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Interesse e usura

È noto che tra XIV e XV secolo si inasprì la lotta dei frati minori e dei domenicani alle eresie e ad ogni forma di devianza.

I due ordini si stanziarono principalmente nei centri urbani, entrarono nelle università e formarono un agguerrito esercito di professionisti dell ortodossia cristiana. La chiesa pose nelle loro mani l inquisizione, potente strumento per combattere le eresie ed ogni forma di devianza. A questo si andò presto ad aggiungersi la lotta al

53 ASSi, Consiglio Generale, 235, cc. nn., aprile 1474. Il decreto è del 18 aprile, ma manca una data

commercio del denaro. Francesco stesso pregava i suoi compagni di considerare ogni moneta al pari di una pietra, se volevano sfuggire all inferno54

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Fu proprio tra Tre e Quattrocento, con la predicazione dei frati, che esplose la polemica contro l usura.

Nel medioevo il prestito su pegno era diffuso in tutta Europa. In generale era caratterizzato dalla percezione di un interesse prefissato che andava dal 20 al 40 per cento annuo. Esso era calcolato su base mensile, ma, a seconda dei luoghi, anche settimanale. L attività del prestatore si svolgeva in una casa, o in una bottega denominata banco55.

Tutto il campo del commercio e delle attività finanziarie era stato da sempre considerato sospetto dagli uomini di Chiesa. Le pratiche di cambia valuta, credito, prestiti e investimenti di ogni tipo andavano con il tempo complicandosi e raggiunsero dopo il Mille una enorme diffusione. Il cambiamento dell economia del nuovo millennio e le sempre crescenti esigenze degli operatori commerciali e finanziari indussero teologi e moralisti a trovare delle vie di compromesso nel tollerare talune operazioni56.

In generale, la posizione del mondo cristiano in materia di usura è ritenuta di origine aristotelica, e ruota attorno al concetto della sterilità del denaro. Al di là della lettura politica del divieto di usura, resta il fatto che il cristianesimo, eredita dalla stasi monetaria dei secoli dell Alto medioevo una concezione negativa del fatto economico secondo la quale la presenza del denaro è pensata estranea, esterna al contesto delle leggi naturali e divine all interno del quale occorre si situi la vita dell uomo cristiano57

. La percezione di un interesse su un prestito, senza che questo comportasse investimenti produttivi era ritenuto usura, e pertanto condannato. Il denaro frutto dell interesse era un guadagno derivato dal lavoro altrui. Inoltre

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J. Le Goff, Usurai e purgatorio in L alba della banca. Le origini del sistema bancario tra medioevo

ed età moderna, a cura di Roberto Lopez, Bari 1982, p. 46.

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Il termine banco fece la sua comparsa nel medioevo e indicava la tavola su cui il banchiere di professione esponeva le sue monete e i registri. Cfr. R. S. Lopez, Le origini della banca medievale , p. 7.

56 M. Luzzati, Banchi e insediamenti ebraici nell Italia centro-settentrionale, pp. 176-177. Più in

generale, sull usura si veda anche Credito e usura fra teologia, diritto e amministrazione: linguaggi a

confronto (sec. XII-XVI), a cura di D. Quaglioni, G. Todeschini, G. M. Varanini, Roma 2005.

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l usuraio commetteva un furto. Cosa vende in effetti l usuraio se non il tempo che intercorre tra il momento in cui presta e quello in cui viene rimborsato con l interesse? Ma il tempo non appartiene che a Dio 58

.

Vi è da dire però che la Chiesa, già dal Concilio Laterano IV, distingueva tra usura grave o immoderata59 e usura moderata. Non che quest ultima fosse accettata o consentita, ma è significativo che il canone ecclesiastico si pronunciasse in negativo solo sulla prima60.

L attacco contro l usura era giustificato perché si riteneva che essa compromettesse la salvezza eterna dei cristiani. Tuttavia questa condanna non coinvolgeva il prestito ad interesse in quanto tale, ma piuttosto i suoi abusi, che erano divenuti una piaga sociale nel mondo romano. Tommaso d Aquino giustificò l interesse come il risarcimento della speranza di guadagno mancato da parte di chi si privava di una certa somma di denaro61.

L usura smodata era invece un mezzo per ridurre in schiavitù il debitore; questi diveniva infatti un potenziale povero. Le masse di poveri emarginati quando si concentravano nelle città erano molto appariscenti; storpi, indigenti, vagabondi, immigrati dalle campagne, stremati dalla fame si accalcavano alle porte delle basiliche e dormivano sotto i portici che circondavano i cortili interni. Moltitudini di persone che si ritenevano pericolose e destabilizzatrici della società. Proprio il pericolo o meglio la paura della povertà determinarono una condanna anche dell oppressione fiscale, l arbitrio delle equivalenze tra oneri in natura e tasse in denaro, i prelevamenti capricciosi dei proprietari terrieri e l eccessiva frequenza dei servizi62

. Non è un caso, e lo vedremo più avanti, che gli argomenti adottati dalle città per ottenere il consenso del pontefice ad accogliere dei prestatori ebrei, spesso puntassero l indice sull esigenza di un servizio di prestito proprio per venire incontro ai bisogni delle classi più povere.

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Cfr. J. Le Goff, La borsa e la vita, Milano 2003, p. 33. 59

Le Goff cita la versione latina di san Girolamo di un passo veterotestamentario, dal quale ricava due termini che nel medioevo cristiano hanno mantenuto tutta la loro efficacia, ad usuram a usura - e

superabundantia la sovrabbondanza, il sovrappiù. È l eccesso ad essere condannato. Cfr. J. Le Goff, La borsa e la vita, p. 15.

60 A. Foa, Ebrei in Europa. Dalla peste nera all emancipazione, Roma-Bari 2001, p. 35. 61 A. Barbero, C. Frugoni, Dizionario del Medioevo, Roma-Bari 1998, p. 250.

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È chiaro che dato il complicarsi delle pratiche finanziarie, operazioni lecite come il cambio, l investimento, la compra-vendita ecc. potevano in verità nascondere illeciti guadagni, difficilmente individuabili. In questo caso ebrei e cristiani adoperavano gli stessi mezzi: vendite simulate, false cambiali, cifre fittizie negli atti notarili. Insieme alla pratica del cambio, la vendita di rendite era il sistema più usato per nascondere crediti e interessi63. L idea che il denaro non potesse di per sé generare altro denaro era molto forte, ma date le necessità di una economia in crescente ascesa si arrivò a tollerare guadagni che derivavano da investimenti ritenuti in qualche modo produttivi, in senso materiale.

Di fatto la politica papale fu quella della tolleranza nei confronti dei prestatori. In epoca di grandi mutamenti economici e sociali non era possibile privarsi di un mezzo così importante come il prestito, poiché la mancanza di denaro liquido era una costante nell economia tardo medievale. Naturalmente come abbiamo detto, gli ebrei non erano gli unici prestatori, e neppure gli inventori di tale pratica. Signori e regnanti da secoli erano ricorsi al prestito, sia ebraico che cristiano. L attività dei grandi mercanti consentiva infatti la possibilità di raccogliere grandi somme di denaro. Da qui la trasformazione dei mercanti in banchieri, e quindi in prestatori. La lotta ecclesiastica contro l usura si rivolse sia contro gli ebrei che contro i cristiani, ma contro questi ultimi la repressione fu più efficace, sebbene le attività finanziarie cristiane nascondessero spesso pratiche usuraie clandestine. Quindi il prestito ebraico era semplicemente più tollerato rispetto a quello cristiano. Ma il fatto che in nessun caso fosse pienamente autorizzato determinò un braccio di ferro continuo tra gli ebrei e le autorità cittadine, che a seconda dei momenti decidevano di revocare il permesso di esercitare oppure ricontrattavano con gli ebrei le condizioni per il rilascio di questo permesso.

Difficile stabilire il perché gli ebrei soppiantarono i cristiani nel commercio del denaro.

Nei primi secoli dell era cristiana alcuni ebrei diventarono possessori di terreni agricoli, e talvolta sfruttarono loro stessi dei terreni, specie per la viticoltura. Ma la Chiesa preferiva affidare i terreni ai cristiani, ai quali poteva far pagare la decima. Inoltre gli ebrei non avevano il diritto di possedere schiavi, senza i quali era

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impossibile un agricoltura estensiva64

. L industria, l artigianato e il commercio saranno riservate, in età comunale, ai membri delle corporazioni, sia in Italia che in altre parti d Europa, le quali erano tutte improntate ad un forte carattere religioso cristiano. Gli ebrei, in quanto tali, di fatto erano esclusi dalla societas cristianorum, e poterono ancora avere un ruolo nel grande commercio internazionale solo perché questo si sottrasse più a lungo ai rigidi ordinamenti corporativi65 L esclusione dal mondo delle gilde e delle arti, aveva di fatto precluso agli ebrei numerose professioni Come abbiamo detto, l attività bancaria era derivata dall accumulo di capitali dovuti alle attività imprenditoriali e di mercatura. L espansione del prestito ebraico nell Italia centro settentrionale avvenuto alla fine del Duecento sembra invece priva di spiegazioni esaurienti. Certamente, come ricorda Michele Luzzati, la mancanza di documentazione relativa a questo periodo, non ci permette di suffragare in modo soddisfacente alcune ipotesi66. Ciononostante, una volta che la Chiesa si trovò a dover chiudere un occhio nei confronti del prestito, la scelta di affidarlo a ebrei piuttosto che ai cristiani presentava non pochi vantaggi economici. Infatti data la precarietà dello status ebraico si potevano fare pressioni maggiori che sui cristiani per ottenere tassi di interesse più bassi, prestiti gratuiti o a condizioni particolarmente favorevoli per le autorità comunali e le amministrazioni locali67

.

L attività feneratizia era, se consideriamo nel suo complesso la storia degli ebrei nell Europa del medioevo, più una necessità che una propensione. Esigenza di possedere valori mobili, trasportabili, a causa delle ricorrenti espulsioni, delle persecuzioni e delle violenze; impedimenti a possedere terra agricola, dato il divieto di assumere servi cristiani; possibilità di accedere a rilevanti somme di danaro contante grazie alla rete di contatti, amicizie e parentele sparsi ovunque tra le varie comunità ebraiche; necessità di esercitare un mestiere che potesse adattarsi a qualunque luogo, da esercitarsi con una certa indipendenza (al di là ovviamente dei permessi rilasciati dalle autorità di volta in volta). Secondo la vecchia ma pur sempre valida carta dell ebraismo italiano compilata da Attilio Milano nella sua Storia degli ebrei in Italia,fino alla metà del XIII secolo l Italia ebraica poteva essere considerata divisa in tre zone. Il nord della penisola, dove troviamo piccoli e sparuti

64 J. Attali, Gli ebrei, il mondo, il denaro, Lecce 2003, p. 155.

65 G. Luzzatto, Storia economica d Italia. Il Medioevo, Firenze 1963, p. 294. 66 M. Luzzati, Banchi e insediamenti ebraici nell Italia centro-settentrionale, p. 181. 67

nuclei di ebrei, una zona di denso e antico insediamento, cioè Roma e i suoi dintorni, e infine il meridione d Italia, largamente popolato e con una copiosa presenza di comunità ebraiche68

.

Le notizie relative agli ebrei che abitavano le città centro-settentrionali della penisola sono, tra VI e XIII secolo assai scarse69. Poco è noto di una presenza ebraica in Piemonte, alcuni commercianti ebrei, all inizio del millennio frequentano Milano; alla metà del XII secolo alcuni ebrei abitavano a Cremona, e non si escludono piccoli insediamenti a Pavia e a Mantova70. Ipotesi della presenza ebraica tra X e XIII secolo si possono fare per città quali Treviso, Verona, Ancona, Rimini, Fano, Pesaro, Ferrara, Forlì71.

Scendendo lungo la penisola, secondo il resoconto di Benjamin da Tudela, il noto viaggiatore che percorse anche l Italia intorno alla metà del XII secolo, vi sarebbero state nuclei di famiglie ebraiche a Lucca e a Pisa72. Pisa era all epoca all apice del suo splendore; le sue piazze commerciali e le sue colonie sparse in tutto il mediterraneo, dalla Siria all Egitto. Lucca era invece in posizione di privilegio, trovandosi sulla strada dove convergevano i traffici che dalla Francia andavano verso l Italia centrale e meridionale. L importanza commerciale delle due città spiega il motivo per cui alcuni ebrei avessero scelto di prendervi dimora73

.

Un rovesciamento della situazione si ebbe invece a partire dalla seconda metà del secolo XIII74

.

La metà del Duecento è un momento di gravi cambiamenti per l ebraismo italiano. Nel mezzogiorno spagnolo l ondata antigiudaica aveva messo in moto l enorme bacino della presenza ebraica, e ne determinò il progressivo spostamento verso nord. È opportuno ricordare che l analisi di Attilio Milano, pur mantenendo una fondamentale importanza storiografica, può risultare in parte superata, grazie al moltiplicarsi degli studi monografici relativi alla presenza ebraica nei singoli contesti cittadini della penisola che hanno visto la luce negli ultimi decenni. Per una

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A. Milano, Storia degli ebrei in Italia, p. 118.

69 M. Luzzati, Banchi e insediamenti ebraici nell Italia centro-settentrionale, p. 175. 70 A. Milano, Storia degli ebrei in Italia, p. 70.

71 M. Luzzati, Banchi e insediamenti ebraici nell Italia centro-settentrionale, p. 175. 72 M. Cassandro, Gli ebrei e il prestito ebraico a Siena nel Cinquecento, p. 7. 73 A. Milano, Storia degli ebrei in Italia, pp. 72-73.

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bibliografia aggiornata di questi studi di settore rimando al recente contributo di Alessandra Veronese Gli ebrei nel Medioevo75

.

Il centro di maggiore irradiazione delle migrazioni ebraiche verso l Italia settentrionale fu certamente costituito dalla comunità romana76.proprio la Roma trecentesca è una Roma particolare per gran parte del secolo: il lungo periodo avignonese lascia la città senza la curia pontificia, con conseguenze a livello politico ed economico. In questo lasso di tempo si incrementa quella tendenza già manifestatasi verso la fine del XIII secolo all emigrazione in tutta l area centro- settentrionale di numerosi gruppi di ebrei romani77.

L aspetto più rilevante, di questa nuova ondata migratoria, anche se non è l unico, è costituito dall attività di prestito78.

Difficile capire il perché di questa spiccata specializzazione nelle attività creditizie che ritroviamo negli ebrei provenienti da Roma. All epoca gli ebrei romani non erano certamente inseriti nella cerchia delle grandi compagnie, specie toscane, che trafficavano e prosperavano grazie all enorme giro di affari che ruotava intorno alla curia papale. Tuttavia, secondo Attilio Milano, è possibile che gli ebrei fossero attivi in operazioni minori, come il cambio di monete a favore dei pellegrini che da tutta Europa affluivano a Roma79

.

Contatti con la curia, con i nobili e i prelati certamente fornirono esperienza nel campo del commercio e delle operazioni di credito. È possibile che i denari e l esperienze così accumulate abbiano permesso e invitato gli ebrei a tentare investimenti più interessanti e lucrosi.

A Roma gli ebrei godevano di particolari privilegi ed erano trattati come cittadini al pari dei cristiani; la città era munita di uno strano spirito di tolleranza80. Naturalmente vi erano delle restrizioni, come quella di portare un mantello rosso, e l obbligo di pagare alcune tasse. Nel complesso gli ebrei nei domini papali non erano sottoposti a palesi discriminazioni e la politica verso di loro fu improntata ad una certa tolleranza.

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A. Veronese Gli ebrei nel Medioevo, Roma 2010. 76 A. Milano, Storia degli ebrei in Italia, p. 119.

77Michele Cassandro, Intolleranza e accettazione, Torino 1996, p. 116.

78 S. Simonsohn, La condizione giuridica degli ebrei nell Italia centrale e settentrionale, in Storia di

Italia, Annali 11, vol. I, a cura di Corradi Vivanti, Torino 1996, p. 98. 79 A. Milano, Storia degli ebrei in Italia, p. 119.

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Il clima a Roma durante il pontificato di Martino V, ad esempio, fu sostanzialmente favorevole per gli ebrei. Nel 1419 una bolla pontificia fu emanata a protezione degli ebrei. Essa nella sostanza sanciva: il divieto di molestare gli ebrei nelle sinagoghe e durante le loro festività, così come era vietato intralciarli nelle loro leggi e usanze, quando queste non danneggiassero la fede cristiana. Era vietato costringerli al battesimo e a festeggiare le feste cristiane. Agli ebrei era consigliato di astenersi dal lavorare la domenica e nelle festività cristiane; dovevano portare il segno di riconoscimento ma potevano svolgere indisturbati i loro commerci.

Possiamo dire che un punto di svolta nella politica papale riguardo al prestito si ebbe nel 1401, quando Bonifacio IX accordò a Francesco Gonzaga, Signore di Mantova, il permesso di concedere ai prestatori ebrei di attendere ai propri affari nei suoi territori fino a che la Chiesa non avesse deciso altrimenti81.

Nel giugno del 1493 ebrei cacciati dalla Spagna si rifugiarono in Italia, e alcuni di essi, accampati alle porte di Roma sulla via Appia chiesero l aiuto del Pontefice. Non era questa la prima volta, come abbiamo visto, che gli ebrei si rivolgevano al papa per ricevere aiuto. Il pontefice era da secoli visto dagli ebrei come un protettore dalle discriminazioni e dalle violenze. Il distacco del cristianesimo dall originario ceppo religioso ebraico, volto ad una affermazione dell identità cristiana portò alla costruzione di teorie ambigue per la regolazione dei rapporti tra le due fedi. La necessità di distinguersi dagli ebrei non poteva certo cancellare l origine comune e il substrato ebraico di tante cerimonie e rituali cristiani; così come era difficile negare l originaria identità ebraica dei primi apostoli e dello stesso Gesù. Paolo, nella lettera ai romani, scriveva che gli ebrei erano i testimoni della verità del cristianesimo. Nella dottrina che si andò creando entro un tale schema, l ebreo aveva il proprio posto entro la civiltà cristiana, e il suo ruolo sarebbe divenuto centrale al momento del giudizio finale, quando la conversione di tutti gli infedeli avrebbe consentito l instaurarsi del regno di dio82.

Divenuti tra XIV e XV secolo figure di rilievo nell ambito del prestito ad interesse, gli ebrei finirono presto per divenire il bersaglio privilegiato nella lotta all usura dei frati predicatori83. Nel 1422 Bolla pontificia dava ascolto alle lamentele degli ebrei

81. S. Simonsohn, La condizione giuridica degli ebrei nell Italia centrale e settentrionale, pp. 98-99. 82 A. Foa, Ebrei in Europa, p. 22.

83 Per un più approfondito esame dei rapporti tra ebrei e francescani si veda in generale G. Todeschini,

contro i domenicani, che nelle loro prediche istigavano la folla a non frequentare gli ebrei84

. La predicazione di Bernardino da Siena nel 1427 si dimostrò molto efficace, tanto che in tutta Roma fiorirono accuse di stregoneria85

.

L attacco dei predicatori era rivolto a tutti gli usurai, anche cristiani, che lentamente avevano lasciato campo libero agli ebrei, a causa delle troppe restrizioni cui andavano incontro.

Questa posizione di prima linea aveva implicato attacchi che non investivano solo l attività feneratizia tout court ma una serie di insulti e violente insinuazioni contro il popolo d Israele. La figura dell ebreo- agli occhi dei cristiani - andò lentamente ma inesorabilmente cambiando, diventando simbolo ed espressione delle forze maligne che operavano contro la cristianità86.

Esemplari sono, a questo proposito, le prediche di Bernardino da Siena, Giacomo della Marca, Bernardino da Feltre e Giovanni da Capestrano. Quest ultimo profetizzava la venuta dell anticristo e la fine del mondo. Lottava di volta in volta contro i fraticelli, gli hussiti, i Turchi e gli ebrei; come giustamente afferma Jean Delumeau egli era il tipico rappresentante di una mentalità da assedio 87.

I temi trattati da Bernardino da Siena contro gli ebrei sono sempre costanti: i giudei si sono macchiati delle colpe più orribili e i loro peccati sono eredità delle generazioni future. Sempre ciechi di fronte alla verità, saranno costretti a piegarsi sotto il peso delle loro colpe e della loro natura viziata e corrotta. Ma nelle prediche del frate senese non si prescinde mai dall attività economica degli ebrei, ed in particolare dall usura88

.

Nelle prediche i frati usano temi violenti, come quello della profanazione dell ostia e dell omicidio rituale89; ricorrente è l immagine del sangue succhiato dagli usurai ebrei ai poveri. In alcuni casi le prediche tenute erano così violente e convincenti che

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A. Berliner, Storia degli ebrei di Roma, pp. 126-127, Milano 1992. 85

Foa, Eretici. Storie di streghe, ebrei e convertiti, pp. 20-21. 86

Si veda L. Poliakov, Storia dell antisemitismo, vol. I., pp. 131-177. Più in generale J. Trachtenberg,

The devil and the jews. The medieval conception of the jew and its relation to modern anti-semitism,

Philadelphia 1964.

87 J. Delumeau, La paura in occidente (secoli XIV-XVIII), Torino 1979, pp. 437-438.

88 G. Gardenal, L antigiudaismo nella letteratura cristiana antica e medievale, Brescia 2001, p. 267. 89 Nelle prediche di Bernardino da Siena non vi è mai un preciso riferimento alla pratica dell omicidio

rituale o della crocifissione; abbondano piuttosto le immagini, certo non lusinghiere, che accostano gli ebrei al mondo animale, in particolare ai lupi.

la folla eccitata cacciava gli ebrei dalla città. Fortunato Coppoli, si rivolgeva contro