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“ NEL NOME DI DIO “

IL GRANDE SANTO PROTETTORE DI CANNALONGA: TORIBIO MOGROVEJO

“ NEL NOME DI DIO “

Egli aveva appena quarantadue anni e la fama di essere senza macchia e di una forza d’animo elevata sino all’eroismo. Il suo capitolo, perciò, si era mosso febbrilmente per preparargli un ricevimento indimenticabile: archi trionfali con il suo stemma, danze di bambini abbigliati con vistosi abiti, luminarie multicolori, fuochi d’artificio, razzi...Egli non avrebbe mai dimenticato quel giorno. Dopo molti anni, il segretario del capitolo dei canonici, don Diego de Morales, a quei

tempi fanciullo, avrebbe ricordato ancora, con emozione, l’ingresso dell’arcivescovo in Lima. “Egli volle entrare in città a piedi, mentre il suo seguito era a cavallo. Entrò dalla parte del ponte, benedicendo da sotto il palio e sembrò subito un sant’uomo” Ne avrebbe dato anche l’itinerario completo: “Giunse al rione dei pescatori, situato ai margini del fiume Rimac e da lì proseguì fino alla cattedrale attraverso strade adomate con il classico splendore col quale gli faceva onore la metropoli di Lima.”

Tutto il Perù percepì subito che era arrivato un inviato da Dio perché, già in quell’estate si mise al lavoro per la preparazione del III Concilio Provinciale che si era proposto di convocare subito, anche per obbedire agli ordini del re. Infatti, in Spagna, il Concilio di Trento, appena pubblicato nel 1564, era stato acquisito come legge del regno di Filippo II l’anno seguente e, come tale, il re ordinò che fosse eseguita in tutti i suoi dettagli. Ancor prima di arrivare, era stato messo dallo stesso re al corrente della situazione di anarchia della diocesi limense e, del resto, sin dal primo momento, si era personalmente reso conto che la città era in una situazione di decadenza spirituale. Il suo predecessore, Jeronimo de Loaysa aveva convocato due concili, nel 1552 e nel 1557, ma erano rimasti lettera morta, in quanto questi non aveva mai fatto visite pastorali e non aveva, quindi, sentito il calore diretto delle anime, se non attraverso le carte. La sua legislazione, durata quindici anni, era rimasta del tutto sterile: non esistevano né regolamenti, né statuti e niente può esser fatto bene senza ordinamenti. Bisognava subito riformare quelle chiese nuove con ordinamenti semplici, adatti ad esse in conseguenza dell’azione personale, diretta, calda e pastorale in ognuna delle cellule vive dell’organizzazione ecclesiastica per l’indottrinamento dei nativi.

Si mise quindi subito all’opera aiutato dal viceré, don Martin Enriquez che aveva tanto patrocinato il concilio. Incominciò con lo sfrondare di cose inutili e risistemare l’enorme materiale di lavoro esistente; studiare la legislazione vigente, assegnare i punti tematici a teologi ed avvocati ecc. Ultimati questi preparativi, pubblicò, secondo il mandato del re, l’editto di convocazione, fissando la data di apertura per il 15 agosto del 1582 e lo dispensò alle diocesi suffraganee e a tutte le altre del regno.

Sarebbe stato un lavoro immane riunire e presiedere un’assemblea di vescovi di tutte le diocesi del continente. Lima, infatti, aveva giurisdizione su dodici diocesi: Nicaragua e Panamà (Centroamerica), Popayàn (Colombia), Quito (Ecuador), Trujillo, Cuzco e Arequipa (Perù), Charcas (Bolivia), Asunción (Paraguay), Tucumàn (Argentina), Santiago e La Imperiai (Cile). Ma il nostro arcivescovo non si perse d’animo, tanto da far restare sbigottiti gli stessi canonici del suo capitolo che non si poterono trattenere dallo scrivere una lettera al re facendo i suoi elogi.

Ultimato tutto, egli partì per la prima visita pastorale, recandosi nella vicina pianura di La Nasca, a sud di Lima. Lì restò fino al gennaio del 1582, interrompendo la visita solo per attendere alla pubblicazione e all’invio alle altre

diocesi della bolla di Gregorio XIII, quella della Crociata contro i Turchi, che poi non fu realizzata.

Non dimentichiamo che Lima era, fondamentalmente, una diocesi di missione nel senso stretto della parola, che richiedeva un missionario intrepido, data l’aspra topografìa e l’immensità del territorio e l’assoluta mancanza di strade. Egli fu il vescovo che accettò tutte le difficoltà, camminando sempre a piedi, raramente a cavallo di una mula, per gli aspri sentieri di montagna, “cervis tantum pervia “, come ebbe a dire, più di una volta, il già citato P. Acosta. Però al nostro santo spuntarono le ali e non ci fu popolazione convertita o ribelle, urbana o montana nella quale egli non fosse penetrato. E’ stato paragonato a San Carlo Borromeo, “Il Borromeo delle Ande”, due giganti con la stessa affinità d’animo e lo stesso zelo pastorale ma, in realtà, quanto diverse erano le due arcidiocesi di Milano e di Lima sotto il profilo della geografìa, delle dimensioni del territorio, dell’etica e canonicamente parlando !

Lima era una diocesi scomodissima. La difficoltà si chiamava Ande: tutta un’immensa barriera che faceva da contrafforte, estesa parallelamente al Pacifico, con le sue cordigliere, La Negra e La Nevada e, in più, i loro prolungamenti nelle Orientale e Centrale che isolavano le città marittime dal resto del territorio; pianure assolate e valli profondissime, come una maledetta scacchiera con bruschi cambiamenti di clima e di pressioni atmosferiche ai quali neanche gli stessi indigeni si erano acclimatati A tutto ciò bisogna aggiungere gl’incontri pericolosi con serpenti o puma e le terribili sorprese delle piene dei grandi fiumi come il Maranon e il Santa “immensi come mari” che scorrevano vertiginosi, in pieno delirio, per i repentini dislivelli dell’impressionante sierra. Tuttavia questi fiumi e soprattutto quelle Ande attraverserà molte volte, senza scoraggiarsi, il nostro arcivescovo in tre lunghe visite, tutto un miracolo ininterrotto di una salute di ferro e di un’anima d’oro in quel suo corpo tanto gracile, dormendo per terra molte volte e digiunando molto spesso!

Tre visite pastorali farà, corrispondenti ad altrettanti concili: Concilio III 1583: uscita per la prima visita, durata sei anni; Concilio IV 1591: uscita per la seconda visita nel 1593, durata quattro anni e prolungata nel 1598-99; Concilio V 1601: uscita per la terza visita nel 1604 e , da questa al cielo, uscita definitiva.

Tornato a Lima, come è stato detto, per la pubblicazione della bolla papale, approfittò di questa sosta per convocare il primo sinodo diocesano per avviare le prime riforme e studiare i punti da discutere in Concilio. Ripartì poi per continuare la prima visita, questa volta per visitare l’aspra regione montuosa di Huanuco, la città più impraticabile della cordigliera - anche oggi - e tornò quindici giorni prima dell’apertura dell’assemblea.

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