Come noto, le due figure tipiche dell’attività di intermediazione nel settore assicurativo sono rappresentate dall’agente e dal mediatore assicurativo. Il ruolo di queste due figure professionali era già noto all’epoca delle Repubbliche Marinare Italiane, all’interno delle quali si svilupparono le prime figure riconducibili a quelle oggi conosciute. Originariamente, agenti e mediatori avevano la principale funzione di facilitare l’incontro tra la domanda e l’offerta al fine della conclusione di un affare; successivamente, nella Repubblica genovese e in quella veneziana, il «sensale» (agente) e il «mezzano di sigurtà» (mediatore) iniziarono ad ideare nuove clausole di esclusione o di inclusione, le quali venivano inserite all’interno dei primi rogiti di contrattazione, per poi divenire le polizze assicurative conosciute nell’era moderna (163). Ebbene, il «sensale di rischio» e il «mezzano di sigurtà» possono essere considerati come i progenitori delle figure tipiche di intermediari assicurativi.
Orbene, dopo un primo, importante, successo registrato durante l’epoca delle Repubbliche Marinare Italiane il ruolo di questi intermediari, per quanto riguarda l’attività di intermediazione, si è fortemente indebolito, soprattutto dopo che le imprese di assicurazione hanno incominciato a gestire direttamente i propri affari; ebbene, se in un prima fase storica l’industria assicurativa è potuta decollare grazie all’apporto di agenti e mediatori, poi la stessa industria ha rilegato questi ultimi in una posizione del tutto secondaria, favorendo la centralità di funzioni delle imprese. Tale situazione è rimasta invariata, almeno per quanto riguarda la posizione del mediatore, sino a quando nel Regno Unito, a partire dagli anni ‘70 del secolo passato, il ruolo del mediatore (denominato broker) ha riacquistato vigore e nuova reputazione tra gli operatori del settore assicurativo.
In Italia, le due figure professionali precedentemente descritte sono disciplinate in maniera generale dal Codice civile. L’agente trova un referente codicistico all’interno del contratto di agenzia, disciplinato ai sensi degli artt. 1742-1753 c.c. Il mediatore assicurativo, dal canto suo, trova un referente codicistico all’interno della disciplina riguardante la mediazione, di cui agli artt. 1754-1765 c.c. Si rileva come, per la specialità dell’attività assicurativa, le norme del Codice civile siano integrate, e derogate, dalle norme corporative e dagli usi. Il legislatore prevede una sola disposizione per quanto riguarda specificatamente la figura dell’agente di assicurazione, si tratta
dell’art. 1753 c.c., il quale prevede l’applicazione delle disposizioni previste per il contratto di agenzia anche agli agenti di assicurazione, in quanto, aggiunge il legislatore, non siano derogate, appunto, dalla normativa speciale. Nella stessa disposizione si rinvia poi all’art. 1903 c.c., norma che disciplina espressamente il contratto di agenzia assicurativa, e che accorda la facoltà agli agenti di assicurazione, muniti di procura a rappresentare, il potere di modificare o risolvere i contratti posti in essere per conto della compagnia preponente.
Ai sensi dell’art. 1903 c.c., l’agente di assicurazione, quindi, non è altro che un collaboratore autonomo dell’impresa preponente alla quale non è legato da alcun rapporto di subordinazione (164), il quale assume stabilmente l’incarico di promuovere la conclusione di contratti in una determinata zona geografica per conto di una impresa, a fronte del pagamento di una retribuzione (art. 1742 c.c.). Il Codice civile, come ricordato, viene integrato dalla normativa speciale di cui al d.p.r. 18 marzo 1961, n. 387, che ha recepito l’accordo nazionale di categoria del 10 ottobre 1951; tale accordo è stato poi oggetto di successive modifiche sino all’ultimo contratto collettivo vigente risalente alla data del 23 dicembre 2003 (165).
In base al contratto di agenzia assicurativa, pertanto, l’agente ha quale obbligazione principale quella di dover procedere all’acquisizione di portafoglio, ovvero alla promozione della conclusione di contratti, nell’ambito di una certa zona, per conto del preponente. Sembrerebbe essere questa la principale attività di cui è incaricato l’agente, o meglio la naturale attività che lo stesso sarebbe idoneo ad espletare. Come si vedrà nel proseguo, dopo l’adozione del Codice delle Assicurazioni, con l’art. 106, la status dell’agente è in parte stato mutato, così come quello del mediatore.
Come noto, dall’altro lato, il mediatore assicurativo, o broker, trova il formale e generale referente normativo all’interno della mediazione civilistica, di cui, come già ricordato, agli artt. 1754-1765 c.c. Ebbene, per quello che riguarda il mediatore assicurativo, diversamente rispetto all’agente nei confronti del quale il contratto di agenzia è sostanzialmente riconducibile al modello civilistico, non altrettanto sembra potersi affermare per il brokeraggio assicurativo. Si riscontra da sempre in dottrina la chiara difficoltà nell’individuazione della corretta natura del contratto di brokeraggio, o meglio la sua affinità con quella del contratto di mediazione civilistica, dal quale dovrebbe, almeno per la parte generale, essere ricondotta. Secondo alcuni, per esempio, il contratto di brokeraggio avrebbe degli elementi di affinità con la mediazione; secondo altri, all’opposto, residuali sarebbero gli elementi di affinità, tanto da far credere che il brokeraggio sia un contratto (164) Cfr., C. Miriello, Gli intermediari di assicurazione, in Diritto delle assicurazioni, a cura di M. Franzoni, Bologna, Zanichelli, 2016, p. 302.
(165) S. Forni, Assicurazione e Impresa, manuale professionale di diritto delle assicurazioni private, Milano, Giuffrè, 2009, p. 189.
d’opera professionale o addirittura misto (166). Vi sono altre opzioni che sono state elaborate in seno alla dottrina in merito alla natura del brokeraggio: alcuni ritengono che vi sia somiglianza con un contratto di mediazione atipica; altri rilevano delle peculiari affinità alla locatio operis; altri ancora ritengono che il brokeraggio possa coniugare al suo interno elementi derivanti dalla mediazione classica (interposizione tra la domanda e l’offerta al fine della conclusione di un affare) e dal mandato (il broker assicurativo viene incaricato dal cliente) (167).
Prima di continuare con la trattazione giuridica riguardo le due tipiche figure di intermediari assicurativi si ritiene di centrale importanza continuare con l’excursus storico che ha portato alla fondamentale distinzione di ruoli tra le due figure di intermediari. Si tratta, in altri termini, di individuare quand’è che i legislatori hanno incominciato a comprendere le differenze tra le due figure professionali, e quindi a prevederne una differente disciplina giuridica.
Negli anni ‘70 del secolo passato il legislatore europeo, nell’intento di armonizzare le rispettive normative nazionali in materia di intermediazione assicurativa, si è unicamente limitato a prevedere, mediante la Direttiva 77/92/CEE, un reciproco riconoscimento delle qualifiche professionali in favore degli intermediari provenienti dai rispettivi paesi membri. All’epoca, all’interno degli stessi Stati membri, in certi casi, non risultava traccia alcuna di disposizioni per la regolamentazione della condizione degli intermediari (come, per esempio, succedeva in Germania); ovvero, in altri casi, vi erano delle limitate disposizioni che sottoponevano entrambe le figure professionali all’interno di un medesima disciplina unitaria (come, per esempio, accadeva in Francia).
In Italia, a seguito dell’adozione della prima direttiva sull’intermediazione assicurativa, Direttiva 77/92/CEE, il legislatore italiano nella Relazione illustrativa del progetto scaturito poi nella successiva l. 48/1979 (istitutiva dell’Albo nazionale agenti) non aveva ancora ben chiara la distinzione di ruoli e funzioni tra agenti e mediatori assicurativi; infatti, nella Relazione suindicata stabiliva che «l’agente compie un’opera di assistenza presso gli assicurandi». Tale interpretazione era in antinomia con quella che sarebbe stata di li a poco l’interpretazione dominante nell’assegnazione dei ruoli tra i due intermediari, che sino ad allora venivano confuse, e a volte ritenute interscambiabili.
Orbene, la svolta si ebbe con la successiva l. 792/19844 (istitutiva dell’Albo nazionale mediatori di assicurazione), grazie alla quale veniva adottata una disciplina che prevedeva la netta separazione di ruoli tra agente e mediatore. Secondo autorevole dottrina (168) la motivazione che si pone alla
(166) Cfr., C. Miriello, op. cit., pp. 309-310. (167) Cfr., L. Desiderio, op. cit., p. 208. (168) Ivi, p. 207.
base di questa confusione di ruoli sarebbe da addebitare alla nota pratica comunitaria di prevedere che la remunerazione del mediatore debba essere corrisposta dalla compagnia assicurativa e non dal cliente (il quale incarica il mediatore per la conclusione dell’affare); prassi, come rilevato dall’autore, tra l’altro totalmente disallineata rispetto allo stesso dispositivo civilistico dell’art. 1755 c.c., che pone l’onere della provvigione a carico di ciascuna parte.
Potendo concludere sul punto, si fa presente che pur volendo far rientrare la mediazione assicurativa all’interno della disciplina della mediazione civilistica, per oggettive affinità, si deve rilevare come la mediazione assicurativa, pur avendo una componente mediatizia, risulta essere un attività molto più complessa rispetto alla semplice mediazione (interposizione tra due parti per la conclusione di un affare); il broker, in qualità di fiduciario e consulente personale del cliente, non si limita ad una mera attività di mediazione ma presta consulenza e assistenza personalizzata per tutta la durata del rapporto contrattuale. In altri termini, il mediatore assicurativo agisce nell’esclusivo interesse, salvo quanto si dirà nelle ipotesi di potenziale conflitto di interesse nel nuovo progetto di direttiva europea sull’intermediazione, del cliente, e non, come nella mediazione civilistica, in assoluta equidistanza tra le parti in vista della conclusione di un affare.
In conclusione, quindi appare evidente come il ruolo dell’agente sia da considerarsi in contrapposizione con quello di mediatore assicurativo, per il fatto che il primo agisce nell’interesse della compagnia preponente e il secondo nell’interesse dell’assicurando. Ebbene, l’agente può essere considerato il contraltare dell’assicurando, poiché cura gli interessi esclusivi della compagnia preponente e ha solo un dovere di buona fede contrattuale nei confronti dell’assicurando; il broker può essere, all’opposto, qualificato come intermediario assicurativo che agisce su incarico, e fiducia, del cliente al fine della ricerca della controparte contrattuale per la conclusione di un certo affare. Nella mediazione assicurativa, quindi, rispetto a quella civilistica quello che cambia è il fatto che il broker non agisce mai in posizione di equidistanza (169) rispetto alle parti; lo stesso, cura, infatti, l’esclusivo interesse dell’assicurando, anche nella fase conclusiva ed esecutiva del contratto.
(169) Secondo parte della dottrina, il fatto che, secondo prassi, il compenso del mediatore assicurativo debba essere corrisposto direttamente dalla compagnia, sul modello delle c.d. «lettere di incarico», potrebbe determinare una sorta di «doppia fedeltà» da parte dell’intermediario, il quale opererebbe non più solamente nell’esclusivo interesse del cliente, ma anche nell’interesse della compagnia, rilevando in questa ipotesi un potenziale conflitto di interessi verso il consumatore. Come si vedrà nel prosieguo si può configurare l’ipotesi di un mediatore che agisce come «mandatario del cliente» e allo stesso tempo come «procacciatore d’affari».