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E ’ quanto em erge dalla transazione dotale del 22 Giugno 1749 dei beni di Elena Gregorio al giudice A ngelo Arcaro: il padre di lei mastro Giovanni Gregorio le assegna

ALLA RICERCA DEL PATRIZIATO “RURALE" NEL REGNO DI NAPOLI: ALCUNI CASI DI STUDIO.

18 E ’ quanto em erge dalla transazione dotale del 22 Giugno 1749 dei beni di Elena Gregorio al giudice A ngelo Arcaro: il padre di lei mastro Giovanni Gregorio le assegna

“Vongie del monte d e ’ Perelli [ ...] ammontantino a docati Sessanta”. Così appare pure nella transazione dotale dei beni di Agnese d ’ A lessio a Giovanni di Lauro, entrambi del casale di Fogna. A SS, Protocolli notarili, Laurino b. 549, notaio B iagio N ese, a. 1749.

19 A SS, Atti notarili, Laurino 1708, testamento di Marco Tommasini. 20 A SS, Atti notarili, Laurino 1708, testamento di D iego Morena. 21 G. CIRILLO, Il vello d ’ oro, op. cit., pp. 159 - 160.

Il passaggio alla famiglia allargata è un avvicinamento all’ individualismo pastorale. Nello Stato di Laurino assistiamo dalla fine del Seicento alla metà del Settecento a un vero e proprio attacco alla comunità di villaggio. Una decina di grandi locati, che possiedono almeno il 70% del bestiame dei centri, usurpano ben 5000 tomoli di pascolo, creando decine di difese. In più controllano 1’ amministrazione delle università, avendo così la possibilità di monopolizzare gli affìtti delle fide demaniali. E’ pur vero che le università possiedono il demanio chiamato “Terra del Prato”, utilizzato per il pascolo ed in parte per il terraggio di graminacee. Così come delle università è la difesa del “bosco di Pruno”, di circa 3000 tomoli, in parte coperta di cerri. Erbaggio e diritti di terraggio (un tomolo su otto delle graminacee prodotte spetta all’ università), con i fìtti annuali ad asta pubblica costituiscono il maggiore introito22.

Così la novità della struttura agraria nello stato di Laurino è il fatto che alcune decine di famiglie hanno iniziato un processo di individualismo pastorale finalizzato a creare spazi funzionali all’ allevamento del bestiame ovino, il che risponde alla domanda intemazionale di materia prima e porta, come per le enclosures inglesi, a creare tante difese. Si crea così un piccolo nucleo di famiglie magnatizie in possesso di masserie, che in alcuni casi sfiorano i 5000 capi. Interi lignaggi di pastori come i Butrico, i Tomasino, i Bruno, i Morena, i Coppola, i Prinzo, sono locatari delle maggiori masserie del baronaggio provinciale, dai Doria d’ Angri ai baroni Durso d’ Albanella, dai Carafa di Castel San Lorenzo ai Solimene d’ Altavilla23.

Ma la realtà non è stata sempre così florida. Anche per lo stato di Laurino ci furono periodi di crisi. Nel 1596, data la pesante tassazione statale, si trovò in debito col duca di Morrone di oltre 6000 ducati. L’ università, non potendoli pagare, arrivò al punto che, in cambio di altri 7000 ducati, nel 1611 assegnò al duca il “Bosco del Pruno e Rofrano Vetere”, le parti più consistenti del demanio universale.

Queste difese, rilevatesi improduttive, furono soggette a disboscamento, onde creare nuovi comprensori a pascolo, mediante la costituzione di una consistente masseria di oltre 3000 capi.

Poi vi fu la peste del 1656: nuovo crollo della domanda di lana, svilimento dei prodotti agricoli, crollo della rendita feudale. Ecco che allora sopraggiunsero occasioni di lavoro per le comitive di banditi. Personaggi come “i Tittariello, i fratelli Mancone, Pietro Braccio” attinsero ai manutengoli della pastorizia nomade, provocando danni non indifferenti alle proprietà immobiliari ed allo stesso patrimonio ovino dell’ area24.

22 Ibidem, p. 174. 23 Ibidem, p. 175.

24Cfr. A. MUSI, La rivolta di Masaniello nella scena politica barocca, e F. VOLPE, Il Cilento nel secolo XVII, Napoli 1981.

Verso il ’99: la rottura degli equilibri tradizionali.

Il banditismo è un fenomeno che colpisce particolarmente le zone impervie, montagnose, dove la macchina statale non può arrivare. Tale è l’Appennino del Calore. Qui domina l’incolto sterile secondo la mappa topografica: 5000 tomoli del tutto infruttuosi e sterili (rupi inaccessibili e falde dei monti); “oltre 4000 scoscesi e meno ripidi degli altri monti” utilizzati per “li bestiami piccoli”, e piccole porzioni impiegate “dai naturali del luogo per la semina del grano germano”; gran parte del territorio demaniale spesso rimane infruttuoso “per motivo di gelate o perché in faccia a dette scoscese vi è poca terra, onde, non potendo le piante profondare troppo la radice vanno a perdersi”. Il freddo fa sì che i 3000 tomoli a faggeto non diano frutto25.

Dobbiamo dire che abbiamo diverse tipologie di banditismo nel lungo periodo. Sicuramente lo scopo delle comitive armate sono la pace sociale e il controllo del territorio. Nell’ età moderna frequente è 1’ associazione con la feudalità, come in Abruzzo, dove si uniscono con le grandi famiglie aristocratiche. In questo caso lo Stato fa fronte al problema dividendo le bande e le stesse fazioni nobiliari; servendosi del banditismo per il controllo del territorio ed addirittura armandolo al seguito della nobiltà ed utilizzandolo per le guerre di egemonia spagnola.

Anche nel Principato Citra, fino al viceregno austriaco, i banditi sono i gendarmi dei baroni. Lo dimostra il fatto che Giuseppe Spinelli assaltò di notte, con centinaia di armati, pastori di Piaggine e di Laurino, Cannalonga, portando in catene a Laurino il barone Mogroveio26.

Però, verso la fine del ‘700, le bande armate si rivolgono contro lo stesso potere feudale. Ora diventano anarchici, o tuttalpiù, uno strumento in mano a frange della borghesia locale che li utilizza per il controllo del potere locale27.

Frequenti sono i casi in cui ci si trova di fronte ai cosiddetti banditi sociali. Ciò avviene in concomitanza di forti crisi agrarie, di eccessiva crescita demografica, di stagnazione della domanda dei prodotti locali, del crollo dei prezzi. Il ribellismo è rivolto contro i cambiamenti che hanno alterato l’egualitarismo naturale delle comunità e soprattutto verso quegli elementi sociali e quelle famiglie che, provenienti da condizioni di perfetta parità sociale, sono emerse nel giro di poche generazioni, impossessandosi di una parte delle risorse comuni e come tali colpevoli di aver tradito lo “spirito della comunità”28.

Nel 1799 agisce nello Stato di Laurino il capomassa Tommasini. Mentre si verifica il vuoto di potere statale, la proclamazione della Repubblica a Napoli, mentre i francesi si dirigono verso il meridione, costui organizza una grande massa, appoggiato dalla famiglia Vairo; mentre a Laurino i baroni Ciardulli e de

25 Mappa topografica 1783.

26 G. CIRILLO, Il vello d ’ oro, op. cit., pp. 179 -181. 27 Ibidem, pp. 181 - 183.

Bellis, in collegamento con un altro ramo della famiglia Vairo, una sorella di Nicola Ciardulli, Porzia, ha sposato Antonio Vairo di Piaggine ed un’altra il dottore in legge Diego De Bellis, il futuro barone di Perito (altro casale di Gioi) creando così un forte legame di parentela fra le due famiglie baronali di Laurino e il ramo della ricca famiglia di armentari del casale di Piaggine,cavalcano la reazione.

Tutto ciò si verifica in seguito a una dinamica sociale che ha mescolato le carte del potere a Laurino. In effetti, dopo il viceregno austriaco, è calato il potere degli Spinelli, mentre tra fine ‘600 e ‘700 avanzano nuovi nuclei familiari. Tre famiglie di armentari sono riuscite ad entrare nella borghesia delle professioni con alcuni dottori in legge, con notai e con 1’ accesso fra i blasonati: sono i Puglia, grazie agli Spinelli, diventati prima baroni di Monteforte, e poi costretti ad emigrare da Laurino per i contrasti sopravvenuti col duca; i Ciardulli, con Nicola che acquista Gioi ed Ostigliano dal barone Pasca; e il dottore in legge Nicola de Bellis che acquista nel 1777 il feudo di Perito. Le ultime due famiglie erano già in possesso di una discreta ricchezza nella prima metà del ‘700. Ad esempio, secondo un atto notarile del 15 Maggio 1753 d. Nicola avrebbe ricevuto come dote della sua futura moglie d. Rosalba Pecora di Fogna, figlia di d. Giuseppe Pecora ben 1000 ducati, che avrebbero rimpinguato il suo già ricco patrimonio29. E in più il 25 febbraio 1756 d. Nicola ricevette ben 2500 ducati dalla sorella d. Francesca, che sarebbero spettati alla stessa come beni dotali da trasferire a d. Diego Vairo di Piaggine suo futuro sposo30. Con questi capitali primitivi e con la laurea in legge giungono alla borghesia delle professioni e alla nobilitazione.

Ma altre famiglie, tra Seicento e Settecento, emergono a Laurino grazie alla imponente privatizzazione dei pascoli demaniali e all’ intraprendenza dimostrata nell’ attività armentizia, come i Pagano, i De Gregorio e i Gaudiani. Costoro hanno usurpato quindi centinaia di tomoli di terreno demaniale e possiedono come i Ciardulli e i de Bellis grosse masserie di bestiame ovino e bovino e anch’ essi entrano nel ceto dei civili.

Anche a Piaggine emergono, grazie all’individualismo pastorale, nuclei familiari che riescono a combattere il potere degli Spinelli. Sono i Vairo, i Bruno, i Prinzo31.

Ma le dinamiche socioeconomiche della fine del ‘700 mettono in difficoltà questi magnati dell’ armentizia.

L’economia armentizia entra in crisi: la crescita demografica provoca l’ampliamento dei terreni a coltura e quindi 1’ assottigliamento dei pascoli; il crollo del prezzo della lana, causato dalla crisi del settore laniero del Regno a causa della rivoluzione industriale, decurta i redditi; a ciò si uniscono le

29 ASS, Protocolli notarili, Laurino, notaio B iagio N ese, b. 549 a. 1753. 30 ASS, Protocolli notarili, Laurino, notaio de Gregorio, b. 549 a. 1756. 31 G. CIRILLO, Il vello d ’ oro, op. cit. pp. 187 - 188

immancabili congiunture climatiche ed alcune epizoozie che falcidiano le greggi. Poi nell’ area la qualità della lana è cattiva a causa della degenerazione genetica delle razze; inoltre le difese della Piana del Seie sono destinate sempre più alle bufale, sottraendo spazio alle greggi transumanti in inverno; infine la lontananza dei mercati rende difficile la commercializzazione. Il processo di mobilità sociale si blocca, provocando 1’ espulsione delle unità lavorative in eccedenza dai centri appenninici. Questi pastori disoccupati infoltiscono le fila del banditismo.

I fatti del 1799 vedono così riemergere i Ciardulli e i de Bellis. Essi si avvalgono delle forze della borghesia emergente e bloccata nel processo di mobilità sociale, nonché del proletariato pastorale. Si appoggiano anche al Tommasini, che, a sua volta, nomina ufficiali della sua massa esponenti della famiglia Vairo, Prinzo, Morena, anch’ esse appartenenti alla borghesia emergente.

Proprio il Tommasini si dirige con la sua massa a Laurino facendo strage degli esponenti della più potente borghesia armentizia ritenuta responsabile da parte del patriziato della crisi in corso. Persino le donne e i bambini delle famiglie Pagano, De Gregorio e Gaudiani vengono trucidate; alcuni esponenti di tali famiglie vengono uccisi dai loro stessi inservienti. E’, come si vede, opera di riscatto sociale, è odio di classe verso chi, partito dalla stessa fascia sociale, si è arricchito grazie all’ individualismo pastorale.32

Abbiamo precedentemente visto come sin dagli anni 70 del ‘700 le dinamiche sociali a Gioì fanno precipitare la situazione. L’ arrivo dei Ciardulli a Gioì mette in serio pericolo il potere detenuto da potenti patriziati che dominano da vecchia data come i Salati.

La posizione del Ciardulli nei confronti dell’università di Gioì è netta fin dalla presa di possesso: rifiuta di consegnare all’università l’atto pubblico di possesso della terra di Gioi, provocando le proteste dell’università33. Iniziano le intimidazioni nei confronti degli eletti e soprattutto verso i membri della famiglia Salati e dei loro alleati che controllano l’università. Ricominciano a comparire le comitive armate al servizio del baronaggio utilizzate a scopo intimidatorio.

Quello dei Ciardulli non è stato un buon investimento. Hanno comprato un feudo praticamente privo di rendita con demani feudali ridottissimi e con giurisdizioni messe continuamente in discussione dai sedili del patriziato, fiere che fuoriescono dalla loro giurisdizione ed un’economia dell’area ormai ripiegata verso la sola rendita agricola. Proprio questo spiega l’attacco frontale alle famiglie del patriziato che controllano Gioi e la loro partecipazione ai conflitti di fazioni, anzi la loro alleanza al partito avverso ai Salati34.

32 Ibidem, pp. 189 - 191

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