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VERSO IL NUOVO MONDO

IL GRANDE SANTO PROTETTORE DI CANNALONGA: TORIBIO MOGROVEJO

VERSO IL NUOVO MONDO

Durante quei mesi di preparativi per la partenza, fissata per il settembre del 1580, egli dovette spostarsi fra la sua Mayorga, Madrid, Siviglia e Sanlucar, porto d’imbarco, dove bisognava attendere la flotta, la cui nave ammiraglia era YAndrés

Sànchez, la nave a lui destinata. In realtà, la cosiddetta “Via delle Indie”

cominciava molto più su, nel porto sivigliano di Las Muélas; serpeggiava, poi, con i meandri del Guadalquivir, per andare ad ancorarsi alla foce del fiume, a Sanlucar de Berrameda. Terminava quindi a Panama a sud e a Veracruz a nord.

La sua permanenza a Mayorga fu di breve durata perché erano tante le cose che doveva fare. Naturalmente la sua cittadina lo accolse con grande giubilo e fu un andare e venire di parenti e amici dalla sua casa. Per umiltà non voleva che lo chiamassero col “don” e, per allontanarsi dal chiasso e dalla confusione, se ne stava in giardino, sotto gli alberi, dove si faceva servire anche il pranzo che consumava in compagnia dei suoi servitori. Raccontò questo episodio tanto significativo, fra gli altri, il suo fedele paggio Sancho Davila, all’epoca quindicenne e che gli restò vicino tutta la vita, all’atto della beatificazione del suo amato arcivescovo.

La partenza per le Indie fu il grande dramma che vissero, in lagrime, moltissime famiglie spagnole di allora, tanto numerose, con figli e congiunti sparsi in quei mondi lontani e un commiato doloroso fu per il giovane Toribio, consapevole che non avrebbe fatto mai più ritorno nella sua terra. Il padre, governatore perpetuo di Mayorga, oltre che avvocato, tanto stimato dal conte di Benavente, signore del territorio, era morto nel 1568 ed erano morti anche due suoi fratelli, Luis, il primogenito, e Lupercio. Avrebbe voluto condurre con sé i superstiti della sua famiglia, l’anziana madre donna Ana e la sorella Maria Coco, suora domenicana, per la quale aveva previamente sollecitato l’indulto della Santa Sede, cambiandola di convento e di Ordine, rivolgendosi personalmente allo stesso cardinale, generale dei Gesuiti, padre Acquaviva. Tutto fu inutile: la madre preferì rimanere nella sua Mayorga accanto alla figlia suora e pregare per il suo figlio santo e per la figlia Grimanesa, che aveva deciso di partire anche lei, con il marito, don Francisco de Quinones e i loro tre figli, Antonio, Beatrice e Mariana, il maggiore dei quali aveva appena sette anni. (Altri due sarebbero nati a Lima)

A Madrid andò ad accomiatarsi da Sua Maestà e dal Consiglio delle Indie. Rimase poi tutta la primavera a Granada per godersi per l’ultima volta la sua adorata città, facendole il regalo della sua anima, per ricambiare quello che gli aveva fatto la città con i suoi bellissimi nevai, a lui che veniva dalla bassa pianura della sua terra di Campos! Volle ammirare, per l’ultima volta, i suoi meravigliosi tramonti primaverili e, sull’alto della Collina Rossa, il mozzo palazzo del re Carlo I, stagliarsi, nel cielo infuocato, con lo sfacelo di un lungo sogno imperiale4 e la Torre de la Vela, quasi fosse il simbolo del lavoro della Spagna, appena iniziato nel Nuovo Mondo.

Dopo una breve permanenza a Siviglia per i permessi nelle Casa de Contractación, si trasferì con il suo seguito a Sanlucar, in attesa della partenza. Qui ebbe un gran daffare con i permessi di passaggio e d’imbarco perché portava con sé molte cose, per quanto tutto fosse facilitato per espresso ordine del re in persona: “Io vi comando che lasciate partire per le province del Perù il dottore Toribio Alonso Mogrovejo, eletto arcivescovo della Città dei Re, senza chiedergli nessun documento....” E per lui e il suo seguito: “E’autorizzato a condurre con sé ventidue uomini a suo servizio pastorale... su una delle migliori navi della flotta...” E con altra cedola il re diede lo stesso ordine per la sorella Grimanesa e il cognato, che gli saranno costantemente di aiuto in seguito.

Ha molta fortuna il nostro neo-arcivescovo anche riguardo al suo cappellano. Lo ha incontrato casualmente mentre tutt’e due sbrigavano le pratiche per il viaggio. Si tratta di un giovane sacerdote della diocesi di Charcas. Poiché non ha cappellano, non avendo potuto seguirlo quello avuto fino ad allora, gli è arrivata a proposito questa acquisizione. Porta con sé molte cose, alcune originali: innanzi tutto, la ricca biblioteca lasciatagli dallo zio, per la quale ha dovuto avere un

salvacondotto speciale; un buon carico di olio andaluso “per le lampade di tutti i miei tabernacoli”, il suo ricco vasellame di argento e di oro, elencato nello studio del notaio Benito Luis, oggetti che avrebbe venduti per dotare di ornamenti e campane le cappelle dei villaggi degli indios.

Fanno scalo alle Canarie; da lì a Santo Domingo, nell’istmo di Panama, dove finisce il viaggio via mare. In questa città vengono sbarcati gli equipaggi e tutte le merci. Si prosegue via terra; attraversano l’istmo fino a Porto Bello - oggi Colombo - dove li attende un’altra flotta inviata dal viceré del Perù. Tutto un trasbordo lento e faticoso. Da Porto Bello al porto di Paita, dove c’è necessità di approvvigionare la flotta e, da lì a E1 Callao.

Il viaggio è durato sei mesi. Lo attendono altri due mesi di cammino a piedi perché Lima si trova a quattrocento leghe di distanza! Dopo venticinque leghe giunge al primo paese abitato da spagnoli, San Miguel. Trova lì l’inquisitore apostolico di Lima che gli conferisce il possesso della città, secondo la tradizione delle regole canoniche. L’entusiasmo di aver iniziato il lungo cammino del Vangelo vivo ha già cancellato la fatica del viaggio. Dopo altri due mesi di cammino, arriva finalmente a destinazione.

E’ P II maggio del 1581

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