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Era tempo di far confluire i risultati dei negoziati in un trattato. Il trattato che ne scaturì fu un testo ricco di dettagli. Scrivono Drahos e Braithwaite che la “regola di base” per la stesura del testo da parte dei negoziatori era quella di “trovare un linguaggio molto chiaro per descrivere gli accordi a loro favorevoli” e un “linguaggio ambiguo” per quegli accordi in cui “avevano fatto concessioni”: “[t]he negotiations were a search for clarity and ‘constructive ambiguity’ at the same time” (p. 139). Nel

1990 circolavano cinque diverse versioni, quattro emanate dai Paesi sviluppati e una da parte dei Paesi sottosviluppati. Fu compito del Presidente del gruppo TRIPs, Lars Anell, riordinare e coordinare le diverse versioni, riunendole in un unico testo.

Terminata la battaglia sul “se” stipulare l'Accordo TRIPs, iniziò dunque quella sul “come”. L'abilità del singolo negoziatore consisteva nel riuscire ad integrare nel corpo del testo una clausola, una condizione, una eccezione che avrebbe potuto giocare a proprio favore. L'abilità del negoziatore dipendeva anche dai professionisti di cui si circondava. L'influenza degli Stati si dimostrava con la capacità di riuscire a rappresentare gli interessi diffusi del proprio paese. Il TRIPs è il risultato di un processo di trattative che non sempre sono state condotte con trasparenza, sostengono i due ricercatori australiani. Infatti, affermano, che per come erano organizzati i diversi gruppi e livelli di consenso, spesso capitava di lasciar fuori dai negoziati i paesi in via di sviluppo, tant'è che il testo definitivo del TRIPs imponeva pesanti sconfitte ai PVS che solo coloro i quali avevano preso parte al tavolo delle trattative riuscivano a minimizzare. Tuttavia in apparenza (o comunque per alcuni aspetti) il trattato è il frutto di un compromesso fatto di reciproche concessioni.

Il processo di redazione del testo dell'Accordo TRIPs è stato lento proprio a causa del contrasto tra i negoziatori circa quali standards includervi. Ciascuno tentava di servirsi degli standards estrapolati dalla propria giurisdizione, così da evitare di sobbarcarsi i costi della sovranità del TRIPs sulla propria nazione, o di dover modificare la propria: “[i]n fact, for the key players (the US and the European Community), TRIPS offered the opportunity to globalize their own domestic models of regulation” affermano Drahos e Braithwaite. La scelta dei beni da sottoporre alla PI non fu altrettanto facile. Ogni paese ad economia avanzata poteva contare su alcuni aspetti vincenti del proprio sistema economico e rinunciarvi non era cosa semplice. Emerse una abissale disparità di vedute tra “nord-sud”, ma anche tra “nord-nord”, cioè tra USA e Comunità Europea, disparità che si era solo intuita nel corso delle trattative sul “se” stipulare un accordo globale sulla PI.

Per esempio, l'India non voleva rinunciare alla possibilità di escludere alcuni prodotti dalla brevettabilità (in particolare i prodotti farmaceutici) per motivi di interesse pubblico, mentre l'America era perfettamente d’accordo nel limitare il più possibile, se non addirittura vietare, l'uso delle licenze obbligatorie per i prodotti farmaceutici. L'America aveva da sempre agito secondo la filosofia formulata dalla Corte Suprema nel 1980 del “everything under the sun made by man is patentable”. Il che portava alla

smisurata estensione dei settori in cui era possibile privatizzare una scoperta o un nuovo prodotto. Le lobbies dell'industria europea ne erano ben contente, ma la Comunità europea nel suo complesso, essendo membro della Convenzione europea sui brevetti, era vincolata dalle previsioni che proibivano espressamente la brevettabilità di piante, varietà animali, invenzioni contro la moralità etc. Alla fine, l'ampia estensione del brevetto si realizzò, ma imponendo agli USA di tollerare che alcuni paesi potessero decidere di escludere determinati prodotti dalla brevettabilità. Non vi era accordo neanche sul momento a partire dal quale l'invenzione diventava escludibile: gli USA preferivano che il sistema brevettuale si basasse sul “chi prima registra”; la concezione opposta basata sul diritto naturale del “chi prima inventa” soccombette. Inoltre, la Francia aveva istituito un sistema di riscossione di tasse su video e audio da far confluire in un fondo destinato a rimborsare produttori ed interpreti francesi per la copia delle loro opere.

Had TRIPS fully extended the principle of national treatment to foreign producers and performers, US producers and performers would have stood to collect from these levies to the tune of at least US$6.2 million in France in 1990 and US$4 million in Germany for the same year. TRIPS, however, did not extend the national treatment principle in this way (Drahos e Braithwaite, 2002, p. 145).

Gli USA insistettero per ricevere parte di queste somme, ma gli furono negate. La risposta della Francia fu: “National treatment [...], would only be extended if the original images of the film had been first fixed in France”. Il Giappone, che aveva mantenuto nel corso delle negoziazioni un atteggiamento di inerzia e neutralità, era riuscito ad ottenere l'inserimento nel TRIPs della previsione che consentiva di continuare la pratica del noleggio di registrazioni sonore. L'Unione Europea e la Svizzera insistettero e ottennero un forte sistema di protezione delle indicazioni geografiche, ma trovarono negli Stati Uniti uno strenuo oppositore, dal momento che non disponeva di molti prodotti tipici locali da promuovere e tutelare.

Il 15 aprile 1994 si giunse finalmente alla stipula dell'Accordo TRIPs che, insieme all' “Accordo sul commercio delle merci contraffatte” costituiscono l'allegato 1C dell'Accordo di Marrakech. Il preambolo dell'Accordo TRIPs recita così:

Members, desiring to reduce distortions and impediments to international trade, and taking into account the need to promote effective and adequate protection of

intellectual property rights, and to ensure that measures and procedures to enforce intellectual property rights do not themselves become barriers to legitimate trade…

Nelle poche righe iniziali del preambolo viene svelata la grande conquista raggiunta dai negoziatori dell'accordo: l'introduzione della proprietà intellettuale in una organizzazione che si occupa di commercio e di liberalizzazione di beni e servizi, l'introduzione del riconoscimento di diritti esclusivi, che circoscrivono l'utilizzo di beni da parte della collettività in un'organizzazione che vuole rendere i beni globali. Conquista che tuttavia non è stata apprezzata da D. Archibugi e A. Filippetti (2010), i quali constatano che: “TRIPS has dramatically changed this state of affairs by linking IPRs to international trade, allowing advanced countries to increase further their bargaining power in the WTO. This ensures more effective enforcement and the possibility of using trade provisions, such as tariffs and quotas, to punish rule- breaking countries” (p. 142).

La prima proposizione del preambolo afferma ciò che da un’organizzazione mondiale sul commercio di tal specie, quale è l'OMC, ci si aspetterebbe: la volontà, l'aspettativa dei membri di “ridurre distorsioni e impedimenti al commercio internazionale”. La seconda proposizione introduce un temperamento: occorre considerare, che nel fare quanto appena annunciato, bisogna garantire ai diritti di proprietà intellettuale una adeguata protezione, un posto nel panorama commerciale. Sapientemente il testo termina rassicurando che tutto quanto si disporrà per mettere in atto il piano di tutela della PI non costituirà esso stesso motivo di ostacolo ed impedimento del “legittimo commercio”. Il collegamento tra OMC e la PI emerge chiaro dalle dichiarazioni dell'Unione Europea (così come riportate e tradotte da Roberto Merengalli, 2002): “le differenze tra le normative nazionali sulla proprietà intellettuale (espressione che comprende la proprietà industriale, il diritto d'autore e i diritti connessi) possono costituire barriere di protezione che ostacolano la libera circolazione delle merci e dei servizi”. Ecco allora spiegata la ratio della standardizzazione e della armonizzazione delle normative nazionali.

Contrariamente a quanto comunemente si crede, Drahos e Braithwaite (2002) ritengono che sia proprio il sistema di PI responsabile di innalzare barriere al libero commercio. Essi sostengono che il sistema di brevetti sia anche un importante strumento di protezionismo. Infatti scrivono:

One of the important rhetorical victories that TRIPS represents is the belief that the absence of intellectual property protection is an impediment to free trade. […] The proliferation of monopolies in Elizabeth’s time did not turn England into a model of free trade. It was precisely because the monopolies so liberally granted by the Crown interfered in trade and commerce that successive English parliaments worked towards their elimination (p. 36).

La medesima tesi verrà condivisa da altri economisti, come si avrà modo di vedere nel terzo capitolo del presente lavoro.

Il TRIPs è stato artefice molto più che della semplice introduzione della PI in un’organizzazione internazionale che fino ad allora non se ne occupava. L’Accordo ha compiuto un primo passo verso la creazione di un sistema di diritto internazionale multilaterale in materia di investimenti, tutt'oggi scarno. Scrive Emilia Bruni (n.d.) che, a differenza del diritto commerciale che è stato oggetto di un sistema multilaterale (nell'ambito dell'OMC appunto), altrettanto non è accaduto per il diritto degli investimenti: gli stati si sono da sempre tenuti ben stretti la propria sovranità nel legiferare sugli investimenti, per garantire la massima tutela possibile all'estero ai propri investitori e attirare ed incoraggiare gli investimenti stranieri sul proprio territorio. Sono stati tutt'al più conclusi trattati bilaterali d’investimento (BIT), tanto che si calcola ve ne siano attualmente in vigore circa 3.000. Inoltre commercio e investimenti sono sempre stati “regolamentati a livello internazionale da due regimi legali distinti”. Bruni ricorda anche il tentativo, compiuto con la “Ministeriale di Singapore del 1996” poi tramontato nel 2004, di “ricondurre le normative relative agli investimenti sotto l’egida dell’Organizzazione Mondiale del Commercio”. La recente Agenda di Doha ha nuovamente rivolto l'attenzione dell'OMC sulla materia degli investimenti, avendone compreso il forte legame con il commercio: “[r]ecognizing the case for a multilateral framework to secure transparent, stable and predictable conditions for long-term cross-border investment, particularly foreign direct investment, that will contribute to the expansion of trade, and the need for enhanced technical assistance and capacity-building [...]” si legge sul sito ufficiale OMC.

A truly liberal world trade order was about much more than just goods and services crossing borders. It would involve liberalizing the opportunities for investment, removing the structures and restrictions that currently functioned within states to limit

the opportunities of global investors. A liberal trading order should essentially become a liberal investment order (Drahos e Braithwaite, 2002, p. 68).

Liberalizzare gli investimenti significa anche concedere la possibilità alle imprese di investire sulla fonte di guadagno derivante dalla PI, significa consentire alle imprese di investire tempo e denaro nel tentativo di proteggere la propria conoscenza da parte dei pirati, come ha fatto Bill Gates e come ha fatto Pfizer nel suo incessante lavoro di persuasione volto alla introduzione di standards di tutela della PI più forti e validi per tutti. L'Accordo TRIPs è dunque più di un mero accordo commerciale, è un accordo moderno che ha intuito il ruolo giocato dalla proprietà intellettuale nel nostro nuovo mondo globalizzato.

L'Accordo, nella prima parte, riprende i principi fondamentali che sono alla base della politica dell'OMC (già trattati quando si è discorso dell'OMC): clausola della Nazione Più Favorita (MFN) e trattamento nazionale. Le parti seguenti contengono le norme relative all'esistenza, all'esercizio, alle modalità di acquisto e di mantenimento dei diritti di proprietà intellettuale, che saranno oggetto di analisi nel prossimo capitolo. Gli articoli 61 e seguenti (che costituiscono la terza parte dell'Accordo) riguardano la vera novità rispetto alla disciplina dettata dall'OMPI in materia di PI: la tutela dei diritti di proprietà. Essi prevedono procedure penali e sanzioni per “dissuadere” i trasgressori (pene detentive e pecuniarie, sequestro, confisca e distruzione dei “prodotti costituenti violazione e di qualsiasi materiale e strumento principalmente utilizzato nell’esecuzione del reato”) nei casi di “contraffazione intenzionale di un marchio o di violazione del diritto d’autore su scala commerciale” o “in altri casi di violazione dei diritti di proprietà intellettuale”. Le ultime due parti, la quinta e la sesta riguardano rispettivamente la prevenzione e la risoluzione delle controversie e le disposizioni transitorie per i Paesi in via di sviluppo. Per la prevenzione e risoluzione delle controversie (artt. 63 e ss.) sarà necessario rispondere ad un criterio di trasparenza: ogni legge, regolamento, sentenza giudiziaria e amministrativa sarà resa pubblica in una lingua nazionale e notificata al Consiglio TRIPs. Si farà eccezione per le informazioni riservate, la cui divulgazione impedirebbe l'applicazione stessa della legge o sarebbe pregiudizievole per gli interessi legittimi del titolare del diritto o contraria all'interesse pubblico. Chi ritiene che una sentenza amministrativa o giudiziaria incida sui suoi diritti, può chiedere per iscritto di avervi accesso. Per la

risoluzione delle controversie, vengono richiamati gli articoli 22 e 23 del GATT 1994 così come rielaborati ed integrati dall' “Intesa sulla risoluzione delle controversie”23.

Gli artt. 65 e ss. (parte sesta) contengono una serie di disposizioni transitorie che stabiliscono i termini entro cui i Paesi membri sono tenuti ad adeguarsi alle disposizioni dell'Accordo TRIPs: i Paesi sviluppati entro il 1 gennaio 1996, i Paesi in via di sviluppo entro il 1 gennaio 2000, le economie in transizione entro il 1 gennaio 2000, (se stanno affrontando riforme del loro sistema legislativo), i Paesi meno sviluppati entro il 1 gennaio 2006 (clausola parzialmente modificata a Doha nel 2001). Il Paese che beneficia di questa flessibilità di termini, prevista dall'Accordo stesso, deve impegnarsi a non modificare le proprie leggi e regolamenti in senso difforme e incompatibile con le disposizioni dell'Accordo. I Paesi sviluppati devono fornire “incentivi alle imprese e alle istituzioni nei loro territori per promuovere e incoraggiare il trasferimento di tecnologia ai paesi meno sviluppati, al fine di consentire loro di sviluppare una solida base tecnologica valida”; devono inoltre, assicurare la cooperazione tecnica e finanziaria, che consiste nel fornire “assistenza nello sviluppo di leggi e regolamenti relativi alla protezione e al rispetto dei diritti di proprietà intellettuale e alla prevenzione degli abusi e al sostegno alla creazione o al rafforzamento degli uffici”.

23 Il processo di risoluzione inizia con la richiesta di consultazione di un membro in merito a una determinata questione. Le consultazioni devono essere avviate entro trenta giorni dalla data di ricevimento della richiesta. Se le consultazioni non sono risolutive della controversia, un membro può chiedere all’organo di conciliazione la costituzione di un panel, composto in generale di tre esperti indipendenti o di ricorrere ad altri metodi di risoluzione delle controversie. Dopo aver consultato le parti, il panel presenta una relazione all’organo di conciliazione il quale esamina la relazione e da la sua comunicazione ai membri. Le parti possono presentare appello limitatamente alle questioni giuridiche contemplate nella relazione del panel e alle interpretazioni giuridiche da esso elaborate. L’appello viene esaminato da un organo d’appello permanente e la sua relazione viene accettata incondizionatamente dalle parti della controversia e adottata dall’organo di conciliazione, a meno che questo decida all’unanimità di non adottarla. L’organo di conciliazione sorveglia l’applicazione delle raccomandazioni o delle decisioni adottate. Qualora una parte non sia in grado di ottemperare a tali raccomandazioni entro un periodo ragionevole, è tenuta ad avviare negoziati con la parte che sporge reclamo al fine di stabilire una compensazione reciprocamente accettabile. Qualora i negoziati non giungano a buon fine, l’organo di conciliazione può autorizzare provvisoriamente la parte che ha sporto reclamo a sospendere l’applicazione di concessioni o altri obblighi nei confronti dell’altra parte. I membri dell’OMC si impegnano a non determinare autonomamente che sono stati violati gli obblighi assunti nel quadro dell’OMC e a non sospendere concessioni. Essi devono applicare le norme e le procedure che disciplinano la risoluzione delle controversie contenute nell’intesa. L’intesa sulla risoluzione delle controversie riconosce inoltre la situazione particolare dei paesi in via di sviluppo e dei paesi meno avanzati membri dell’OMC. I paesi in via di sviluppo possono optare per una procedura accelerata, chiedere una proroga dei termini oppure un’assistenza giuridica supplementare. I membri dell’OMC sono incoraggiati a prestare particolare attenzione alla situazione dei paesi in via di sviluppo membri (Decisione del Consiglio 94/800/CE).