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IL VERO “VOLTO” DELLA PROPRIETA' INTELLETTUALE

ABOLIRE LA PROPRIETA' INTELLETTUALE?

3.3 IL VERO “VOLTO” DELLA PROPRIETA' INTELLETTUALE

Chiarito l'errore dal quale scaturisce l'equivoco, è giunto il momento di analizzare l'equivoco che Boldrin e Levine hanno riscontrato. Tanto per iniziare, va precisato che i due economisti non intendono criticare il diritto di proprietà sull'idea originale, bensì il monopolio intellettuale su tutte le copie della stessa: “[q]uesto monopolio, di fatto, uccide l'altro diritto legittimo, quello di comprare, vendere e liberamente utilizzare le copie di un'idea” (p. 13). Infatti, essi affermano, che a proposito del brevetto e del copyright vi sono “due ingredienti dal punto di vista economico”: “il diritto di vendere

e comprare copie di idee54 e il diritto di controllare il modo in cui altre persone fanno

uso di tali copie”; il secondo è l'oggetto di contestazione di Boldrine e Levine.

La proprietà intellettuale delle idee non è soggetta al medesimo trattamento cui è sottoposta la proprietà dei beni fisici. Quando finalmente si è trovato un bene che può essere trattato come se fosse un bene fisico – la copia dell'idea incorporata – ecco che il legislatore impone un trattamento differente. La vendita di un bene (materiale) di proprietà comporta il trasferimento “dell'intero diritto di proprietà [in capo al compratore], dal momento in cui si perfeziona il contratto” (Shavell, 2004, p. 27). Tale contratto dovrebbe pertanto comportare il trasferimento di quelli che Shavell denomina “diritti di possesso” e il “diritto di trasferimento”: dunque una piena disponibilità del bene legittimamente acquistato. Ciò non avviene per la vendita delle idee.

Quando un inventore dà in licenza l'uso della sua idea, ciò che viene venduto al licenziatario sono soltanto le copie dell'idea, mentre i diritti di dire ai proprietari di dette copie cosa farne e cosa non farne rimangono all'inventore originale. Queste osservazioni dovrebbero fare intendere in che senso ciò che viene (erroneamente, a nostro avviso) chiamato proprietà intellettuale contenga un elemento aggiuntivo rispetto alla versione corrente della proprietà privata: la proprietà intellettuale, infatti, contiene anche il diritto di esclusione dall'uso, ossia il diritto di monopolizzare una certa idea (astratta) impedendo ad altri il libero utilizzo delle loro copie. Per questo abbiamo adottato l'espressione ‘monopolio intellettuale’ (Boldrin e Levine, 2012, p. 127).

Tentando di smascherare la proprietà intellettuale i due economisti affermano che: “What intellectual property law is really about is your right to control my copy of your idea” (Boldrin e Levine, 2019, p. 4): un diritto ben diverso da quello attribuito al proprietario di un bene fisico!

Il diritto di proprietà, come si è visto nel capitolo due, è un diritto assoluto, pieno ed esclusivo, valido erga omnes. Esso va differenziato dagli “accordi contrattuali”, che possono vincolare l'uso di un bene delle parti che li accettano. La violazione di un accordo contrattuale non comporta il reato di furto, in violazione di un diritto di proprietà, bensì solo una violazione di un contratto. La legge sulla proprietà

54

intellettuale invece, prevede una clausola contrattuale che impedisce all'acquirente di vendere copie di un'idea in competizione con la persona che le ha vendute55. Ma,

osservano gli autori:

Outside of the area of ‘intellectual property’ such an agreement would be called anticompetitive, and a violation of the antitrust law. If you reach an agreement with someone else not to compete with them, not only would the courts refuse to enforce such a contract, but you would be subject to substantial civil and criminal penalties. ‘Intellectual property’ in other words, is not about property at all, it is about legal monopoly (Boldrine e Levine, 2019, p. 5).

E' vero anche che tutti i contratti andrebbero rispettati da parte di quelli che li hanno conclusi e pertanto accettati, ma quello che in sostanza la legge sulla proprietà intellettuale fa è codificare “the contract that sellers of embodied ideas would wish to bind their buyers to, and so saves on private transaction costs”: il trasferimento di un diritto di proprietà avviene gravato da oneri contrattualizzati e codificati dal legislatore, che l'acquirente è tenuto ad accettare se intende usufruire dell'idea. Si è visto nel secondo capitolo, come gli economisti non apprezzino tali limitazioni della libertà privata di transare poiché causa di inefficienze.

L'onere che grava sul legittimo acquirente di una copia di un'idea (colui che ha pagato un prezzo per ottenerla) è tale da impedirgli di usare liberamente ciò per cui ha pagato. Boldrin e Levine sostengono che: una volta che le idee sono state volontariamente trasmesse e il prezzo pagato, quelle idee sono legate alla persona dell'acquirente, tanto quanto il suo lavoro: “[p]reventing you from freely using such knowledge is logically equivalent to forcing your mind into slavery” (p. 6); pertanto tentare di imporre dei vincoli sulle modalità di utilizzo della propria proprietà, richiede “intrusive, expensive and morally offensive measures”.

Non c'è da meravigliarsi quindi che la legge sulla proprietà intellettuale abbia una forte connessione con il diritto della privacy, come scrive Eugeny Morozov (2017) (vedi primo capitolo). Prevenire, scoprire e debellare atti di pirateria da parte dell'industria dei media richiede un controllo quasi totale del nostro personal computer

55

In presenza di un sistema di copyright, l'uso delle copie dell'idea non consentito dal detentore dell'idea originale, è punito come violazione del copyright. In assenza di IPR la appropriazione indebita della paternità dell'opera verrebbe sanzionata in base al regime previsto per il reato di plagio.

ed un processo costoso, che ricade spesso sui consumatori. Inoltre il contratto con il quale l'acquirente implicitamente accetta di non competere con il venditore vincola anche i terzi che non sono stati parte del contratto e che non l'hanno espressamente accettato.