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UN MERCATO OLIGOPOLISTICO PER BREVETT

ABOLIRE LA PROPRIETA' INTELLETTUALE?

3.9 UN MERCATO OLIGOPOLISTICO PER BREVETT

Nel paragrafo precedente si è affermato che i brevetti sono stati denominati da Boldrin e Levine (2012) una “sgradevole conseguenza”. Occorre precisare le motivazioni di tale appellativo.

Il brevetto è una “conseguenza” e non una “causa” dell'innovazione proprio per quanto esposto finora. Ed è “sgradevole” per una molteplicità di ragioni. La prima è piuttosto ovvia, visto che il brevetto viene equiparato ad un monopolio. La seconda è che il brevetto ha rappresentato e rappresenta tutt'oggi un business non indifferente che ha attratto schiere di avvocati, imprenditori, e professionisti del settore. Nel primo capitolo si è già posta l'attenzione sul crescendo di interesse da parte di questi soggetti nel corso del tempo, fino a farsi promotori dell'odierno IPR system.

Sarà un caso o forse no, ma “[u]na delle immediate conseguenze di questa esplosione di brevetti è stato l'incremento delle iscrizioni alla sezione delle proprietà intellettuali dell'American Bar Association […] che sono salite da 5.500 a quasi 22.000” (Boldrin e Levine, 2012, pp. 83-84). Per citare alcuni recenti casi importanti di lamentata violazione di brevetto, nel 2005-2006 sono state intentate un paio di cause molto

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Sono in molti infatti a notare come prima che vi fosse il copyright a tutela delle opere degli artisti, vi sia stata una fiorente produzione creativa, in totale assenza di qualsiasi forma di protezione. Come già accennato, durante l'Ottocento negli Stati Uniti tutti erano liberi di ristampare una pubblicazione straniera, infatti questo accadeva nei confronti di opere scritte da autori inglesi. In assenza di copyright gli autori percepivano lo stesso le royalties sulle vendite concluse negli Stati Uniti. Gli editori americani acquistavano il manoscritto degli autori inglesi prima che sue copie venissero pubblicate in Inghilterra. Gli editori americani quindi pubblicavano (contemporaneamente agli autori inglesi) un gran numero di copie a prezzi modesti e versavano agli autori inglesi le

royalties sulle vendite. Gli autori inglesi, nonostante i prezzi concorrenziali praticati dagli editori

americani, ritenevano comunque conveniente scrivere libri. Gli editori non autorizzati infatti potevano copiare, con i processi del tempo lunghi e costosi, solo quando delle copie fossero già sul mercato. I benefici del primo periodo di vendita erano goduti dagli editori autorizzati, che potevano permettersi di praticare prezzi più bassi quando fossero approdate sul mercato copie di editori non autorizzati.

combattute da parte di Amazon alla Barnes & Noble e da parte di IBM ad Amazon. Amazon per esempio lamentava la violazione del brevetto del sistema one-click da parte della Barnes & Noble, un sistema innovativo, ma da considerare “un nano che siede sulle spalle di moltissimi giganti” (Boldrin e Levine, 2012, p. 21). Nel 2009 Nokia ha fatto causa a Apple, mentre nel 2010 Motorola ha citato in giudizio Apple dopo esser stata a sua volta, qualche giorno prima, citata in giudizio da Microsoft. Le controversie intentate hanno tutte un filo comune: la presunta violazione di brevetti o di copyright o l'appropriazione indebita della paternità di un'invenzione. A tal proposito scrive Portonera (2019):

Proprio i costi processuali, uniti ai tempi medio-lunghi necessari per concludere una controversia giudiziaria, cospirano contro l’opportunità di mantenere il sistema brevettuale così come attualmente strutturato anche nel campo dei software: come è stato notato, in un ambiente in cui tutto evolve con straordinaria rapidità, questo genere di ritardi può facilmente portare a una maggiore incertezza (anziché certezza) sui diritti di proprietà azionabili (e dunque a maggiori costi transattivi), rappresentando così un grosso ostacolo all’innovazione (p. 16).

È interessante citare anche la vicenda del browser. La paternità del navigatore Internet Explorer viene attribuita a Microsoft. In realtà, scrivono Boldrin e Levine, Microsoft giunse alla scoperta “acquistando da un ente terzo che ne deteneva quasi per caso il copyright, la maggior parte del codice di base” (p. 23). Prima di allora NSCA Mosaic fu il primo navigatore utilizzato fuori dalla comunità scientifica, il cui codice servì a Netscape (da cui derivano Mozilla e Firefox) e ad Internet Explorer stesso. La versione originale di Internet Explorer venne sviluppata sulla base di una licenza di Spyglass66.

Un'altra motivazione che porta gli economisti a riflettere sulla nocività dei brevetti sono gli elevati costi che le società spendono per ottenere e mantenere “brevetti difensivi”: brevetti cioè utilizzati per la difesa di brevetti già esistenti. Inoltre, “[p]oiché i tribunali e gli uffici brevetti accettano richieste sempre più stravaganti, si è ampiamente incentivati a sprecare risorse per procurarsi brevetti che hanno una sola funzione: ricattare, in futuro, delle imprese realmente innovative che abbiano

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Le informazioni sinteticamente riportate da Boldrin e Levine (2012) sono fornite da www.blooberry.com.

inventato, e messo in produzione con successo, qualcosa che assomigli a ciò che qualche anno prima si era soltanto brevettato, ma che non era stato effettivamente inventato e prodotto” (pp. 85-86).

Nella trattazione di Boldrin e Levine segue poi una serie di brevetti giudicati “imbarazzanti” perché hanno ad oggetto azioni semplici e scontate, come per esempio il Brevetto U.S. N. 6.289.319 per l'azione di “accettare informazioni per condurre transazioni finanziarie automatiche tramite linea telematica o schermo video” (p. 86) o come il brevetto U.S. 6.080.436 per tostare pane in un tostapane che opera tra i 2.500 e i 4.500 gradi Fahrenheit, o il brevetto U.S. 6.004.596 che ha per oggetto “il sandwich senza crosta, con burro di arachidi e marmellata, sigillato” (pp. 102-103). Alcune invenzioni sono dunque brevettate per il solo scopo di garantire profitti di monopolio all’inventore, pur essendo prive di una reale utilità per la collettività, per non parlare poi degli errori dei burocrati governativi dell'Ufficio Brevetti Americano, “la cui incompetenza fa aumentare il costo per ottenere un brevetto” (che è il danno minore) e che assegnano brevetti “demenziali o pretestuosi” (il vero problema) (p. 102).

Molte piccole imprese – che, secondo Gans, Hsu e Stern (2000) e Mann (2000) a maggior ragione avrebbero bisogno di una tutela brevettuale per godere di un seppur minimo potere contrattuale – sono invece incentivate secondo Boldrin e Levine a “cercare qualcosa da offrir[e ad un monopolista], tramite un nuovo brevetto, al prezzo più alto possibile, per poi togliersi di mezzo”. Infatti, l'obiettivo di molte piccole imprese è, a loro avviso, solo quello di “farsi acquistare da una grossa impresa”, ritenendo più conveniente rinunciare a competere con il monopolista.

Un altro evidente stratagemma che sfrutta l'enorme valore del brevetto è il c.d. “brevetto sottomarino”: si tratta della richiesta di un brevetto per un'idea molto ampia e vaga che potrebbe, un giorno, divenire utile se qualcuno inventasse qualcosa che potrebbe avere a che fare con la vaga descrizione fornita (p. 93). Solo a quel punto le descrizioni dettagliate vengono portate alla luce, allo scopo di richiedere le royalties spettanti. La nascita di brevetti sottomarini era occasionata dalla disciplina legislativa risalente fino a poco tempo fa. Infatti la lunghezza dei termini di un brevetto veniva misurata dal momento della assegnazione. La disciplina attuale ha tuttavia attenuato l'inconveniente dei brevetti sottomarini (pur senza essere del tutto risolutiva del problema), facendo decorrere i termini del brevetto dalla data della domanda.

George Selden, l'inventore di un “motore da strada” nel 1895, è considerato da Boldrin e Levine il “pioniere di tale forma di ricatto legale”. Dopo aver presentato la richiesta di brevetto nel 1879, nei sedici anni successivi usò “tutti i possibili stratagemmi legali per ritardarne l'approvazione”. Negli stessi anni, l'industria dell'auto americana si stava sviluppando e migliorava la tecnologia del motore da strada. Una volta che gli venne assegnato, il brevetto numero 549.160 fece guadagnare a Selden l'1,25 % sul valore di mercato di ogni automobile venduta all'epoca negli Stati Uniti. L'industria americana dell'automobile dopo questo evento ebbe una spinta a riorganizzarsi secondo una struttura oligopolistica. Questa è la tesi del lavoro di Graham, S. H. (2002), “Secrecy in the Shadow's of Patenting: Firms' Use of Continuation Patents: 1975-1994”, citato di Boldrin e Levin. Infatti scrive Graham:

Selden vendette nel 1899 il suo brevetto 549.160 a un cartello per 10 mila dollari più il 20 % di qualsiasi royalty. I primi produttori, che avevano visto inizialmente il brevetto di Selden come una minaccia, formarono un cartello attorno al brevetto, la Association of Licensed Automobile Manufactures, che limitò il numero di soci e le licenze ai fabbricanti autorizzati ad usare il brevetto di Selden.