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UNA POLTRONA DA INQUISITORE A GRANADA

IL GRANDE SANTO PROTETTORE DI CANNALONGA: TORIBIO MOGROVEJO

UNA POLTRONA DA INQUISITORE A GRANADA

Siamo nel 1573. Ha trentacinque anni allorché deve interrompere ancora i suoi studi. E’ successo che il re, già da tempo informato delle sue preclari virtù, ha pensato a lui come al più adatto a ricoprire la più alta carica di quei tempi di ferro: quella da inquisitore nel Tribunale di Granada. La funzione di inquisitore di Spagna era di suprema importanza e non esisteva carica di maggiore responsabilità, tanto era delicata e del tutto sottomessa alla costante supervisione degli organi superiori, ossia il Consiglio Supremo della Santa Inquisizione e la Cancelleria del Tribunale Giudiziario.

Per maggior chiarezza e autenticità delle decisioni, erano stati istituiti tribunali regionali, dipendenti in tutto e per tutto dal Consiglio Supremo. L’Inquisizione era detta “Santa” perché aveva giurisdizione “contro l’eretica perversità e apostasia”

distretto, nelle quali già c’era un commissario d’inquisizione e l’inquisitore più anziano dei tre fungeva da presidente del Tribunale.

Al nostro santo inquisitore spettava il compito di risolvere i problemi concernenti la delicata situazione ideologica e religiosa di riforma in Europa, in quel secolo XVI, specialmente nei riguardi dei mori di Granada, incuneati nella popolazione cristiana come un compatto residuo, difficile da assimilare, tanto da risultare un serio pericolo perché costituivano l’ultimo baluardo dellTslam.

E non finivano qui le preoccupazioni del nostro santo inquisitore perché il tribunale di Granada aveva anche il particolare, importante compito di operare parallelamente alla Cancelleria del Tribunale Giudiziario che, insieme a quella di Valladolid, costituivano il sistema organico di giustizia di allora. E questa convivenza parallela di ambo i Tribunali, il religioso e il civile, aveva suscitato in tutti i tempi appassionate controversie per ragioni di competenza, cagionando all’Inquisizione di Granada moleste inchieste e frequenti visite, l’ultima delle quali era avvenuta giusto un anno prima dell’arrivo del nostro santo.

Ciò nonostante, i tribunali godevano di grande autonomia e di un ampio margine di certezza di poter risolvere da soli i problemi specifici delle loro regioni. Per condividere una responsabilità così grande e portare a termine le cause più delicate del momento, il nostro collegiale del San Salvador dovette lasciare le aule salamantine. Egli cercò di esimersi ma gli ordini del re erano indiscutibili. Questa nomina era tutto un attestato di virtù e di saggezza, doti che tuttavia dovevano essere" accertate e ricominciò così tutto l’iter burocratico fatto d’incartamenti ed informazioni a Mayorga.

Nell’attesa, Toribio passò i mesi di giugno e luglio nella sua casa natale, con la madre e i fratelli, risolvendo gli affari di famiglia e preparandosi per il viaggio a Granada.

Tutte le informazioni risultarono più che soddisfacenti ed egli potè ricoprire il suo ruolo di inquisitore. Presidente del Tribunale era, per strana combinazione, in quell’anno 1573, don Diego Messìa de Lasarte, che era stato rettore dell’Università di Valladolid e cattedratico di Digesto quando il giovane Toribio era al primo corso di Belle Lettere nella stessa Università e già d’allora aveva avuto modo di apprezzare il giovane collegiale; vicepresidente era il dottor Romano, castigliano anche lui, della stessa Valladolid. Il nostro inquisitore erg il più giovane dei tre e sarebbe restato in carica sei anni

La sua occupazione giornaliera a Granada era costituita dalle tre ore di udienza nella mattinata ed altre tre nel pomeriggio, naturalmente dopo aver celebrato messa, come primo atto della giornata. A pomeriggio inoltrato, finiti i suoi impegni, usciva, seguito sempre dal suo fedele paggio e confidente Sancho Davila, il suo Sanchito,” che portava la cappa del signore inquisitore sul braccio “ e passeggiavano “sempre a piedi “. Le destinazioni delle sue passeggiate erano sempre dettate dall’amore per il prossimo: delle volte, passando per la Croce Bianca, salivano sulla Certosa per far visita ai bianchi monaci del silenzio; qualche

altra volta andava a conversare con qualche dottore in teologia della basilica dell’Incarnazione, già cattedrale, ma più spesso, si recava all’Ospedale del Re. Lì 10 attendeva il vescovo diocesano Juan de Metilem insieme ai suoi segretari e ai consultori d’ufficio per fare un giro nelle aule dei dementi, “questi esseri fuori del mondo!” Gl’impegni erano complessi e sottraevano molto tempo alle sue preghiere; mettevano inoltre a dura prova le sue doti giuridiche, ma tutto veniva appianato con il suo senso di equilibrio, magnanimità e specialmente di amore per 11 prossimo, amore che molte volte riscuoteva la disapprovazione dei giudici del Santo Uffizio. Le visite che ogni inquisitore doveva fare nel distretto costituivano il contatto diretto con le nozioni teologiche delle popolazioni e in queste visite c’era di tutto: bigotte, eretiche, contadini dal turpe linguaggio, illuminati che si sentivano inviati direttamente da Dio, qualche vicario presuntuoso di aver ottenuto il perdono divino, tutto un mondo pittoresco di caccia alle streghe e in cui per un nonnulla si finiva sulla forca.

Talvolta si fece trasportare dal suo zelo di gioventù, a parte l’inesperienza, come quando comandò di mettere un forte bavaglio ad uno spergiuro e il Consiglio lo avvertì che il bavaglio si metteva solo ai blasfemi. Pur essendo il suo primo incarico e pur essendo il più giovane inquisitore, il Consiglio Supremo non ebbe mai motivo di rivolgergli critiche o di ammonirlo, cosa molto sorprendente, in quanto nessun inquisitore del tribunale del distretto si era mai sottratto alla severa amministrazione del Santo Uffizio di Spagna.

Spesso Toribio si trovò in contrasto col Tribunale Civile, come è stato detto, per i diritti di competenza di ambo i Tribunali e l’ultima disputa che aveva diviso in due la città, sfociò, per l’intervento del Consiglio Supremo dell’Inquisizione, nella rimozione del presidente del Tribunale e di tutti i suoi ministri, con l’unica eccezione del nostro santo che ne divenne presidente

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