperimentazione.

Il veterinario rispose, dando prova di tutto il suo siculo orgoglio: “ Se considerassi anche solo lontanamente la possibilità che il farmaco non fosse sterile, accetterei volentieri questo compromesso. Ma siccome sono sicurissimo della sterilità e dell’atossicità del prodotto non ho intenzione di cedere, il ministero ha sbagliato e il ministero stesso deve riconoscere l’errore. Io aspetto che le autorità dichiarino ufficialmente che il prodotto, così come l’ho consegnato, è perfettamente, sterile”.12.

Sarà stata la tensione di quei convulsi giorni ma finì che il veterinario si ammalò e fu ricoverato in un Ospedale di Battipaglia per un blocco intestinale, cagionato da una diverticolite.

Il dottor Bonifacio trascorse molti giorni in regime di ricovero. La convalescenza fu lunga e sofferta.

Mentre il veterinario era ammalato, il Ministero della Salute fece dietro-front. In quel periodo i governi erano particolarmente sensibili alla “piazza”.

Inoltre, la stampa si occupava quotidianamente del caso e le martellanti notizie contribuirono a far salire la tensione nell’opinione pubblica, che seguiva l’evolversi della questione con viva preoccupazione.

Il medico provinciale di Salerno inviò al Sindaco di Agropoli il seguente telegramma:

“Ministero Sanità, visto esito favorevole accertamenti eseguiti Istituto Superiore Sanità habet disposto svincolo partita 721 flaconi, posti sotto fermo giorno 21 febbraio U.s:, et prelievo da essa, da parte Ufficio scrivente, venti flaconi occorrenti sperimentazione clinica presso Istituto Regina Elena Roma. Rimanente quantità potrà impiegarsi con note modalità previste art. 184 T.U.LL.SS.

D'ora in avanti sarà ammesso impiego, modalità di cui sopra, prodotto debitamente filtrato et infialato soltanto a cura officine farmaceutiche abilitate produzione farmaci biologici per uso umano che diano necessarie garanzie tecniche.

Pregasi notificare quanto precede al dottor Bonifacio cui scrivente fornirà ulteriori precisazioni in ordine a modalità da seguire et assicurare.

Salerno, 7 marzo 1970

Il Medico Provinciale Dott. Gennaro Gallo ”

Il problema dell’atossicità e della sterilità delle confezioni di siero era nient’altro che l’ennesimo cavillo ostruzionista: il preparato, da tempo, veniva adeguatamente trattato ed infialato dall’Istituto Zooprofilattico di Portici, che segretamente prestava ( e prestò a lungo) la sua collaborazione al veterinario.

La vittoria di questo round creò dei seri grattacapi al dottor Bonifacio: le fiale dissequestrate erano vecchie di quaranta giorni e, quindi, di ridotta efficacia (il siero andava somministrato preferibilmente nei primi giorni dopo l’imbottigliamento, poi cominciava a degradare) e né lo scopritore poteva produrne altro siero, dato che versava in uno stato di grande debilitazione fisica.

La gente cominciò a lamentarsi. C’era chi accusava Bonifacio di voler negare ai malati il prodotto, per ripicca nei confronti del Ministro. Altri sostenevano che il veterinario era stato messo tacere dai “poteri forti”. _

L’11 marzo, il Colonnello Capone, dell’Arma dei Carabinieri fece visita allo scopritore, avvertendolo degli umori della folla, oramai incredula e sfiduciata.

Il dottor Bonifacio accettò di ricevere una delegazione, a cui avrebbe spiegato i motivi della mancata distribuzione delle fiale.

Si recarono al suo cospetto quattro persone, congiunti di altrettanti gravi malati.

A costoro spiegò le cause dell’interruzione dell’erogazione, adducendo

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