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G CIRILLO, Il processo di a risto cra d ia zio n e dello spazio Stati feudali nello stato napoletano Gioi (secc XVI-XVIII), Ed del Centro di Prom ozione Culturale per il Cilento,

ALLA RICERCA DEL PATRIZIATO “RURALE" NEL REGNO DI NAPOLI: ALCUNI CASI DI STUDIO.

2 G CIRILLO, Il processo di a risto cra d ia zio n e dello spazio Stati feudali nello stato napoletano Gioi (secc XVI-XVIII), Ed del Centro di Prom ozione Culturale per il Cilento,

crisi periodizzante che raggiunge l’apice con la peste del 1656: si determinano così crollo della produzione e della commercializzazione dei cuoiami e della seta, perdita di privilegi reali come quello che rendeva i cittadini e commercianti di Gioi esenti da qualsiasi gabella ed altro dazio in tutte le università del Regno; definitiva infeudazione da parte dello Stato dopo una certa permanenza nel demanio regio. Ma è soprattutto il crollo demografico che avrebbe determinato la scomparsa di decine di famiglie, e una selezione naturale in seno all’ elites locale3.

Anche l’importante fiera di S. Maria della Croce ne risente. Nel ‘700 infatti, come l’altra fiera di S. Giacomo dei Pignatari, è ridotta a luogo di contrattazione del surplus agricolo locale e del bestiame. Tra l’altro parte della giurisdizione della fiera di S. Maria della Croce spetta allo Stato di Magliano per la migliore localizzazione del sito, come attesta l’istanza del 1790 alla Camera della Sommaria fatta dalla terra di Gioi, mirante alla verifica dei confini dello stato feudale. Il governatore Pasquale Del Giudice ed il procuratore dell’ università lamentano le pretese di Benedetto Imbriaco di Magliano che pretende che il territorio chiamato “Piano di Stio” e “Piano del Ceraso” ed i relativi terraggi devono essere attribuiti a cittadini del casale di Stio (casale di Magliano). Ben dieci testimoni del comune di Campora ed il procuratore della terra di Magliano Di Nardo, fanno riferimento, in merito a questa vicenda, ai confini tracciati nella divisione della platea del 1547, voluta dal Pignatelli di Monteleone. Si dichiara come l’università di Gioi, nel l’alberare la bandiera di S. Maria della Croce “non va per la strada pubblica che conduce allo stato di Magliano, ma attraverso il limite del suo territorio osservando i confini descritti in detta platea. Tale limite arriva fino alle case di S. Maria della Croce, poi da Stio a Gorga e da qui verso Casamantrulli”. Emerge come la bandiera di Gioi è “posta sempre a distanza da quella di Magliano in occasione della fiera di S. Maria della Croce. Tale bandiera viene portata attraverso i tenimenti gioiesi fino alle case di S. Maria della Croce, lungo il limite tra Stio e Gorga e fino alla tempa di Casamantrulli”. Sfumano i dubbi sui diritti di Gioi conservati in merito alla giurisdizione della fiera, così non tarda ad arrivare una sentenza della Regia Camera della Sommaria che impone ai cittadini, soprattutto di Stio e Magliano, di non turbare 1’ ordine sotto pena di 300 ducati.4

Se le fiere registrano un clamoroso declino, assumono rilevanza i settori agricolo e pastorale. Risale al 1753 la visita dell’ avvocato fiscale De Samo: Gioi pretende il pagamento della buonatenenza da parte dei casali.

Cominciano i dissidi con i casali: nel 1765 infatti, il procuratore De Marco chiede alla Regia Camera della Sommaria la confezione di un nuovo piano catastale, visto che i casali, soprattutto Orria, Perito e Sala non possono far fronte al pagamento della tassa di buonatenenza per validi motivi: l’alta mortalità del

Acciaroli (SA), 2006. 3 Idem, op. cit., pp. 6 - 7 .

1764 che ha determinato 200 teste in meno, le continue liti tra i casali, e la perdita di 4000 oncie di beni da parte degli stessi. Inoltre dopo 1’ ultimo catasto del 1756 c’ era stato un miglioramento dei tenimenti. E’ poi da sottolineare un’altra istanza di d. Macario Del Baglivo che si vide gravato del decreto del 1753 del De Samo che ordinava che si pagasse la buonatenenza dove i territori fossero ubicati. Quindi il Del Baglivo possedendo una proprietà in territorio promiscuo era obbligato a pagare la buonatenenza al comune di Orria e a quello di Gioi in cui abitava. Solo nel 1769 si decise che per la formazione del catasto ci si procurasse 35 ducati provenienti dall’ affitto dei territori dell’ università di Gioì5.

A questo punto bisognerebbe accennare alla storia istituzionale di Gioi. L’università presenta un’amministrazione di tipo cittadino. C’è un pubblico parlamento e due sedili, uno nobile e l’altro del popolo, che controllano l’amministrazione. Il sistema fu perfezionato con i Pignatelli di Monteleone con la conferma di un numero ridotto di famiglie all’ interno dei sedili e la promozione sul campo all’ interno del patriziato di alcune casate esterne.

Nell’ alveo della nobiltà titolata, poi, si assiste’ nell’ arco della crisi del ‘600 ad una trasformazione. L’arrivo dei Zattara obbedisce agli effetti dell’ inflazione, alla crisi dei ceti a reddito fisso, al crollo delle rendite. Se a ciò aggiungiamo i bisogni finanziari della Spagna, i grandi crediti contratti con i banchieri genovesi, possiamo comprendere l’ulteriore smembramento dei feudi anche nel Principato Citra. I genovesi si appropriano di molti feudi: tra questi gli Zattara, che diventano baroni di Novi dopo la vendita della baronia nel 1614 da parte di Camillo Pignatelli per indebitamento.

Con la depressione del ‘600, con la perdita di potere economico di Gioi, con il passaggio della baronia dagli Zattara ai Galeota, il patriziato di Gioi ha esautorato il parlamento cittadino ed ha creato un nuovo equilibrio amministrativo con i nove casali. Si è avuta la serrata dei sedili che hanno escluso Pimmissione di nuove famiglie. Ogni anno sono eletti due sindaci, uno nobile e uno popolare, affiancati da quattro eletti, sempre due nobili e due popolari.

Anche nei casali sono stati esautorati i parlamenti e al loro posto sono subentrati eletti provenienti da un ristretto numero di famiglie, in genere una popolare ed una nobile, aggregate al patriziato di Gioi. Però le famiglie patrizie dei casali godono solo dell’ elettorato passivo, in quanto i sindaci, nobili e popolari, sono reclutati solo fra i patrizi di Gioi.

Dalla metà del ‘600 le famiglie iscritte al patriziato nobile risultano i Cipriani, i Salati, gli lofio, i Longobucco, i de Marco, i de Baglivo. Intorno alla metà del ‘700, con la nuova apertura dei sedili, vi è l’immissione della famiglia Bianco e più tardi, negli anni sessanta, degli Ippolitis provenienti dal Vallo di Novi.

Iscritte al sedile popolare risultano le casate dei: Manna, Giacumbo, Rossi, de Lecteris, Bruno.

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