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IL PUNTO DI VISTA TRADIZIONALE

2.1 LA PROPRIETA' INTELLETTUALE

Per “proprietà intellettuale” (Intellectual Property, IP) si intende l'apparato giuridico posto a tutela delle “creazioni della mente” come le invenzioni, le opere letterarie e artistiche, designes, simboli, nomi e immagini utilizzati nel commercio (World International Property Right Organization, n.d.). La proprietà intellettuale è costituita dalla proprietà letteraria ed artistica e dalla proprietà industriale27. La prima,

concernente le “opere dell’ingegno creativo” in riferimento al mondo dell’arte e della cultura (opere letterarie, spettacoli teatrali, cinematografici e televisivi, fotografie, quadri, progetti di architettura, schemi organizzativi, etc.: vedi Ufficio Italiano

27 La distinzione tra le due forme di proprietà, letteraria e artistica e industriale, è tipicamente italiana, pertanto l'intento del suo richiamo in questa sede è diretto al mero scopo di una maggiore chiarezza espositiva.

Brevetti e Marchi, n.d.), è tutelata dal diritto d'autore, mentre la seconda è tutelata dai “segni distintivi”, quali marchio, ditta, insegna, indicazione geografica, denominazione d’origine e dalle “innovazioni tecniche e di design”, che hanno per oggetto invenzioni, modelli di utilità, disegni e modelli industriali, topografie dei prodotti a semiconduttori, nuove varietà vegetali. Mentre le invenzioni, i modelli di utilità e le nuove varietà vegetali sono oggetto di brevettazione, i marchi, i disegni e modelli, le topografie dei prodotti a seminconduttori, devono essere registrati.

Appare subito chiaro dunque che oggetto di questa particolare forma di proprietà è un bene immateriale, non immediatamente percepibile dai sensi umani: l' “idea”, il “bene conoscenza”, che ha ormai assunto un ruolo economico determinante. Si è visto nel primo capitolo come, a partire dal XX secolo, è iniziato un periodo storico in cui è stato fatto un massiccio ricorso al capitale immateriale. “La nuova fase storica è caratterizzata da processi di innovazione permanente che richiedono più alti livelli di formazione, capacità di apprendimento continuo, competenze particolari che presuppongono adattabilità, mobilità, flessibilità e investimenti in sistemi di accesso all’informazione (tecnologica, commerciale, legale), nonché procedure di coordinamento complesse tanto per la ricerca e per lo sviluppo quanto per la progettazione, la fabbricazione e la commercializzazione dei prodotti”: processi e procedure che hanno reso possibile una forte crescita economica. Tale periodo storico, oggetto di studi della c.d. “knowledge economy”, ha fatto del “bene conoscenza” un bene economico a tutti gli effetti e di cui la c.d. “knowledge economics” ne studia le relative implicazioni sul benessere individuale e su quello collettivo (Livraghi, 2007). Quello della “proprietà intellettuale” è “un tema recente poiché nel passato il problema non esisteva, nelle culture orali la conoscenza non era posseduta ma solo trasmessa” (Meregalli, 2002).

Tradizionalmente il diritto di proprietà ha interessato esclusivamente beni materiali, tangibili28. Inoltre il diritto di proprietà “tradizionalmente inteso” è stato esso stesso

oggetto di interesse da parte della analisi economica del diritto da soli cinquanta anni a questa parte29. Dall'analisi del sistema di common law (nella sua accezione di sistema 28 Il codice civile italiano da una nozione di “bene” che oltre a porlo in stretta interdipendenza con il

concetto di proprietà, lo associa ad una entità fisica. Infatti recita l'art. 810 c.c: “Sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti”.

29 Posner (1992) parla del fenomeno noto come new law and economics (che, al tempo in cui scrive Posner, aveva visto la luce da una trentina di anni), consistente nella applicazione dell'economia al sistema legale a tutto campo: dall'ambito del common law circa illeciti, contratti, risarcimento e

legale nato a seguito del processo decisionale dei casi concreti da parte dei giudici, o dai precedenti giudiziali) emerge come ad esso interessi tanto il momento di creazione e di definizione dei diritti di proprietà quanto quello di “facilitazione dei movimenti volontari dei diritti di proprietà nelle mani di chi li valuta di più”, oggetto di diritto contrattuale, e quello di protezione dei diritti di proprietà, includendo il diritto all’integrità fisica (la c.d law of torts o diritto degli illeciti: Posner, 1992).

Nessuno ha mai dubitato dell'importanza rivestita dai diritti di proprietà su beni materiali per la creazione e il mantenimento di un efficiente sistema economico. Infatti, è solo in presenza di diritti di proprietà chiaramente definiti che il mercato è posto nelle condizioni di funzionare efficientemente. Hobbes, Locke, Hume, Blackstone, Bentham, sono solo alcuni dei numerosi teorici politici del diciassettesimo e diciottesimo secolo che, come ricorda Shavell (2004), si sono occupati di trovare una giustificazione ai diritti di proprietà, inserendosi nel solco di una lunga tradizione che ne aveva ricercato il fondamento, risalente almeno ai tempi dei Greci e dei Romani. Un moderno e autorevole punto di vista è offerto dagli economisti Acemoglu e Robinson (2013) che, con un approccio da storici più che da economisti, ripercorrono la storia delle Nazioni e riconducono le ragioni di prosperità e ricchezza dei paesi alle differenti tipologie di istituzioni economiche e politiche. Il modello di società assunto come virtuoso dai due economisti, è “l'istituzione economica inclusiva” (supportata dall'istituzione politica inclusiva), quella cioè che “fa rispettare i diritti di proprietà” e che da luogo ad una “distribuzione più equa delle risorse”. Persino Boldrin e Levine (2012), gli economisti “controcorrente” che intendono abolire la proprietà intellettuale, sono assolutamente a favore di un sistema che tuteli i diritti di proprietà, come si vedrà nel prossimo capitolo.

A fronte dell'unanime visione favorevole dei diritti di proprietà sui beni materiali non corrisponde un'altrettanto unanimità di posizioni rispetto alla esistenza dei diritti di proprietà sui beni immateriali, quali appunto le opere dell'ingegno, le idee e la conoscenza. Il dibattito che vede schierati da una parte sostenitori dei diritti di proprietà intellettuale e dall'altra fautori di teorie abolizioniste è occasionato (in parte) dalla opportunità o meno di equiparare nel loro trattamento giuridico beni materiali e

proprietà; dalla teoria alla pratica dei reati; dalla procedura civile, penale, a quella amministrativa; teoria della legislazione e regolamentazione; dalla applicazione della legge al settore giudiziario; e ancora diritto costituzionale, diritto primitivo, diritto marittimo, diritto di famiglia e giurisprudenza.

beni immateriali e dalla attitudine del “bene conoscenza” ad essere trattato (in relazione al diritto di proprietà) come un bene privato o come un bene pubblico.