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Il rapporto tra centro e periferia

Nel documento Ricerche sugli ebrei senesi nel Quattrocento (pagine 145-147)

L uscita di scena della famiglia da Toscanella dalla gestione del banco di Siena aveva lasciato campo libero a Guglielmo da Montalcino e ai suoi figli che infatti troviamo molto presenti a Siena proprio dagli anni 70, epoca in cui Abramo e Isacco da Toscanella avevano spostato i loro interessi a Marino.

Il passaggio di consegne tra le due famiglie, avvenuto nel decennio del prestito clandestino 1467-1477, come abbiamo visto, comporta alcuni problemi di carattere economico e amministrativo.

Innanzi tutto preme sottolineare che i da Toscanella alla fine degli anni 60 si troveranno a dover liquidare gli eredi di Musetto da Bologna della quota di capitale sociale immessa nel 1457 alla stipulazione di un accordo tra Jacob da Toscanella, Vitale da Pisa e Musetto stesso.

La richiesta della restituzione di questo capitale è forse indizio di un uscita dei bolognesi dall impresa senese, coincidente con la scadenza della condotta nel 1467 Il disinteresse degli eredi di Musetto rispetto al banco di Siena può essere imputabile alla effettiva mancanza di una condotta ufficiale, ratificata dal papa, ma d altro canto è possibile che la difficile e intricata spartizione dell eredità di Musetto abbia di fatto reso poco conveniente o complesso lasciare il capitale nelle mani dei soci del banco di Siena.

L avvicendamento alla guida del prestito senese di un personaggio del calibro di Guglielmo da Montalcino, che però non fa parte del trio di investitori che nel 1456

formano una società in vista del rinnovo dei capitoli con il comune di Siena, è comunque segno di un progressivo allargamento dell orizzonte di una famiglia, che pur investendo negli importanti banchi di Siena e Firenze, era rimasta comunque molto radicata nel territorio di Montalcino.

Notiamo in effetti che nonostante la straordinaria mobilità dei prestatori, molte località dove registriamo la presenza di piccoli banchi, rimangono appannaggio di singole famiglie assolutamente restie ad abbandonare le proprie posizioni.

Abbiamo detto in precedenza che l arrivo di Jacob da Toscanella a Siena sembra dare l impulso alla creazione di una società di prestito molto vasta che assimila al suo interno altri personaggi noti nel mondo dei banchi senesi. Questo progressivo avvicinamento dei banchieri del contado e del distretto sembra essere il prologo della creazione di una vera e propria organizzazione centralizzata, con agganci e filiali in buona parte del territorio senese. Accanto a Jacob, alcuni ricchi soci e amici vanno costituendo una sorta di cupola di comando, che gestisce l attività del prestito sul territorio della propria giurisdizione , la cui subordinazione si mostra riflessa nella dipendenza delle condotte minori.

Sebbene le nostre fonti mostrino di continuo liti e controversie tra ebrei per questioni di interessi, non è irrilevante segnalare come spesso invece i prestatori agissero in gruppo e di comune accordo quando la posta in gioco era più importante.

È abbastanza chiaro che questa cupola di comando avesse dei limiti evidenti, rispetto all immischiarsi nelle faccende dei singoli prestatori, e che quindi non è possibile considerarla quale organizzazione di comando , ma vi sono tuttavia segnali che ci inducono a credere che esistesse una qualche forma di coordinazione. La società senese, con i capitoli stipulati con il comune di Siena costituiva la

cupola cui abbiamo accennato, alla quale erano legati i banchi più piccoli disseminati nel territorio senese.

Il rapporto di dipendenza instaurato dalla madre senese verso i minori nel territorio era però controbilanciato dal doppio legame che riguardava non il piccolo banco di provincia, ma il suo conduttore, nella veste duplice di investitore e intestatario di capitoli.

Questo rapporto di dipendenza/coesistenza spiega anche il particolare favore che le autorità di Siena accordavano ai prestatori del proprio distretto, correggendo, quando fosse possibile, le spinte autonomistiche dei comuni minori, che spesso si arrogavano

il diritto di poter giudicare su questioni relative ai propri ebrei, in forza dei capitoli stipulati, glissando di fatto la mal sopportata ingerenza senese.

I banchi disseminati nel territorio senese formavano una ragnatela che poteva avere anche una funzione di scudo e protezione per gli stessi prestatori.

Se il giro di affari di queste piccole attività era forse insufficiente al fine di garantire un bilancio in attivo del banco stesso ma possiamo nutrire dei dubbi dato che ogni banco copriva un hinterland contadino spesso esteso e sempre bisognoso di denaro anche a causa della rapacità degli agenti delle tasse senesi esse erano copertura per altre iniziative e costituivano un paravento per investitori esterni, che trovavano conveniente depositare capitali in luoghi che più facilmente sfuggivano al controllo dell autorità centrale di Siena. Inoltre il frazionamento degli investimenti dava maggiori garanzie ai singoli prestatori di non perdere tutte le proprie sostanze in una singola impresa, dato il carattere sempre precario degli insediamenti ebraici. Espulsioni, disordini e disposizioni antiebraiche facevano parte del bagaglio culturale degli ebrei, ed è forse in questo senso di precarietà che possiamo trovare una spiegazione al frastagliarsi degli investimenti e dei banchi di prestito.

Non è un caso che i Senesi abbiano tentato di arginare questo fenomeno di fuga di capitali, imponendo ai prestatori ebrei e cristiani di fornire l elenco dei possessori di depositi presso i loro banchi. Del fenomeno abbiamo parlato nelle prime pagine di questo studio; l investimento da parte di ebrei e cristiani in queste attività era piuttosto comune, e i comuni del contado fornivano un ottimo approdo nella quasi veste di paradisi fiscali .

Ed è proprio agli ebrei del contado e del distretto senese che adesso rivolgiamo lo sguardo, sempre tenendo presente che si tratta di una realtà legata a doppio filo con quella che era la vita ebraica di Siena, dalla quale in ultima analisi dipende, nonostante le spinte centripete e autonomistiche che ci restituiscono un immagine caratterizzata dal continuo tira e molla tra il comune di Siena, i comuni sottomessi e gli ebrei in mezzo.

Nel documento Ricerche sugli ebrei senesi nel Quattrocento (pagine 145-147)