3. Le direttive europee in materia assicurativa
3.2. Le «direttive di seconda generazione»
Orbene, in tale contesto il processo di armonizzazione legislativa in materia assicurativa è proseguito negli anni ‘80 con l’adozione delle «direttive di seconda generazione»; si tratta compiutamente della Direttiva 88/357/CEE del 22 giugno 1988 per le assicurazioni diverse dalle assicurazioni sulla vita (danni) e della Direttiva 90/619/CEE del 8 novembre 1990 in materia di assicurazioni sulla vita. La seconda direttiva in materia di assicurazioni contro i danni è stata recepita all’interno del nostro ordinamento giuridico con il d.lgs. n. 49 del 15 gennaio 1992 (in GU n. 27 del 3 marzo, suppl. ord.); per quanto riguarda, invece, la seconda direttiva in materia di assicurazioni sulla vita il recepimento è stato perfezionato mediante l’adozione del d.lgs. 23 dicembre 1992, n. 515 (in GU n. 306 del 31 dicembre, suppl. ord.).
Con le «direttive di seconda generazione»: da un canto, è stata prevista la suddivisione del ramo danni in due macro categorie (corporate o commercial lines e retail o personal lines); dall’altro, il legislatore europeo ha fornito una definizione più chiara e corretta di libera prestazione di servizi. Per quanto concerne la libera prestazione di servizi l’obiettivo era quello di agevolarne la fruizione da parte soprattutto dei contraenti più deboli, i quali potevano garantire su un trattamento più favorevole rispetto alle proprie esigenze. Con le seconde direttive veniva anche posta una netta distinzione tra le due libertà: di stabilimento (freedom of establishment) e di libera prestazione di servizi (free provisions of service); dove la prima era caratterizzata dalla presenza permanente di una impresa nel territorio dello Stato membro, e la seconda era caratterizzata dall’assenza di una qualsiasi, seppur minima, forma di organizzazione stabile nel territorio dello Stato membro da parte
dell’impresa assicuratrice. Inoltre, la distinzione verteva, oltre che sul dato della permanenza o meno di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato ospitante, soprattutto sulla durata della prestazione assicurativa. Il regime di stabilimento è caratterizzato da una attività svolta in maniera permanente; viceversa, il regime di libera prestazione di servizi prevede lo svolgimento di una attività caratterizzata dalla temporaneità della prestazione (150).
Come già rilevato, le «seconde direttive» si posizionano in una fase intermedia, a metà strada, nella costruzione del mercato unico europeo dei servizi assicurativi. Queste direttive prevedono la suddivisione del settore assicurativo in due diverse fasce operative: da un lato, vi rientrano i c.d. «grandi rischi» (per le assicurazioni contro i danni e le assicurazioni RCA) e la «libertà di prestazione passiva» (per le assicurazioni sulla vita) nei confronti dei quali si dava applicazione del principio dell’«home country control» (secondo il quale il controllo è affidato all’Autorità di vigilanza dello Stato membro in cui ha la sede legale l’impresa). Per «grandi rischi» si intendono i grandi clienti industriali o commerciali i quali possiedono tutte le informazioni nei confronti delle imprese alle quali si rivolgono; il termine «libertà di prestazione passiva» indica il fenomeno secondo cui è l’utente dei servizi assicurativi a rivolgersi all’impresa di assicurazioni (in questo caso i contratti sono conclusi per iniziativa del cliente). In entrambi i casi si potrebbe ritenere che vi sia una rinuncia consapevole, sia da parte dei grandi clienti che degli utenti dei servizi assicurativi, della tutela apprestata dal proprio ordinamento giuridico. L’altra fascia operativa comprende i «rischi di massa» (per le assicurazioni contro i danni e le assicurazioni RCA) e la «libertà di prestazione attiva» (per le assicurazioni sulla vita) nei confronti dei quali trovava applicazione il principio dell’«host country contro»l, secondo cui il controllo spetta all’Autorità di vigilanza dello Stato membro all’interno del quale dovrà essere soddisfatta l’obbligazione assicurativa. Per «rischi di massa» si intendono i rischi assunti da una pluralità di piccoli utenti assicurativi (i c.d. contraenti deboli) i quali necessitano di una protezione apprestata dal proprio ordinamento di provenienza; per «libertà di prestazione attiva» s’intende quel fenomeno secondo qui è l’impresa di assicurazioni che svolge un’azione di promozione al fine della raccolta di affari in un altro Stato membro. In entrambi i casi è chiaro che si applicheranno le regole dello Stato in cui dovrà essere adempiuta l’obbligazione assicurativa (151).
Con le «prime direttive», e ancor di più con le seconde, non è stato possibile realizzare l’obiettivo dell’istituzione del mercato unico europeo delle assicurazioni. Le «prime direttive» si limitavano esclusivamente a prevedere il riconoscimento della libertà di stabilimento alle imprese di
(150) Sul punto si v., cap. IV.
assicurazione comunitarie in base al principio della parità di trattamento; le seconde, a loro volta, avevano soltanto reso più complesso e, inadeguato, il quadro normativo di riferimento, prevedendo la suddivisione della disciplina assicurativa in due diverse fasce operative sulla base della distinzione tra «grandi rischi» e «rischi di massa» e relativa applicazione, nel primo caso, del principio dell’«home country control» e, nel secondo caso, del principio dell’«host country control».
Come rilevato in senso alla Commissione europea, le prime e le seconde direttive non erano riuscite nel loro intento di armonizzazione e coordinamento, o almeno tale scopo era apparso realizzato solo in minima parte, delle legislazioni nazionali in materia di acceso ed esercizio dell’attività assicurativa; questo in virtù del fatto che, con le seconde direttive, veniva mantenuto il principio secondo cui il controllo e la vigilanza di una impresa di assicurazione poteva essere affidato all’Autorità di vigilanza dello Stato in cui l’impresa operava in regime di stabilimento o di libera prestazione di servizi. Alla luce di questo sistema ogni singolo mercato nazionale avrebbe potuto prevedere delle discipline diverse le une dalle altre nel trattamento delle imprese straniere al loro interno stabilite. La conseguenza dell’applicazione dei due regimi dell’«home country control» e dell’«host country control» all’interno di uno stesso mercato (quello europeo) avrebbe impedito la realizzazione di uno spazio commerciale comune dove le imprese di assicurazione avrebbero potuto operare in regime di stabilimento o di libera prestazione di servizi sulla base di una autorizzazione e sotto la successiva sorveglianza unicamente dello Stato in cui avevano sede (152).
Ai fini della successiva approvazione delle direttive di «terza generazione» risultano cruciali due elementi. Il primo riguarda l’adozione della direttiva comunitaria sui conti annuali e consolidati delle imprese di assicurazione del 19 dicembre 1991 (Direttiva 91/674/CEE); il secondo elemento da tenere in considerazione riguarda l’istituzione, sempre nello stesso mese del 1991, del Comitato delle assicurazioni, il quale è divenuto operativo a partire dal febbraio 1992.
La direttiva sui conti annuali e consolidati ha introdotto in ambito comunitario una disciplina comune per quanto riguarda la struttura del bilancio; tale disciplina rileva per le assicurazioni soprattutto per il fatto che grazie a questa normativa gli assicuratori, gli azionisti, gli intermediari, gli assicurati e i consumatori in generale hanno l’opportunità di verificare costantemente la situazione finanziaria e il risultato economico di ogni singola impresa operante nel mercato europeo, così da poterne fare gli opportuni confronti. La direttiva in commento ha introdotto, altresì,
(152) Cfr., L. Brittan, Solvibilità finanziaria e liberalizzazione dell’industria assicurativa prima del XXI Secolo, in
una disciplina comune per quanto riguarda le determinazione e il calcolo delle riserve tecniche da parte delle singole compagnie assicurative operanti nel ramo danni (153).