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Il rinvio alle clausole generali: diligenza, correttezza e trasparenza

6. Gli intermediari con il Codice delle Assicurazioni private

6.2. Le regole di comportamento degli intermediari assicurativi

6.2.1. Il rinvio alle clausole generali: diligenza, correttezza e trasparenza

Entrando nello specifico tema delle regole di comportamento previste dalle fonti di rango primario, l’art. 183, comma 1, lett. a), cod. ass., richiede ad imprese ed intermediari, nella fase di offerta ed esecuzione dei contratti, di comportarsi con «diligenza», «correttezza» e «trasparenza» nei confronti dei contraenti e degli assicurati.

Tale previsione ha natura di clausola generale, in quanto prevede il rinvio a principi di diritto civile, al fine di determinare quale debba essere il buon comportamento di imprese e intermediari assicurativi.

Sotto il profilo soggettivo, i principi civilistici trovano applicazione sia nei confronti dei contraenti che nei confronti degli assicurati. Per «contraente» si intende il soggetto che conclude il contratto di assicurazione. Per «assicurato» si intende il soggetto portatore del rischio. Può accadere che le due figure soggettive non siano corrispondenti con la stessa persona; in tal senso, caso tipico è quello rappresentato dalle polizze vita (ad esempio del ramo I) nelle quali il beneficiario risulta essere un soggetto diverso rispetto al contraente.

Dal punto di vista oggettivo, l’art. 183 cod. ass., richiedendo ad imprese ed intermediari un comportamento coincidente con i canoni civilistici, introduce, a fianco degli obblighi generali, una serie di doveri specifici incombenti sugli operatori. In tal senso, il legislatore non si è soltanto limitato a prevede il rispetto delle fonti di rango primario (art. 183 cod. ass.) e secondario (Regolamento ISVAP n. 5 del 2006) ma ha anche previsto il rinvio, in funzione integrativa (188), ai principi generali contenuti all’interno del Codice civile.

Orbene, l’art. 183, comma 1, lett. a), cod. ass., richiede ad imprese ed intermediari di comportarsi secondo «diligenza». La diligenza rappresenta clausola generale di cui all’art. 1176 c.c., secondo cui: «nell’adempiere l’obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia».

La disposizione in commento, aggiunge al secondo comma, che: «nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di una attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata». In tal senso, poiché l’attività di imprese ed intermediari assicurativi deve essere qualificata, data la complessità dell’attività esercitata, come attività professionale, la diligenza che è loro richiesta deve essere commisurata alla natura dell’attività svolta; ne deriva che agli operatori assicurativi la legge impone un elevato livello di diligenza, data appunto la complessità e tecnicità della materia (189).

Relativamente alla corretta interpretazione della clausola generale testé considerata, la giurisprudenza ha in diverse occasioni affermato che l’esercizio dell’attività di intermediazione assicurativa non può mai prescindere dall’adempimento del parametro di diligenza richiesto ai sensi dell’art. 1176, comma 2, c.c. (190). Inoltre, sempre la giurisprudenza di legittimità, ha stabilito che i doveri primari degli assicuratori e degli intermediari «scaturiscono dagli artt. 1176, 1337 e 1375 c.c., e una loro eventuale violazione costituisce una condotta negligente, ai sensi dell’art. 1176, comma 2, c.c.» (191).

Il secondo dei parametri generali di cui si avvale il legislatore nell’ambito delle regole di comportamento di imprese e intermediari assicurativi è la «correttezza». Quest’ultimo termine si riviene nell’art. 1175 c.c., secondo cui: «il debitore e il creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza». La correttezza della prestazione di imprese ed intermediari richiede un loro dovere di informarsi circa la situazione del cliente, dei suoi bisogni ed aspirazioni, al fine di consentirgli la conclusione di un contratto in grado di tutelare le sue esigenze (192). In tale ambito,

(189) Cfr., G. Romagnoli, Responsabilità degli intermediari e delle imprese di assicurazioni (tra regole e forzature

della disciplina delle polizze vita), in Nuova giur. civ. comm., II-2013, pp. 338-349, nella parte in cui l’Autore afferma

della necessità di un approccio specialistico sia per quanto riguarda la valutazione delle informazioni raccolte dal cliente che per quanto riguarda la conoscenza del prodotto che gli viene offerto.

(190) Si v. Consiglio di Stato, sentenza del 9 maggio 2011, n. 2746, nella sezione in cui si afferma che: «L’attività del

broker assicurativo non può prescindere, in ragione della fiducia che tale profilo professionale induce presso il pubblico

degli utenti, dall’osservanza del parametro di diligenza richiesto dall’art. 1176, comma 2, c.c., per la generalità dei professionisti, dato che altrimenti verrebbe significativamente sminuita la stessa ragione dell’esistenza di tale figura professionale, funzionale a porre il consumatore, che versa normalmente in una situazione di carenza informativa, in una posizione contrattuale più efficiente rispetto a quella in cui lo stesso si troverebbe nel rapporto diretto con l’agente (o con gli agenti) di assicurazione».

(191) Si v. Cassazione civ., sentenza del 24 aprile 2015, n. 8412. (192) Cfr., R. Romagnoli, op. cit., p. 341.

sempre la Suprema Corte ha stabilito che: «il dovere di correttezza, in materia assicurativa, impone all’assicuratore ed ai suoi intermediari od incaricati due precisi obblighi: a) […] proporre prodotti agli assicurati utili: cioè coerenti con il profilo di rischio (nell’assicurazione danni) o con gli intenti previdenziali (nell’assicurazione vita) del contraente; b) mettere il contraente in condizione di compiere una scelta consapevole, e dunque informarlo in modo esaustivo sulle caratteristiche del prodotto, nulla lasciando di occulto» (193).

Infine, il codice, sempre all’art. 183, comma 1, lett. a), richiede ad imprese ed intermediari di assicurazione di comportarsi secondo «trasparenza» nei confronti dei contraenti e degli assicurati. Quest’ultimo parametro generale, differentemente rispetto ai due precedentemente descritti, non trova nei principi di diritto civile la propria fonte giuridica, trattandosi, in particolare, di una clausola generale di tutela che si ripete con frequenza all’interno del sistema delle leggi speciali previste per la regolamentazione del sistema assicurativo, bancario e finanziario (194).

La ratio che giustifica tale previsione si rileva nella stessa natura dell’attività assicurativa, la quale come è stato più volte ribadito è caratterizzata da un elevato livello di complessità e tecnicismo. In tal senso, come noto, tra l’assicuratore (nonché intermediario assicurativo) e il contraente-assicurato si rileva, data la complessità del rapporto, una significativa asimmetria informativa, la quale può essere attenuata unicamente mediante la prescrizione di obblighi di trasparenza.

Il termine «trasparenza» può assumere due differenti significati: in primo luogo, può significare «chiarezza», intesa come il complesso di comportamenti e di presidi organizzativi che permettono un adeguato, e concreto, trasferimento di dati e informazioni a contraenti e assicurati; in secondo luogo, può significare «completezza» delle informazioni al fine di garantire in capo agli assicurati o contraenti un consenso consapevole (195).